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Autore: Mami93    04/05/2013    1 recensioni
“Take, toglitela subito dalla testa, chiaro?” si impunta il piccolo della congrega. […]
“ma chi è?” continua imperterrito il ragazzo. Adesso, guardandosi in giro ogni ragazza sembra sfigurare al suo confronto. Si chiama Hikari Yagami, gli viene spiegato, ed è la figlia minore di un boss della Yakuza.[…]
“non è come le altre. Sono pochi i ragazzi che riescono ad avvicinarsi a lei, e anche loro non sono raccomandabili”. L’altro ragazzo non può fare a meno di capire che secondo Davis anche questa Hikari non è raccomandabile, ma anzi che esserne dispiaciuto ne è affascinato.
Sembra la solita storia a lieto fine in cui due ragazzi completamente diversi si incontrano e condividono insieme la strada che il futuro riserva loro, ma le apparenze a volte ingannano… nulla di ciò che ci si può aspettare capiterà…
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daisuke Motomiya/Davis, Hikari Yagami/Kari Kamiya, Ken Ichijoji, Takeru Takaishi/TK, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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I giorni successivi passano tranquilli, e la prima volta che il biondo scorge da lontano Hikari si sente mancare. Dalla brillante conversazione che si sono scambiati in palestra forse si aspetta che la ragazza sia carina con lui, o almeno si degni di salutarlo; speranze subito smontate. Cody lo spalleggia. “ti ha rivolto la parola già una volta, è un piccolo traguardo, no?”. La smorfia di Tk lo fa scoppiare a ridere. “già, e che conversazione, poi” borbotta. Quel grande genio di Daisuke è stato molto delicato nei confronti dell’amico, tanto da aver raccontato a mezza scuola la magra figura che ha fatto, così adesso tutti quanti i suoi amici lo sanno, e spesso non perdono occasione per deriderlo. “ti rifarai” prova ad incoraggiarlo il piccolo. Con il tempo i due hanno imparato a conoscersi, e Takaishi ha avuto il piacere di scoprire che è un ragazzo indipendente e con un tocco particolare per certe situazioni. “che ne dici se ti veniamo a vedere oggi, Take?” chiede Ken all’improvviso. Finalmente la squadra di basket ha deciso di accoglierlo nei loro ranghi, e quel pomeriggio avrebbe giocato la sua prima partita di allenamento. Il silenzio che segue la domanda fa voltare tutti per vedere se l’interpellato non abbia sentito oppure si sia intontito nuovamente a guardare una certa ragazza. Le parole arrivano subito dopo, ma il tono è molto preoccupato: non vorrei fare subito una brutta figura. Preferirei prima allenarmi un paio di giorni, se non vi spiace è la risposta. “tu sei troppo poco sicuro di te amico, sai? Buttati, in fondo non può essere peggio della caduta di Ken dell’altro giorno, no?” le parole di Daisuke sono accompagnate da una pacca sulla schiena. “oh, si Dai, sei molto carino, grazie” commenta aspramente Ichijoujie.

Le lezioni riprendono quotidianamente, e il nuovo arrivato si mette presto in luce grazie ai suoi pressoché ottimi risultati. “potresti darmi una mano una volta di queste. Sai, non è carino saper fare una cosa e non aiutare gli amici che invece non eccelgono come te”. Takeru lo guarda ironicamente “eccelgono? Si dice eccellono Dai” lo riprende mentre l’altro sbuffa guardando il soffitto, con le mani dietro al testa. “appunto, vedi, ho bisogno del tuo aiuto” “si,e  magari anche di una ripassatina sui verbi” lo punzona ridendo. All’improvviso i due amici si scontrano, a causa dell’improvvisa immobilità del moro. “hei, ma che fai?” comincia a lamentarsi l’altro, prima di bloccarsi alla vista. “mi sa che aspetta te” lo sente dire, ma senza ascoltarlo veramente. Hikari è ferma davanti alla loro porta che guarda in giro probabilmente in cerca di qualcuno di preciso, e i ragazzi che le passano affianco le puntano addosso uno sguardo curioso, ma mai quanto quelli che provengono da dentro la classe. Tk scarta velocemente l’amico e si dirige verso la ragazza, che appena lo nota sembra illuminarsi. “Hikari, che ci fai qui?” la voce della ragazza è scocciata, compresa di una nota di impazienza. “ma dov’eri finito? Ti cercavo” si impone “dovresti firmarmi questo foglio” dice porgendogli un foglietto di ridotte dimensioni. “cos’è” chiede prima di prenderlo “è una giustifica scritta di tuo pugno che conferma che l’ora precedente non ho potuto prender parte alla lezione perché ero in infermeria a causa di un forte mal di stomaco” le parole le escono velocemente, e il ragazzo rimane immobile sul posto guardandola preoccupato “ma se mi scoprono finisco io nei guai, no?” chiede stupidamente, come conferma la sua risata derisoria “certo, ma nessuno ti scoprirà, stanne certo”. La sua sicurezza è spiazzante, un po’ meno quella di Tk. “scusa, e non potresti fartela firmare da un tuo amico?” chiede con una nota di tristezza pensando al fatto che probabilmente lei non lo reputa tale. Come potrebbe in fondo, si sono parlati una volta sola! “ormai non sono più credibili loro, ma tu si, sei appena arrivato!”