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Autore: Lady Alice    23/11/2007    1 recensioni
La storia di Alice e Nico... una storia d'amore. Entrambi ricchi e viziati, stessa scuola e stessi amici... che dite ce la faranno a sopravvivere? E cosa succederebbe se il paese delle meraviglie di Alice improvvisamente si trasformasse in un incubo? Beh leggete e saprete!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che palle…

È il mio primo pensiero.. sempre. Costantemente.

O perlomeno ogni volta che apro gli occhi e vedo il soffitto affrescato sopra di me.

Le costellazioni sono sempre quelle. Gli dei e le dee dell’olimpo sono sempre lì alle pareti.. e ogni volta che le vedo non posso non chiedermi perché quelle menti malate dei miei genitori abbiano deciso di conciare la mia povera camera in questa maniera. Forse sono entrambi seriamente psicolabili… maniaci schizofrenici che prima o poi recideranno la mia sedicenne carotide con un pezzo di vetro per poi occultare il mio cadavere fino al…

Il mio viaggio mentale si interrompe bruscamente nel momento in cui inciampo nella coperta e finisco lunga distesa giù per terra.

Allegoria dello stoccafisso antropomorfo… ok basta con i viaggi mentali anche perché…. Cazzo… ritardo!

Mi rialzo in piedi schivando Muffin, il mio gatto, corro all’armadio… ehm scusate, gli armadi, e apro la prima anta.

Ook… allora oggi Emo o chic?

Forse la cosa più bella dell’essere figlia del presidente di una multinazionale e di una manager è la consapevolezza che sei ricca… tanto ricca… tanto tanto tanto ricca. E di conseguenza è legittimo possedere dieci armadi perché si hanno troppi vestiti… tenendo conto che uno è solo per le scarpe e uno solo per le borse… e poi c’è quello delle giacche e quello dei vestiti per le occasioni importanti… quindi diciamo che gli armadi e le cassettiere che utilizzo sono fondamentalmente sei… .

Comunque, mentre decidevo fra uno stile e l’altro, udivo il gracchiare della voce di mia mamma che mi avvisava che la macchina era pronta e di muovermi perché altrimenti sarei arrivata in ritardo.

"Ovvio che lo so! Ma non esco senza essermi lavata! Non sono una capra mamma…"

Mezz’ora dopo esco dal bagno con i capelli perfettamente stirati, la pelle color porcellana e tre kg di matita nera sotto agli occhi.

"Oddio Alice come ti sei conciata?"

"Così…" e apro le braccia per farle ammirare la maglietta a righe nere e rosse, i jeans neri moooolto skinny e le mie adorate vans a pantofola a scacchi neri e rossi.

"Alice… quando imparerai a vestirti?"

"Ma io ho già imparato! Ciao mamma.."

"Ma…"

"Vuoi farmi arrivare in ritardo? Ciao!"

Esco di casa prima di sentire la sua risposta.

"Alice per favore… se ti cade lo smalto sulla tappezzeria dovrai riferire a tuo padre."

"Tranquillo Sergio… il mio equilibrio è ottimo… anche durante le tue curve paraboliche."

Che cazzata…

Grazie a Dio almeno per questa volta ero riuscita ad evitare lo spargimento di smalto nero sui sedili della macchina.

Lo stavo facendo notare all’autista quando la macchina aveva inchiodato di botto, buttandomi in avanti nonostante le cinture fossero riuscite a bloccarmi.

"Ma guarda un po’ te questo figlio di…" era stato il suo commento, rivolto al ragazzo che aveva attraversato di colpo la strada.

Io non ero riuscita a trattenermi: avevo abbassato il finestrino e avevo cacciato fuori la testa.

"Ma brutto afgano ci tieni così tanto a fare un giro sul mio cofano?! Guarda dove vai testa di ….!"

Il ragazzo ormai arrivato dall’altra parte della strada non si era nemmeno girato, si era limitato ad alzare il dito medio della mano sinistra e a sventolarmelo davanti alla faccia.

"Stronzo schifoso!" avevo sbottato mentre rientravo dal finestrino e mi risiedevo.

