How
I Married your Mother
“Ragazzi,
sto per raccontarvi una storia incredibile. La storia di come ho
chiesto a
vostra madre di sposarmi.”
“Abbiamo fatto qualcosa di male?”
“No.”
“Ci vorrà molto tempo?”
“Sì.”
Sbuffano e si lasciano sprofondare un po’ di più
nella poltrona.
Questi giovani d’oggi: tutta tecnologia e zero voglia di
fermarsi un attimo a
pensare. Ma questa volta…
“Era il 2012. In televisione Grey’s
Anatomy era
ormai alla sua nona stagione e alla radio imperversavano Justin Bieber
e gli
One Direction…”
Dean mi guarda e sgrana gli occhi. “Chi?”
“Non sapete chi sono?”
Vanessa scuote la testa, seguita dal fratello e io mi
liscio una piega della polo. “Beh, meglio così;
vuol dire che vi ho allevati
bene. Tornando alla storia, era il 2012 ed io ero davvero disperato;
perciò,
feci quello che fa ogni uomo disperato: chiesi consiglio ai miei
amici.”
Anno 2012
C’era un calendario nella
cucina del mio appartamento,
appeso con una calamita al frigorifero – insomma le modelle
di Victoria’s
Secret sono qualcosa
che devi avere sempre sotto
gli occhi – e
sul calendario nel mese di
Giugno, oltre a Bar Rafaeli in bikini che ti lascia senza ossigeno,
c’era una
data cerchiata in rosso. La data della laurea di Kim.
Mancava solo una settimana e poi, lo sapevo, tutto
sarebbe cambiato. Avrebbe lasciato la stanza del college a Seattle e
avrebbe
iniziato a lavorare al centro oceanografico. Niente più
vedersi solo nel
weekend, niente momenti rubati fra un esame da preparare e
l’altro.
Erano quattro anni che aspettavo ma allo stesso tempo…
“Allora, hai deciso?”
Embry prese una birra e si appoggiò al frigo guardandomi.
“No.”
“Manca una settimana.”
“Grazie per avermelo ricordato, amico.”
“Vedi di non farmi perdere la scommessa con Quil.”
Fece
saltare il tappo e ne bevve una lunga sorsata prima di passarmela
“Per lui non
glielo chiederai e quei cento dollari mi servono per andare a cena con
Vivian,
ho fiducia in te.”
“Tu cosa faresti?”
“E che c’entro io?”
“Insomma, se dovessi…”
“Ma il punto è questo. Io non devo, siete voi che
state
insieme da sempre.”
“Ok, ma metti che…” provai a insistere.
“Senti, vuoi un consiglio su come portarti a letto una
ragazza? Sempre disponibile. Vuoi un consiglio romantico? Vai da
Sam.”
Casa Uley era sempre stata un
casino. Gente che entrava,
che usciva e biscotti sfornati in continuazione, ora, con i bambini era
diventata anche peggio.
Mi sedetti sul divano, spostando un orsacchiotto di
peluche, e Sam mi guardò aggrottando la fronte.
“Se mi devi parlare del turno
di ronda di domani, li ha fatti Jake.”
“No, non importa. Dov’è Emily?”
“Dal medico con i bambini.”
Perfetto. Già avevo seguito il consiglio di Embry
– e
questo la diceva grossa sulla mia situazione – ed ero venuto da Sam. Ed
Emily non era neanche
in casa? Avevo bisogno di parlare con una donna. Chi mi restava?
Rachel? No,
Rachel era sposata con Paul e lui si era semplicemente limitato a
infilarle un
braccialetto al polso mentre erano ancora a letto. Io avevo bisogno di
una vera idea romantica.
Non potevo rovinare anche quel momento come avevo fatto
con il resto.
“Perché non ho mai letto nella tua mente come hai
chiesto
a Emily di sposarti?”
Sam strabuzzò gli occhi e le molle del divano cigolarono.
“Ma che razza di domanda è, Jar?”
“Una domanda.”
“Perché è una cosa personale.”
“Ma se vi vedo fare sesso, quello non è molto
più personale?”
“Gliel’ho chiesto e basta, non è
così importante.”
“La prima volta che le ho detto ti amo
lei aveva
la febbre così alta che si è addormentata mentre
parlavo. La prima volta che
abbiamo fatto l’amore ci ha beccati mia madre. È
importante, Sam, ho già
rovinato troppe cose.”
