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Autore: LilithJow    03/05/2013    5 recensioni
[..] Gli occhi di Johanna mi fissavano ancora e - non per mia impressione - si erano avvicinati parecchio al mio viso, più di quanto avessero fatto giorni prima, a scuola.
Ma, proprio come quella volta, qualcosa accadde: ancora quelle ombre rosse che le attraversarono l'iride. Più forti, più scure, più continue: le vidi chiaramente, e non era né un riflesso di luce né una mia fantasia né, tanto meno, per via di una botta in testa. Li fissai, incredulo, ma allo stesso tempo incuriosito: a cosa era dovuto? Non ne avevo la benché minima idea. Forse internet mi avrebbe dato delle risposte, oppure – cosa molto più probabile – riempito di ansie, paure e paranoie.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lullabies Saga'
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Capitolo 21
"Wide awake"


Ho perso la cognizione del tempo. Capita sempre più spesso, ultimamente, anche se preferivo non sapere che giorno fosse a causa della felicità, non perché sono terribilmente concentrato in qualcosa di fittizio e pericoloso.
Sto tornando a casa sempre più di rado. Solo per cenare e dormire; a volte, nemmeno per quello. Rimango a dormire da Tamara, per quanto sia difficile per me farlo. Ovviamente, l'insonnia è tornata e considero una sorta di miracolo quello di riuscire a chiudere gli occhi per trenta minuti a notte.
Mi farebbero davvero comodo le mie personali ninne nanna, sebbene mi renda conto che non dovrei nemmeno pensare a una cosa del genere. Purtroppo, le allucinazioni rendono tutto più complicato; persino gli allenamenti diventano impossibili da gestire, a volte.
All'inizio è filato tutto liscio. Diversamente da quanto pensavo, sono piuttosto bravo nello sferrare calci e pugni e a difendermi da vari attacchi. Sono addirittura stato sul punto di colpire al cuore con un finto pugnale uno dei manichini, solo che sono stato bloccato, ancora, dall'immagine del suo viso. Forte, prorompente, chiara, crudele. Accade ogni volta che provo a compiere l'ultimo passo, quello che mi porterebbe a scavalcare il confine, senza la possibilità di tornare indietro.
Sono in grado di affrontare un Divoratore - strano a dirlo - forse persino Sebastian, ma se mi trovassi davanti lei... A quel punto, che accadrebbe? Sarei comunque bloccato o riuscirei ad andare fino in fondo?
Non posso permettere ai miei sentimenti di avere il totale controllo. Se lei vuole fare il sacrificio, può trovare qualcun altro e rendere il mondo un inferno, e io mi sentirei incredibilmente responsabile per esser rimasto inerme.
Un grosso problema è che non so come il sacrificio effettivamente funzioni. Ciò che ho letto sul diario non scende molto nei dettagli e nei libri di Tamara, a quanto dice – io non ho nemmeno provato a leggerli, non li capirei - non c'è molto, quasi nulla. E' tutto ignoto, tutto confuso e delle volte penso che sia addirittura troppo per me.
Martha non si è più fatta viva. Conosco le sue intenzioni e, per quanto buone siano, non credo troverà qualcosa. Forse si unirà a noi, dopo aver scoperto che niente può contraddire quella scomoda verità. Mi sarebbe di grande aiuto; è una fonte vivente di informazioni – potrei chiedere a lei di spiegarmi in cosa effettivamente consiste il sacrificio - e sarebbe di gran lunga più brava nell'insegnarmi a combattere senza inciampare sui miei piedi.
Tuttavia, non credo si arrenderà tanto facilmente e, da un lato, la capisco. E' difficile accettare il fatto che una persona che ti è accanto da una vita sia qualcosa che non conosci. Solo che Martha è forte, più di me, e andrà avanti, in un modo o nell'altro.

«Hai ripreso a scrivere?».

La voce di Tamara mi portò a posare la penna e a chiudere il mio fedele quaderno rosso. Lo rigirai tra le mani, seduto a terra, a ridosso di una parete della spoglia soffitta. Lei mi affiancò, abbozzando un sorriso.

«Già» mormorai. «Non lo facevo da un po'».

«E' un bene». Fece una breve pausa. «E' tardi. Che ne dici di riposare un po'?».

«Non ci riuscirei, nemmeno volendolo. Preferisco restare qui e... Giocare con loro». Indicai distrattamente i fantocci ora inanimati, in piedi a qualche metro di distanza.

«Comincio a pensare che siano stati una pessima idea» commentò.

