GIORNO
15: Tempismo perfetto, fratello!
Ho dormito sorprendentemente bene,
nonostante a) la preoccupazione per l’appuntamento (che parola strana! Finora
se qualcuno mi avesse chiesto “Hai un appuntamento?” avrei risposto “No, non
devo andare dal dentista”) del giorno dopo, b) la pancia brontolante perché non
avevo mangiato abbastanza e c) il senso di colpa per non aver studiato un
accidente. Stamattina ero pimpante e allegra già alle 6. Ho fatto un’altra
doccia per sicurezza, ho indossato tutto quello che mi aveva consigliato la mia
saggia genitrice, ho riordinato i miei riccioli con il ferro caldo e sono
uscita, non dopo essere rientrata in casa quattro volte perché avevo sempre
l’impressione di avere dimenticato qualcosa.
La mattinata è trascorsa senza intoppi.
Il vantaggio di essere un genio scolastico (evviva la modestia) è che se per un
giorno sei un tantino distratto nessuno ci fa caso. Se poi pur essendo un
tantino distratti si è comunque meglio di tutti gli altri, ancora meglio. Dopo
pranzo mi sono piazzata davanti alla palestra e mi sono messa a leggere “Introduzione
al football: tutto quello che c’è da sapere sullo sport più popolare degli
USA”, una guida che mostrava anche schemi di gioco che ai miei occhi
risultavano un misto tra geometria e coreano.
Alle due meno un quarto Ryder è uscito
dalla palestra con un gran sorriso. O aveva sorriso vedendomi là fuori? Visto
che non l’ho notato finché non mi si è parato davanti, non lo saprei dire.
- Scusa se non sono comparso, a pranzo,
la coach ci ha trattenuti. – ha detto, passandosi una mano sugli occhi.
Sembrava stanco.
- Ma vi siete allenati tutto il giorno?
Non avreste dovuto, chessò, riposarvi prima del grande evento? – ho chiesto.
- Non è nei metodi della coach Beiste. E
visto che di solito i suoi metodi ci fanno vincere..
- Vi fa correre per una mattina intera
prima della partita. – ho completato. – Vi ho visti dalla serra. – ho aggiunto
come spiegazione al suo sguardo interrogativo. La serra si affacciava sul campo
di atletica e mentre non ascoltavo quali elementi distinguono una cellula
vegetale da una animale osservavo Ryder che correva intorno al campo. Sarò
anche una che si schifa davanti a una goccia di sudore sulla fronte, ma la
visione di lui che correva mi ha fatto dimenticare che molto probabilmente in
quel momento stava sudando come un cavallo (bleah!). Mi ha fatto persino
trovare attraente la corsa. Sempre che la facciano altri, è chiaro. La mia
filosofia resta quella del “non vedo motivo di correre a meno di non essere
inseguiti”.
- La serra? E che ci facevi lì? Il
secondo anno non fa botanica. – ha osservato.
- Io seguo tutti i corsi avanzati,
ricordi? – ho detto con un sorrisone. Lui ha scosso la testa come per dire
“incredibile!”, facendo scivolare i suoi capelli chiari e sottili sul viso. Al
sole sembravano quasi biondi, e così lisci e luminosi che mi stava tremando
l’occhio alla Scrat lo scoiattolo per la voglia di toccarli.
Altri ragazzi sono usciti dalla palestra
e ho notato che non ero l’unica ragazza invitata alla partita. Con mio immenso
rammarico ho visto Kitty, ma solo quando ho notato anche Brittany ho capito il
perché: certo che a una partita c’erano le cheerleader! Avrei dovuto pensarci
prima. Prima che potessimo dire o fare altro la coach è comparsa per fare
l’appello dei presenti prima di salire sul pullman. La distanza che c’è tra
Lima e Ohio City è di un’oretta, e il viaggio è passato davvero in fretta, con
Ryder che canticchiava sopra le canzoni che ascoltavamo dividendoci gli
auricolari del suo iPod. Faceva facce buffe e tentativi di imitazione degli
assoli di chitarra e batteria.
Quando siamo arrivati al liceo contro
cui si giocava, sono scesa davvero malvolentieri dal pullman. Avrei quasi
voluto che il viaggio continuasse. Ma quando sono scesa, Ryder mi ha presa per
mano per aiutarmi, e dopo non l’ha lasciata, il che mi ha fatto triplicare le
farfalle nello stomaco. Ormai c’era sovraffollamento.
