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Autore: Olivia Spich    07/05/2013    0 recensioni
Sto considerando ogni ipotesi plausibile per ricorrere al riparo nel momento in cui dovrò togliermi questo paio di occhiali.
E giuro che vorrei avere una spiegazione convincente, ma l'unica che mi viene in mente è solo la verità.
E non mi piace.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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UN PASSATO CHE E' PRESENTE


Mi sveglio con molta calma e un senso di nausea mi sale alla testa. Mi stropiccio gli occhi e sbadiglio.
Non avevo sonno quando mi sono infilata sotto le lenzuola, ma mi sto abituando all'idea di apatia che gira intorno a me. Rimango un momento a guardare il soffitto bianco sopra la mia testa e mi chiedo che ore siano. Allora guardo l'orologio. Sono le 4 del pomeriggio, ancora.
Prendo il telefono appoggiato al comodino della camera e controllo le novità. Ci sono 4 chiamate perse e 2 messaggi. Guardo meglio, un po' preoccupata, e mi accorgo che le chiamate fanno capo ad un solo numero: “Tommaso!” esclamo, come se qualcuno potesse sentirmi. Leggo i 2 messaggi, e mi accorgo che uno è di Anna, l'altro del suo fidanzato.
“Ho appena scoperto che il locale in cui andremo stasera fa un servizio di spogliarello per gli addii al nubilato/celibato. Ci divertiremo!!! PS: ho detto tutto a Tommaso, avevi ragione tu, è felice!”

Scorro verso il secondo messaggio, quello di Tommaso.

Linda, ma dove cavolo sei finita?! Chiamami, è urgente!”

Scorro i numeri della rubrica e mi fermo quando trovo il numero di Tommaso. Pigio su “chiama” e aspetto quello che sembra un tempo infinito.

- “Linda!” mi viene un colpo.

- “Si Tommaso, conosco il mio nome!” rido divertita. - “Che succede?”
- “Ho bisogno di parlarti, subito!”
- “Vuoi che ci vediamo o me lo dici per telefono?”
- “In verità sono a lavoro, sono entrato in bagno perché altrimenti il mio capo mi uccide.” Già, oggi è un giorno lavorativo, me ne ero completamente dimenticata.
- “Giusto.”
- “Volevo solo dirti che sono nel panico totale. Oggi è tornata a casa Anna e...” aspetta un secondo di troppo che mi fa sussultare. - “Probabilmente sai già come stanno le cose, lei... Lei è incinta!” dice con enfasi, aspettandosi un tono entusiasta da parte mia.
- “Beh si, me lo ha detto. È fantastico!” sto cercando di non sbilanciarmi, ma è difficile, sono contenta!
- “Si... si! Lo è, davvero, ma...”
- “Ma?”
- “Ho paura, Lin.” questa conversazione mi sembra di averla già vissuta.
- “Di che cosa?”
- “Beh... un figlio! Come lo manterremo? Sarà un maschio o una femmina? E se fosse maschio e non amasse la pesca? Voglio dire, è il mio hobby preferito! E se fosse femmina e avrà un sacco di ragazzini che le ronzano intorno? Morirei di dolore!”
- “Ho due ipotesi: o tu e Anna siete molto in sintonia, oppure le vostre paranoie si alimentano a vicenda!” scoppio a ridere da sola.
- “Ma di che parli?!”
- “Niente Tom, ti dico solo che questi tuoi pensieri sono normali, stai per diventare padre. Ma non permettere alla paura di prendere il sopravvento. Quando Anna partorirà dovrai essere concentrato e dovrai darle il supporto necessario. Andrà tutto bene, ti fidi di lei?”
- “Certo che mi fido!”
- “Allora fai in modo di non lasciarla andare. Siete entrambi molto preoccupati, ed è giusto così. Ma questo è anche il momento di vivere la novità insieme, nel bene e nel male.”
Silenzio, ancora. Quel silenzio in cui mi chiedo se il messaggio che ho cercato di trasmettergli è arrivato chiaro o se ha ancora dubbi sul suo futuro con un figlio a carico.
- “Le chiederò di sposarmi, Linda.” Un sorriso enorme mi si stampa in faccia. - “Sto facendo una cazzata, secondo te?”
- “Vuoi farlo?”
- “Si.”
- “Allora è la cosa giusta.”
- “Sei l'amica...migliore che una persona possa avere!”
- “Sono felice per voi, sono davvero molto felice!”
- “Torno a lavoro, o qualcuno si accorgerà che non sono più alla mia scrivania!”
- “Va bene, buon lavoro!”

