Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Virelei    08/05/2013    3 recensioni
Un giorno il Seirin si accorge dello strano comportamento di Kuroko, che si presenta agli allenamenti mostrando sempre più ferite. Sta nascondendo un segreto? Determinata a scoprirlo, la squadra del Seirin inizia a fare indagini sulla vita di Kuroko, per scoprire presto qualcosa di shockante. Ma la Generazione dei Miracoli ha già fatto la sua mossa. GdM iperprotettiva, AkaKuro, AoKise.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 5

Assolutamente no.”Il divieto fu terribile, sibilato con voce rabbiosa e autorevole. Fece tremare di paura Aomine, l’unico presente nella stanza oltre ai due litiganti.

Kuroko invece non sembrò essere turbato dal tono. Era seduto su un grande letto matrimoniale, un po’ troppo grande per l’esile ragazzo, e molti cuscini gli supportavano la schiena. Delle coperte pesanti gli coprivano le gambe, ma non potevano far nulla per il suo torso nudo. Kuroko fissava in modo ribelle gli occhi eterocromi di Akashi, l’unico accenno di emozione sul suo volto era un leggero solco tra le sue sopracciglia blu.

Il capitano del Rakuzan invece era un’altra storia: la sua intera figura irradiava una rabbia controllata. I suoi occhi gialli e rossi brillavano pericolosamente verso il ragazzo con cui stava discutendo, e questo indicava di solito che stava per assegnare qualche pazza punizione. L’atteggiamento del suo corpo, con la schiena ben dritta, le braccia saldamente incrociate sul petto e le gambe leggermente divaricate, indicava che non aveva nessuna intenzione di far uscire Kuroko da quella camera, per il momento.

Come fa Tetsu a non essere spaventato? Si chiese vagamente Aomine. O forse lo è, e sono solo io che non riesco a vederlo.

“Akashi-kun, – disse Kuroko con aria di sfida – Devo andare.”

“Non mi interessa se devi o no. Non ci andrai.”

“Il Seirin dipende da me.”

“Per un po’ si dovranno arrangiare, allora. Una squadra non è forte se non può vincere perché manca un giocatore.”

Il ragazzo più basso mostrò finalmente qualche segno di rabbia. Strinse le lenzuola e guardò male il capitano. “Devo andare, Akashi-kun! O si insospettiranno!”

“Non andrai all’allenamento di oggi, fine del discorso.” La voce di Akashi non lasciò spazio a repliche. Persino Kuroko sapeva quando era meglio smettere di provocarlo. Sconfitto, abbassò lo sguardo sulle lenzuola, le labbra tese in una smorfia arrabbiata. Ci fu un silenzio teso che sembrò durare ore, ma furono in realtà solo pochi minuti. Aomine tentò di avvicinarsi di più alla porta. “Tetsuya.” Akashi sospirò e si avvicinò al ragazzo imbronciato. “Capisco la tua frustrazione per non poterti allenare con la tua squadra, ma sei ferito. Hai appena iniziato a guarire e se ti muovi, specialmente per fare sport, non ti riprenderai bene. Inoltre, voglio che tu stia lontano da tua madre ancora per un po’. È per il tuo bene.”

Una mano si posò sulla testa di Kuroko. Lui si abbandonò alla carezza, sapendo che il sua ex compagno aveva ragione. Akashi lasciò che il ragazzo dai capelli azzurri si rilassasse per un po’ contro la sua mano, poi lo fece gentilmente coricare in modo che potesse dormire. Lo baciò sulla fronte pallida. “Dovresti riposare ora. Daiki, resta nella stanza e fa la guardia alla porta.”

Detto questo, il rosso se ne andò in silenzio, chiudendo la porta. Aomine sospirò. Perché io? Perché non Murasakibara? Sa fare la guardia meglio di me!

“Aomine-kun?”

Il ragazzo abbronzato sollevò la testa e guardò Kuroko. “Si?” Prese una sedia e la sistemò vicino al letto, sedendosi a cavalcioni per riuscire a sentirlo meglio.

“Ti…piace Kise-kun?”

Il campione del Touou sentì che la faccia gli si scaldava. “Che domande fai? – si grattò il collo e fece un respiro profondo – Si, direi di si.”

Kuroko annuì. “Bene. Kise-kun ha una cotta per te fin dalle medie.”

