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Autore: DaubleGrock    06/05/2013    2 recensioni
E così dopo Inheritance una nuova avventura attende Eragon Ammazzaspettri e Saphira Squamediluce che li porterà di nuovo nella bellissima e misteriosa terra di Alagaësia alle prese con nuovi e vecchi nemici, amori mai dimenticati, amicizie, legami di sangue, giuramenti di fedeltà... e molto altro. Ancora una volta combattendo in nome della giustizia e della libertà.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Eragon/Arya, Roran/Katrina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era passato un giorno da quando erano partiti e avevano deciso di fermarsi una notte per arrivare riposati per l’eminente battaglia. Si erano accampati al limitare di un piccolo boschetto di pioppi ai piedi della Grande Dorsale sul fianco di un ruscello. Eragon era andato a raccogliere la legna mentre Arya toglieva le selle a Saphira e Fìrnen.
Quando il Cavaliere ritornò, vide Arya di spalle rispetto a lui intenta ad accarezzare l’enorme capo del suo drago verde. I suoi lunghi ricci neri le ricadevano sulle spalle fino al bacino, il suo mantello quasi si confondeva con l’erba del prato. Si ritrovò ancora una volta dopo tanti anni a pensare a quanto fosse bella. Peccato che lei non l’avrebbe mai amato come lui amava lei. Per tanti anni aveva cercato di reprimere i sentimenti verso l’elfa arrivando alla conclusione che più lui li sopprimeva più essi crescevano.
In tutti quegli anni il dolore per la mancanza di lei era stato quasi insopportabile. Quante volte si era svegliato di notte con lacrime calde che dimostravano quanto il suo cuore avesse pianto per la perdita subita. Quelle lacrime erano state per Garrow, Brom, Oromis, Rothgar, ma anche per Roran, Katrina, Nasuada, Murtagh, Orik, Angela, e soprattutto lei, Arya, consapevole che non l’avrebbe più rivista. Ma ora eccolo lì, in viaggio con la donna della sua vita verso una nuova avventura, non come gli aveva predetto Angela che non avrebbe fatto più ritorno in Alagaësia. Decise che quando avrebbe rivisto l’indovina l’avrebbe strozzata per averlo fatto soffrire così tanto per la consapevolezza del suo destino, ma poi si ricordò che era stato lui a decidere se sapere o no il suo Wyrda.
“Credo di essermi innamorato di te dalla prima volta che ti vidi.”pensò
“Forse sarà meglio se lei chiuda la bocca Ammazzaspettri” il Cavaliere sobbalzò a quelle parole e fece cadere i rami che aveva raccolto, era stato Fìrnen a parlare
Solo allora Eragon si accorse di avere la bocca aperta e che stava letteralmente sbavando per aver solo visto Arya inginocchiata davanti a lui.
Il drago lo guardò intensamente ed Eragon colse una nota divertita nella sua voce “Non preoccuparti Eragon, non le dirò niente”
Nel frattempo l’elfa scossa dal fracasso provocato dalla caduta dei rami si girò con fare interrogativo verso il Cavaliere.
“S-scusa, sono inciampato su un sasso.” Balbettò Eragon sperando che il suo volto non si fosse fatto rosso.
“Tra le tante scuse hai preso proprio la più convincente.” Disse sarcasticamente Saphira
Eragon la ignorò, raccolse la legna, preparò un cerchio di pietre e sussurrò “Brisingr” insieme al legno che aveva preso fuoco, la sua spada si alzò di un paio di pollici dal fodero sprigionando una tenue luce.
“Noi andiamo a caccia”disse Saphira
“D’accordo, ma non vi allontanate “disse il Cavaliere
I draghi spiccarono il volo e in poco tempo non furono che due puntini che si stagliavano sul tramonto color rubino.
“Allora, cosa prevede il menù?” chiese Arya
“Credevo che avresti cucinato tu!” protestò il Cavaliere
“I-io?” chiese Arya
“Si tu” era la prima volta che sentiva la voce di Arya tremare
“Ma… ma io… io non… cioè…” balbettò Arya
“Non dirmi che non sai cucinare?” chiese il Cavaliere divertito
“No, io… e d’accordo, non so cucinare, ma non è mai stato necessario impararlo!” disse l’elfa indignata
“D’accordo, significa che oggi avrai la tua prima lezione di cucina” disse Eragon
L’elfa ci pensò un po’ su. “Va bene” disse alla fine.