. La sua euforia lo fa desistere, così gli viene allungata una penna. Hikari afferra una ragazzina che passa di lì per un braccio e la fa voltare con mala grazia dando la schiena al ragazzo. “sta ferma un attimo per favore” la intima con poca grazia. Takaishi si china sulla schiena della malcapitata e la usa come tavolino per firmare il foglietto. “scusami” sussurra alla ragazzina scioccata prima che possa fuggire il più velocemente possibile. Probabilmente non ripasserà più da quel corridoio. “ok, grazie allora” dice afferrando il foglietto con un sorriso apparentemente sincero, poi anche lei sparisce fra la mischia delle altre persone. Riesce appena a scorgerla girare l’angolo che Tsubaki lo ferma: “la conosci appena e già ti viene a chiedere dei favori? Cerca di stare attento, quella è capace di metterti nei guai senza problemi” lo ammonisce con uno sguardo carico di disprezzo, probabilmente rivolto alla Yagami. Come l’ha vista arrivare sparisce; rientra in classe ancora un po’ confuso,  e solo adesso nota gli sguardi curiosi e adoranti di alcuni, gelosi e fulminanti di altri. Si dirige verso l’ amico, che lo guarda con uno starno sorriso sulle labbra. Non fa in tempo a sedersi che una mano gli arriva con poca grazia sulla schiena. “e bravo il nostro Takaishi, vedi allora che sai intrattenere una conversazione senza dire cose stupide?” “sei rimasto lì giusto per ascoltarci?” chiede conoscendo già la risposta.

L’ora successiva, probabilmente solo per una sua impressione, si ritrova addosso sguardi strani da tutti i suoi compagni, ma Tsubaki ora sembra più tranquilla, quasi benevola nei suoi confronti. “vuoi che vada io a prenderti da mangiare al buffet?” gli chiede quando Dai li lascia un attimo soli per raggiungere un suo amico. “no, non ce n’è bisogno, grazie” la tranquillizza in lieve imbarazzo. “mh, perfetto, allora fai te!” cambia improvvisamente espressione, passando quasi all’essere arrabbiata con lui. la vede allontanarsi con passo sicuro e a testa alta verso il tavolo di Ken e degli altri. Solo prima di sedersi lancia un’occhiataccia verso un’altra direzione, e seguendola Tk nota che sta davvero cercando di uccidere Hikari con lo sguardo. La mora nel frattempo le ricambia lo sguardo, ma sembra quasi divertita. Tsubaki si siede indispettita, poi la Yagami torna a posare gli occhi su di lui. Tk rimane imbambolato, notando che gli sta sorridendo in uno starno modo, come se volesse fargli capire qualcosa che in quel momento gli sfugge. Solo quando si sente spingere da dietro si accorge di star bloccando la fila, così, dopo aver percorso qualche passo, torna a guardarla. Forse Takeru si è solo immaginato tutto, perché adesso Hikari è tornata a parlare con i ragazzi al suo tavolo come se nulla fosse successo, ma il sorriso che gli ha rivolto non se lo può essere immaginato, ne è sicuro. Finalmente riesce a servirsi mentre Daisuke lo raggiunge. Tornati al tavolo Tsubaki è particolarmente loquace,e  quando scambia qualche parola con Tk sembra che alzi di qualche ottava il tono di voce, e le sue risate risultano più forti e chiare, tanto che in qualche momento altri ragazzi dei tavoli circostanti si voltano a guardarla. La situazione rintontisce abbastanza Takeru, che resta in disparte rispetto alle conversazioni che si tengono al suo tavolo. Solo quando rimane solo con Cody, questi gli chiede spiegazioni del suo mutismo. “è successa una cosa strana prima” e spiega l’accaduto al minore. Il ragazzino sorride come se avesse capito l’arcano di tutto, e borbotta qualcosa tipo “l’amica è diventata gelosa!”. Il biondo rimane spiazzato, e quando chiede delucidazioni riceve un lapidario “no no, nulla, stavo solo pensando a voce alta. Comunque io non posso dirti nulla, in fatto di ragazze non me ne  intendo, e per me resteranno sempre un mistero”. Quel giorno la confusione affolla la mente di Takeru, e i suoi amici non contribuiscono a migliorare la situazione buttando lì di tanto in tanto qualche frase criptica senza apparente significato. L’allenamento di basket lo distare momentaneamente, e può notare con piacere che il corpo si riabitua velocemente ai movimenti da compiere. A fine ora l’allenatore lo prende da parte per complimentarsi, ma facendogli presente che dovrà allenarsi duramente per raggiungere i livelli dei suoi compagni. In spogliatoio anche loro gli confermano la sua bravura, e lo rassicurano sul fatto che anche se può sembrare duro, il coach è un uomo in gamba.

