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Autore: Water_wolf    03/05/2013    5 recensioni
Avete presente quelle storie che parlano di angeli? E quelle sui quattro elementi? Ecco, prendetele e buttatele nel cestino perché questa fanfiction non ha nulla a che vedere con la normalità. Perciò, ecco gli ingredienti per questa storia:
-Un angelo rincorso in metro
-Una quindicenne sempre in ritardo
-Una Milano piovosa
-Una sana dose di divertimento
-Tre cucchiai di buona musica
-Cavolate q.b
-Magia in abbondanza
-Quattro Elementi strampalati
-Una missione da compiere
-Un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!)
[Cap. 6 “Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue. ]
[Cap. 10 Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola. ]
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il silenzio cantava una canzone d’addio. Gli armadi, il divano, le poltrone, i fornelli, i letti erano immobili, fermi e senza vita, ma quella mattina avevano deciso di svegliarsi dal loro torpore abituale salutando la ragazza che era vissuta con loro per molto tempo.
Ma la canzone dei mobili non arrivava all’orecchio di Chiara, o meglio, lei sentiva solo un silenzio irreale. Se lo godeva, si crogiolava in quella tranquillità. Si ricordava una frase, che era subito diventata una delle sue preferite: qualche volta il silenzio è la migliore delle risposte. E, in quel momento, quell’affermazione le pareva più reale che mai.
Sarebbe rimasta lì, in piedi in mezzo al salotto, per l’eternità, tra il canto muto dei mobili. Se si sforzava poteva sentire il frusciare delle coperte all’abbassarsi ritmico del petto di suo padre. Chissà cosa avrebbe pensato di lei, se avesse tentato di fermarla o, invece, se l’avesse lasciare andare senza una parola. Scoprì che non le interessava.
La sua mente corse a sua madre, a lei sarebbe importata l’incolumità della sua unica figlia. Pensò ad Emilia, lei che una famiglia l’aveva sempre avuta, e a quanto le costasse abbandonarla in un giorno di primavera, uscendo di casa come una ladra.
Prese la cornetta del telefono fisso. Non c’era nulla di strano nel voler salutare qualcuno a cui un tempo si era voluto molto bene.
Premette il tasto delle chiamate rapide, e si mise il telefono all’orecchio.

Sono Monica Loreni, al momento non sono disponibile, se volete potete richiamarmi in seguito, se invece la questione di cui volete parlarmi è importante, lasciate un messaggio dopo il bip.