Riattacchiamo entrambi e il sorriso si allarga.
Saranno una famiglia unita.
Non faranno mai la fine che abbiamo fatto io e Alberto, non capiterà nemmeno per sbaglio.
Certo, anche io inizialmente pensavo che niente si sarebbe rovinato. Ci credevo davvero, come probabilmente anche il mio fidanzato. Ma prima che ci accorgessimo di quello che stava succedendo era già troppo tardi, non potevamo fare più niente. Io non potevo fare più niente. Forse eravamo destinati a farci male.


Mi alzo dal letto. Devo farmi una bella doccia e mi devo rilassare.

Basta pensieri, basta pensieri. Basta...pensieri...”

 

 

 

***




 

Sono distesa sul letto da un po', ed ho perso il senso del tempo. Anche se la cosa non mi interessa particolarmente.
È un'abitudine che non ho perso, anche Alberto si arrabbiava sempre quando lo facevo.
Per lui il ritardo era una cosa inconcepibile. Quante volte abbiamo litigato per questo motivo.
Un po' mi piaceva quando sbuffava e mi rimproverava con un “anche stavolta faremo tardi, contenta?”. Adoravo quel suo broncio da primato, almeno fin quando, col tempo, non si è tramutato in un ghigno cattivo.
Le prime volte, alle prese con questo suo lato tetro, facevo fatica a capire quando finiva lo scherzo e iniziavano le cose serie. Mi ripetevo che probabilmente ero io a non capire la situazione, mi davo la colpa per averlo cambiato, per averlo fatto diventare così.
Ero io che lo facevo arrabbiare. “Un occhio nero, quasi quasi, me lo merito” pensavo.
Che sciocca, sì. Ma chi mi può biasimare? Chi non sa cos'è l'amore non sa nemmeno in quali forme si presenta.
Certo non in un livido o in una cicatrice. Ma questo l'ho capito solo dopo averle avute sulla mia pelle.

Mi alzo e guardo l'orologio. Sono le 6 in punto. Anna mi ha detto che passerà alle 7 e 30.
“C'è ancora tempo” penso, mentre mentalmente cerco un vestito da mettere.
Apro l'armadio, e mi fermo in piedi con le mani sui fianchi.
Dovrei disfarmi della maggior parte delle cose che stanno qui dentro.
Mi siedo sul letto, continuando a guardare all'interno dell'armadio. Mi soffermo un momento su un pezzo di stoffa rosso fuoco.
Quel vestito è ancora qui. L'ho odiato profondamente. Ma era il preferito di Alberto. Quando lo indossavo si stupiva ogni volta come fosse la prima. Mi guardava con quegli occhi da bambino, come solo lui sapeva fare, e io mi innamoravo ogni giorno di più.
Mi alzo dal letto e lo prendo, posandolo delicatamente sulle lenzuola.