«Assolutamente no».

«Ci passi ore qui e spesso ti sento urlare. Non sono urla qualsiasi. E' come se le stessi parlando o, perlomeno, cercassi di farlo».

Tamara non sapeva nulla delle allucinazioni. Se solo gliene avessi parlato, avrebbe mollato tutto il resto solo per trovare un rimedio e non potevamo permetterci ulteriori rallentamenti. Del resto, il fatto che la vedessi ovunque, dipendeva unicamente da me. Non c'era una ragione esterna.

Non poteva esserci.

«Sto benissimo» mi ostinai a dire – quasi urlai, in realtà – e mi alzai in piedi, di scatto, abbandonando il quaderno sul pavimento di legno.

«Pensavo solo che n...».

«So cosa pensavi. La stessa cosa di cui è convinta Martha».

«Martha?».

«Sì. Qualche giorno fa è venuta a scuola e abbiamo parlato. Lei ha parlato, io mi sono solo limitato a rispondere». Mossi qualche passo distratto, passandomi una mano tra i capelli. «Non so cosa... Pretendiate che io faccia. Sto cercando una soluzione, non solo per me, ma anche per impedire che venga compiuto questo dannato sacrificio. Il punto è che sembra tutto più complicato con voi che... Non lo so. Sto cercando disperatamente di non permettere che la mancanza di ciò che è stato mi blocchi, ma trovo... Trovo ostacoli ovunque».

Tamara sospirò e la vidi alzarsi lentamente. Mi venne davanti e prese il mio viso tra le mani, sfiorandomi le guance con i pollici. «E' tutto okay, Simon» sussurrò. «Ti sei ritrovato catapultato in qualcosa più grande di te, sarei sorpresa a vederti senza insicurezze e paure».

Ero abituato a sentire rassicurazioni da parte sua. Lo faceva sempre, del resto, anche se delle volte optava per lasciarmi solo il più possibile, a sfogarmi.
Negli ultimi giorni, tuttavia, le cose erano sostanzialmente cambiate. Forse era solo una mia impressione, ma sembrava che Tamara cercasse in ogni modo di avere un contatto con me, di qualsiasi tipo; che fosse sfiorarmi un braccio compiendo un semplice gesto, o mettendo una mano sulla mia spalla per incoraggiamento o, talvolta, per degli abbracci, che duravano sempre più a lungo, sempre più intimi.
Normalmente, non avrei mai notato una cosa del genere, ma, da quando ci eravamo baciati, per incidente o meno, avevamo sempre tenuto le distanze – fisiche, perlomeno. Restare indifferente a quello sbalzo era pressoché impossibile; anche perché, in quel momento, lei continuò con le carezze sulle mie guance, piano si spostò con le dita sul collo e la vidi chiaramente fissare le mie labbra.
L'ultima cosa di cui avevo bisogno era che si prendesse una cotta per me.

“Una cotta per te? Ma ti sei visto?”. La mia coscienza inveì contro di me, il che mi portò a roteare leggermente gli occhi.

Tamara non poteva invaghirsi di me, per una lista infinita di motivi; il primo, in assoluto, era non sarebbe mai stata ricambiata e io non volevo ferirla, in nessun modo.
Poi c'era tutta la situazione in cui eravamo immersi, la mia confusione e il resto.
Scossi appena la testa e rimossi delicatamente le sue mani dal mio volto, facendogliele fermare a mezz'aria. «Grazie» sussurrai, in un tono che sembrò fin troppo forzato.

«E di che» replicò lei, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. Sorrise, senza entusiasmo.

Io compii qualche passo distratto per la grande stanza, passandomi una mano tra i capelli e, così, scompigliandoli. Decisi di cambiare argomento. «Hai fatto qualche progresso nella ricerca del pugnale?» domandai.
«No, nessuno» rispose e, senza che me ne rendessi conto, azzerò nuovamente la distanza tra noi, impedendomi di scansarmi in modo non goffo e naturale.

Feci per dire qualcosa, qualsiasi cosa sarebbe andata bene, ma, per mia fortuna – o sfortuna, dipendeva dal punto di vista – fui preceduto da qualcuno.
Martha apparve dal nulla, davanti alla porta chiusa della soffitta. Aveva i pugni chiusi lungo i fianchi, anche se, in uno, la vidi stringere un oggetto e non uno qualsiasi.

Avrei riconosciuto quel quaderno nero tra mille.