La segreteria registrata ripeté il messaggio in francese, poi il segnale acustico le riempì le orecchie. Aveva chiamato sua madre, ma ora non sapeva che cosa dirle. La bocca era improvvisamente diventata asciutta, e la mente una landa desolata.
<< Ciao. >> iniziò, la voce arrochita, ma presente << Volevo solo dirti... be’ volevo dirti che ti voglio bene, mamma. >> continuò, ritrovando le parole perdute << Anche se non te lo dico spesso, anzi, forse non te l’ho mai detto da quel giorno, sappi che sì, ti voglio bene. Solo questo. Ciao, mamma. >>
Chiuse la chiamata, poggiò la cornetta al suo posto. Sospirò, alla fine non era poi stato così difficile. Si riportò la borsa sulla spalla. Dentro, un cambio di vestiti, un blocco da disegno, il suo astuccio pieno di matite, il cellulare e l’MP3. Facendo meno rumore possibile, aprì la porta di casa e uscì.
Scese le scale lentamente, percorse il viale –deserto a quell’ora del mattino- verso la fermata dell’autobus. Scoprì che la linea iniziava il giro un’ora dopo. Scrollò le spalle, e passeggiò tranquilla finché non raggiunse la casa di Giovanni.
Controllò l’orario sulla schermata del telefono, e non si stupì d’essere di circa quindici minuti in ritardo rispetto all’ora prestabilita. Raggiunse a passo svelto la facciata dell’edificio, salutando con un cenno della mano tutti i membri del gruppetto. Shai aveva con sé il proprio violino, mentre Emilia portava a tracolla una borsa piena di spazzole, vestiti e cianfrusaglie varie, che non le sarebbero servite a nulla.
<< Alla buon’ora, Chiara. >> la salutò Dimitri, sfoggiando un sorrisetto malizioso.
La quindicenne non ci badò, e si rivolse subito all’angelo << Come facciamo a raggiungere Upward? >>
In tutta risposta Jonas spiegò le candide ali e le porse la mano. << Volando, Lyra. >>
Chiara fissò titubante la mano davanti a lei. Afferrarla o non afferrarla?
Osservò Shai stendere le ali, bianche come le nuvole, e pensò che non avrebbe mai percorso il tragitto con lei. Prese la mano di Jonas, mentre le guance si coloravano timidamente di rosso. Andrea affiancò la violinista, che parve felice di non dover passare più tempo del dovuto con Chiara. Dimitri si scrocchiò le dita.
<< Viene con me, madamoiselle calorifero? >> chiese a Emilia.
Quest’ultima sbuffò sonoramente e accettò la mano tesa del ladro. << Solo perché sai manipolare lo spazio. >> puntualizzò.
<< L’incantesimo ha funzionato. >> esordì Shai, ricordandosi di avvisare gli altri << Giovanni si muoveva a rallentatore. >>
Emilia parve rincuorata. << Bene, si parte! >> sentenziò Jonas, spiccando il volo.
Chiara sentì la strada mancarle sotto i piedi e il cielo farsi sempre più vicino. Spalancò la bocca, stava volando, stava volando per davvero.
L’angelo le rivolse un sorriso a trentadue denti << Ora sai come mi sento io ogni volta. >> Chiara non poté non confermare.
La brezza frizzantina del mattino le scompigliava un poco i capelli, gli occhi si perdevano tra l’azzurro della volta celeste. Le sembrava d’essere su un aeroplano, quando ci si sedeva sui sedili e si osservava le casse farsi piccole piccole e le nuvole grandi grandi.
Shai chiacchierava amabilmente con Andrea, il quale sembrava leggermente turbato dalla mancanza del suolo. Era la Terra, dopotutto. Emy e Dimitri, invece, battibeccavano su quanto il ladro fosse o non fosse troppo spavaldo. La bionda, alla fine, si staccò dal ladro e volò da sola, generando fuoco dai palmi delle mani. L’aria bruciava, permettendole di salire e scendere, virare e cabrare a suo piacimento, come se stesse pilotando una mongolfiera.
<< Ti invidio, lo sai J? Volare è davvero magnifico. >> ammise Chiara, sfiorando con un dito il contorno di una nuvola.
L’angelo si portò davanti a lei, cosicché si potessero guardare in faccia reciprocamente. << In fondo, Acqua e Aria si completano, non credi? Vapore acqueo tra le nubi, bolle d’aria nel mare. >> disse lui. La quindicenne avvampò, distogliendo lo sguardo, sicura che non stesse parlando solo di chimica.
Dopo circa un’ora nel cielo, un ronzio basso e ritmato riempì loro le orecchie.
<< Ci siamo. >> annunciò Shai.
Emilia fece per replicare, ma ciò che si trovò innanzi le tolse le parole di bocca. Un gigantesco specchio a forma ellissoidale si stagliava per dieci metri, al centro la consistenza era pari all’acqua, mentre al confine era più dura del ghiaccio. Era il portale che collegava la Terra con la città degli angeli.
Jonas puntò deciso verso il centro. Il grigio dei suoi occhi era di una tonalità più scura del bianco-azzurrino dello Specchio. Chiara avvicinò la mano verso la superficie, la toccò, e il freddo le percorse il braccio. Si ritrasse, infastidita.
<< Dobbiamo oltrepassare lo Specchio, poi arriveremo al confine tra Bianchi e Neri. Non accadrà nulla di pericoloso. >> tentò di rassicurarla l’angelo.
Chiara fece un sorriso tirato, osservando l’amica fare una smorfia.
<< Io vado. >> disse Shai, e oltrepassò assieme a Andrea lo Specchio.
<< Avanti, ci sono io. >> sussurrò Jonas, ponendo un braccio dentro la superficie semi trasparente.
Sì, ci sei tu, che mi hai baciata per poi gettarmi via, avrebbe voluto replicare, ma tenne quei pensieri per sé.
Senza accorgersene, iniziò a scivolare dentro lo Specchio. Il gelo si impossessò di lei, entrandole dentro il corpo, rendendo i suoi capelli e le sue ciglia di ghiaccio; poi, semplicemente, la sua temperatura corporea ritornò ai 36° gradi abituali. Sbatté più volte le palpebre e, quando si fu assicurata di non stare sognando, cacciò un grido a metà tra lo spavento e lo stupore.