“Takeru, c’è tuo padre al telefono” annuncia la madre prima di cena. Il ragazzo si fionda in sala afferrando al volo il cordless per poi tornare spedito in camera. “allora campione, come andiamo?” la voce della figura paterna è calda e rassicurante come al solito. “bene papà, la prima settimana di scuola è andata benissimo, e oggi ho giocato per la prima volta nella mia squadra”. I complimenti lo travolgono e gli fanno girare la testa. “senti papà, credi che potrò passare a trovarti un giorno di questi?” chiede speranzoso, ma il silenzio che gli giunge dall’altra parte del filo gli fa mal sperare. “in questo periodo ho molto da fare Tk, ma posso cercare di liberarmi mezza giornata” prova a rincuorarlo. Purtroppo però Takeru conosce ormai a menadito le promesse del padre. “ma nel fine settimana dovresti essere libero, no?” continua. “si, ma sai, ho promesso a Jane che l’avrei portata fuori. Anche lei continua a richiedere un po’ del mio tempo” prova a giustificarsi. La risata amara del ragazzo fa calare un silenzio imbarazzato “già, ma lei almeno ti vede tutti i giorni, mentre tuo figlio lo vedi si e no ogni tre mesi” commenta con più acidità del dovuto. “lo so Tk, ma ti giuro che il prossimo week-end lo passeremo insieme, va bene?” prova a fargli tornare il buon umore, ma con scarsi risultati. “si, sempre che un imprevisto non ti faccia rimangiare la tua promessa” continua il ragazzo sentendo la frustrazione aumentare. “Takeru, sai che il tuo vecchio lavora, e non posso fare a mio piacimento” lo ammonisce il padre “guarda un po’ te il caso il lavoro chiama sempre quando io e te dobbiamo stare un po’ insieme” comincia ad alzare la voce. “ok, adesso basta!” lo zittisce il signor Ishida “sai che non è nelle mie facoltà scegliere, e ti ricordo che quando si ha un buon lavoro bisogna tenerselo stretto. Questo devi ancora impararlo, ma lo capirai ben presto ragazzo!” Dopo la sfuriata del padre Tk cerca di calmarsi, ma non riesce a proferire parola “Tk, sai che odio discutere con te, ma a volte mi costringi. Ti ricordi cosa ti dissi cinque mesi fa, no?” prova a farlo parlare. Con un sospiro ripete la frase che ormai ha imparato a memoria, e che ormai ripete ad ogni telefonata “si, che se dobbiamo sempre litigare allora non mi chiamerai più finché non mi sarò calmato” “appunto, allora vedi di tranquillizzarti. Io odio passare poco tempo con i miei figli, lo sai. Anche Yamato so che ne risente, ma almeno lui non me lo fa pesare tutte le volte” lo ammonisce. Una smorfia va formarsi lentamente sul viso di Takeru “già, sarei curioso di sapere quando mai esprime i suoi sentimenti, lui”. l’acidità che il figlio ha messo nel pronunciare l’implicito nome del fratello lo rattristisce. “Tk, forse non sono l’unica persone con cui dovresti passare del tempo” gli fa notare “certo, e cosa farei mai assieme a mio fratello, oltre che stare seduti fissandoci le mani?” chiede retoricamente. “credo che sia meglio se ci sentiamo un altro giorno. Salutami tua madre”. Non appena Takeru mette piede in cucina la madre lo guarda preoccupata. “papà ti saluta” la informa prima che possa fare domandi sconvenienti. Un cenno della testa conferma che ha capito. “hai ancora discusso con lui?” chiede poi, facendo alzare gli occhi al cielo del figlio. Devo ricordarmi di andare in un posto più solitario, la prossima volta, pensa caustico. “ci hai sentito?” domanda inutilmente “è un po’ difficile ignorare i tuoi urli” gli fa presente. “è sempre il problema del lavoro?” prova ad indovinare. Come se ci fossero altre alternative, commenta mentalmente Tk. “si, questo fine settimana ha già promesso a Jane di stare con lei, così io passo alla settimana dopo, sempre che non ci siano problemi in ufficio” la aggiorna. Il grugnito della madre gli fa immaginare le sue prossime parole: “mi sembra che tuo padre metta sempre in primo piano la fidanzata, anziché i figli”. Appunto. “e di tuo fratello cosa ti ha detto?” continua come se la precedente cattiveria non fosse uscita dalle sue labbra “niente. Ma perché non lo chiami tu invece di fare tutti questi passa parola fra me e il papà? Sicuramente sapresti di più da Matt in persona che da papà”. La faccia della madre lo sorprende alquanto. “sai quanto sia difficile per Yamato parlare di se. Probabilmente ascolterebbe solo quello che gli dico io. Però voglio passare a trovarlo, un giorno di questo” commenta più per se. Il ragazzo afferra la forchetta e comincia a mangiare in silenzio, immerso nei suoi pensieri.