Dovrei prendere una scatola e metterci ogni cosa che riguardi il mio ormai ex-marito. Tutto.” penso, iniziando ad armeggiare con quello che mi capita in giro.
La follia incombe e io le do retta. Inizio ad aprire cassetti, armadi, comodini, cofanetti, scrigni e ammucchio roba sopra il divano.
Non è il momento mi rendo conto, ma chi se ne importa. Lo è per me.
In pochi minuti il mio salotto sembra diventare una discarica e mi rendo conto che ci sono ancora un sacco di cose che dovrei restituirgli.
Non è più tornato da quando abbiamo litigato furiosamente e l'ho fatto uscire di casa promettendo di chiamare la polizia se non fosse sparito dalla mia vista.
Sono settimane che non lo sento. E non sono sicura di volerci parlare così presto.
Il mio occhio ancora viola per il trauma subito quella notte è qui per ricordarmelo.
Mi dirigo verso lo sgabuzzino e frugo in cerca di una scatola di cartone che possa contenere tutto.
Devo fare pulizia mentale, devo aiutarmi da sola o non mi aiuterà nessuno.
Mi abbasso e ne trovo una, nascosta tra i sacchi della spazzatura e i cesti di vimini. Cosa diavolo ci facciano dei cesti qui non ne ho idea!
Felice la tiro verso di me, accorgendomi che non è vuota. Lo scarso peso del contenuto mi incuriosisce, così esco da qui con la scatola in mano, poggiandola sul tavolo di cucina. La apro e all'interno trovo un quadernino verde, con qualche scritta colorata qua e là ed una busta chiusa con il nastro adesivo.
Il cuore inizia a battermi rapidamente, sembra voler schizzare fuori, anche lui in preda al panico.
Il mio diario! E...le nostre foto!
Non ricordo quand'è stata l'ultima volta che ho scritto qualcosa in questo libricino, ma certamente deve esser passato un sacco di tempo.
Me lo passo tra le mani, quasi fosse un oggetto sacro.
E adesso che cosa faccio? Lo apro? Lo...leggo?
Forse non sono ancora pronta a rivivere i momenti del mio passato. Anche se...lottare contro i miei demoni può farmi solo bene.
Alberto non è sempre stato manesco, c'è stata una rottura fondamentale nella sua vita, e prima di questa, la nostra, era una bella relazione. Lo amavo davvero tanto, non credevo che avrei mai provato simili sentimenti.
Avevo 20 anni e ancora non avevo mai amato. Nemmeno una volta, nemmeno per una sera.
E poi è arrivato lui, diverso da tutti. Diverso dai suoi coetanei. Diverso da quello che è diventato in seguito. Era diverso e basta. Era solo lui. Il mio Berto. Il ragazzino simpatico e un po' incasinato, dall'aria di uno che la sa lunga. L'unica persona che io abbia mai realmente amato ed odiato in una sola volta.
Mi giro di nuovo tra le mani il quadernino verde. Lo apro e la prima pagina mi fa sorridere.

'Diario di Linda Scagli. Sei sicuro/a di voler leggere?'


Si. Adesso si.” rispondo tra me.
Sfoglio le pagine a caso, finché il quaderno non si ferma su una in particolare. Lo spessore del cartoncino del biglietto da visita di un bar, che ci avevo attaccato diverso tempo addietro, rende il foglio in leggero rilievo.

Il nostro primo appuntamento!”
Mi si ferma il cuore.
Ricordo ancora l'imbarazzo, la paura, l'insicurezza.
Avevo 20 anni ma potevo sembrare una ragazzina di 15.
Dopo il primo scontro/incontro ricordo che il giorno seguente, come sempre, ci incontrammo nell'aula studio della mia facoltà. Adoravo andare a studiare nell'ora di pranzo, perché fondamentalmente non c'era quasi mai nessuno. E adoravo il fatto che lui ci fosse sempre, indipendentemente dal tempo che batteva fuori. Che ci fosse il sole o la pioggia, la grandine o la neve, lui era sempre lì. Con un panino e un libro.
Ho sempre amato la costanza delle persone. Non il loro essere cocciuti, che è diverso. Costante è chi decide ogni giorno di “restare” e lo fa con pazienza.