“Eh? – Aomine spalancò gli occhi per quell’informazione – Davvero? Stava sempre con te, però.”

“Ero l’unico che ascoltava i suoi vaneggi su di te, – confessò Kuroko – E… e poi lui ascoltava me.”

Se Aomine avesse avuto delle orecchie da cane, gli si sarebbero drizzate. Un sorriso canzonatorio gli si formò sulle labbra. “Oh? E tu, Tetsu, hai una cotta per qualcuno?”

Tetsuya guardò dall’altra parte, con un’espressione più illeggibile che mai. “Non è quello che ho detto, Aomine-kun.” Si tormentò nervosamente le dita. “Non ho tempo di preoccuparmi per qualcosa di così poco importante come una cotta.” Si sentì quasi infantile nel dirlo.

Il giocatore abbronzato si guardò intorno esitante per accertarsi che non ci fossero delle forbici volanti in arrivo. Non si poteva mai sapere quali tipi di trappole mortali Akashi avesse sistemato nelle sue stanze. Una volta Aomine Daiki si era lamentato ad alta voce del comportamento del rosso non appena Akashi era uscito per prendere qualcosa in un’altra stanza. Un paio di forbici, innescate dall’insulto, erano state lanciate all’improvviso mirando proprio allo spazio tra le doppie punte dei capelli di Aomine. Da allora il ragazzo abbronzato aveva imparato a tenere la bocca chiusa, che il capitano fosse presente o no.

Controllò ancora una volta prima di bisbigliare nell’orecchio di Kuroko: “Sai, sembra che tu piaccia ad Akashi.”

Kuroko guardò Aomine come se stesse guardando un idiota. Lui alzò le mani come per difendersi. “Ti sto dicendo solo quello che vedo. È evidente che ti tratta in modo diverso rispetto a tutti noi.”Il campione ripensò a quanto aveva appena detto e riformulò velocemente la frase, “Cioè, ti tratta con più affetto. Tutti ti trattiamo in modo diverso, come non potremmo?” Prima di rendersi conto di ciò che stava facendo, passò distrattamente una mano tra i capelli azzurri del ragazzo.  Kuroko la scacciò via.

“Perché fate tutti così?”disse, cercando di risistemarsi i capelli.

“Sono morbidi, – rispose subito Aomine – E non ti lamenti mai quando è Akashi a farlo.”

Sulle guance di Kuroko si formò un leggero rossore. “È diverso, non posso discutere con Akashi-kun.” La sua voce suggeriva che si stava riferendo a qualcos’altro.

“Hei, su questo sono d’accordo con lui, Tetsu. Neanch’io credo che dovresti andare all’allenamento. Appena un giorno e mezzo fa eri ferito gravemente, non hai avuto abbastanza tempo per guarire.”

Kuroko non rispose. Lo faceva arrabbiare il fatto che il suo ex partner si stesse alleando con Akashi. Era vero, la schiena gli faceva ancora male, ma non aveva bisogno di muoversi molto per passare la palla. In fondo non era mai stato particolarmente atletico, quindi la sua squadra non si aspettava che lui corresse avanti e indietro. Non capivano che voleva aiutare il Seirin in ogni modo possibile perché sapeva di poter fare la differenza sul campo. E visto che l’amichevole col Kaijou era imminente, (Kise era già andato ad allenarsi con la sua squadra),sapeva che avevano bisogno di lui più che mai.

“…Va bene,” disse Aomine ad alta voce. Kuroko lo sentì alzarsi e rimettere a posto la sedia. “Dovresti dormire ora. Io sarò appena qui fuori.” Era più un avvertimento che un conforto. Anche lui gli baciò la testa, ma non era un bacio tenero e affettuoso come quelli di Akashi, era una bacio veloce e brusco, dato con esitazione, che si sentì appena. Kuroko fece un piccolo respiro soddisfatto e si sistemò meglio tra i cuscini.

