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Autore: Shichan    06/05/2013    1 recensioni
Tutti loro, ha imparato Nobuchika, sono fatti delle persone del passato.
[Ginoza/Akane se ci si impegna]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tsunemori, Nobuchika Ginoza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non sente di essere cambiato granché da quando era un Ispettore – ancora oggi ignora tutto ciò che circola nei corridoi quando gira le spalle e le persone sono convinte che lui non possa sentirle.

Aveva sempre sostenuto fermamente che lasciarsi coinvolgere dagli Enforcer fosse una pessima idea per una serie di motivi ancora tutti ben delineati nella sua mente; l’essere passato dall’altra parte non gli aveva fatto cambiare idea: è ancora convinto che in qualche modo non legarsi renda il loro lavoro e quello degli Ispettori più facili.
Tuttavia ha compreso che forse, a modo suo, c’è un fondo di “verità” nel pensiero di Tsunemori ed è che mantenere almeno un minimo rapporto porti ad una maggiore collaborazione non forzata; e, dopotutto, Ginoza aveva sempre rispettato il protocollo nei limiti del possibile: mai avrebbe peccato dove una volta era stato lui a rimproverare gli altri.
«Ginoza-san!» si volta verso la voce che lo ha chiamato e non fatica a riconoscere la ragazza – l’Ispettore – la cui prima apparizione gli ha ricordato in maniera impressionante quella di Tsunemori: stesso tipo di operazione, stessa carenza di personale, il calco delle proprie parole allora rivolte ad una Akane ignara di cos’avrebbe trovato sul campo.
«Ispettore Shimotsuki.» replica con la serietà che gli è propria, posando lo sguardo – non più nascosto dagli occhiali come un tempo; una delle piccole cose cambiate in lui, maschera di un mutamento più grande di quello che si può vedere – su di lei, mentre sale nella macchina che li porterà sul luogo dell’indagine.


«Che tipo è l’Ispettore Tsunemori?» è la domanda che lo allontana dai pensieri che stava pigramente seguendo, lo sguardo fuori dal finestrino da quando avevano finito di discutere i dettagli dell’indagine che gli avevano anticipato prima che si recassero sul posto.
La richiesta gli sembra legittima e prevedibile, eppure rispondere non è altrettanto facile. Trovare il punto esatto in cui iniziare a descrivere la collega – ora superiore – è complicato e presupporrebbe troppe cose.
Tutti loro, ha imparato Nobuchika, sono fatti delle persone del passato; allo stesso modo, per descrivere Tsunemori dovrebbe parlargli di Kogami, e per spiegare di lui dovrebbe raccontarle di Sasayama, poi verrebbe il momento di Makishima e quello significherebbe parlare di quella civile – Yuki – e così via.
Significherebbe parlare di dolore, dolore e ancora dolore, di ferite tanto profonde che non è lui a dovervi mettere impietosamente mano fino a farle riaprire senza la certezza che si risanerebbero mai – sempre ammesso che lo abbiano fatto.
Ma sopra ogni cosa dovrebbe parlare a Shimotsuki di cosa Kogami sia stato; di come entrambi siano stati Ispettori divenuti Enforcer, di come a portarli sulla via considerata sbagliata siano stati i sentimenti che sono invece più giusti e puri per un essere umano che voglia considerarsi tale.
E, non ultimo, dovrebbe dirle del rapporto semplice e complicato al tempo stesso che hanno lui e Akane. Di come, a conti fatti, si siano in un certo senso salvati a vicenda per quanto potevano: di quanto siano stati ciechi e deboli, mentre cercavano di vedere la verità e di essere forti.
«Non sono io il più qualificato per rispondere a questa domanda.» è ciò che si limita a dire – non ha la pretesa né la speranza che tanto basti all’altra, però: «L’unico che potrebbe farlo non lavora più con noi.» aggiunge soltanto.
Abbandona l’esterno che gli sfreccia davanti agli occhi oltre il finestrino e si prende il tempo di osservarla; è così facile, riconoscere lo sguardo di chi teme di fare la domanda sbagliata, che gli scappa un leggero incurvarsi di labbra che somiglia all’ombra di un sorriso.
«Uhm, ma lei conosce da tanto l’Ispettore Tsunemori, giusto Ginoza-san?» cambia approccio e per un attimo si chiede anche lui quanto effettivamente possano dire di conoscersi – la verità è che hanno condiviso cose che solo compagni di tutta una vita spesso provano insieme e l’uno per l’altra, ma non è avvenuto con la complicità di due amici né con la naturalezza di due amanti.
Vedere sangue e morte, non sapere più se si sta proteggendo la giustizia o una menzogna e non sapere più da quale parte si stia – o da quale sia giusto stare – erano cose che ti legavano in maniera profonda ma contorta, affatto giusta.
Una cosa così non potevi spiegarla.
«Abbiamo lavorato insieme in passato, sì.» conferma con pacata neutralità: «Ma non sono stato io l’Enforcer assegnato a Tsunemori, fino a poco tempo fa.» aggiunge e solo a quel punto torna a guardare fuori, prendendosi un piccolo vantaggio su Shimotsuki.
«Le consiglio di non chiedere molto del suo partner di prima, Ispettore.»
«…È una storia così triste?» azzarda lei, cercandolo con la coda dell’occhio ma riportando quasi immediatamente l’attenzione sulla strada.
«Non è triste.» afferma quasi con orgoglio, il tipo di sicurezza che hanno solo i sopravvissuti che pensano di non poter vedere nulla di peggio di quanto hanno già visto: «Solo complicata.» conclude, e il modo in cui volta il viso nuovamente verso l’esterno sembra mettere un tacito punto a quella loro conversazione – non troppo bruscamente, ma con la dovuta decisione.