"Calmati! Sei tu quella nel torto eh… una signorina per bene non si sarebbe mai comportata come te."

"Sergio i tempi sono cambiati… o tiri fuori le palle o ti inculano a sto mondo…"

"Sarà, ma la buona educazione…"

"Oh che peccato.. arrivata! Ciao a dopo! Grazie del passaggio!"

Ero schizzata fuori dalla macchina a velocità supersonica per evitarmi l’ennesimo sermone dell’ormai cinquantenne autista.

Avevo varcato la soglia dell’inferno come ogni mattina, accogliendo piacevolmente la ventata d’aria calda sul viso e mi ero diretta al solito tavolo per fare colazione con il mio gruppo.

"Ciao a tutti!"

"Ciao Alice" mi avevano risposto in coro gli altri.

Avevo mollato la giacca di chanel nera sulla sedia e mi ero messa in coda per prendere la solita tazza di cioccolata col latte.

Poi mi ero accorta che qualcuno mi stava fissando.

Mi ero girata spazientita e mi ero ritrovata di fronte a due occhi nocciola perfettamente posizionati all’interno di un viso bianco marmo. Sembrava essere stato scolpito da uno di quegli artisti greci che tanto amavo.

"Cazzo vuoi?" era stato il suo commento.

"Forse che la smetti di fissarmi il culo?"

"Allora non eri così sboccata solo perché eri incazzata prima… sei sempre così maleducata…"

"Con la gente che se lo merita…"

Mi aveva guardata per un secondo in silenzio.

"Guarda che è il tuo turno… ti muovi o vuoi farmi ammuffire?"

Mi ero girata subito per fare la mia ordinazione e dare la tessera del liceo al barista.

"Senza parole?" il suo tono stava iniziando a darmi sui nervi.

"No fingevo semplicemente che tu fossi solo un’illusione."

Questa volta era rimasto lui senza parole… o forse mi ero semplicemente allontanata prima di sentire la sua risposta.

Ed ora eccomi qui, di nuovo a casa. Mangio qualcosa e intanto ripenso a quello che era successo quel giorno… niente di particolare, non avevo più rivisto il meraviglioso creaturo che avevo quasi investito quella mattina, ma in compenso avevo passato sei ore a guardare dei cazzutissimi documentari di arte, visto che tutti i professori erano ammalati e la prof di arte ci aveva fatto supplenza per tutto il giorno.

All’uscita avevo trovato come al solito l’autista che mi aveva riportato a casa.

Lascio la tavola apparecchiata, tanto come al solito ci penserà la colf a ripulire il tutto e me ne vado in camera mia.

Accendo il portatile e mi connetto ad internet.

Un quarto d’ora dopo la ricerca sul gotico è finita. Appoggio gli occhiali sul tavolo e mi tuffo nel letto. Mi sdraio sulla schiena, osservando l’affresco.

Mi accorgo di essermi addormentata solo quando sento la voce di mia mamma a due millimetri dal mio timpano.

"Allora! C’è la cena stasera! Muoviti a prepararti! E struccati signore santo che sembri una morta! Alice! Allora ti muovi!"

"Cazzo scialati! Un attimo…"

"Manca meno di un’ora sono già le sei e mezza! E ringrazia il cielo che il collega di tuo padre viene da noi e non dobbiamo organizzare il trasporto! Vestiti bene!"

"Ok… la tuta va bene?"

"Alice!"

"Scherzavo!"

Sbuffo mentre lei si richiude la porta alle spalle.

Mi ero completamente dimenticata della cena… cosa cavolo mi metto adesso?

Infilo la scarpa destra mentre suona il campanello. Un’ultima occhiata allo specchio e scendo di sotto, appena in tempo per accogliere gli ospiti.

Sorrido a mia mamma, mentre lei mi guarda compiaciuta.

Indosso un abitino nero con scarpe in tinta, collana di perle lunga e i capelli sciolti e lisci.

Sfodero il mio miglior sorriso mentre la porta si apre per lasciare entrare un uomo alto dai capelli brizzolati, una donna bionda con un cappotto beige e… l’afgano di oggi.

Cazzo, cazzo, cazzo! Cosa ci fa lui qui?!