Quel giorno, mentre riponevo i libri nello zaino, lui mi venne in contro e con un sorriso disse un flebile “Ehi”. Ricorderò sempre la dolcezza di quest'unica parola.
- “Ciao! Scusa ancora per ieri... io...”
- “Non devi scusarti, succede a tutti. Almeno mi sei caduta tra le braccia in modo elegante!”
- “Oddio no, non credo proprio. Io e l'eleganza abbiamo litigato molto tempo fa. Non mi parla quasi più!”
Rise, un po' imbarazzato, poi mi guardò serio.
- “Sono Alberto!” tese la mano verso la mia.
- “Linda.” sorrisi.
Fu l'inizio di qualcosa che, adesso so, era destinato a finire. Ma fu comunque un inizio bellissimo.
Ricordo la vampata di calore che mi salì alla testa subito dopo la nostra presentazione. Non respiravo.
Era possibile che io stessi andando nel panico, ma non ebbi il tempo di saperlo. Semplicemente mi disse:
- “Ti posso offrire un caffè?”
Non sapevo cosa rispondere.
In realtà avrei dovuto offrirglielo io, per porre rimedio al “danno” del giorno precedente.
Feci un evasivo cenno col capo, dicendo di sì.
Avevo 20 anni ed ero un completo disastro.
Scendemmo in centro e ci fermammo al primo bar.
Durante la “fuga” dalle lezioni mi intrattenne con le sue scombinate idee da universitario quasi anarchico.
La qualità che notai in lui, quella che proprio era evidente, era che mi faceva ridere. Vuoi per la situazione, vuoi la sua sconsideratezza nei confronti della vita, mi faceva divertire.
Non ho mai più trovato nessuno che gli somigliasse sotto questo punto di vista. Messi a confronto, i ragazzi con cui avevo cercato di instaurare un minimo di rapporto in precedenza erano degli zombie. Lui era una boccata d'aria fresca, era come un'energica botta di vita.
Ci rivedemmo i giorni successivi in biblioteca, come al solito.
Bastò qualche risata, un discorso al posto giusto e il gioco era fatto. Uscimmo un'altra volta soltanto, quella volta in cui baciò, come fosse una cosa che conservava solo per me.
Pochi giorni dopo mi chiese di stare con lui.
In poco tempo eravamo fidanzati. Eravamo felici, direi. Ci è bastato così poco per esserlo, all'inizio. Certo, non ci conoscevamo abbastanza, ma su una cosa eravamo concordi: il fatto che sapevamo l'uno dell'altro a mala pena il nome non ci avrebbe impedito di imparare a capirci piano piano, come veniva. E se fosse andata male... Come si dice, il mare è pieno di pesci.

Invece il caso ha voluto che non mi stancassi dei suoi difetti, né lui dei miei. Almeno fino ad oggi, si intende. Che poi, chiamare la violenza “difetto” mi sembra un po' riduttivo. Di fatto, a quel tempo, i suoi difetti erano altri e molto meno gravi. Erano ciò che lo caratterizzavano, e a me stava bene così.
Quando mi metto a pensare alla nostra storia non so mai se essere contenta ricordando i nostri momenti insieme o se essere frustrata per essermi ritrovata alla mia età in questa situazione di merda.

Chissà cosa starà facendo, adesso.”
Scuoto per bene la testa, giusto per esser sicura di aver spazzato via ogni granello di nostalgia, e prendo in mano il diario e le foto. Mi dirigo verso la stanza e apro il primo cassetto del comodino di fianco al letto. Ci penso un po' prima di buttare tutto dentro alla rinfusa. Non voglio dimenticarmi di questi pezzi della mia vita.
Torno nel salotto per dare un taglio a questa storia, così prendo la scatola e inizio ad infilare dentro tutto ciò che è seminato in giro per la casa. Foto, regali, quadretti, l'orologio a muro, tutto. In pochi minuti il mio divano torna come prima, mentre la scatola è al limite della capienza.
Ora sono quasi soddisfatta! Rimane un'ultima cosa da fare, però.
Corro in bagno, apro il rubinetto dell'acqua e faccio scorrere il sapone tra le mani. Inizio a strofinare in modo quasi convulso finché l'anello non mi scivola via. Mi asciugo e torno nel salotto. In piedi, davanti a questa scatola colma di cose che non voglio più vedere in giro, mi scende una lacrima solitaria.

Non voglio più avere niente a che fare con te, Alberto” penso, mentre la piccola fede cade miseramente nel contenitore di tutti questi oggetti, fino a nascondersi.
Scaccio via questa goccia amara, e mi sollevo l'anima.
È arrivata l'ora di prepararmi, stasera mi aspetta una serata da single.



ANGOLINO SOLO MIO!
Saaalve a tutti! Vi chiedo umilmente scusa, sono passate settimane e non ho aggiornato.
Come tutti quelli a cui sarà capitato almeno una volta, certamente mi capirete se vi dico che ho avuto diversi problemi.
Gli esami sono vicini e la voglia di scrivere è così tanta che mi farebbe deconcentrare. Così ho chiuso il pc e ho cercato di non pensarci. Poi però, come avrete intuito, non ce l'ho più fatta e mi sono ritagliata un pomeriggio per cercare di andare avanti con questa storia, che è parte integrante ormai della mia vita. Le voglio bene, via!
Grazie a quelli che con costanza, e quindi con pazienza, non si stancano di entrare a dare un'occhiata, e anche a coloro che decidono di mettere questo pezzo tra le seguite o preferite. Siete importanti!
Un bacio a tutti, e scusate ancora di cuore!
_Unbreakable Grace_

 

  
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