Ormai erano più di diciassette anni che quella storia andava avanti, e sembrava non essere intenzionata a cambiare: i suoi genitori avevano divorziato dividendo i ragazzi. Ai tempi erano molto uniti, ma la situazione famigliare aveva portato a un brusco cambiamento. Purtroppo anche il trasferimento del padre con il figlio maggiore in città non aveva contribuito. Periodicamente i genitori cercavano di far stare insieme i due fratelli, prima così inseparabili, ma la frattura sembrava non aggiustarsi. Yamato era diventato distante e freddo, in maggior modo col fratellino, e il secondogenito aveva sviluppato un attaccamento ossessivo nei confronti del maggiore, che però sembrava irritato da tali attenzioni. Le loro visite erano diventate scostanti a causa del rifiuto di Matt di andare in campagna dal fratellino. Crescendo nessuno dei due era più riuscito a sentirsi bene in presenza dell’altro, e non appena Tk provava a mostrare segni di affetto nei confronti del fratello, o semplicemente volendo intrattenere una conversazione, si trovava costruito davanti un muro invalicabile. I due genitori si erano così messi d’accordo, in seguito ad un episodio di violenza che aveva dimostrato il piccolo nei confronti di Yamato, di farli partecipare entrambi ad alcune sedute da una psicologa. Tk si era subito dimostrato disponibile a spiegare i propri sentimenti, ma Matt era ostile. Solo durante un incontro solitario senza il fratellino era riuscito a spiegare che in qualche modo riteneva Tk responsabile della rottura dell’idillio fra i suoi genitori. In effetti, parlando con loro, la psicologa era venuta a conoscenza che in seguito alla nascita del secondo figlio la madre era caduta in una depressione post-partum che l’aveva portata ad allontanarsi dal marito. Questo causò una frattura fra loro, e sebbene la donna si fece curare eccellentemente, ormai il danno era stato fatto. I genitori cercarono di non far sapere a Tk la verità, ma purtroppo in qualche modo lui la scoprì. Da quel giorno tutto fra loro era cambiato. Inoltre la distanza era aumentata quando il padre si era fidanzato con una donna che allontanava periodicamente l’uomo dal figlio minore. Lui infatti aveva un attaccamento sincero alla figura paterna, e la donna di nome Jane gli causò qualche problema, tanto che il signor Yamato si trovò ad ospitare il figliolo solo quando la donna non era in casa. Al contrario il maggiore era distante sia dalla madre che dal padre, rifugiandosi in un mondo in cui solo lui poteva capire ciò che stava provando. La signora Takaishi incolpò di tutto il padre, sia dell’allontanamento di Matt causato dalle poche attenzioni che gli venivano rivolte a casa, sia della sua nuovo fiamma che creava problemi al figlio minore.

Il risveglio il giorno seguente è un po’ traumatico. Il ragazzo ha dormito male, ma si costringe comunque ad alzarsi dal letto e dirigersi a scuola. Lì trova sul cancello ad aspettarlo Tsubaky, che lo saluta quasi saltandogli al collo. “il prossimo fine settimana faccio una festa a casa mia, ti va di unirti a noi? Anche se ci sono persone che non conosci è il momento giusto per fare nuove conoscenze, e poi puoi invitare i tuoi amici. Inoltre chi vuole resta a dormire da me, tanto abbiamo una montagna di Futon1. Mi farebbe piacere averti lì”. Tk nota un lieve rossore attraversarle le guance all’accenno sui Futon. “purtroppo devo fermarti subito, perché probabilmente viene mio padre a prendermi”. Stranamente nota un certo dispiacere nella ragazza, e ne è lievemente dispiaciuto “ma non può venire un altro giorno?” chiede ingenuamente. Takeru scossa la testa con un espressione amara “è già tanto che riesca a venire, figurati poi rimandare” commenta al pensiero della telefonata del giorno prima. “bhe, allora in tal caso puoi sempre unirti a noi all’ultimo momento, a me non dispiace affatto” la luce quasi maniacale che accende gli occhi di Tsubaki quasi spaventa Takaishi “si, certo, al massimo facciamo un altro giorno, ok?” conclude prima di raggiungere i suoi amici. “cosa voleva?” chiede svogliato senza neppure guardarlo in faccia Daisuke, indicando con la testa la ragazza che si sta allontanando. “invitarci a una festa, ma le ho detto che siamo impegnati” spiega velocemente, modificando anche qua e la qualche dettaglio: non è proprio in vena di spiegare la faccende del padre a loro. Poi viene improvvisamente attirato da ciò che sta sfogliando Daisuke e che non l’ha neppure degnato di salutarlo: la collezione delle figurine di calcio del 1975. Si avvicina curioso anche lui assieme agli altri. “ma tu non giochi a basket” gli chiede stizziti Dai. “ciò non toglie che mi piace anche il fottball. Ti sei alzato con il culo storto, Davis’” domanda il biondo. Il sospiro dell’amico fa dedurre che ha capito il suo errore :”mia sorella è intrattabile ultimamente. L’ha mollata il ragazzo e se la prende con me. scusami Tk”.

