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Autore: Unsub    04/05/2013    1 recensioni
Qualcuno è un amico, qualcuno è un nemico, qualcuno è qui per aiutare, qualcuno è qui per fare del male. Decisioni difficile da prendere, fiducia mal riposta o meno, niente è quello che sembra e tutti hanno un secondo fine. Le regole a volte vanno infrante, ma cosa succede quando non conosci le regole del gioco?
La mia prima fanfiction, riveduta e corretta. Della storia originale rimane la trama e qualche spezzone, per il resto sono stati introdotti nuovi capitoli e le situazioni sono state approfondite. Ormai non mi soddisfaceva più come era all'inizio e ho deciso di riscriverla. Ringrazio Ronnie89 che mi fa da beta: sei sempre una grande! Enjoy!
Genere: Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Sarah Collins '
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capitolo 8

Novembre 2007 – New York

 

 

Central Park

Sarah non aveva più rivolto la parola a nessuno dopo l’ultimo scambio di battute con Garcia. Nonostante Morgan avesse tentato due volte di intavolare una conversazione con lei, si era trovato davanti un muro di ghiaccio e aveva gettato la spugna, così che il viaggio fino a Central Park si era svolto nel più completo silenzio.

Collins scese dalla macchina con in mano i dossier e cominciò subito a cercare le foto, mentre Derek faceva il giro del veicolo. Le si fermò a pochi passi di distanza e guardò i poliziotti che sostavano circa duecento metri da loro e che stavano facendo segno di raggiungerli.

-        Dobbiamo andare là. – disse rivolto alla ragazza che continuava a guardare i fascicoli – Non puoi stare in silenzio per tutto il tempo, questo lavoro è fatto soprattutto di condivisione.

Finalmente la ragazza chiuse i fascicoli, dopo averne estratto un paio di immagini. Il suo sguardo era vuoto e assente, mentre si guardava intorno per cercare di orientarsi. Quando finalmente fissò il proprio compagno, sbatté le palpebre come se non si fosse accorta della sua presenza fino a quel momento.

-        Scusami, cosa stavi dicendo? – disse con aria smarrita.

-        Senti, capisco che magari Garcia non sia stata discreta. – cominciò lui con un sospiro – Capisco anche che Hotch ti avrà fatto una bella lavata di capo prima di partire; capisco anche che questo non è un momento sereno per te. Però, punto primo, devi condividere con me quello che pensi del caso.

-        Punto secondo? – chiese lei, sempre apatica.

-        Potevi evitare di comportarti in quel modo con JJ. – sputò fuori, incamminandosi lungo il sentiero.

-        Da quanto tempo la state coprendo? – il tono si era fatto tagliente.

-        Di cosa stai parlando? – Morgan si girò di scatto, tornando sui suoi passi con fare minaccioso – Cosa stai insinuando?

-        Nessuno di voi era stupito della sua impreparazione sul caso. – lo sguardo di Collins si fece duro – Un’agente di collegamento non può fare errori così macroscopici senza che nessuno le dica niente. Eppure nessuno di voi sembrava particolarmente sorpreso che JJ non sapesse rispondere a quelle domande. Deduco che non fosse la prima volta che succedeva e che voi ve lo aspettaste.

-        Tu non sai niente. – Morgan fece una smorfia a metà strada fra un sorriso e un ringhio, per poi andare di nuovo verso i poliziotti che li aspettavano – Ora vuoi muoverti? Dobbiamo fare il sopralluogo di tre scene.

Sarah sorrise mentre lo seguiva, aveva lo sguardo puntato dritto sulle spalle di Derek e le sembrava di vedere un grosso bersaglio disegnatoci sopra. Rallentò il passo, ripensando al biglietto da visita che le aveva dato e meditò che forse poteva salvarlo; forse la Strauss si sarebbe accontentata di JJ come agnello sacrificale.

 

 

Ufficio del medico legale

Prentiss e Rossi erano in attesa del medico legale, dopo che li avevano informati che stava finendo un’autopsia e avrebbe cercato di essere da loro nel più breve tempo possibile. Anche loro non avevano parlato molto dopo lo scoppio di Collins nei confronti di Garcia. Rossi le fece cenno di sedersi su una delle sedie libere dello studio e si accomodò accanto a lei.