“Visto che tu cucinerai per la prima volta, che ne dici di una zuppa di spezie?” chiese il Cavaliere
“Se lo dite voi Ebrithil” disse Arya con tono scherzoso.
Eragon le rivolse un sorriso “Io riempio la pentola d’acqua, tu puoi iniziare a tagliare queste” disse il Cavaliere porgendole un sacco pieno di verdure e spezie varie. Arya prese un coltello e iniziò a tagliare le verdure.
Nel frattempo Eragon si era avvicinato al ruscello
“Adurna” sussurrò, un globo d’acqua si sollevò e andò a finire nella pentola. Il Cavaliere pose la pentola sul fuoco e aspettò che l’acqua iniziasse a bollire.
“Ah” Eragon si volse di scatto, Arya si stringeva una mano al petto. Il Cavaliere si precipitò verso l’amica e presa la mano ferita dell’Elfa tra e sue, Eragon sospirò, c’era solo un leggero taglio che gli percorreva il pollice.
“Waise heill” sussurrò e in pochi secondi il taglio si rimarginò.
“Grazie” sussurrò l’elfa “ultimamente sono davvero sbadata” Arya guardò la sua mano e arrossì.
Eragon si accorse di tenera ancora la mano dell’Elfa tra le sue, arrossì a sua volta lasciandola andare.
“Credo che possano bastare” disse Eragon per dissipare l’imbarazzo indicando le verdure.
“Devono bastare” disse Arya convinta
“Perché?” chiese il Cavaliere
“Dopo quello che ho passato per tagliarle” disse lei
“Per quel piccolo taglietto?” chiese Eragon divertito. Arya lo fulminò con un’occhiataccia. “D’accordo” si arrese il Cavaliere
Eragon prese le verdure e le mise a bollire, dopo un po’ iniziò a mescolare la zuppa.
“Quanto tempo ci vuole perché sia cotta?” chiese l’elfa
“E’ pronta” disse Eragon. Il Cavaliere prese due ciotole dalle bisacce e le riempì. Mangiarono senza proferir parola godendo della reciproca compagnia.
Fu Eragon a rompere il silenzio “Credi che Teirm sia già sotto attacco?” chiese
“Non lo so. Forse.” Disse l’elfa “Ma presto lo scopriremo.”
Era quasi notte quando i draghi ritornarono dalla caccia. Le stelle illuminavano la volta celeste. Eragon si soffermò a guardare il paesaggio.
“A cosa servono questi alberi verdi, a cosa serve il canto di un uccello, a cosa serve il sorgere del sole, a cosa serve una notte stellata? Che scopo ha tutto ciò?”si chiese il Cavaliere.
Non esiste uno scopo. Per questo la vita è così bella.” Rispose la dragonessa
“Avete preso qualcosa di buono?”chiese Eragon a Saphira
“Solo un cervo rinsecchito”rispose Saphira con uno sbuffo.
“Allora perché sei così felice?”chiese il Cavaliere
La dragonessa gli mostro alcuni episodi della caccia ed Eragon apprese che Fìrnen aveva catturato un cervo e lo aveva diviso con Saphira.
“Voi invece vi siete divertiti?”chiese Saphira maliziosa.
“No. E voi?”chiese Eragon con un sorriso di sfida.
La dragonessa non rispose e si accoccolò vicino a Fìrnen. Il drago strofinò il muso sul collo sinuoso della dragonessa. Eragon provò una punta di invidia verso loro due. Almeno ricambiavano il loro amore reciprocamente.
“Buonanotte Eragon” disse Arya alle sue spalle. L’elfa si era sdraiata a poche iarde di distanza da lui. Avevano deciso di non montare la guardia perché grazie al loro stato di dormi-veglia avrebbero sentito qualsiasi creatura in avvicinamento.