Analizzai solo più tardi la sua espressione, contorta in una smorfia di rabbia, che non prometteva nulla di buono. Tamara si voltò prima che io potessi proferire parola e indietreggiò appena, arrivando al mio fianco.

«Che ci fai qui?» sussurrai. Martha sbuffò, impaziente e mi porse il diario, tenendolo a mezz'aria. «Leggilo» sibilò.

«L'ho già fatto».

«No. Hai letto il falso. Questo è quello vero».

«Quello vero?».

«Fallo e basta, Simon!» quasi urlò. Aveva tutta l'aria di essere infuriata, per cui, per non peggiorare la situazione, feci come ordinato. Presi tra le mani il quaderno dalla copertina nera, lo aprii e rilessi quelle pagine.

Ho incontrato un ragazzo oggi. Non so ancora come si chiama. E' molto carino, i suoi occhi sono come il ghiaccio. Brillavano, persino con poca luce. Vorrei conoscerlo. Potrebbe essere la mia unica ragione per restare”.

Tutto come lo ricordavo, fin lì. Così, andai avanti.

L'ho incontrato di nuovo. Si chiama Simon Clarke. Mi piace molto il suo nome. Sembra essere molto timido, il che lo rende semplicemente adorabile. Ha buon cuore, riesco a sentirlo. Stranamente, quando lui è nei paraggi, sento tutto”.

Ancora tutto uguale. Alzai lo sguardo e quello di Martha mi incitò a proseguire.

Con Simon sto bene. Sto estremamente bene”. Qui ricordavo le cancellature. In quel momento, invece, ogni frase era chiara, ben leggibile. “..e so che questo non dovrebbe accadere, considerando la mia natura. Come è possibile, allora? Ho cercato una spiegazione plausibile, ma non c'è, oppure io non sono capace di trovarla. La parte peggiore è che io vorrei essere totalmente onesta con lui, ma ho paura che, se scopre cosa sono, tutto vada in frantumi. E io non voglio”.

Trattenni per un attimo il fiato, ma c'era dell'altro: altre parole, altro inchiostro su carta bianca.

Il danno è fatto. Simon, ora, sa tutto. Ho pensato di lasciarlo perdere, per la sua sicurezza. Non voglio che venga coinvolto in cose più grandi di lui, cose che potrebbero ferirlo, ma ormai è troppo tardi. Il solo pensiero di stargli lontano mi uccide. Continuerò a vegliare su di lui, anche se non vuole. Mi sto accontentando di cantargli le mie ninne nanne per farlo addormentare. Posso stargli vicino, almeno quando dorme, così da non leggere nei suoi occhi la paura che ora ha di me”.

Mossi qualche passo distratto nella stanza, allontanandomi di solo qualche metro da Martha e Tamara; come se cercassi di isolarmi, benché, al momento, non possibile. E continuai a leggere.

Sebastian mi ha trovato di nuovo. Ha attaccato Simon, ma sono riuscita a salvarlo e abbiamo anche fatto pace. Si sta fidando di me, come volevo, come ho desiderato da quando ha scoperto cosa sono, e non c'è sensazione migliore. Vorrei che tutto tornasse come prima, ma, purtroppo, non accadrà. Con mio fratello in circolazione, poi, la cosa si complica. Sono sicura che è ancora ossessionato da quel sacrificio, quello per riportare in vita il nostro Creatore. Il fatto di non aver vinto nemmeno una volta, in tutti questi secoli, gli brucerà. E' un pazzo che va fermato, se solo potessi davvero farlo. Per ora, le mie priorità rimangono Simon e la sua sicurezza”.

Perché era tutto diverso? Perché, improvvisamente, ero io a recitare la parte del cattivo senza cuore? Perché sembravo io quello non umano? Era come mi sentivo, perlomeno: completamente svuotato, colpito in pieno petto da nuove parole, le stesse che avrebbero dovuto rassicurarmi, solo qualche tempo prima.

Mi girai di scatto ed ero pressapoco sicuro di aver iniziato a piangere, senza controllarmi. «Cosa vuol dire?» biascicai, tremante.

«Perché non lo chiedi alla tua amichetta?» replicò Martha e lanciò un'occhiata a Tamara. Il mio sguardo ricadde di riflesso su di lei, sebbene non stessi capendo più nulla.

La ragazza dai capelli rossi restò immobile. Evitò qualsiasi contatto visivo con me, fissando il pavimento. Un assordante silenzio calò in quella soffitta e rischiò solamente di farmi impazzire. Avrei urlato, se Martha non fosse intervenuta. «Ti conviene parlare, prima che ti strappi via il cuore dal petto» esclamò e si stava rivolgendo alla strega. «E sai benissimo che potrei farlo».