-        Se dobbiamo aspettare, sarà meglio metterci comodi. – le disse dandole un colpetto sul ginocchio con la mano destra – Giornata piena di emozioni e urla, vero?

-        Collins… la ricordavo diversa. – fu la laconica risposta di Emily, che continuava a guardarsi intorno.

-        La conoscevi bene?

-        No, come ho già detto ci scambiavamo solo i saluti di rito. – sospirò spostando lo sguardo sul suo interlocutore – La ricordo come una ragazza taciturna e riservata, durante le riunioni mattutine per l’assegnazione di casi se ne stava sempre seduta in fondo a prendere appunti. Non è mai stata così aggressiva, non l’ho mai vista attaccare una persona in quel modo.

Dopo aver finito la frase, spostò di nuovo lo sguardo sulle vetrate, come attendendo il medico legale. L’unica cosa che tradiva il suo nervosismo era il fatto che continuasse a tormentarsi le dita.

-        Sono passati due anni, la gente cambia. – Rossi usò un tono annoiato, eppure guardava Prentiss insistentemente, come aspettando che lei aggiungesse qualcosa.

-        Non così tanto in così poco tempo. E’ assurdo, non la conosco così bene da poterlo dire, ma… non è più lei. Rossi, credo che le sia successo qualcosa, qualcosa di brutto. – puntò gli occhi in quelli di David, con uno sguardo preoccupato – Credo che la Strauss l’abbia mandata a spiare Hotch.

Fu la volta di Dave di sospirare e spostare lo sguardo. Corrugò le sopracciglia, come se stesse valutando quello che aveva appena detto Prentiss e poi scosse la testa con fare rassegnato.

-        Possiamo solo aver fiducia in lei. – mormorò – Sperare che faccia la cosa giusta.

-        Non avrebbe dovuto trattare così JJ. – disse Emily.

-        No, ma di questo se ne deve occupare Hotch. Non deve diventare un nostro problema, perché se hai ragione ne abbiamo già troppi.

 

 

Stazione di polizia

Hotch ripensò a quello che era successo la mattina fra il loro agente di collegamento e l’ultima arrivata della squadra, mentre camminava per i corridoi della stazione di polizia. C’era andato giù pesante con Collins, era furioso e non si pentiva di averle detto quelle cose. Non tollerava che la sua leadership fosse messa in dubbio, tantomeno da un agente appena arrivato e che gli era stato imposto dalla Strauss.

Sapeva che quella ragazza era stata assegnata alla loro squadra per spiarli, non aveva dubbi al riguardo. Non era particolarmente preoccupato della cosa, sapeva che la caposezione lo teneva costantemente sotto osservazione e che aspettava solo un suo passo falso. Se quella donna avesse deciso di liberarsi di lui avrebbe trovato il modo, che ci fosse una motivazione o meno.

Per mantenere al sicuro la squadra avrebbe dovuto fare in modo che nessuno di loro fosse attaccabile, questo lo aveva capito già da tempo. Eppure aveva mancato al suo compito di assicurarsi che nessuno dei suoi agenti fosse nella posizione di essere sostituito.

Raggiunse JJ nella sala fax, osservò un attimo la collega e si assicurò che non ci fosse nessun’altro lì con loro prima di chiudere la porta. Avrebbe dovuto parlare con lei già da tempo ed invece aveva sempre rimandato, con il risultato che quella mattina qualcun altro era venuto a conoscenza di quel problema.

-        JJ, dobbiamo parlare. – disse chiudendo la porta alle proprie spalle.

-        Dimmi Hotch. – Jennifer si girò a guardarlo, sembrava ancora scossa.

-        Riguarda il tuo rendimento sul lavoro e quello che è successo stamani mentre esponevi il caso… non so come dirlo in modo gentile, quindi sarò diretto. JJ che cosa ti sta succedendo? Sei sempre soprapensiero, sei approssimativa nel tuo lavoro e certe volte rendi le cose ancora più difficili a tutta la squadra.

JJ sgranò gli occhi blu e rimase un momento in silenzio. Sentiva le lacrime arrivare e cercò di rimandarle indietro.