- Noi dobbiamo andare nello spogliatoio
a prepararci. La coach ti farà vedere da dove devi entrare. Mi raccomando, non
sederi troppo avanti, altrimenti non avrai una panoramica completa. E non
sederti troppo in alto o io non ti vedrò. – Mi ha accompagnato un ricciolo
dietro l’orecchio e mi ha lasciata con un bacio sulla guancia. Inutile dire che
sono andata a fuoco.
- Buona fortuna! – ho balbettato.
- Ma che carini. – ha detto Kitty con il
suo sorriso da rospo – Potrei anche credere che gli piaci sul serio.
- Non hai altro da fare? Tipo andare a
spolverare i tuoi pon-pon o strappare le ali alle rondini per fartene di nuovi?
- Okay, ospiti dei giocatori, seguitemi,
vi faccio vedere da dove dovete entrare. – ha detto la Beiste prima che potesse
rispondermi. Ma il suo sorriso da viscida rana non si è nemmeno sfumato.
Tutto sommato la mia guida sul football
mi ha più o meno permesso di capire qualcosa. In sostanza avrei dovuto essere
contenta se i nostri fossero riusciti a portare la palla dall’altro lato del
campo facendo touchdown. Ho cercato di tenere gli occhi su Ryder, ma ad un
certo punto ho confuso i giocatori. Al che ho avuto la brillante pensata di
registrare parte del gioco come materiale da inviare a Skyler e Ally. Ho tirato
fuori il cellulare e ho fatto partire la registrazione.
- Ecco, ho pensato di rendervi partecipi
di questa manifestazione di un tipico sport americano. Uno di quelli vestiti in
rosso sul campo è Ryder. Credo che sia quello che adesso sta correndo verso
sinistra con la palla in mano, cercando di segnare, ma non ne sono sicura. Non
so nemmeno se riuscite a distinguere chi tiene la palla. Oddio, abbiamo
segnato! Oh, altro tipico momento dello sport, quello dell’esultanza per il
punto. Hahaha! Guardate i balletti strambi di quello che ha appena segnato! E
si toglie il casco! O elmo? Come cacchio si chiama? Oh! OH! Era sul serio
Ryder. Oddio si sta avvicinando alla recinzione. Mi sta salutando? Sì, mi sta
proprio salutando! – Ho sorriso inebetita e ricambiato con uno sventolio
altrettanto ebete della mano. Stava anche dicendo qualcosa, e mi indicava. –
Per.. per te? Per chi? Ah, per me! Per me! Mi sta dedicando il punto!
- Ragazzina, smettila di fare la
cronista, ci vediamo anche noi. – ha commentato il signore dietro di me, con
voce scocciata.
- Mi scusi. – ho detto arrossendo. –
Be’, mi sa che devo staccare, la gente qui è davvero presa.
Ho chiuso la registrazione e l’ho
salvata. Il gioco è continuato sulla stessa scia. I nostri segnavano ogni
tanto, e ogni tanto segnavano gli altri. Alla fine però abbiamo vinto, ma non è
che abbia potuto esultare granché, dato che tutti lì erano genitori e amici
dell’altra squadra. La coach ha chiamato me e gli altri ospiti, che sono
ricomparsi miracolosamente (sono piuttosto sicura del fatto che se la siano
svignata all’inizio della partita e siano tornati al segnale della fine) e
hanno iniziato a complimentare la Beiste per la vittoria.
I ragazzi sono usciti dalle docce
profumati e in delirio. Ryder è venuto da me e, con la più totale naturalezza,
mi ha abbracciata. I suoi capelli profumavano di shampoo e la pelle di
bagnoschiuma, ed era così caldo in confronto a me, gelata lì fuori mentre
aspettavo!
- Congratulazioni! Per quello che sono
stata in grado di capire, sei stato bravissimo. E grazie per.. per la dedica
del primo punto. – ho detto quando, mio malgrado, ci siamo separati. Fosse
dipeso da me mi sarei aggrappata a lui come una scimmietta.
- Te lo meritavi. – ha detto con un
sorriso che ho ricambiato. – Ma sei gelata! – ha esclamato sfiorandomi la mano.
In effetti le unghie stavano assumendo un lieve colorito bluastro per il
freddo. – Ecco, mettiti questa. – dalla sua sacca ha tirato fuori la giacca da
giocatore e me l’ha messa sulle spalle. Ho cercato di protestare, più perché è
la prassi che per altro, ma non mi sono impegnata più di tanto e ho accettato.
La giacca avrebbe potuto contenerne due di me, ma non mi dispiaceva.