Era ormai abituato al modo in cui i compagni gli dimostravano il loro affetto, era una cosa iniziata fin dai tempi al Teiko. Ogni volta che una ragazza gli confessava nervosamente il suo interesse – il che non succedeva spesso, dato che le ragazze di solito non lo notavano – il membro della Generazione dei Miracoli che gli era più vicino lo prendeva per le spalle e riservava uno sguardo truce alla malcapitata, che scappava via strillando. Una volta era circolata per una settimana una voce secondo cui a tutti i giocatori della Generazione dei Miracoli piacevano i ragazzi. Si potrebbe pensare che questo avesse fatto diminuire il numero delle fan, ma durante quella settimana tutti, Kise in particolare, avevano avuto gli armadietti inondati da lettere d’amore. Eppure Kuroko non ne aveva ricevuta nemmeno una.

In seguito, trovò in un cestino dodici lettere indirizzate a lui. Non ci mise molto a capire che qualcuno aveva aperto il suo armadietto e le aveva buttate via.

Il suo volto pallido si aprì in un piccolo sorriso. Per quanto potessero essere frustranti, almeno Kuroko sapeva che con loro sarebbe stato al sicuro, che sua madre ci fosse o no.
Almeno, pensava di saperlo.

---Nel salotto---

“Terremo Kuro-chin chiuso in camera tua per tutto il giorno, Aka-chin?”

“No. Lo faremo riposare solo finché non saranno finiti gli allenamenti del Seirin.” Akashi si accigliò guardando il ragazzo che mangiucchiava. “Non dovresti avere un’amichevole oggi, Atsushi? E se non sbaglio ho ordinato al tuo capitano di aumentare i tuoi allenamenti di un terzo.” Occhi severi fissarono il ragazzo colpevole.

Murasakibara scrollò le spalle. “Non ci voglio andare,”mormorò.

“Puoi ripetere?”

“Non ci voglio andare,”disse a voce più alta.

“Ci andrai.”

Murasakibara sospirò e si lamentò, come un bambino obbligato a portar fuori la spazzatura, poi fece il broncio e prese la sua borsa da basket. Lanciò ancora uno sguardo supplichevole ad Akashi, che lo stava osservando, ma si mosse verso la porta quando capì che non sarebbe servito a niente. “Aka-chin è così cattivo,” si lamentò prima di sbattere la porta.

Akashi fece un sorrisetto. Anche se in campo era molto pericoloso ed esageratamente alto, Murasakibara, con i suoi 208 centimetri, si comportava proprio come un bambino di cinque anni. Quando non giocava a basket era ‘un bambino un po’ svitato’, come aveva detto una volta Tetsuya.

“Akashi.”

Lui si voltò verso l’unica latra persona rimasta nella stanza, Shintaro.

Il tiratore era seduto sul divano e giocherellava con entrambe le mani con un peluche di Hello Kitty che Akashi gli aveva generosamente comprato, visto che era il suo oggetto fortunato di quel giorno. I suo capelli verdi, di solito ben curati, erano una giungla selvaggia, vista la notte passata in bianco.

Il giorno precedente, dopo essere riusciti a calmare il ragazzo angosciato, avevano fatto a turno per dargli da mangiare, visto che tremava ed era troppo sconvolto per farlo da solo. Kuroko aveva rifiutato il cibo due volte, e per due volte Akashi gli aveva ordinato di prenderlo e mangiarlo. Era in qualche modo riuscito a finire sia l’insalata che la zuppa, il te si era raffreddato durante la sua crisi di pianto.

Dopo erano andati tutti a dormire. Decise le sistemazioni per la notte, Aomine, Kise e Murasakibara si erano addormentati non appena avevano appoggiato la testa al cuscino. Avevano passato la notte senza problemi, in un sonno riposante. Per Midorima, Akashi e Kuroko invece la storia era stata diversa. Poiché, come Akashi, aveva un sonno  molto leggero, Midorima si era ritrovato a svegliarsi quasi ad ogni ora per le grida di Kuroko, che aveva avuto così tanti incubi da perderne il conto. Ogni volta che si era svegliato aveva trovato Kuroko aggrappato alla maglia di Akashi, con la testa appoggiata alla sua spalla. Entrambi i giocatori, a quel punto sveglissimi, avevano cercato di consolarlo.

Ora gli stessi due giocatori, entrambi con dei cerchi neri sotto agli occhi, si guardarono attraverso la stanza. Anche se pareva che non si fossero separati in modo amichevole alla fine delle medie, sapevano di essere stati testimoni di gran parte delle sofferenze di Kuroko. Ed era una cosa che nessuno dei due poteva sopportare.