“Buonanotte” disse Eragon sistemandosi nel sacco a pelo. In quella notte lascio che fossero il buio a cullarlo con il suo silenzio e le stelle a ricordargli che esiste sempre una luce che brilla e che indica il cammino. E questo gli diede speranza.
 

*********

 
 
Il mattino seguente si erano alzati all’alba e dopo aver consumato una magra colazione a base di frutta secca si erano messi in viaggio verso Teirm. Era quasi l’ora di pranzo quando la scorsero, era proprio come se la ricordava, la cittadina bagnata dal mare scintillante, dove fiere navi erano ormeggiate con le vele imbrogliate. In lontananza si udiva il sordo fragore della risacca. La città era cinta da una muraglia bianca alta cento piedi e spessa trenta, con file di feritoie rettangolari e un camminamento in cima per i soldati e le sentinelle. La superficie liscia della muraglia era interrotta da due saracinesche di ferro, una che affacciava a ovest, sul mare, l'altra che si apriva a sud, sulla strada. Al di sopra della muraglia, addossata alla sua sezione settentrionale, si ergeva un'enorme fortezza fatta di pietre gigantesche e torrette. Nella torre più alta riluceva la lanterna di un faro. Il castello era l'unica cosa visibile al di là della fortificazione.
Ma qualcosa non andava, alcune persone si affrettavano ad entrare nella città portandosi dietro tutti i loro averi, molto probabilmente erano contadini, il Cavaliere espanse la mente verso di loro e scoprì paura, ma la domanda era: di cosa avevano paura quelle persone?
“Eragon guarda lì!”disse Saphira
Lo sguardo di Eragon cadde sulle campagne circostanti alla città. Allora capì il motivo di tanta agitazione, un esercito si stava muovendo verso di essa, ma c’era dell’altro. Quattro grosse figure sorvolavano i cieli sopra di esso. Lethrblaka.
“Non è possibile” mormorò il Cavaliere “Guarda” Eragon le indicò ad Arya che volava su Fìrnen affianco a Saphira.
L’elfa li vide e sbiancò di colpo “Ma non dovrebbero essere estinti?” chiese lei
“In Alagaësia, ma Nasuada ha detto che l’esercito Ombra viene da fuori i confini di Alagaësia.” Disse Eragon
“Credi che ci siano anche i Ra’zac?” chiese l’elfa
“Forse, ma spero vivamente di no” rispose Eragon preoccupato alla prospettiva di combatte contro quelle bestie.
Nel frattempo due dei quattro Lethrblaka si erano staccati dal gruppo e si stavano dirigendo verso i poveri contadini in fuga.
“Saphira i Lethrblaka”disse Eragon
La dragonessa comprese le preoccupazioni del suo Cavaliere e con tre poderosi battiti di ali si posizionò sopra i Lethrblaka, prima che questi potessero fare qualsiasi cosa si lanciò in picchiata perpendicolare al terreno fiondandosi sopra una delle ignare creature.
Saphira affondò le sue letali zanne nel collo del Lethrblaka e con un’improvvisa torsione del capo gli spezzo il collo. La carcassa della creatura cadde inerte al suolo.
Stessa sorte toccò all’altro Lethrblaka, solo che questo fu ucciso con una zampata da parte di Fìrnen che lacerò il petto della creatura.
Dei lamenti provennero dalle loro spalle, gli altri due Lethrblaka, vedendo i loro compagni morire si stavano precipitando verso di loro. Quando furono a trecento iarde di distanza dai due draghi, Saphira emise un possente ruggito di ammonimento, talmente forte che Eragon dovette coprirsi le orecchie a causa del suo fine udito, il buon senso delle due creature prevalse e decisero di ritirarsi. Non avrebbero mai potuto competere contro due draghi adulti.
Saphira e Fìrnen si diressero verso il castello del duca di Teirm. Atterrarono tra la gente impaurita, ma i Cavalieri li ignorarono e si precipitarono nella sale del trono del castello.