«Ginoza-san, Shimotsuki-kun, siamo qui.» pronuncia Akane in loro direzione, facendogli un cenno per farsi notare. Quando le sono vicini si rivolge alla giovane e Nobuchika ha il tempo di guardarle entrambe: Tsunemori rivolge all’altra lo sguardo attento di un supervisore, sì, ma anche quello gentile che l’ha sempre caratterizzata.
Mentre vede in lei ciò in cui lui ha mancato da Ispettore e ciò che probabilmente suo padre aveva visto e interpretato come potenziale nella ragazza, pensa che dopotutto il loro rapporto è esattamente quello: fatto di cose che è difficile raccontare e di altre che sono solo complicate da capire.
Anche ora si guardano in tanti modi che si mescolano insieme – allievo e “maestro”, compagni d’armi, due persone che hanno subito la perdita sebbene in maniera diversa: su di loro c’è l’ombra di un padre rifiutato finché per accettarlo non era stato troppo tardi, di troppa bontà tramutatasi nella morte di un’amica.
E infine c’è quella dell’abbandono in forme diverse, quello di Kogami che nessuno sa dove sia, di Kogami che è riflesso in lei così come in Ginoza stesso – Akane è per lui il riscatto di un ennesimo collega perso in un modo peggiore che con la morte, lui è per Tsunemori la seconda occasione di salvare se stessa salvando qualcun altro.
Restano vicini per non crollare, rimangono vicini senza mai oltrepassare la linea, quel limite immaginario ma insuperabile.
Si restano accanto nell’unico modo che conoscono – assumendo l’uno per l’altra il ruolo di qualcuno che non sono loro.

 

 

 

Note autore
Era tanto che quest’idea mi gironzolava in testa, ma ancora adesso non sono convinta di essere riuscita a spiegare quello che nella mia testa è il rapporto tra Ginoza e Akane nel “fine serie/post serie”.
Forse perché è una ‘coppia’ che non si basa, a mio avviso, sul romanticismo ma su qualcosa di molto più contorto che somiglia alla dipendenza che si può avere da ciò che ti allevia il dolore. *confusa*
La speranza è che non sia un fail pazzesco e totale <3

   
 
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