Fu allora che Sam, il ragazzo che per me era praticamente
un mito, mi mise la mano sulla spalla e fece crollare in un attimo
tutte le
certezze di una vita.
“Non glielo chiesto io, Jar. L’ha fatto
lei.” Dio, i veri
uomini non esistevano più.
“Se lo dici a qualcuno…”
Lo interruppi con una mano prima di portarmela alla
testa. Avrei dovuto risolvere quella cosa da solo. E
d’altronde chi altro mi
restava? Seth e Jake? No, non potevo davvero.
C’erano giorni in cui vivere a La Push mi piaceva,
nonostante tutto, lì era la mia vita e altri giorni, come
quel preciso istante,
che lo detestavo. Kim si era laureata da due settimane, era tornata a
casa e io
aspettavo ancora. Cosa? Che dannazione smettesse di
piovere. Avevo
pensato, pensato e ripensato, avevo addirittura sfogliato i
Cosmopolitan di
Quil e poi ero tornato a pensare. Ero stato con Paul e Sam in una
gioielleria
di Port Angeles, avevo subito le prese per il culo di Embry e i
sorrisini
idioti di Jake. E infine Leah era sbottata tirandomi una pietra in
testa e
dicendo che, se non glielo avessi chiesto entro le prossime
quarantotto
ore, ci avrebbe pensato lei. Quasi quasi ero stato sul punto di
trovarmi
d’accordo.
E poi l’idea era arrivata, chiara e semplice, avevo solo
bisogno che smettesse di piovere.
Mi sedetti in cucina ignorando tutte le chiamate di Kim e
svuotai la riserva di birra, picchiettando le dita nervosamente sul
tavolo, per
fortuna non mi ubriacavo. Una proposta di matrimonio completamente
sbronzo sì
che sarebbe passata alla storia e poi, quando ormai avevo perso le
speranze, la
pioggia cessò.
Corsi in spiaggia e l’idea che avevo avuto mi
sembrò
improvvisamente cretina.
Chi accidenti chiede alla donna che ama di sposarlo con
una scritta sulla sabbia?
Il punto fondamentale era proprio quello amavo Kim. E non
ero neanche certo lo sapesse. Glielo avevo detto chissà
quante volte in quegli
anni ma lei aveva sempre pensato che fosse per via
dell’imprinting. L’avevo
creduto anche io, in un primo momento, finché non avevo
capito la verità: amavo
Kim per un miliardo di motivi, nessuno
dei quali c’entrava
con il lupo che mi portavo dentro.
L’amavo per il modo che aveva di ridere, l’amavo
per come
scuoteva la testa ogni volta che le dicevo quante fosse bella,
l’amavo per come
mi aveva costretto a fare pace con mio padre, l’ amavo
perché credeva in me,
sempre. Avrei dovuto scrivere quello sulla sabbia… un
semplice vuoi sposarmi
non sarebbe mai bastato.
Afferrai un vecchio ramo spezzato dal bagnasciuga e mi
inginocchiai iniziando a scrivere, prima di mandarle un messaggio per
farmi raggiungere.
Le corsi incontro quando sentii i suoi passi e lei mi
sorrise incerta.
“Ehi.” Mi abbassai sfiorandole le labbra.
“Che succede?” chiese.
“Niente.” Infilai le mani in tasca dondolandomi sui
talloni.
La vidi storcere la bocca e fissarmi insistentemente. Mi
beccava sempre quando le mentivo, meglio farla breve. “Volevo
farti vedere una
cosa.”
“In spiaggia?”
“In spiaggia, sì.”
Le afferrai la mano e la guidai verso il punto preciso.
Dannazione, ero più nervoso che al nostro primo
appuntamento, più nervoso di quando le dissi che ero un lupo
e lei scoppiò a
ridere, più nervoso di quando mi presentò a suo
padre.
“Perché sei così nervoso?” Ecco appunto.
“Ma che dici, non sono nervoso.”
“Nervoso e un pessimo bugiardo. C’entra qualcosa
con il
fatto che è tutto il giorno che mi eviti?”
Ancora un paio di passi e poi mi misi davanti a lei
appoggiandole le mani sulle spalle.
“In realtà sì, ma non è il
caso di farti venire quella
ruga, lì.” Sfiorai con il pollice la sua fronte e
lei sbuffo.
“Non ho le rughe.”
“Solo quella, quando ti preoccupi.”
“Allora perché mi stai facendo preoccupare, Jared
Cameron?”