Il palazzo era moto lussuoso, forse anche più di quello di Ilirea, le mura erano piene di quadri e arazzi delle più svariate dimensioni. Ma la cosa più straordinaria era il numero di biblioteche. Le pareti piene di scaffali erano zeppi di libri, dalla geografia alla storia, dall’astronomia alla medicina e ogni altra disciplina immaginabile.
“Questa è la più grande biblioteca in Alagaësia dopo quella di Ellesmera.” Disse Arya in risposta al suo stupore.
“Dov’è la sala del trono?” chiese Eragon
“Non ci sono mai stata qui, sarà meglio chiedere a qualcuno.” disse l’elfa
Eragon si guardò in torno. La biblioteca sembrava totalmente vuota. Esplorarono diverse file di scaffali prima di trovare un uomo intento a sfogliare un grosso volume dalle pagine gialle.
“Mi scusi, ci potrebbe indicare la sala del trono?” chiese Arya
“Solo un attimo” disse l’uomo continuando a sfogliare il libro. Dopo alcuni minuti, fece un sospiro e posò il libro con aria insoddisfatta. Molto probabilmente non aveva trovato quello che cercava. Si girò verso l’elfa e appena la riconobbe fece un profondo inchino “Atra du evarínya ono varda, Arya Svit-kona” disse
“Jeod!” esclamò Eragon con aria sorpresa. Il Cavaliere non poteva credere che il vecchio studioso fosse davanti a lui. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che lo aveva visto, da quel giorno in cui gli aveva detto addio prima di montare su Saphira e partire per Ellesmera.
Jeod si girò verso il Cavaliere “Eragon? Sei tu?” chiese. Un sorriso che andava da un orecchio all’altro si formò sul volto dell’uomo. “Ragazzo mio!” esclamò abbracciandolo.
Eragon rise mentre Jeod lo abbracciava, gli era mancato molto il vecchio studioso.
“Che cosa ci fai qui, Ammazzaspettri?” chiese Jeod poco dopo.
“Nasuada ci ha mandati qui per difendere la città.” Disse semplicemente Eragon
“Mmm, stavo giusto facendo alcune ricerche sull’esercito Ombra, ma a quanto pare non ci sono testimonianze di altri eserciti che in passato sono venuti da fuori i confini di Alagaësia.” Disse lo studioso.
“Davvero non è mai successo?” chiese stupito il Cavaliere.
Jeod scosse il capo “Ma ritornando a noi, cosa volevate chiedermi?”
“Vorremo parlare con il duca, ci potresti dire dove si trova la sala del trono?” era stata Arya a parlare.
“Si, potrei dirvi dove sia la sala del trono, ma il duca raramente si trova in essa. La maggior parte della giornata la passa nei giardini del palazzo. E’ un tipo che ama la tranquillità, tranne di sera che spesso organizzare balli e feste in ogni tipo di occasione per venire a conoscenza di ogni tipo di pettegolezzo.” Disse Jeod. “Vi potrei portare nei giardini del palazzo.” Aggiunse
“Te ne saremo grati.” Disse Eragon
“Bene seguitemi.” Detto questo Jeod si incamminò verso l’uscita della biblioteca seguito a ruota da Eragon e Arya.
 

*********

 
Attraversarono decine di corridoi prima di giungere a una larga terrazza che affacciava su un’incantevole giardino. Quando scesero la grande scalinata di marmo furono investiti dall’aroma dei numerosissimi tipi di fiori che adornavano le aiuole. C’è n’erano d’ogni genere, dalle rose ai tulipani, dai gelsomini alle viole, insieme formavano un prato multicolore intervallato solo da alcuni cespugli a forma di animale. Solo i giardini del palazzo Tialdarì potevano competere con quello spettacolo. Davanti a lei anche Eragon era rimasto incantato dalla bellezza della natura. Nel frattempo il piccolo gruppo proseguì fino a un spiazzo. In mezzo ad esso si poteva ammirare una fontana e attorno ad essa alcune panchine erano state disposte in cerchio. Su una di queste panche c’era seduto un uomo di mezza età. Aveva un viso gioviale, i suoi capelli erano neri screziati di grigio e portava una folta barba ben curata. I suoi vestiti erano degni del più potente dei regnanti, portava una casacca verde dai bottoni d’oro e un lungo mantello rosso contornato con pelliccia di ermellino. L’uomo era circondato da una decina di persone, molto probabilmente nobili dedusse Arya dai loro vestiti sfarzosi e dai loro movimenti da aria superiore. In quel momento lei ed Eragon indossavano le loro tuniche da Cavalieri dei Draghi, vesti semplici ma eleganti.