A nord, vetro. A sud, macerie.
A nord, luce. A sud, tenebre.
A nord, bianco. A sud, nero.
A nord, vita. A sud, morte.

Al centro, una linea alta venti metri divideva le due zone della città, circondata da chilometri di filo spinato e sporca di manifesti razzisti. Il Muro. Stavano volando sopra di esso quando Jonas e Shai virarono velocemente, portandosi dalla parte Bianca.
Era una città di vetro: palazzi di vetro, fontane di vetro, statue di vetro, e meravigliosi, immensi, grattacieli trasparenti, di un vetro così puro che sembrava acqua. L’asfalto era stato verniciato di bianco, e solo qualche macchia scura lo identificava come strada.
Un edificio a cupola, simile in tutto e per tutto alla Casa Bianca, si vedeva all’orizzonte. Sembrava brillare di luce propria grazie al marmo bianco e le vetrate in un pregiato vetro soffiato.
Una statua raffigurante un pegaso, montato da una giovane donna angelo ad ali spiegate, in bronzo, era posta in cima alla cupola. La lancia che brandiva la ragazza era puntata contro le nuvole, come a prestabilire la proprietà di Upward sul cielo. Col suo cipiglio serio, la sua veste mono-spalla, le pieghe scolpite divinamente, e i capelli che ricadevano a boccoli sulla schiena, la donna era la copia di una dea greca.
Chiara si riempì gli occhi di quelle immagini, non osando girarsi indietro per osservare lo stato fatiscente in cui si trovava il sud. Sentì la stretta di Jonas sulla sua mano farsi più forte, come se avesse bisogno di tutto il conforto possibile.
<< Non temere, riporteremo la normalità. >> affermò la quindicenne, cercando lo sguardo dell’angelo.
Lui si girò, negli occhi si leggeva dolore, nostalgia, speranza e paura, tanta, di fallire. << E’ molto peggio di quando sono partito. Non è più solo la nostra missione, è la salvezza di questa città, di tutti gli angeli. >> disse Jonas, lanciando un’occhiata fugace all’oscurità che andava scemando dietro le sue ali.
Un brivido corse lungo la schiena di Chiara. Le settimane appena trascorse le scivolarono addosso, senza omettere alcun particolare. Non aveva mai pensato seriamente alla possibilità di fallire, alla possibilità che non riuscissero a fermare la politica distruttiva di Zeigen.
Forse perché non dobbiamo perdere, forse perché se usciamo distrutti da tutto questo anche Upward crollerà con noi, pensò.
<< Andiamo più veloci, avanti. >> disse Shai, secca.
Jonas sbatté le ali, e sfrecciò tra i grattacieli, volando a pochi metri da terra. Chiara si lasciò cullare dal vento, osservando il loro riflesso sul vetro. Raggiunsero l’edificio a cupola in poco tempo, e i due angeli si lasciarono andare in un sospiro di sollievo.
<< Benvenuti alla Residenza del Presidente Winter. >> annunciò Jonas, ripiegando le ali.
Shai lo imitò, e invitarono gli altri ragazzi ad avvicinarsi. Un alto cancello non permetteva loro di entrare, ma un maggiordomo riconobbe i due angeli, e ordinò sveltamente di farli entrare. I sei furono travolti da un turbine di attenzioni, premure, domande, futili chiacchiere e, quando si trovarono innanzi alla porta che univa il corridoio principale alla Sala delle Udienze, nemmeno si accorsero di aver percorso un dedalo di locali di superba bellezza. Il maggiordomo si chinò, aprendo l’immenso portone in ciliegio e invitando il gruppetto ad entrare.