Tutto sembra filare liscio, ma nella pausa fra la terza e la quarta ora Tk nota qualcosa dalla finestra. Si dirige il più in fretta possibile al cancello della scuola, e malgrado l’abbia visto da lontano rimane sorpreso. Si avvicina con passo deciso e un espressione severa sul volto. “che ci fai qui?” domanda poco cortesemente. Anche il ragazzo deve averlo notato, perché alza entrambe le sopracciglia, sorpreso. Affonda le mani nelle tasche dei pantaloni e si decide a guardarlo negli occhi “educato, devo dire” un lieve sorriso gli compare sulle labbra sottili. Il ragazzo alza gli occhi al cielo, esausto “Matt, cosa vuoi?” ripete con tono più alto. Il maggiore non cambia espressione “non potrei essere venuto a vedere la scuola che frequenta mio fratello?” ma l’espressione di Takaishi lo fa pentire subito. “ok, allora io me ne vado” dice girandosi, ma il fratello lo blocca: “aspetta, mi ha mandato papà!” cerca di fermarlo, con ottimi risultati, per altro: Tk si volta lentamente, guardandolo con gli occhi ormai ridotti a due fessure. Ora che ha la sua attenzione può continuare: “voleva che sapessi che è riuscito a liberarsi questo fine settimana, e quindi vuole stare un po’ con te. Ma ad una condizione” il minore non può fare a mano di pensare che c’è qualcosa sotto se ha rinunciato ad uscire con Jane, ma decide di volerci vedere chiaro. “sentiamo, quale sarebbe?” chiede con un leggero fremito nella voce: il fatto che abbia mandato Matt a riferire invece di dirglielo al telefono gli fa mal presagire “vuole che venga anche io” ammette abbassando gli occhi, ma tornandolo subito a guardare. Il minore sente un brivido percorrergli la schiena, ma cerca comunque di ragionare razionalmente: suo padre sta solo cercando di farli avvicinare, ma ciò che importa a lui è passare un po’ di tempo insieme al papà. Fra la possibilità di vederlo prima ancora di quanto credeva e l’ipotesi di stare insieme a lui fra due settimane senza neppure avere la certezza che suo padre non avrebbe avuto problemi al lavoro, bhe, sicuramente la prima ipotesi è la migliore. “non mi importa, se vuoi venire fai pure, se papà è disposto a stare con me anche senza di te a me va bene”. Non appena si accorge del significato delle sue stesse parole si maledice mentalmente “lui vuole semplicemente che stiamo un po’ insieme, non l’ho deciso io” si affretta a dire Matt, come per dissipare ogni dubbio. Questa conversazione non sta prendendo una buona piega, si ritrova a pensare Takeru “ok, se per te non è un problema. Basta che non cambi idea o mi chiami all’ultimo” conclude con una nuova speranza nel cuore: forse sarebbe riuscito a passare più tempo con metà della sua famiglia di quanto non sperasse. Quando si volta per riprendere la via della sua classe, però, il fratello lo blocca: “non lo farà, ci tiene troppo a che noi due passiamo un po’ di tempo insieme”. Malgrado le parole che Yamato ha pronunciato sembrano pensieri detti ad alta voce, non riesce a trattenersi,e  gli risponde in tono severo “già, servisse a qualcosa”. Con la cosa dell’occhio nota un lieve movimento, ma non si attenta a guardarlo in faccia. Ha sofferto troppo quando era più piccolo, per poter provare compassione per suo fratello. In fondo era stato lui a provocare il distacco. Matt prova a richiamarlo, ma Tk si rifiuta di continuare quella penosa conversazione “devo andare, ricominciano le lezioni” si giustifica, e per un attimo incrocia il suo sguardo, in cui trova dispiacere e delusione. Si volta il più velocemente possibile e torna nell’edificio. Davanti alla porta Daisuke lo sta aspettando, e non appena lo vede gli chiede chi fosse quel ragazzo; “un idiota” borbotta passandogli accanto. Eppure erano così uguali, pensa Dai squadrando Tk, ma se avesse un fratello ormai me ne avrebbe già parlato. Osservandolo prendere il suo posto nota la tristezza che lo affligge, e non può far altro di pensare che forse gli sta nascondendo più cose di quante non crede.