Attesi una qualsiasi reazione da parte sua, ma non ottenni nulla, a parte altro silenzio.

«Parla!» urlò Martha. Tamara sobbalzò e osò sollevare lo sguardo. Anche i suoi occhi erano lucidi. «Ho scambiato io i diari» mormorò, soffocando. Pregai, per un solo secondo, di aver sentito male, ma l'espressione di dispiacere che il suo viso assunse confermava ogni cosa.

«Oh, ma questa è solo una delle tante cose che hai fatto. Dico bene?». Martha infierì e fu la prima volta in cui diede l'impressione di esser per davvero una minaccia. Prima, non era mai capitato. Era sempre sembrata innocua, dolce, innocente. I suoi occhi, ora, continuavano a scintillare di rosso, forse a causa della rabbia. Tamara, a nemmeno un metro di distanza da lei, aveva cominciato a tremare.

«Cosa...» balbettai. «Tutto questo che significa?!».

La bionda si voltò verso di me. Feci appena in tempo a sbattere una sola volta le palpebre e lei mi fu davanti, a pochi centimetri di distanza. «Ti avevo detto che avrei trovato le giuste spiegazioni» sibilò. «Tu ce le hai avute sotto il naso per tutto questo tempo e nemmeno te ne sei accorto».

«Che spiegazioni... Che spiegazioni hai trovato?».

Vidi Martha fare un mezzo sorriso. Fu inquietante. Si girò appena verso Tamara. «Perché non glielo racconti tu?» disse. «E stai attenta a non tralasciare nessun dettaglio. Ti conviene dire proprio tutto, se non vuoi che lo faccia io, dopo aver spezzato in due il tuo corpo».

La rossa, però, restò in silenzio, mordendosi forte il labbro inferiore. Martha abbozzò una risata, sarcastica e tornò a puntare lo sguardo su di me. «E' con Sebastian» affermò e fu come ricevere un pugno in pieno stomaco.
Ero di nuovo io l'idiota, quello che si era fidato della persona sbagliata, pensando di fare la cosa giusta. E invece... Invece avevo solo combinato ulteriori casini.
Attesi un'eventuale smentita da parte di Tamara, ma era ovvio che non avrebbe mai potuto arrivare, così Martha andò avanti: «L'attacco di Sebastian sul lago? Il fatto che, fra tutte, mi sia stata consigliata lei come strega? Hazel che ti aggredisce nell'ascensore? Il vostro bacio? Le sue moine di recente?». Fece una breve pausa. I suoi occhi rossi erano incastonati ai miei. «Ti stai facendo due calcoli, vero, Simon?».

Era come ricevere una frustrata sulla pelle nuda ad ogni sua frase. Niente aveva ancora un senso, non logico, non nella mia testa.

Lanciai uno sguardo a Tamara, ancora ferma dall'altra parte della stanza, con i pugni chiusi lungo i fianchi. La sua espressione era indecifrabile, non più confortante e amichevole, come sempre.

«E' tutto vero?» biascicai, sentendomi stupido, insignificante. Lei tacque e il silenzio bastò. Mossi qualche passo nella sua direzione, Martha me lo lasciò fare e scorsi un senso di vittoria nel sospiro che tirò.

«Perché?» sussurrai, ancora, sforzandomi di guardarla in volto.

«Non ti interesserebbe saperlo».

«Oh, invece mi interessa».

Tamara abbozzò un sorriso, del tutto privo di entusiasmo. Improvvisamente, mi sembrò di non averla mai conosciuta, come se fosse una totale estranea.

«E' per mio fratello» mormorò.

«Tuo fratello?».

«Sebastian ha il suo aspetto». Smise di parlare per un attimo e con una mano asciugò la lacrima che le scivolò lungo la guancia. Poi riprese: «Lui è morto circa un anno fa. Era partito per la Florida e non è più tornato. Sebastian mi ha detto che avrebbe potuto recitare la sua parte, se io avessi fatto tutto ciò che voleva».

«Sai che non potrebbe mai sostituire tuo fratello».

«Oh, io lo so. Ma mia madre no. Lei non sa nulla della sua morte. Non lo sopporterebbe».

Infilai le mani nei capelli, scompigliandoli. Per quanto nobili avessero potuto essere le sue ragioni – pensava a sua madre, del resto – rimanevano comunque totalmente sbagliate. Perché mettersi dalla parte di un essere così spregevole? Perché aiutarlo?

