Capitolo 2- Scherzi del destino
Mi svegliai sudata e accaldata. Corsi in bagno a farmi una bella doccia. L’acqua calda mi sciolse i fasci di nervi tesi lungo la schiena.
Avevo freddo. Era ironico, quanto assomigliassi a Bella, eppure allo stesso tempo, quanto fossimo diverse.
Entrambe frane a ginnastica, entrambe accanite libro- dipendenti, entrambe facevamo la doccia per sciogliere la tensione. Eppure lei aveva scelto il ghiaccio, i vampiri, mentre io avrei pagato con la vita un bacio da un febbricitante licantropo. Soprattutto uno in particolare.
Ancora una volta mi ero persa nelle mie riflessioni: erano le 8!
L’autobus l’avevo perso… Che fare? Mi vestii in fretta e uscii come un razzo dall’uscio di casa. Mi incamminai velocemente a piedi verso il liceo.
Per fortuna non era lontano.Arrivai proprio sul suono della campanella e tirai un sospiro di sollievo. Mi sedetti vicino a Ilaria che mi salutò.
Come faceva ad essere sempre così allegra?Forse era uno di quei misteri che l’uomo non si spiega, come Atlantide o gli ufo.
Fatto sta che non l’avevo vista triste neanche una volta in 5 anni di amicizia.
Il professore non era ancora entrato, così ci scambiammo qualche parola sul pomeriggio precedente prima di cominciare la lezione.
Finita la scuola corsi casa.
Mi guardai allo specchio.
Mamma mi diceva sempre che ero molto carina, ma che non mi curavo ed andavo in giro conciata peggio di uno zombie.
Aveva ragione.La mia faccia era puntinata qua e là da brufoletti, le occhiaie contornavano gli occhi nocciola e le labbra erano tutte screpolate.
I capelli erano un intreccio di nodi paglia, sembravo un covone di fieno. Ma, sinceramente non mi importava.
L’unica persona per cui avrei voluto essere più decente, non esisteva, perciò il problema non mi riguardava.
A me, del giudizio di quegli ignoranti dei miei compagni di classe non interessava granché.
Loro non sapevano neanche distinguere un fantasy da un fantascienza, quindi…
Da mamma avevo preso solo le labbra, sottili come la lama di un coltello e, guarda caso, la parte meno bella del suo viso.
Con un corredo genetico come il mio, c’era solo da rimpiangersi addosso.
Entrai nella mia camera, l’unico posto al mondo in cui mi trovassi davvero bene.
Lì inventavo storie e mi rinchiudevo nei miei libri.
Se ero triste rimanevo triste, se ero felice condividevo la mia gioia con quelle quattro pareti, che a volte sembravano essere le uniche a capirmi davvero.
Impugnavo la mia chitarra e volavo in mondi lontani cullata dalle note dello strumento, la chiave di tante porte segrete e tanti sogni nel cassetto.
Anche nella mia adorata stanza però, il vuoto che mi portavo dentro il cuore, non riusciva ad attenuarsi.
Anzi, era molto peggio.
La solitudine mi portava a pensare e riflettere, il che nuoceva gravemente alla mia salute mentale.
Ormai però, era di più, un vero e proprio dolore fisico.
Una coltellata in testa.
A volte soffrire sembrava mi rendesse “felice”.Il dolore era l’unica prova che, da qualche parte segreta e nascosta del mio cuore, lui c’era davvero, lui esisteva.
Lo sentivo premere sugli argini della voragine che mi martoriava il petto, lo sentivo in ogni mio dito che pizzicava le corde della chitarra, in ogni riga di un libro che stavo leggendo.
Sentivo quell’amore che mi pulsava nelle vene, che si imprimeva nella pelle ad ogni battito di secondo, che mi soffocava e mi ubriacava di emozioni nuove, sconosciute.
Lo sentivo.
Ma se lo sentivo così, allora perché la natura non lo aveva messo al mondo?
Perché era solo il frutto della fervida immaginazione di una scrittrice dolorosamente e fatalmente brava? Ok. Stavo veramente per impazzire.
Decisi di fare due passi. Uscii in fretta di casa e mi diressi verso il parco della città.
Solitamente prendevo una scorciatoia, ma quel giorno avevo bisogno di camminare, così presi una strada sconosciuta, pregando qualunque tipo di divinità, comprese quelle primitive e quelle maya, di non farmi perdere.
In effetti, il mio senso dell’orientamento era molto basso. Passai per una via non frequentata e accesi l’ipod.
Mi immersi nella musica e nei miei pensieri, quando all'improvviso inciampai sull'asfalto. Mi rialzai illesa, ma mi accorsi che ero caduta su un libro.
Lo presi in mano, vinta dalla curiosità e lo osservai. Era una vecchia copia di Eclipse.
Lo misi con cura nella borsa e corsi per andare al parco.
Angolo autrice
Ciao ragazzi! Sono ancora io, la vostra piccola e cara adolescente mentalmente disturbata(XD)! Ecco un nuovo capitolo! Spero vi piaccia anche se è un po'corto. D'ora in poi si farà più interessante,ve lo giuro! Un grazie particolare va a Samah per aver recensito *-* e spero che voi altri "silenziosi" prendiate spunto da lei! Questa volta spero di aggiornare mercoledì o giovedì se volete. A prestissimo
Stone