§

<< E dunque… >> la donna si interruppe, volgendo lo sguardo verso i nuovi arrivati. Chi osava interrompere un’udienza senza nemmeno annunciarsi?
La risposta venne da sola quando pose gli occhi su Jonas. Se lo ricordava, quel giovane angelo, il Custode dell’Aria. Sorrise cordiale.
<< Siete arrivati, finalmente. >> disse, godendo dello sguardo sgomento dei giurati.
Jonas annuì << Ci perdoni per l’irruzione, Presidente Winter. >>

§

Presidente Winter. Chiara impallidì. Era davanti al Presidente di Upward, a chi governava quella città-stato. Non era altro che una donna sulla cinquantina dai capelli neri come la pece, solcati da profonde ciocche grigie e bianche, occhi color delle nuvole, in un completo grigio topo, eppure teneva in pugno le redini del Paese.
Chiara non trovava per esprimere le sensazioni che le animavano il corpo; se fosse stata nel Medioevo si sarebbe inchinata all’istante. Era ammirata, onorata di essere in una stanza con una persona di quel calibro. Ma quegli occhi vispi, furbi, guizzanti, la inquietavano. C’era qualcosa che le suggeriva di stare alla larga dal Presidente.
La donna batté le mani e decretò << La seduta è rimandata, ora ascolterò il racconto della prima parte della missione affidata all’angelo Jonas King e Shai Stephens. >>
Alcuni scranni si liberarono, mentre i giurati che prima li occupavano lasciavano la sala, lanciando occhiate incuriosite ai sei ragazzi. Elisabeth Winter si sistemò sulla sedia di legno, si sistemò la piega del vestito, e sorrise << Voglio un resoconto conciso. >>
Jonas e Shai si scambiarono un’occhiata, poi raccontarono di ciò che era accaduto in quel mese. L’angelo non disse nulla riguardo al bacio tra lui e Chiara, né parlò della situazione di tensione tra Shai e la quindicenne, ma l’imbarazzo che trasparì dalla sua voce fece intuire al Presidente che qualcosa di piuttosto rilevante le era stato nascosto. Intrecciò le dita delle mani, scrutando il gruppetto innanzi a lei.
<< Parlerò con ognuno di voi singolarmente, gli altri aspetteranno fuori il loro turno. >> sentenziò.
Indicò Shai, facendole segno d’avvicinarsi. Chiara, Jonas, Dimitri, Andrea ed Emilia uscirono dalla Sala delle Udienze. Si diedero da fare per non cedere al nervosismo che li divorava: la bionda si ficcò gli auricolari nelle orecchie, il ladro gliene rubò uno, Lyra tirò fuori dalla borsa blocco e matite e scarabocchiò il corridoio in cui si trovavano, l’angelo si concentrò su una piastrella decorata, mentre Andre’ si tenne occupato con una tenda.
La Custode dell’Acqua aveva capito subito dove mirava la Winter, così come sapeva che quei colloqui erano un modo per scoprire i particolari della situazione. Non saprai niente da me, Presidente, si ripromise, calcando il tratto sul foglio. Fu l’ultima ad essere chiamata, e poté osservare come Jonas e Shai fossero scossi.
Chissà cosa li aveva turbati così tanto. In fondo, però, non ci fu bisogno di pensarci molto. Era sicuramente una questione legata al bacio.
<< Custode dell’Acqua, entra. >> la invitò.
Lei si alzò, lasciando sul pavimento la borsa e il blocco da disegno. Varcò la soglia della Sala delle Udienze, sentendosi come davanti alla corte suprema, indagata per un assassinio. E l’ambiente era talmente simile ad essa che la sua fantasia le pareva molto reale. Elisabeth la fece sedere una seggiola di legno, mentre lei si posizionò davanti alla giovane.
<< So che ci sono stati dei disguidi tra di voi. >> iniziò, calma << Soprattutto tra i due angeli e te. Riguardo ad alcuni… eventi indesiderati. >>
<< Chi gliel’ha detto? >> chiese Chiara, sulla difensiva.
Il Presidente non si scompose. << Non ha importanza. Dobbiamo parlare di quello che è successo con Jonas King, dopo l’eliminazione della Sentinella Nera. >> Pronunciò la carica dell’angelo nero con disprezzo, mettendo nelle sillabe un disgusto enorme.
<< Credo che Lei sappia già quello che vuole. >> replicò Chiara, ingoiando le proprie paure.
La Winter sorrise, ferina << E, sentiamo, che cosa vorrei? >>
<< Non casco in trucchi così semplici. >> ribatté, dura.
La donna tamburellò con le dita sul legno dei braccioli della sua sedia. Quella ragazzina le piaceva, era di sicuro un’ottima Custode.
<< Arriverò al punto. Il triangolo amoroso non era previsto nei piani, e non lo prenderò in considerazione se non per eliminarlo completamente. Devi dimenticare il bacio che hai dato, cancellarlo dalla memoria. Per poter abbattere il governo di Zeigen serve collaborazione e non rancori nascosti. Se mai hai letto dei libri di spessore, saprai che da uniti si può costruire, mentre da soli nulla è possibile. E dal momento che una sconfitta non è quello che ci serve, se mai doveste fallire per colpa di questo bacio, sappi che ti reputerò l’unica colpevole. >>
Chiara deglutì. << Non credo di poter dimenticare ciò che mi ha reso la ragazza più felice e più triste del mondo al tempo stesso. >> mormorò, torturandosi le labbra.
<< Ascolta >> esordì Elisabeth << so che quell’angelo esercita un certo fascino, io stessa risento del suo carisma, ma devi dimenticare. >>
<< Io non posso scordarmi del mio primo bacio! >> urlò Chiara, alzandosi in piedi con impeto.
<< Calmati. >> le ordinò il Presidente << Devi fare ciò che ti dico entro domani mattina. Bevi, fuma, fa’ quel che ti pare purché riesca in questo intento. >>
<< Perché? >> domandò la quindicenne, esasperata.
<< Perché domani è il momento in cui dimostrerete il vostro valore. >>
Un silenzio carico di tensione calò tra le due.
<< Ma… non abbiamo ancora scoperto appieno cosa sono le doti innate dei Quattro Elementi, attaccare così presto è una mossa azzardata. >> osservò.
<< Il tempo non è dalla nostra. Ieri mattina, un angelo è stato ucciso durante un linciaggio. Credevano fosse un Nero perché un pezzetto di plastica scuro gli si era posato sulle ali. Se si va avanti così, saranno fratelli contro fratelli. Già le amicizie si stanno sgretolando per via di questo continuo sospetto. Zeigen ci sta abbattendo dall’interno, come un cancro. >>
Chiara si lasciò cadere sulla sedia.
<< C’è ancora tempo. >> disse, ostentando una convinzione che non possedeva.
Il Presidente fece un sorriso tirato, scuotendo piano la testa. << Credimi, c’è un conto alla rovescia che grava sulle nostre teste, contando i secondi che ci separano dalla morte. Il tempo non risparmia nessuno, c’è sempre quell’attimo sfuggente che rovina tutto. >>
Rimasero in silenzio finché la Winter non congedò Chiara, sperando che dimenticasse. Stette nella sala da sola, a rimuginare sul suo passato e ipotizzando un futuro prossimo. Ma illudersi non era il compito di un Presidente, né tanto meno ciondolare senza far niente. Confidò nella natura di quei ragazzi.
Mai avrebbe creduto che una leggenda come quella dei Quattro Elementi potesse prendere vita tra le sue dita, mai avrebbe detto che solo degli adolescenti potevano salvare la sua città, quella che aveva protetto per anni. L’orologio scoccò il passare di un’ora. Doveva darsi da fare, come aveva ribadito lei stessa, il tempo non era dalla loro parte.