-        Hotch, mi dispiace se questo è quello che pensi…

-        Non è quello che penso, è quello che vedo. – disse il capo della squadra guardandola fisso - JJ la tua vita privata non mi riguarda, ma se qualcosa ti turba puoi venire a parlarmene tranquillamente. Sono il capo della squadra ma pensavo che fossimo anche amici e il tuo comportamento mi mette in difficoltà in tutte e due i ruoli.

Le mise una mano sulla spalla e aspettò che la ragazza alzasse gli occhi su di lui.

-        Sai che ti sto coprendo, che nessuno al di fuori della squadra sa che ultimamente sei molto “distratta”. – era ancora più serio del solito e contrasse la mascella prima di proseguire – Dovrei dire che “nessuno lo sapeva”. Collins è nuova… non è una di noi, se capisci cosa voglio dire.

-        Potrebbe riferirlo alla Strauss. – annuì Jennifer – In quel caso io sarei nei guai.

-        Sarei nei guai anch’io, per averti coperto. Ora non ci possiamo permettere di essere bersagli facili per la caposezione.

-        Lo so Hotch, scusami. Ti prometto che non capiterà più. Anche se so che non è una giustificazione sto passando un periodo difficile. – JJ sembrava sicura e decisa – Sai quanto questo lavoro sia importante per me! Ti giuro che non capiterà mai più una cosa del genere. Mi concentrerò sul lavoro e terrò i miei problemi personali fuori dall’ufficio.

Hotch fece un leggero sorriso, ma sembrava ancora molto preoccupato. La ragazza parve capire quella sua tensione e si asciugò una lacrima che era sfuggita al suo controllo, prima di parlare di nuovo.

-        Hotch, Collins non mi piace. – disse tutto d’un fiato – Non è per come mi ha trattato durante la riunione o per quello che ha detto, anche perché devo ammettere che aveva ragione…

-        Non avrebbe dovuto permettersi. – provò ad intervenire l’uomo.

-        No, aveva ragione, anche se ha usato quei modi così aggressivi. – lo fermò subito JJ – No, è qualcosa di diverso. Non so come spiegarlo: c’è qualcosa in lei che non mi convince.

Aaron annuì e le diede una pacca sulla spalla, prima di girarsi nuovamente verso la porta per raggiungere Reid, che era rimasto nella stanza che la polizia aveva messo a loro disposizione.

 

 

New York, Central Park

Morgan era fermo davanti alla scena dell’ultimo ritrovamento, era ancora visibile la sagoma del corpo disegnata da quelli della scientifica. Lasciò che il suo sguardo spaziasse per osservare il parco intorno a lui. Erano sotto un ponticello che sormontava un piccolo corso d’acqua, spostando lo sguardo sulla sinistra poteva vedere il Ritz che svettava subito fuori dal parco. Si voltò ad osservare Collins, che continuava a fissare la foto scattata dalla scientifica, senza curarsi di nient’altro.

-        Ehi, bell’addormentata. – la chiamò Derek facendo un passo verso di lei.

-        Non sto dormendo. – fu la laconica risposta della ragazza.

-        Posso dirti due paroline? – le si avvicinò e cominciò a parlare a voce bassa, anche se i poliziotti erano troppo distanti per sentirli – Dobbiamo concentraci sulla scena, a meno che tu non abbia notato qualcosa nelle foto.

-        No, veramente no. – Sarah ripose l’immagine e si voltò a fronteggiare il suo collega – Scusami, è il mio primo sopralluogo dal vero.

-        Cosa? Non hai mai analizzato una scena del crimine? – chiese l’uomo esterrefatto.

-        No, almeno non dal vivo. – la ragazza fece spallucce – Di solito ci limitavamo ad analizzare le foto. Te l’ho detto, noi non agivamo in squadra e non c’era molta interazione. Loro ci mandavano i dossier e noi li analizzavamo, si stilava un profilo e si rinviava tutto alle forze dell’ordine.

-        Una novellina, quindi. – la prese in giro lui, facendole segno di seguirlo.

-        Sono cinque anni che faccio la profiler. – rispose piccata – Non sono una novellina.

-        Relativamente alle scene del crimine, direi che lo sei. – le sorrise lui.

-        Ora fai lo spiritoso e mi sorridi? Non sei più arrabbiato con me perché ho “strapazzato” la biondina? – lo superò per accucciarsi vicino alla sagoma del corpo.