“Anche se ad Eragon serve ben poco per apparire elegante” pensò Arya scrutando il Cavaliere davanti a lei.
“Aspettate qui” disse Jeod prima di incamminarsi verso il duca, lo videro sussurrargli qualcosa all’orecchio. Questi si girò verso di loro con aria sorpresa, gli occhi del duca indugiarono per un bel po’ di tempo sul viso del Cavaliere, poi l’uomo ci fece segno di avvicinarci.
Eragon si incamminò verso il duca e io lo seguii, gli occhi di tutti i nobili erano puntati sul Cavaliere, soprattutto quello delle donne. Queste stavano guardando il Cavaliere come delle civette guardano un topo entrare nella loro tana. Lo stavano letteralmente mangiando con lo sguardo. Sbattevano le ciglia in continuazione.
“Ma datevi un contegno”si disse Arya
 L’elfa per poco non si mise a ridere quando notò lo sguardo degli uomini che dovevano essere i mariti delle “civette”. Questi rivolgevano sguardi di rimprovero alle mogli e occhiate infuocate all’affascinante Cavaliere che aveva rubato le attenzioni delle loro donne.
“Fatevene una ragione, non potete competere con lui.”Pensò Arya non sapendo se era un bene o un male.
Una delle nobili in particolare sembrava voler attirare l’attenzione de Cavaliere. Aveva dei fluenti capelli biondi e degli occhi di un grigio magnetico. Indossava un lungo vestito rosso pieno di pizzi, scollato sul seno lasciando ben poco all’immaginazione.
“Ecco la regina delle civette”pensò Arya
“Quanto siamo gelosi oggi”disse Fìrnen nella sua testa
“Cosa? Io non sono gelosa” disse l’elfa indignata
“Ma davvero? Quindi mi aspetto che tu e la civetta diventiate ottime amiche”disse sarcastico il drago
“E d’accordo, forse sono un pochino gelosa”si arrese Arya, non poteva nascondere nulla al suo compagno di mente.
“Chi sei tu? Che ne hai fatto dell’Elfa ho-sempre-ragione-io e so-tutto-io?” chiese il drago
“Ma smettila”L’elfa rivolse lo sguardo ancora una volta verso la donna-civetta. “Giuro che se lo guarda ancora una volta in quel modo la incenerisco”
“Siamo aggressive eh?”
Arya non gli rispose, era intenta a maledire la civetta. Nessuno poteva guardare il suo Eragon in quel modo.
“Il tuo Eragon? Facciamo in fretta a reclamare dominio su qualcosa.”Disse il drago
“Ma tu non stavi con Saphira?”poi improvvisamente comprese “Tu sei geloso!” non era una domanda. Per poco non scoppiò a ridere
“Cosa, io geloso? Ma fammi il piacere.”Disse il drago.
“Si, sei geloso” disse l’elfa
“Impossibile, i draghi non sono mai gelosi” detto questo Fìrnen troncò la conversazione.
Nel frattempo Eragon si era fermato a parlare con il duca sull’esercito e quando arrivò alla scoperta dell’alleanza con i Ra’zac il duca per poco non cadde dalla panchina. Parlarono per una buona ora finché non furono congedati, dopo aver salutato tutti i presenti, tranne una certa persona per Arya, furono condotti nelle loro camere. Arya salutò Eragon prima di entrare nella sua stanza dove era stato preparato un catino con dell’acqua calda, si lavò ed indossò la sua armatura a scaglie.
Quasi un’ora dopo qualcuno bussò alla sua porta.
“Chi è?” chiese Arya
“Sono Eragon. Il duca ci aspetta nella sala del trono, è arrivato un messaggero dall’esercito Ombra” disse questi
Arya andò ad aprire, appena vide Eragon il suo cuore iniziò a battere più velocemente. Il Cavaliere indossava la sua armature a scaglie di drago come la sua, solo che questa era blu.