Il pranzo quel giorno è davvero pessimo, sembra che la cuoca abbia fatto del suo meglio per far rizzare i peli sulla nuca di tutti gli studenti. Infatti la maggior parte dei piatti sono per metà pieni, e i distributori automatici sono presi di assalto. Ormai al tavolo dei ragazzi c’è rimasto solo Cody, Tk, Ken e qualche altro ragazzo che si appresta ad alzarsi. Ancora una volta il biondo si trova a incrociare lo sguardo con Tsubaki che sembra lo stia tenendo d’occhio dal suo tavolo. Improvvisamente Cody si zittisce senza aver neppure finito la frase. Gli altri due si accingono a guardarlo quando notano che di fronte a lui c’è Hikari che li sta guardando divertita “posso parlarti?” chiede rivolta a Takeru. Lui rimane un secondo imbambolato, prima di poterle rispondere. Gli altri, molto educatamente, gli dicono che lo avrebbero aspettato fuori, così da lasciarli soli. La ragazza scosta una sedia e si accomoda di fianco, con le braccia incrociate sul tavolo. “ho sentito dire che sei bravo a scuola” comincia subito, senza indugi. A quell’affermazione Tk resta interdetto: dubita fortemente che nel complesso scolastico sia diventato così famoso, e non è neppure un genio, molti ragazzi sono molto migliori di lui, ma malgrado questo lei ha sentito dire solo di lui. “ti è già stato proposto di dare lezioni, ehm, diciamo private a qualcuno?” domanda con uno sguardo acceso. Improvvisamente Takaishi si trova a pensare a Tsubaki, e  involontariamente la cerca con lo sguardo; è ancora lì che lo guarda, ma ora negli occhi sembra ombreggiarle una furia assassina. Il più velocemente possibile torna a guardare la sua interlocutrice “no” si affretta a rispondere, sorprendendo anche se stesso dell’innocua bugia. Lei sembra illuminarsi per un momento “allora puoi dare le lezioni a me” afferma sicura fissandolo negli occhi con una sicurezza da maestra “ehm… io… si, potrei, ma non ne avevi già uno?” chiede vergognandosi profondamente del suo balbettio. Un ombra le oscura il viso “dovresti imparare a farti i fatti tuoi, sai?” lo ammonisce non senza una nota di durezza nella voce. Il ragazzo prova a giustificarsi, ma viene subito interrotto “non mi piace, è palloso e non mi sopporta” gli spiega velocemente “e chi ti dice che io sarò migliore di lui?” chiede senza sapere perché non riesce a far cadere la conversazione. Hikari lo fulmina. “allora, vuoi farmi da insegnante o no? Se no mi cerco qualcun altro” lo liquida con l’evidente intento di alzarsi dal tavolo. Tk la ferma subito, dandole la risposta che aspettava. “quindi la tua amica che ti viene dietro non se la prenderà con te, giusto? Già mi odia, e mi pare che anche lei aspirasse a essere tua alunna, e inoltre non so se accetterebbe che sia io la sua… chiamami pure rivale” sorride delle sue stesse parole, e Takaishi rimane sgomento “la.. mia…” la ragazza si alza ridendo allegramente con il viso rivolto verso il soffitto “non dirmi che non te ne eri accorto! Per andare bene a scuola sei poco sveglio”. Si allontana ancora ridendo di gusto della situazione, quando al ragazzo balena un pensiero in testa. Alzandosi prova a richiamarla “non abbiamo deciso quando incontrarci” ma la risposta gli arriva da lontano, quando la ragazza lo guarda da sopra la spalla senza voltarsi “mi farò viva io quando lo riterrò opportuno” e si allontana a passo spedito ed elegante. Tk si butta sulla sedia con la testa piena di confusione tanto quanto di immagini della moretta. Come ha fatto lei ha capire che Tsubaki… lei non è più al suo tavolo, probabilmente se ne è andata quando parlavano, e a proposito di andarsene, solo adesso Takaishi nota l’ora. Sfreccia il più velocemente possibile per i corridoi raggiungendo a stento la propria classe. “ma cosa ti ha trattenuto così tanto” gli domanda l’amico. Ancora con l’affanno e il sudore sulla fronte gli fa un gesto ad indicare che avrà tutte le risposte, al momento giusto. Le due ore di matematica pomeridiane scorrono bizzarramente veloci, e al momento delle pulizie ogni dubbio viene dissipato dalla mente di Daisuke. Come il biondo, anche l’amico rimane sorpreso della proposta, ma a differenza sua non rimane sconcertato dal fatto che Tsubaki ha un debole per lui: “ti muore dietro dal primo giorno che ti ha visto!” afferma con un tono di voce più alto del dovuto, cosa che gli fa presente Tk con un pugno assestato in testa. “e non potevate rendere anche me partecipe della cosa? Sai che figura ci ho fatto con Hikari?” sbuffa irritato. “ma se sei cieco non è mica colpa di nessuno, stella adorata” lo canzona, avendo, come risposta, il mocio in piena faccia.

