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Autore: letyourcolors_burst    03/05/2013    1 recensioni
Austin Mason. Un debole, secondo molti. Un eroe, secondo altri. Ciò che lo portò ad essere considerato tale cominciò a svilupparsi nella sua adolescenza. La morte del padre adottivo lo costrinse a fuggire dall'Inghilterra. Neanche i suoi familiari, quei pochi rimasti, seppero per molto tempo dove cercarlo. Di lui si perse ogni traccia. Quei pochi che lo consideravano un eroe lo diedero per morto. Non potevano immaginare, però, che il loro eroe sarebbe diventato il loro peggior nemico. Stava nascondendo qualcosa di grosso, qualcosa che non avrebbe potuto rimanere così per molto. Toccava a lei fermarlo. Ma l'amava. E questo avrebbe cambiato tutto. L'amore cambia tutto, di solito. E la loro storia sarebbe stata una delle più belle e complicate. Perchè non cominciate a leggere?
Salve a tutti, questa è la mia prima storia. Le recensioni mi aiuterebbero a migliorare, quindi, ringrazierei in anticipo tutti coloro che lo faranno.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5. La scomparsa


 << Sono passate due settimane dalla morte di tuo padre. Non ti ho visto versare neanche una lacrima. Sei disumano, Mason. >>
 << Ci tieni proprio a rompermi, vero? Sono fatti miei. Te l'ho detto due settimane fa, e sarò più che felice di dirtelo ancora: sparisci. Non farti più vedere da me, sto lottando contro la più forte delle mie volontà, quella di conficcare un coltello nella tua splendida gola. Non ti conviene provocarmi, Lucas.  >>
 << Ma io ci tengo troppo, l'hai detto tu. >> accennò un sorriso nemico. Lucas era il tipico rapper-imitato-orrendamente, col suo fido cappello, troppo largo persino per la sua testa sproporzionata, ed i suoi jeans, anch'essi spropositati. La direzione del negozio "Oversize", lo avrebbe certamente ringraziato, se ne avesse avuta l'occasione. Lasciò cadere la Marlboro a terra, se ne andò accompagnato dai cinque che avevano contribuito allo stupro di alcuni giorni prima.
 Avalon aveva assistito alla conversazione tra i due e fu molto orgogliosa di Austin per non aver ceduto alle provocazioni. Quest'ultimo non sapeva che la ragazza fosse lì ed avesse sentito ogni parola. Sbucò da un vicolo vicino, e sorprese Austin alle spalle.
 << Ehi, Avalon... >>
 << Sei strano, oggi. Non sarà per quella carogna? Lascialo perdere, non merita neanche l'attenzione di un cane. Con tutto il rispetto possibile per i cani, non è alla loro altezza. >>
 << La cosa che non sopporto è che non pagherà mai per un omicidio, cazzo! Perchè tutti devono pagare per le loro azioni e lui no, cos'ha di fottutamente speciale quel bastardo? Spero muoia presto. >> la faccia di Austin aveva la sfumatura tipica della minaccia. Le sopracciglia inarcate, il piercing sul sopracciglio sinistro e il ciuffo nero davanti agli occhi, lo rendevano perfettamente un gangster mafioso.
 << In tanti anni non ti ho mai sentito dire più di una parolaccia in una frase. Datti una calmata. Perchè non vai a denunciarlo? >>
 << Crederanno ad un ventenne con questo taglio di capelli, secondo te? - puntò i pollici verso di sè. - Probabilmente accuseranno il sottoscritto dell'omicidio. Sai come va la burocrazia, no? >> Anche se l'argomento trattato era serio, Austin amava da sempre sdrammatizzare. La tristezza nei momenti seri non era mai stata il suo forte, aveva sempre cercato di alleggerire la tensione. Il ventenne era famoso nel suo quartiere proprio per i suoi interventi spiritosi.
 << Certo che ti crederanno, con le prove, però. >>
 << Davvero, con le prove? E secondo te dove le trovo, non c'erano neanche testimoni! >>
 << Già. Sembrava un piano perfetto. >>
 << A proposito di perfezione... >>
 << Mmm? >>
 << Io... Ricordi tre settimane fa, all'ospedale? >>
 << Sì. Quindi...? >>
 << Beh, ti stavo dicendo una cosa importante, prima che entrassero mia madre e mio padre... Oh, Dio, mia madre! Scusa, Avalon, ne parliamo un'altra volta. Devo correre da mia madre! >>
 << Perchè? >>
 << Devo chiederle scusa. Volo! >>
 Austin corse fino a casa, senza fermarsi mai. Correva circa un chilometro di distanza fra casa sua ed il luogo in cui si trovava con la ventunenne. L'abitazione, come già detto, si trovava in una delle zone più limitrofe di Londra, distante una trentina di chilometri, in linea d'aria da Buckingham Palace. Nonostante vivesse a Londra, Austin non aveva mai avuto l'occasione di visitarlo, come il London Eye o il Big Ben. Con il fiatone, aprì la porta, e cercò invano la madre, evidentemente era uscita a fare compere. Il ragazzo si sentì in colpa per aver lasciato in mezzo alla strada Avalon all'improvviso. Sempre più deciso a chiedere perdono, ed animato dalla voglia di vederla, tornò nello stesso luogo in cui si erano visti un'ora prima, un vicolo vicino ad un stradina brulicante di negozi, molto visitati verso marzo od aprile. In quel periodo dell'anno, non troppo tartassato dalle pioggie tipiche dell'Inghilterra, i visitatori cominciavano a sbucare fuori dalle loro tane di città, e a far resuscitare il turismo, affievolito dall'inverno. Certamente, i turisti visitavano Londra anche a Natale, in misura non molto minore all'estate, ma il settore del turismo fioriva in altri ambiti commerciali, quali magazzini, centri commerciali ed altri luoghi simili, mentre con la bella stagione i luoghi all'aperto li facevano stravedere.