***

Angolino dell'autrice
Miei prodi cavalieri, eccomi qui con un nuovo capitolo!
Questa è la mia Upward, la città che dà il nome a tutta la storia, il nocciolo della pesca, l'ombelico del mondo, il succo della questione e... dovrei smetterla con i paragoni.
Nei capitoli precedenti avevo un po' trascurato la mia protagonista, dovevo però mostrarvi per bene tutti i componenti del gruppo.
Per chi shippa la coppia Dimitri/Emilia, don't worry, il loro momento clou ci sarà c:
Per i fan del triangolo Shai/Jonas/Chiara, la bella storiella d'amore non è al capolinea, ci sarà un... ehm... uhh....colpo di scena bello stronzo tosto^^
Visto che Obama è il Presidente nero, io ad Upward ci metto una donna, che poi adoro perché una "buona" dall'aria da "cattiva".
Prossimo capitolo? Tutti contro Zeigen, e se pensate che la storia sia arrivata agli sgoccioli, be' sappiate che non vi libererete tanto facilmente di me! *risata malvagia* Non preoccupatevi, la demenza non è contagoisa, ma consiglio comunque una mascherina contro i germi
-Ringrazio tutte le persone che leggono e recensiscono, tra cui le new entry always_dragon, Maddi97 e valix97 cui ho amabilmente fatto muovere le mani sulla tastiera per scrivere una recensioneX"D

Water_wolf
 

  
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