"Buonasera, Stefano, Giulia e tu… tu devi essere Alice vero? Le foto non ti rendevano giustizia… dal vivo sei molto più bella… hai preso tutto da tua madre vedo" dice il signore davanti a me con un sorriso a ottomila denti.

"E ovviamente di me non ha niente vero Tommaso?" replica mio papà ridendo.

Battute fra uomini d’affari… come al solito… però non sembrano così male… figlio a parte.

"Oh ma che maleducato, non vi ho ancora presentato mia moglie e mio figlio… Daniela e Nicolò."

Io e lui ci stringiamo la mano con un’espressione di puro ribrezzo.

"Avanti, non stiamo davanti alla porta a prendere freddo… su, gli aperitivi dovrebbero essere pronti ormai" dice mia mamma.

Cammino verso la sala da pranzo con la stessa espressione che probabilmente aveva Maria Antonietta mentre si dirigeva al patibolo. Lui dietro di me accelera il passo, sfiorandomi un braccio mentre mi sorpassa.

L’aperitivo finisce presto e ci sediamo a tavola. I nostri padri parlano di economia, le nostre madri della beauty farm che è stata appena inaugurata e io e lui mangiamo in silenzio, scambiandoci ogni tanto un’occhiata.

Terminata la cena aspetto con ansia il momento del congedo quando mia mamma fa la proposta indecente.

"Perché non fai vedere la casa a Nicolò, Alice? Vi annoiereste a morte in mezzo a noi grandi… dai."

Il mio sorriso somiglia a un ringhio.

"Ma certo… che bella idea…"

Me lo trascino dietro, portandolo lungo il corridoio al buio.

Mi prende una mano, fermandomi.

"Nemmeno una parola?"

"Non saprei cosa dirti… visto che non ho motivo di insultarti…"

"Ascolta, abbiamo sbagliato in partenza… mi dispiace… possiamo ricominciare?"

"Il mio corridoio al buio ti sembra il luogo adatto?"

"Beh è l’unico momento in cui siamo rimasti soli se non sbaglio.."

"Beh ma…."

"Ascolta vuoi provare a comportarti civilmente o rifiuti in partenza ogni tentativo?"

"Cosa rischio ad accettare?"

"Inizia a provarci…"

"…Ok…"

"Allora, vediamo questa casa?"

"Va bene…"

Dopo avergli fatto vedere il piano di sotto saliamo al piano superiore.

Quando entriamo in camera mia mi stravacco sul letto, senza fare caso a Nicolò poco distante da me, lanciando le scarpe via dai miei poveri piedi.

"Se non chiudi le gambe chi passa da queste parti potrebbe pensare male…" mi dice lui, stavolta ridendo.

Mi metto in ginocchio, facendogli segno di sedersi vicino a me.

Si mette un po’ troppo vicino…

Mi mette un dito sulla fronte e mi spinge indietro. Cado sui cuscini come una pera cotta.

"Tu e il tono muscolare siete due cose proprio opposte eh…"

"Non me l’aspettavo!"

"Povera…"

"Senti abbiamo appena fatto pace…"

"Appunto adesso possiamo ricominciare…"

"Davvero?"

Avvicina il suo viso al mio.

"Se proprio vuoi…"

"Aspetta tu cosa vuoi fare? Perché non mi sembri nella classica posizione da litigata…"

"E in che posizione sarei?"

Arrossisco di botto.

"Nooo… non ci credo… tu timida?"

"No ma va… è solo che… non è che tutti i ragazzi che ho appena conosciuto si sono sdraiati sul mio letto…"

"Ah ok…. Beh dai c’è sempre una prima volta…"

"Già avuta grazie…"

"Adesso siamo anche ai doppisensi… brava piccola Alice…"

"Brava? E come lo sai?"

"Vogliamo provare?"

"Sai che è violenza…."

Taccio mentre si avvicina ancora di più a me.

"Allora che vuoi fare? Contemplarmi fino all’alba?"

"No mi era appena venuta un’ideuzza…"

Si china su di me, le labbra a due millimetri dalle mie.

"Nico! Ma dove siete finiti?!"

"Alice! Allora?"

  
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