Il viaggio di ritorno è stato molto più
movimentato, perché i ragazzi commentavano la partita con tanto entusiasmo così
contagioso che ho quasi capito cosa stavano dicendo. Quasi.
Siamo stati lasciati a scuola e da lì
siamo andati al Breadstix. Forse a questo punto dovrei commentare il posto. Mh.
Quali sono i criteri? Per me qualunque cosa non sia una casa del tè o un
ristorante di lusso di quelli che piacciono ai miei è un posto indescrivibile.
Comunque l’atmosfera era carina. Non che io potessi sentire qualcosa di
negativo in presenza di Ryder. Aveva prenotato un tavolo e una cameriera carina
tutta sorrisi è venuta a servirci. Ryder mi ha chiesto se poteva ordinare per
entrambi le specialità del posto, e io con fare indifferente ho accettato. In
realtà mi sarei messa a ballare la Macarena perché mi aveva evitato l’imbarazzo
dell’indecisione.
- Allora, parlami un po’ del New Jersey.
Come ti trovavi lì? – mi ha chiesto dopo che la cameriera se ne è andata.
- Be’, non avevo di cosa lamentarmi. La
scuola era okay, la città in cui stavo anche e la pasticceria “Da Carlo” era
poco distante.
- Il boss delle torte? – ha chiesto
alzando le sopracciglia. – Le sue torte sono davvero mangiabili?
- Interamente, anche se io preferisco i
suoi cupcakes. Le mie migliori amiche mi hanno fatto fare una torta a tema
Giappone una volta, ed è stato un peccato che non l’abbiano fatta vedere nella
trasmissione, perché è stata un capolavoro.
- Ti mancano? Le tue amiche, intendo,
non le torte di Buddy.
- Certo che mi mancano. – ho detto,
provando mio malgrado un moto di tristezza.
- Mi sorprendi sempre, sai? Ti sei
trasferita in un’altra città lasciando indietro le tue amicizie, eppure riesci
a comportarti come se niente fosse. Trovi il tempo per studiare per una marea
di corsi avanzati, per vincere competizioni di scrittura, per venire alle
riunioni del Glee, per leggere e imparare il giapponese e io.. io ho avuto
difficoltà anche a conciliare il football con la scuola. Anche perché mia madre
mi permette di continuare con lo sport solo se riesco ad avere la media della B
in pagella.
- Mi fai sembrare molto migliore di
quanto io non sia. – ho mormorato. – Ognuno ha il suo modo di vivere. Io non
faccio altro che studiare e leggere, tu pratichi sport e canti. Siamo come..
Hai mai visto High school musical? – ho chiesto con un sorriso, quando mi si è
affacciato alla mente il paragone. Lui ha annuito. – Ecco, Gabriella era una
secchiona fissata con la chimica. Troy invece era un ottimo giocatore di basket
e un cantante e ballerino dal talento innato. Questo non rendeva lei migliore
di lui.
La cameriera è venuta a portarci le
ordinazioni proprio quando lui si è messo a ridacchiare per il mio
ragionamento. Gli spaghetti al salmone erano davvero profumati.
- Non ti facevo il tipo che guarda High
school musical. – ha detto lui dopo avermi augurato buona cena.
- Tsk, quante cose devi ancora scoprire.
Troy Bolton è stato il mio primo amore adolescenziale. Ho registrato il film e
l’ho riguardato ogni giorno almeno due volte al giorno per una settimana.
Lui è scoppiato a ridere. – Altri
segreti?
Ci ho pensato su per un attimo. – Per un
periodo ho amato i Jonas Brothers, ho sofferto di Bieber fever per un’estate e
devo ammettere che alcune canzoni dei One Direction non mi dispiacciono. Ciò
non toglie che la mia band preferita siano i Muse – almeno fino al loro
penultimo album - e il mio cantante preferito Nat King Cole. Quando ho
l’influenza niente mi tira su come un po’ del buon vecchio Nat.
- Sei una contraddizione vivente. – ha
detto. – Mi piace.
Gli ho sorriso. La conversazione è
continuata su questo tono. Praticamente è venuto fuori tutto quello che ci
piace. Ad un certo punto ho dimenticato di essere ad un appuntamento, ho
dimenticato di sentirmi in imbarazzo e ho iniziato ad essere a mio agio. Ho riso
e mi sono divertita e ho scordato ogni preoccupazione. Quando però mi ha
riaccompagnata a casa, ho iniziato a farmi venire le solite fisime.