“C’è qualcosa che non va?” chiese Eragon fissandosi l’armatura in cerca di qualcosa che non andasse.
“No, non è niente” disse Arya distogliendo lo sguardo.
Il Cavaliere la fissò per qualche secondo “Va bene, allora andiamo.” Disse prima di incamminarsi verso la sala del trono chiedendo informazioni a un maggiordomo.
La sala del trono era forse la stanza più decorata di tutto il castello. Le pareti erano piene di quadri e i pavimenti pieni di tappeti della più pregiata fattura. Il duca stava parlando con un uomo tarchiato.
“…se voi vi arrenderete non vi accadrà nulla.” Stava dicendo questi
“Arrenderci?” sbraitò il duca “Arrenderci? Piuttosto la morte! Io e i mio popolo non ci arrenderemo mai a voi sudici forestieri. Questa è la nostra terra, la nostra patria e combatteremo con le unghie e con i denti per tenercela, quindi andate a dire alla vostra regina che dovrà passare sui nostri cadaveri per averla.”
Il duca si accorse di loro e un sorriso si dipinse sul suo voto. “Le voglio presentare qualcuno.” Disse al messaggero venendo verso di loro. “Lei è Arya figlia di Islanzadi, ex regina degli elfi, Ammazzaspettri e Cavaliere dei Draghi.” Lo sguardo del messaggero non tradì nessuna emozione. “Lui invece” disse il duca facendo un lieve inchino “è Eragon Bromsson, Capo dei Cavalieri dei Draghi, Ammazzatiranni e Ammazzaspettri, Cavaliere della dragonessa Saphira Squamediluce.” Il messaggero sembro perdere un po’ della sua sicurezza.
“Avrete anche due Cavalieri ma noi abbiamo un esercito e non due guardie.” Disse questi riprendendo la sua baldanza.
“Vinceremo lo stesso” disse convinto il duca
“Sicuramente il Cavaliere Eragon ce la farà a battervi” disse una voce femminile alle loro spalle.
Con sgomento di Arya dietro di loro c’era la stessa donna-civetta di prima solo con un abito diverso e ancora più scollato del precedente.
“Questa mattina non abbiamo avuto il tempo delle presentazioni” disse il duca “Lei è la contessina Liviana del casato Bagor.”
Liviana fece un lieve inchino verso Arya senza degnarla di uno sguardo, i suoi occhi erano concentrati sull’affascinante Cavaliere. Porse la mano a questi.
“Sono onorato di conoscerla contessina” disse Eragon baciandogli la mano.
“Il piacere è tutto mio Cavaliere” disse Liviana con aria da civetta guardando Eragon con lussuria.
“Giuro che ora Liviana farà una brutta fine se non la smette di guardarlo così”si disse Arya.
“Ma ancora con questa storia?”disse Fìrnen
“Ma hai visto che civetta? Ma non si vergogna a comportarsi in questo modo? Poi non mi ha degnata di uno sguardo.” Ribatté l’elfa.
Il drago sospirò “Sei proprio cotta” disse
“Si, lo ammetto sono innamorata di Eragon”disse l’elfa
“D’accordo, ora mi stai davvero mettendo paura, prima era impossibile farti ammettere qualcosa.”Disse il drago
“Non è vero.”Disse l’elfa
“Ora ti riconosco” affermò Fìrnen e si ritirò dalla sua mente.
Il messaggero se n’era andato.
“Prepariamoci alla battaglia” disse il duca.
Ora non potevano far altro che attendere che l’inferno si scatenasse.


 Angolo autrice
 Allora, premetto che in questo capitolo non succede niente di che ma ci soffermiamo sulla coppia Eragon Arya :innamorato:
Questo è solo un capitolo di passaggio, ma è il più lungo che abbia mai scritto grin
Non so perchè quando scrivo capitoi più intensi questi mi vengono corti :lol:
Commentate, dite se vi piance :ok: , ma anche se non vi piace :down:

Ciao

 
  
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