“Takaishi, se non ti svegli entro due nanosecondi ti giuro che quella palla te la infilo in posti che nemmeno ti ricordavi più di avere, chiaro?”. L’urlo del capitano lo riporta immediatamente al presente, seguito dalle risate di scherno dei compagni. I tre quarti d’ora precedenti sono stati terribili, preso come era dai suoi pensieri. Probabilmente l’ennesima palla che gli sguscia dalle mani ha fatto infuriare non di poco il coach, persona equilibrata e molto delicata, come gli avevano assicurato i suoi compagni giorni prima. “come prima settimana non è andata male ragazzo, ma ti ricordo che siamo qui per partecipare agli Inter-hi, non dobbiamo far felici le nonne che vengono a vederci giocare, chiaro? Che non mi capiti mai più di vederti così distratto, o ti caccio dalla palestra a suon di calci. E ora fila a cambiarti, razza di” Tk si precipita negli spogliatoi per evitare tutti gli altri improperi e bestemmie varie che gli sta lanciando dietro il suo ben amato allenatore. Dopo una doccia fredda torna fra i suoi compagni per cambiarsi, e, con l’asciugamano ancora avvolto alla vita, si siede sulla panca più stanco del solito. Dalla sacca raccoglie un asciugamano pulito e comincia a sfregarsi la testa “hei Takaishi, cosa avevi oggi?” chiede Kei ma la risposta arriva da una voce profonda e gutturale “Korimoto credevo che ci fossi passato anche tu. Si dice in giro che oggi abbia avuto un’intensa conversazioni con la Yagami, e che abbia addirittura rischiato di arrivare in ritardo alle lezioni” il tono con cui aveva spiegato l’accaduto non piace affatto al biondo, tanto che è costretto a mordere di nascosto l’asciugamano per non reagire d’impulso. Le voci che seguono le parole sono soprattutto bisbigli e secchi accenni. Improvvisamente lo spogliatoio sembra così piccolo e stretto per tutti che il ragazzo è tentato di uscire di lì ancora a torno nudo. Molti occhi ora sono puntati su di lui, ma l’interessato cerca comunque di non farci caso e di ignorare tutti quanti. “ti è stato spiegato chi è, vero?” chiede un ragazzo alto ma con una voce acuta che non gli si addice affatto. Cercando di ignorare le domande spera di poterne uscire illeso, ma una sensazione gli serpeggia intorno, come un alone, e gli suggerisce che non ne uscirà nulla di buono. “io sono riuscito a conquistarla” afferma Sato spavaldo, e molte voci lo invitano a dire meno cazzate “no, è vero, e devo dire che sono stato ben ricompensato” sorride sornione con una luce maniacale nello sguardo. A quelle parole Tk si irrigidisce, e capisce di doversela filare il più velocemente possibile, così si infila i pantaloni e la maglietta, malgrado la testa ancora bagnata, così da provocarsi un largo alone di acqua attorno al collo a V “si, io invece mi sono dovuto prendere una battuta dai suoi amici perché ho provato ad avvicinarla” confessa triste un altro. Tutto ora sembra fermarsi in quello stanzino madido di odori mascolini; l’asciugamano sporco che cade a terra, quel moretto che assesta una pacca sulla spalla del vicino così la lasciargli il segno rosso delle cinque dita, Sato che ride sguaiatamente mostrando tutti i denti, Kei che starnutisce nella mano, il suo compagno accanto che inorridisce quando si accorge di essere stato raggiunto da gocce di saliva. “Hei ragazzi, guardate che faccia ha Takeru” lo riporta alla realtà Sato facendogli stridere i denti per l’antipatia, anzi, è più appropriato definirlo odio, che prova per quel ragazzo rosso con le efelidi sul naso “dove scappi? Hai fretta di raggiungere la tua nuova amichetta” gli urla dietro prima che le porte possano chiudere dentro ogni rumore. Non è possibile che in questa merda di scuola tutti sappiano di tutti, si sfoga accelerando il passo, onde evitare incontri sconvenienti con i suoi compagni di squadra. Solo quando è finalmente in camera sua, dopo aver liquidato la madre con la scusa dell’enorme quantità di compiti che deve fare, si decide a calmarsi e a riprendere fiato. Getta lo zaino in un angolo e accende la radio al massimo volume sopportabile per le sue orecchie, chiude la porta