-        Non ho ancora deciso se sei antipatica.

-        Lo sono, fidati. – gli rispose, concentrandosi però sulle pietre del ponte – Non mi sopporto neanche io.

-        Se non ti sopporti da sola, hai un bel problema. – Derek si accucciò accanto a lei, cercando di capire cosa avesse destato l’interesse della ragazza.

Collins estrasse un paio di guanti in nitrile[1] e tastò le pietre sotto lo sguardo attento del suo collega. Si guardò in torno e grugnì indispettita.

-        Per caso hai una torcia? Non si vede niente qui sotto – chiese Sarah senza voltarsi.

-        Io no, però possiamo rimediare subito. – si alzò e chiamò a gran voce i poliziotti che sostavano a qualche metro di distanza – Ehi, ragazzi. Qualcuno ha una torcia?

-        Subito, signore. – rispose il più giovane correndogli incontro.

-        Visto? E’ più facile quando c’è interazione. – la prese in giro Morgan.

-        Lo terrò presente. – sorrise di rimando Collins, senza spostare la mano – Credo di aver trovato qualcosa, ma non ne posso essere sicura prima di poter controllare con una luce adatta e prima di aver visionato le altre scene dei ritrovamenti.

Il poliziotto era arrivato e stava tendendo la torcia a Morgan che la prese e la puntò accesa verso la mano di Sarah.

-        Finalmente un po’ di interazione. Era così difficile? – le chiese sarcastico.

-        Basta che l’interazione si fermi sul campo. – lo redarguì strappandogli di mano la torcia per illuminare meglio quello che aveva trovato – Anche perché non credo di essere il tuo tipo, visto il tipo di persone che ti piacciono.

Derek ricordò improvvisamente quello che lei gli aveva detto nella sala audiovisivi, quando aveva usato la propria preparazione in comunicazione non verbale per ferirlo. Sospirò e chiuse gli occhi, ricordando a sé stesso che in quel momento la ragazza non era del tutto lucida e che poi si era scusata. Se lei era così brava nel suo lavoro, era inutile negare, ma avrebbe dovuto chiarire con la ragazza che quella era un’informazione riservata.

 

 

Ufficio del medico legale

La dottoressa era appena entrata nel proprio ufficio, Prentiss e Rossi prontamente si alzarono in piedi per stringerle la mano. Era una donna sulla cinquantina, dai capelli castani raccolti in un austero chignon e dall’aspetto stanco.

-        Sono la dottoressa Black. – si presentò con voce ferma – Immagino siate qui per le ragazze trovate a Central Park. Il capitano Berger mi aveva avvisato di una vostra possibile visita.

-        Sono l’agente David Rossi. – si presentò l’uomo per poi indicare la donna al suo fianco – E questa è la mia collega, l’agente Emily Prentiss. Effettivamente siamo qui per quei tre omicidi.

La dottoressa si mise a sedere facendo cenno ai due agenti federali di accomodarsi a loro volta. Aprì i tre fascicoli che teneva sulla scrivania, proprio davanti a lei e cominciò a ricapitolare le sue conclusioni.

-        Le tre donne sono state sedate con dei farmaci per anestesia. – disse, confermando le conclusioni di Reid e Collins – La morte è avvenuta per asfissia, visto che non sono state intubate e la tubocurarina causa un blocco del riflesso respiratorio. Se non fosse stato queste ad ucciderle, ci avrebbe pensato la forte emorragia dovuta alle estese ferite all’addome, causate dalla rimozione dell’utero.

-        Quindi stiamo parlando di isterectomie. – disse Prentiss corrugando la fronte.

-        No. Almeno non nel senso tradizionale del termine. – la dottoressa si inumidì le labbra – Chiunque abbia fatto questo, non intendeva sterilizzarle.

Dicendo così, prese alcune foto e le mostrò ai suoi interlocutori. Il ventre delle donne era stato aperto e l’utero rimosso, ma c’erano anche altre ferite sull’addome.

-        Dopo l’asportazione dell’utero, ha infierito sulle donne con violenza. – precisò la Black.

-        Qualsiasi dottore può fare un intervento del genere? – chiese Rossi, ripassandole le foto.