“Ti ho detto che non devi preoccuparti.” Risi prima
di
schiarirmi la voce. “A sedici anni tenevi quel diario,
ricordi? Quello che…”
Sgranò gli occhi e scosse la testa.
“Quello che tu
hai letto di nascosto. Certo che lo ricordo e non ti ho ancor
perdonato. Dio,
che vergogna.”
Sorrisi ancora facendole l’occhiolino. “Il mio nome
con
tutti quei cuori.”
Affilò lo sguardo. “Siamo qua per prendermi in
giro,
Jar?”
“Ma dai, eri così tenera.” La baciai
prima che avesse il
tempo di colpirmi e farsi male da sola. La baciai a lungo cercando, in
quel
bacio, di farle capire tutto quello che avevo bisogno capisse. E poi mi
staccai
sorridendo. “Ti ricordi che altro c’era scritto sul
diario vicino al tuo di
nome ?”
Feci un passo di lato per permetterle di guardare la
spiaggia e chiusi gli occhi.
Non
dire di no, non
dire di no, non dire di no. Mi trovai a pensare, ma intorno a
me sentivo solo
silenzio.
Aprii un occhio e poi l’altro e guardai prima Kim, che si
torturava le labbra con i denti con un espressione confusa, e poi verso
la
spiaggia.
Fanculo
alla
mareggiata.
“Jared? Mi dici
che accidenti ti prende?”
Era sparito tutto.
Onde
del cazzo,
idea del cazzo. Coglione, coglione, coglione.
“Jared? Davvero
che hai.”
Va
bene, piano di
emergenza: mi inginocchio e la faccio finita.
Le presi la mano sospirando
quando sentii chiaramente una
voce dal bosco, vicino alla spiaggia, chiamarla. Ci voltammo insieme e
misi a
fuoco la figura di Quil che, con un enorme sorriso, stava in piedi a
pochi
metri di distanza da noi.
“Kim, gli hai detto di sì, vero? Congratulazioni,
volevo
essere il primo a farvele. Beh, devo andare. Ho il turno di
ronda.”
Kim sgranò gli occhi e io mi passai una mano dietro la
nuca.
“A… che cosa… che voleva
dire?” chiese.
“Lo uccido, Kim, giuro che lo faccio stavolta, non mi
interessa se Claire piange poi… io… no, lo
uccido.”
“Jared…”
“Volevo fosse romantico, Kim. Non come le altre volte.
Non come quando ti ho detto ti amo, non come quando abbiamo fatto
l’amore.
Non…”
“Jared, lo so che sei un disastro con le cose romantiche
ma… oddio, dillo e basta.”
Respirai a fondo un paio di volte mentre lei mi guardava
con un' espressione buffa disegnata sul viso. “Mi vuoi
sposare? In fondo è da
quando avevi sedici anni che scrivi il tuo nome con il mio
cognome.”
Anno
2030
“E lei cosa ha risposto, papà?”
Vanessa dà una gomitata al fratello e alza gli occhi al
cielo. “Idiota, cosa credi che abbia
risposto? Domani è il loro
anniversario.”
Dean si gratta la nuca e sorride. “Hai ragione,
scusa.”
“Papà, ma allora è per quello che ci
hai mandato a casa
di Zio Quil quel giorno, quando c’erano tutti quei fiori
ovunque.”
“Una vendetta lunga dieci anni.” Sorrido e sento la
porta
di casa aprirsi.
“Qualcuno mi dà una mano con la spesa?”
La sua voce ha
ancora la stessa intonazione dolce di quando era ragazzina.
Dean si alza e va incontro alla madre nel piccolo
ingresso. La vedo camminare verso di me sorridendomi.
È stato davvero un
gran giorno quello in cui ha accettato di sposarmi, sono tutti gran
giorni da
quando ho capito d’amarla davvero.
Note autrice:
Questa storia è nata per
il contest
yes
I said yes I will Yes - Proposte di matrimonio di Elletra86 e devo davvero
ringraziare la giudica per il giudizio, nonché banner
splendido e per il primo
posto.
Era da un po’ che volevo scrivere qualcosa su Jared e Kim
e questa è stata l’occasione giusta.
Quil che legge Cosmopolitan è un fatto universalmente
noto, per approfondire il concetto leggere qua: I consigli del Dott. Quil'.
Mentre l’Embry grande rubacuori
che un giorno incontra Vivian è qua: Il mio
perchè.
Titolo e introduzione sono
liberamente tratti dal telefilm How I Met Your Mother.
Alla prossima storia
Con affetto
Noemi