a chiave e apre l’armadio con foga. Lì, con ancora un accenno di fiatone, scosta in malo modo le grucce coi vestiti e la trova. Afferra il sacco da boxe e la katana che si trova appoggiata accanto. Appende il sacco ad una trave del soffitto e, prima di afferrare la spada si sfila la maglietta. Senza logica ne precisione comincia a menare fendenti contro la sacca, provocando qui e là qualche squarcio dal quale fuoriesce l’imbottitura. Ogni pensiero svanisce dalla sua testa e rimane solo l’arma che ha in mano e l’involucro davanti a lui. La rabbia repressa, l’irritazione, l’umiliazione e la stanchezza scemano fino a che non si trova sfinito seduto a terra contro la sedia della scrivania. Dei colpi secchi alla porta lo riportano al presente, così corre allo stereo per abbassare “Takeru, abbassa quell’affare, stai infastidendo i vicini!” gli urla attraverso la porta la madre. Si, scusami mamma borbotta prima di spegnere l’apparecchio. Voltandosi nota lo sfacelo che questa volta ha provocato. Varie volte ha provato a trovare una valida alternativa per sfogare la rabbia, ma nessuna funzionava allo stesso modo. Purtroppo il sacco aveva varie toppe che coprivano gli squarci da cui fuoriuscivano le budella, ciò rendeva l’attrezzo meno resistente. Il ragazzo si china sfinito sul pavimento per recuperare i vari pezzi sparsi per la camera e li rinfila nel sacco spingendoli dentro con le dita. Questa volta ci vorrà più pazienza del solito per accomodarlo, si demoralizza, però almeno quella sensazione di oppressione sul petto è sparita. “ma tu non dovevi fare i compiti” lo raggiunge la voce della madre “si, ma volevo svagarmi un attimo prima di iniziare” risponde deponendo l’attrezzatura appena usata.

Solo dopo tre ore di studio si decide ad uscire dalla camera e ad unirsi alla cena che sua madre gli ha preparato. “è passato Matt alla mia scuola, stamattina” la aggiorna, provocandole un eccesso di tosse causato dall’acqua che molto probabilmente le è andata di traverso “come alla tua scuola” con gli avvenimenti del pomeriggio se ne era completamente dimenticato, ma alla vista della madre ora tutto torna limpido “sì, è venuto a dirmi che papà si è liberato questo fine settimana per stare con me, ma deve venire anche Matt, o l’offerta non vale” confessa senza peli sulla lingua. L’espressione della madre vira dall’euforico all’arrabbiato “perché siete arrivati a dover essere ricattati per stare insieme, tu e tuo fratello?” chiede triste. Il silenzio che segue è imbarazzante, ma Tk si affretta a colmarlo “è stato lui a volerlo, ti ricordo”. La signora Takaishi resta sbalordita da quelle parole, ma ancora di più dall’espressione del figlio: impassibile e senza neppure una nota di rammarico. E pensare che anni addietro i due ragazzi andavano d’amore e d’accordo, e dopo il divorzio qualsiasi occasione per Tk si stare con Matt era sempre accolta da urla di giubilo. “e quindi cosa hai deciso?” domanda per non immergersi in pensieri malinconici “ci vado. Ho detto a Matt che non si deve sentire costretto, se non vuole venire non mi cambia nulla. Non rovinerà la gita” aggiunge abbassando un po’ a voce. La madre trattiene il respiro per un attimo, prima di esplodere “ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? È tuo fratello, non puoi davvero pensare una cosa del genere” urla cercando di trattenere le lacrime. Il figlio la guarda amareggiato, ma per nulla sorpreso della sfuriata “mamma, ho imparato a restare distante e scostato da tutto ciò che può riguardare Matt: ogni volta che speravo in un suo gesto o in una sua parola rimanevo regolarmente deluso. Si è formato ormai un muro fra noi, e tu non puoi pretendere di abbatterlo con il semplice fatto che nelle vene scorre lo stesso sangue” conclude con voce tranquilla e naturale, alzandosi e dirigendosi in camera sua. Solo quando la porta è finalmente chiusa dietro le sue spalle la donna può scoppiare a piangere affondando il viso nelle mani.

1 Come molti penso già sappiano, il futon è un materasso alto circa 5 cm

  
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