«Hai fatto tutto ciò che lui voleva, senza chiedere spiegazioni?» quasi urlai. «Senza... Senza pensare che agendo in quel modo, finivi irrimediabilmente col ferire qualcun altro?».

Tamara scosse appena la testa e sorrise, questa volta con convinzione. «Quando c'è di mezzo la tua famiglia, faresti di tutto, Simon, anche allearti con chi non dovresti» sussurrò.

Sentii Martha ridere e poi esclamare: «Ucciderà sia te che tua madre, non appena avrà raggiunto i suoi scopi».

La rossa fece una smorfia. «No, mi ha promesso anche che ci avrebbe protette, che avremmo potuto vivere tranquille» disse.

«Una volta che avrà raggiunto i suoi scopi, non ci sarà più un posto in cui vivere. Non per gli umani, perlomeno, e assolutamente non felici» replicò l'altra.

Serrai la mascella. Ero caduto con disinvoltura nella trappola di Sebastian, anzi, avrei detto che non avessi fatto altro che spianargli la strada, con i miei gesti e il mio comportamento.

«E' lui che vuole fare il sacrificio, non è vero?» chiesi, a bassa voce.

Martha avanzò verso di me. Riservò uno sguardo truce alla strega, prima di guardarmi. «Sì, è lui, anche se gli piace indugiare» disse.

«Come si compirebbe? Tam...». Stavo per dire che Tamara non aveva trovato nulla a riguardo – purtroppo – ma era palese che non avesse mai voluto trovare qualcosa. O forse, sapeva già tutto, però non le era concesso rivelarmelo. «Io non so come funzioni, ecco. Nel... Finto diario, ero il sacrificio da compiere».

«Il sacrificio sei tu» disse Martha. «Ma non per le ragioni che tu credi. La leggenda dice che il nostro Creatore sia stato esiliato negli Inferi dalla nostra Creatrice. La sua colpa era di essersi innamorato di un'umana e la cosa era reciproca. Non c'erano precedenti, ma qualcosa era scattato, quella volta. Per la Creatrice, non era accettabile che un Divoratore, di quel calibro, si mischiasse con quello che per loro era, ed è, solo cibo. Così si infuriò e lo condannò a patire le maggiori torture, sotto terra. Giurò che solo quando un umano si sarebbe innamorato di uno di noi e tale amore sarebbe stato ricambiato, allora il sangue dell'umano sarebbe colato sopra il sigillo da lei posto, riportando alla luce il Creatore».
Fece una breve pausa e riprese. «Secoli e secoli negli Inferi hanno trasformato il Creatore in qualcuno da evitare. E' rabbioso nei confronti dell'umanità, perché è causa del suo dolore, e con metà della sua stirpe, perché mai ha provato a tirarlo fuori da lì. Nessuno sano di mente ci proverebbe, ma a Sebastian piace correre il rischio».

«Quindi... Qual è il suo piano?».

«Creare un'armata, prepararsi a ricevere i meriti, farsi trovare pronto quando ti ucciderà. Purtroppo, lui non è mai stato troppo incline ai sentimenti umani, l'amore non lo scalfirebbe mai. Hazel è diversa, lo ha sempre saputo. Temeva, però, che la sua fosse solo una tattica per compiere il sacrificio per proprio conto, ma non è mai stato così».

«E perché ha fatto in modo che io la odiassi?».

«Non te l'ha fatta mai odiare, sarebbe un controsenso. Solo respingere. La voleva a tutti i costi dalla sua parte e, pensaci, Simon: se l'amore fa nascere in lei l'umanità, cosa può fare la repulsione? Ti ha visto con Tamara, costantemente, perché lui voleva che ti vedesse, che si arrendesse al fatto di averti perso, al fatto che la stessi rimpiazzando così facilmente».

«Ha tentato di ucciderla, al lago...».

Fu Tamara a intervenire. «Voleva testare il pugnale» sussurrò «e avere qualcosa che ti depistasse».

Mi morsi forte il labbro inferiore, rischiando di farlo sanguinare. Per tutto quel tempo, sebbene colmo di dubbi, ero rimasto fisso sulla mia strada, ricalcando i miei passi, lasciandomi trasportare dagli eventi. Non avevo osservato, soltanto guardato, di sfuggita e, in quel momento, i sensi di colpa cominciarono ad opprimermi.

Tra i mille pensieri confusi, uno prevaleva. «Devo trovarla» sussurrai.

  
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