E se vorrà baciarmi? Avrei dovuto
prendere una mentina dopo cena?
E se non vorrà baciarmi? Significherà
che non è interessato a me?
E se mi bacerà? Io come farò? Come saprò
cosa fare?
E se mi farà una di quelle brillanti
domande del tipo “Vuoi essere la mia ragazza?”, che io immagino scritte sui
bigliettini a quadretti, stropicciati e strappati in maniera irregolare dal
fondo dei quaderni, con una calligrafia da scuole elementari e con sotto due
quadratini con vicino scritto “sì” e “no” (e in alcuni casi anche “forse”, per
quanti sono più indecisi)?
E che mi baci oppure no, come saprò che
cosa rappresento per lui? La comodità della brillante domanda sopra citata era
che perlomeno non potevano esserci fraintendimenti. Ad occhio e croce dire che
un bacio equivarrebbe a un impegno, ma quanta gente fa sesso e quando si chiede
“Ma state insieme?” la risposta è una faccia sconvolta e un “Noi? Non ancora.”?
Quando siamo arrivati davanti alla porta
ho fatto per sfilarmi la giacca e restituirgliela.
- No, tienila. – mi ha detto. – Me la
darai un’altra volta.
L’ho fissato imbambolata.
Improvvisamente mi pentivo di aver accettato l’ultima fragola ricoperta di
cioccolato. Le mie farfalle non stavano gradendo.
- Hana, io.. – ha iniziato a dire mentre
con una mano mi portava i capelli dietro l’orecchio soffermandosi ad
accarezzarmi la guancia. Solo che, di nuovo, non ho mai saputo lui cosa, perché
in quel momento, in cui io stavo per indietreggiare perché lui era talmente
vicino che potevo sentire il suo respiro sul viso, quel momento in cui il mio
cervello mi stava dicendo che non mi sentivo affatto pronta per essere baciata,
mentre tutto il resto di me stessa mi diceva il contrario – in quel momento,
insomma, si è aperta la porta, e per lo spavento stavo per cadere dentro il
cespuglio di rose dietro di me.
- Scusa! – ha esclamato mio fratello
sgranando gli occhi nella sua migliore espressione di allarme – Pensavo fosse
il ragazzo che consegna le pizze! Scusate! Buonanotte! – E’ rientrato sbattendo
la porta.
Ho guardato Ryder, che stava
ridacchiando. – Be’, è meglio che vada. Ci sentiamo domani, okay? – Mi ha dato
di nuovo un bacio sulla guancia.
- Okay, a domani. – ho sussurrato. L’ho
accompagnato con lo sguardo lungo il vialetto e sono entrata in casa.
- Peter? Vieni qui, per favore. – ho
detto. Un ciuffo di capelli biondo-rossicci si è affacciato dal divano.
- Ti giuro che non sapevo che fossi tu!
Scusa! Pensavo sul serio che fosse il ragazzo delle consegne! – ha squittito.
Quando mi sono avvicinata al divano si è rannicchiato come un cucciolo
spaventato. – Non volevo interrompere niente, davvero! – ha aggiunto.
- Alzati, per favore. – gli ho detto con
voce neutra. Malvolentieri lui ha obbedito e si è alzato. Allora l’ho
abbracciato e ho iniziato a ricoprirlo di baci sulla testa. – Grazie, grazie,
grazie! – dicevo mentre lui: - Ahia! Lasciami! Mi stai soffocando!
- Domani andiamo insieme al centro
commerciale e ti compro tutte le caramelle frizzanti alla coca cola che vuoi! –
ho detto, lasciandolo andare. Il poverino aveva tutti i capelli scombinati ed
era rosso in viso. Oltre che evidentemente perplesso.
- Stai bene? – mi ha chiesto con fare
circospetto.
- Certo che sto bene! – ho esclamato con
una risata. – Ora vado a cambiarmi. Come mai devi ancora cenare? Ah, mamma e
papà non ci sono, giusto. Cosa stavi guardando? Ah, stavi giocando. Bene, vedi
di finire la partita prima che io scenda, così possiamo guardare “Cars 2”.
Sono salita a cambiarmi fischiettando –
si fa per dire, perché la natura non mi ha concesso la dote di saper fischiare
– sotto lo sguardo ancora intensamente perplesso di Peter.
Nota dell'autore: Bene, eccoci qui. Avrei voluto pubblicare di pomeriggio ma mi hanno piazzato una lezione all'università e prima non ho avuto il tempo di farlo. Comunque. Spero vi possa piacere e a venerdì con il seguito!