Note
introduttive: Mi sono chiesta spesso come sia successo, come sia stato il
loro incontrarsi... amo molto la famiglia Hughes, e
non rielaborerò mai la perdita di Maes!
Per scrivere questa storia, ho attinto ad informazioni sia dal manga sia dall’anime, sincerandomi che fossero plausibili. Credo di
esserci riuscita, malgrado questa sia la mia personale interpretazione dei
fatti, è credibile.
Dedicata a Flavia,
La miglior zia che una ficcina neonata possa avere.
E ad Andrea e Anna, per il supporto morale.
Grazie.
Maple Café
by elyxyz
Capitolo I
Maes varcò la soglia, facendo tintinnare i campanelli
sopra la porta d’entrata e osservando distrattamente la raffigurazione
stilizzata di un grande acero.
“Un caffè lungo.” Ordinò all’omone che stava dietro al
bancone del bar. Poi si guardò intorno.
Aveva l’imbarazzo della scelta, il piccolo locale era pressoché vuoto. Un po’
per quell’ora strana, - le persone normali erano già
al lavoro da un pezzo, i bambini ormai a scuola -, e un po’ perché quel posto
era appena stato inaugurato, solo tre giorni prima, quindi non possedeva ancora
una sua clientela fissa.
Lasciò vagare lo sguardo fuori dalla finestra, oltre
la vetrata impeccabilmente pulita. Central City
continuava a vivere normalmente, grosso formicaio senza requie.
Una donna con le buste della spesa sul marciapiede, un cane randagio che
annaffiava un lampione, un barbone che chiedeva la carità, all’angolo tra Main Street e Maple Avenue.
Eppure non riusciva a rilassarsi. Ripensò alla lettera che gli bruciava nella
tasca interna della divisa. A ciò che gli era stato detto quella mattina.
Convocato negli alti uffici del Quartier Generale. In
quella zona non c’aveva mai messo piede, manco per sbaglio.
Grado, nome, matricola. Ecco cosa gli era stato chiesto.
“Prepararsi a partire per il fronte. Attendere istruzioni.” Gli avevano detto,
congedandolo.
E forse era anche peggio, così. Restare nel limbo dell’attesa.
Roy sarebbe partito entro tre settimane, però a lui era stata fissata fin da
subito una data certa, e così pure la destinazione. Gli Alchimisti di Stato, le
armi umane, erano entrati in guerra da poco.
Questo conflitto sembrava infinito. Da quanto durava? Anni? Secoli? Millenni? E
loro avevano il compito di concluderlo, possibilmente in fretta. E adesso toccava
anche a lui, benché il suo apporto sul campo di battaglia fosse ben misero, al
confronto.
“Questo lo offre la casa.” La tazzina di ceramica
tintinnò, a contatto col legno lucido del tavolo.
Maes sollevò gli occhi, incrociando quelli ridenti di
una giovane donna bionda.
Lei gli spinse un po’ più vicino anche un piatto con sopra una fetta di
crostata di mele.
“Omaggio della casa.” Ripeté, sorridendogli garbata.
Si ritrovò a boccheggiare, a corto di parole.
“I-io... grazie.” Balbettò,
impreparato.
“Aveva un’espressione così triste e malinconica, che non ho
potuto resistere.” Si giustificò lei, annuendo alla volta del dolce. “Ma
non c’è niente che un pezzo di torta non possa migliorare.”
Spiegò, come se fosse stata una filosofia di vita.
Hughes si scoprì ad annuire, la gola secca. E a
ringraziarla, ancora e ancora, per questa sua gentilezza.
Così era iniziato il suo rituale, in attesa di partire
per il fronte.
Ogni mattina, prima di andare in ufficio, passava al Maple
Café a fare colazione, a scambiare due chiacchiere con lei. Col tempo avrebbe
imparato a chiamarla ‘Glacier’, a darle del ‘tu’, e a scherzarci perfino insieme. Sempre sotto lo
sguardo vigile di Tom, lo zio di lei, che incuteva un
certo timore reverenziale, non fosse altro perché
somigliava in modo impressionante (capelli esclusi) al Maggiore Armstrong, quell’energumeno
commilitone, l’Alchimista Nerboruto.
Continua…
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
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elyxyz