 << Cerchi la tua ragazza? >>
 << No. E poi, non sono fatti suoi. Non avrebbe il diritto di intromettersi, in realtà, neanche se stessi cercando della droga. Ma lei chi è? >>
 << Parli bene, usi una buona grammatica, niente parolacce od imprecazioni... Mi piaci, nonostante dall'esterno sembri uno di strada. Qual è il tuo nome, ragazzo? >>
 << Ripeterò. Lei chi è? >>
 << Nessuno in particolare. Volevo solo aiutarti. Sembri smarrito. >>
 << E lo sono. Cerco una ragazza di vent'anni circa, alta un metro e settanta, bionda, ma sul castano, con gli occhi verdi. L'ha vista qui in giro? Sono dovuto correre via, l'ho lasciata qui. >>
 << Oh, certo, l'ho vista. E' andata verso il cinema, lì, guarda. >> L'uomo, non molto alto, tozzo e con un cappello che nascondeva in buona parte il viso rugoso, si tolse gli occhiali da sole e li indirizzò verso una viuzza di medie dimensioni che sbucava in una piccola piazza antistante il cinema. Era uno dei più grandi di Londra e, come poco prima, non fu facile individuare Avalon. Austin sperava in un aiuto simile a quello dell'anziano.
 << Ragazzo, è lei. >>
 << Mi ha seguito? Ma che spera di ottenere da me? >>
 << Niente, niente di importante. Almeno per te. >>
 << Potrebbe spiegarsi? >>
 <>
 << Non ci pensi neanche. La troverò da solo. E... Non è la mia ragazza, se lo ficchi in testa. >>
 << Davvero lasceresti qui un pover'uomo, senza cibo? >>
 << Già, lo farei. Arrivederci. >> Dopo qualche passo, il ventenne tornò indietro. I sensi di colpa ebbero la meglio su di lui, forse aiutati anche dalle parole beffarde dell'anziano. Probabilmente era tutt'altro che povero.
 << Tenga, ma se ne vada. Dov'è Avalon? >>
 << Là. >> indicò una passante, molto simile alla ragazza per certi versi, ma molto differente per altri. Austin non pensò ad una truffa dell'uomo, credette solo che si fosse sbagliato. Lo congedò; in quel momento decise che la via migliore per trovarla era telefonarle.
 << Avalon! E' un'ora che ti cerco. Dove sei finita? Mi stavi facendo preoccupare. >>
 << Ho deciso di venire a casa tua. In fondo, è anche colpa mia se tre settimane fa è successo ciò che è successo. >> Non volle rivangare gli avvenimenti.
 << Ma che...? Arrivo. >>
 Corse nuovamente a casa. Ormai la sera stava per calare, ed Austin sperava di raggiungere casa il più in fretta possibile. Arrivato dopo venti minuti, a passo svelto, prese Avalon in un angolo, cominciarono a parlare fra di loro in modo che la madre non potesse sentirli. La conversazione si incentrò sulla breve scomparsa della ragazza e sul misterioso uomo anziano. Parlarono non per molto, poi la conversazione si spostò sulla madre.
 << Mamma, ho bisogno di parlarti. Ricordi tre settimane fa? Oh, certo che ricordi. >>
 << Già, ricordo. Cosa vuolevi dirmi? >>
 << Io... Volevo chiederti scusa. Scusa per non essere riuscito a difendere te, papà o Avalon. Mi dispiace, io... Io non ce l'ho fatta, ed i sensi di colpa mi assalgono dal mio rinvenimento. >>
 << Non è stata colpa tua. Sai, da svenuto è difficile difendere le persone. E tantomeno con qualche parte del corpo fratturata. >>
 << Sì, ma se non fossi stato nemico di Lucas, o se non lo avessi provocato, non ci avrebbe aggredito. >>
 << Non è vero. Non puoi sempre prenderti la colpa per le azioni degli altri. Ti fai troppi problemi, sarebbe successo anche se non vi foste odiati. >>
 << Ma... E' più forte di me. La vita degli altri è sempre più importante della mia; per questo avrei preferito morire io, e lasciare vivere mio padre. Scusa ancora. >>
 << Non ripeterlo ancora. Poteva succedere a chiunque  >>
 Austin per poco non si commosse. Era contento di sentire su di sè tutto il calore della famiglia e di Avalon.
 << Mamma, Avalon... Grazie del sostegno che mi state dando. Invece di darne io a voi, lo date voi a me, è così ingiusto... Come lo è il resto della vita. >>
 << Basta, ora. Uscite, dimenticate tutto e divertitevi. La vita non finisce qui, continua. >>
 Salutarono la madre di Austin ed uscirono. Dopo aver ascoltato le parole della donna, decise di confessare ad Avalon ciò che provava. Non conosceva ancora le parole che avrebbe usato, e tantomeno l'esito del piano. In realtà, la sua mente non aveva neanche materializzata l'idea del luogo in cui avrebbe racimolato il coraggio. L'eterna indecisione e la straordinaria mancanza di coraggio avevano da sempre distinto Austin dalla massa, facendogli ottenere ciò che voleva - diversificarsi dal resto del mondo - e constringendolo, allo stesso tempo, a diventare esternamente qualcuno che dalla massa non sarebbe emerso mai. Fuori, come ogni altro; dentro, unico al mondo. Nessuno conosceva davvero il suo vero io, neanche Avalon. Quest'ultima conosceva solo una minima parte dell'intero universo che si nascondeva dentro uno dei ragazzi più introversi e timidi che conoscesse.


 
  
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