-        Non è stato un intervento chirurgico, si è comportato come un macellaio. – la dottoressa scosse la testa e si girò verso Prentiss – Dovete fermarlo.

-        Può dirci altro, dottoressa? Qualcosa che non era nei referti? – chiese Emily, prendendo il taccuino per gli appunti.

-        Dopo l’arrivo dell’ultima vittima, ho sbagliato a compilare il foglio per la richiesta delle analisi. Non ne ho dimenticata qualcuna, per sbaglio ho spuntato un’altra casella. – si inumidì di nuovo le labbra – L’ultima vittima era incinta, o almeno lo era stata fino a poco prima. I valori della Beta-HCG erano elevati.

-        Anche le altre vittime erano incinta? – Rossi era turbato da quello sviluppo.

-        Non lo so. Non ancora, almeno. – la donna intrecciò le mani sulla scrivania – Per precauzione, tengo sempre dei vetrini di sangue in più, quando si tratta di vittime di omicidi. Sapete, non si è mai abbastanza cauti. Qualche avvocato difensore potrebbe decidere di smuovere le acque…

-        Può richiedere quelle analisi? – David si alzò.

-        L’ho fatto questa mattina, appena ho ricevuto i referti del caso Hernandez. – la Black si alzò a sua volta e li accompagnò fino alla porta.

-        Le saremmo grati se potesse farceli avere il prima possibile. – Rossi tese la mano per stringere quella dell’anatomopatologa.

-        Ve li invierò per fax, non appena il laboratorio avrà i risultati. – garantì, mentre si girava per stringere la mano di Prentiss.

 

 

Central Park

Morgan riguadagnò la posizione eretta, mentre controllava che la foto digitale appena scattata fosse venuta bene. Sarah, invece, rimaneva accucciata vicino alla panchina. Era il terzo sopralluogo che facevano quel giorno e il sole stava tramontando. In ordine cronologico, l’assassino aveva lasciato la sua prima vittima proprio su quella panchina. Collins finalmente si alzò e si guardò intorno. Erano davanti al lago e quella fila di panchine in legno sembrava corrervi tutto a torno.

-        Sembra un posto piuttosto frequentato. – rifletté a voce alta.

-        Durante il giorno, sì. – le rispose il poliziotto più giovane, quello che aveva portato la torcia – Di notte qui non viene mai nessuno. Almeno non le brave persone.

Indicò un punto lontano alla loro destra, dove l’arco formato dalla file di sedili in legno scompariva dietro la ringhiera che circondava l’acqua.

-        Laggiù, la sera, si riempie di teppisti e spacciatori. – precisò, gongolando nell’essere così informato.

-        E voi non intervenite? – Sarah si girò perplessa.

-        Li vedrebbero arrivare da lontano. – si intromise Morgan – E’ un’area facile da controllare, si riesce ad individuare chiunque si stia avvicinando da qualunque direzione.

-        Eppure il nostro assassino è venuto qui a scaricare il primo corpo. – meditò lei cominciando a battersi un dito sulle labbra che stavano assumendo una preoccupante colorazione blu – Sarà meglio andarcene, si sta facendo freddo.

-        Sì. Abbiamo le foto e direi che non c’è altro che possiamo fare qui. – si trovò d’accordo Derek, incamminandosi lungo la riva – Andiamo, che ti offro un caffè caldo.

-        Dovrei essere io ad offrirlo a te. – gli trotterellò dietro la ragazza.

-        E perché?

-        Perché non hai ancora accettato le mie scuse. – fece spallucce – Scuse che per altro non ti ho ancora fatto.

-        Ancora con questa vecchia storia? – sorrise accelerando il passo – Oggi non è ieri, è un giorno nuovo.

Il poliziotto più giovane assisteva a quello scambio, senza riuscire a capire di cosa stessero parlando, mentre li inseguiva per non essere lasciato indietro.

 

 

Continua…

 



[1] A differenza di quello che si pensa di solito, in America i guanti usati sulle scene del crimine non sono guanti in lattice. La motivazione sta nel fatto che i guanti in nitrile non contengono talco o altre polveri che potrebbero contaminare le prove. Non so in Italia, ma credo che valga lo stesso discorso.

   
 
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