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Autore: Draclaire    05/05/2013    2 recensioni
"Lui era lì, il viso a pochi centimetri dal mio, gli occhi così penetranti intenti a scrutare attentamente ogni mia minima espressione. Spalancai gli occhi avvampando, ma non ebbi tempo di proferire parola, che le sue labbra erano già sulle mie. Morbide. Calde. Con un sapore irresistibile, che a distanza di mesi riusciva ancora ad inebriarmi e a lasciarmi senza fiato. "
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Sunshine ☼

CAPITOLO 1
 
“DENA! Dove hai cacciato il mio lucidalabbra color pesca? Quante volte ti devo dire di non toccare le mie cose!!”
Classico. Funzionava così in casa De Price ogni primo lunedì del mese, quando la principessina entrava in “quel periodo”. Mamma preparava pancake annegati nello sciroppo d’acero, papà portava a casa le sue migliori bistecche e io, bè, io passavo tutto il giorno sul divano, sperando invano che mia sorella si dimenticasse di me come si fa con un soprammobile a cui nessuno fa più caso.
“Figurati se mi passa anche solo per l’anticamera del cervello di appoggiare le labbra dove lo hai fatto tu! Cerca meglio e lasciami in pace, Linda”.
Sprofondai ancora di più nel divano, facendo zapping in TV e tentando inutilmente di coprire i piedi con la coperta di patchwork troppo corta per le mie gambe lunghe e magre, quando sentii vibrare il telefono.
Tastai in qua e il la attorno a me, senza alzare la testa dal bracciolo del divano e con gli occhi fissi allo schermo del televisore. Quando finalmente trovai il cellulare, incastrato come di consueto sotto ad una chiappa indolenzita, vidi che c’era un messaggio.
“SEI LIBERA STASERA?”. Alex. Non riuscivo a non sentirmi un filo in colpa ogni volta che avevo a che fare con lui. Mia sorella poteva anche essere la persona più egocentrica e rompiscatole di questo mondo, ma restava comunque mia sorella. Io ed Alex non stavamo insieme da molto…o perlomeno in quel senso. Era il mio migliore amico dalle scuole medie, quando entrambi ci ritrovammo in infermeria con la febbre a trentotto e, scossi da forti tremori avevamo cominciato a parlare. Ci eravamo scambiati i numeri di cellullare e passammo tutta la convalescenza a raccontarci del più e del meno, passando da argomenti come la torta di mele, fino ad arrivare alla grandezza degli escrementi canini più grandi che ci era capitato di calpestare. E così nacque tutto. Avevo espressamente chiesto ad Alex di mantenere la nostra amicizia segreta,  essendo entrambi a conoscenza della inarrestabile passione di mia sorella per lui, e così era stato: per un bel po’ di tempo avevamo trascorso giornate fantastiche da veri amici, di quelli che si vedono nei film americani. Cambiò tutto in una ventosa giornata primaverile dell’anno precedente; io ed Alex ci divertivamo a giocare a “M’ama, non m’ama” in un parchetto di periferia, e lui era nettamente in vantaggio. Secondo quei maledetti fiorellini, non solo era amato dall’intera squadra delle cheerleader, ma anche dalla rappresentante d’istituto, dalla presidentessa del club di scacchi, fino ad arrivare alla nostra stimata preside e alla bidella sexy del secondo piano. Dal canto mio avevo colto una sola margherita, che parlava molto chiaro: il gelataio all’angolo della mia via aveva evidentemente una segreta cotta per me, e questo bastava alla grande. Vogliamo scherzare? Gelato gratis a vita!
Era stata una piccola margherita con le punte dei petali violette a cambiare tutto. Era un piccolo fiorellino che nonostante il vento, e il sottile gambo che lo sorreggeva rimaneva a testa alta, con i petali rivolti verso il sole.
“Questa sembri tu” disse Alex cogliendo il piccolo fiore, aggiungendo “non si arrende mai, come te.”
Non sapendo cosa rispondere ad un complimento così inaspettato, sussurrai quasi tra me e me: “Allora prova a vedere cosa succede”. Il mio amico mi fissò con quegli intensi occhi verdi che riuscivano sempre a spiazzarmi e poi cominciò. “Mi ami, non mi ami. Mi ami, non mi ami.” La sua mano si faceva sempre più lenta via via che i petali andavano staccandosi. Non li lasciava andare via col vento, li conservava uno ad uno nella tasca della sua felpa blu scura. “Mi ami, non mi ami”. Tre petali. “Mi ami” Due. “Non mi ami…” un sorrisetto soddisfatto gli incorniciò il volto poco prima di staccare l’ultimo petalo. “Mi ami.” Mi consegnò la parte restante del fiore, che infilai tra le pagine del libro che stavo leggendo, Harry Potter e Il Prigioniero di Azkaban, poi stetti in silenzio.
“E tu?” sussurrai. Non credevo fosse possibile, non tra me ed Alex. Eravamo gli amici perfetti, nessuna litigata, nessuna incomprensione (nonostante l’infinità di persone che si credevano “il suo migliore amico” all’interno della scuola), insomma, veramente compatibili. Eppure era successo. Aveva giocato a “M’ama non m’ama” con il mio fiore, con me. Aveva sorriso compiaciuto quando il fiore aveva smascherato un sentimento che nemmeno io pensavo di provare.
Non sentendo arrivare nessuna risposta da lui, mi voltai di scatto sconcertata, pronta a picchiarlo nel caso mi avesse detto che non provava niente per me. Ma lui era lì, il viso a pochi centimetri dal mio, gli occhi così penetranti intenti a scrutare attentamente ogni mia minima espressione. Spalancai gli occhi avvampando, ma non ebbi tempo di proferire parola, che le sue labbra erano già sulle mie. Morbide. Calde. Con un sapore irresistibile, che a distanza di mesi riusciva ancora ad inebriarmi e a lasciarmi senza fiato. Inizialmente non seppi cosa fare, poi lui mi appoggiò una mano sulla guancia, accarezzandola, e da quel momento non ebbi più dubbi. Gli circondai il collo con le braccia, ricambiando il bacio. Trascorremmo il pomeriggio più bello di tutti, tra baci, carezze e risate varie. E così cominciò la nostra storia, in segreto da tutti, ma alla luce del sole per le persone che più contavano. Noi due.
“DIECI MINUTI E SONO DA TE” risposi all’SMS.
Corsi in camera mia per rendermi un minimo presentabile. Indossai dei leggings neri e un grosso maglione bianco, completando il tutto con un goccio di profumo e cercando inutilmente di volumizzare i lisci capelli rossicci, con scarso risultato.
Scesi le scale a precipizio, urlando a mia madre “Mamma io esco!”.
Dopo averle assicurato che sarei rientrata prima di cena, afferrai la borsa e uscii di casa. 
  
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