“Si, Shintaro? Vuoi andare a riposare nella stanza degli ospiti? So che hai un allenamento più tardi, questa sera.”

Midorima sospirò. Ovviamente il loro ex capitano era a conoscenza degli impegni sportivi di tutti. Ma ora lui voleva discutere di qualcos’altro. “Cosa faremo, Akashi?”chiese, ignorando l’offerta invitante della stanza degli ospiti. “Dobbiamo trovare un modo per fare uscire Kuroko da quella casa. Non merita di continuare a soffrire.”

Akashi schiacciò rumorosamente la bottiglietta d’acqua che teneva in mano. Il suono fece quasi trasalire il suo ‘sottoposto’. “Ne sono consapevole, Shintaro.”

Il petto di Midorima si riempì di rabbia. “Se ne sei consapevole, perché non stai facendo niente? Perché suo padre non la denuncia alle autorità? Sta andando avanti da almeno cinque anni, abbiamo prove e testimonianze a sufficienza! Capisco perché Kurono non ne voglia parlare, ma il suo dolore non è necessario. Quindi perché-“

Un forte rumore di vetro in frantumi esplose nelle orecchie di Midorima. Trasalì mentre dei frammenti di vetro, affilati e pericolosi, si spargevano per terra. Del latte schizzò sul lucido pavimento di legno. Un piccolo pezzo di vetro cadde direttamente sul piede di Akashi, graffiandolo e facendone uscire del sangue, ma l’interessato non diede segno di essersene accorto.

A quanto pare Akashi aveva sbattuto troppo forte le mani sul tavolo, facendo cadere e rompere il bicchiere di latte che vi era sopra. Dei respiri profondi venivano dal ragazzo turbato, che avrebbe dovuto essere il migliore nel controllare la propria rabbia nella Generazione dei Miracoli. Sembrava che le parole di MIdorima lo avessero coinvolto  più di quanto era disposto ad ammettere. Qualcuno nella stanza deglutì rumorosamente, ma loro non avrebbero saputo dire chi fosse stato.

“Non hai idea di ciò di cui è capace Kuroko Ibuki, Shintaro, – disse piano Akashi – Se anche avessimo cento testimonianze del fatto che picchia Tetsuya, non importerebbe. Possiede tre delle più grandi società giapponesi. Ha delle connessioni ad un livello che supera persino il governo. Basta una sua parola per farle avere la fedina penale immacolata. Potrebbe avere dalla sua parte gli avvocati migliori, contro di noi. Se facciamo anche solo uno sbaglio, chiederà il divorzio da Kuroko Haru, l’unico motivo per cui Tetsuya è ancora qui, e la custodia di Kuroko le sarà affidata immediatamente.” I suoi occhi, rossi e gialli, ebbero un luccichio insano e un sorriso feroce apparve sulla sua faccia. “Questo ti fa capire quanta influenza lei abbia in Giappone.”

Midorima sentì di avere la pelle d’oca sulle braccia e sulla schiena. Non aveva mai incontrato la madre di Kuroko, ma si sentiva in qualche modo connesso a lei. Forse perché sapeva che era la donna che faceva del male a Kuroko, o forse perché aveva sentito parlare di lei tante volte che gli sembrava che non fosse necessario incontrarla per conoscerla. Solo Akashi, Kise ed Aomine avevano incontrato Kuroko Ibuki, ed era stato per puro caso. Da quello che gli aveva detto Kise, quella volta Akashi aveva raddoppiato gli allenamenti di Kuroko, perché non si era impegnato abbastanza negli esercizi fisici. Per questo motivo Kuroko aveva perso la nozione del tempo ed Ibuki in persona era venuta a prenderlo in palestra.

Vedendo la reazione di Kuroko alla sua presenza, Akashi l’aveva collegata alle ferite sempre maggiori che aveva visto su Kuroko ogni volta che c’era una partita o un allenamento. Eppure, sapendo quanto potere avesse quella donna, Akashi aveva lasciato andare a casa il ragazzo dai capelli azzurri, seppur con riluttanza.

Il giorno dopo Kuroko era arrivato a scuola con un braccio rotto, scusandosi seriamente per il problema e dicendo di essere caduto dalle scale. Ma tutti sapevano la verità, Midorima compreso, quando il giorno successivo ne fu informato.

“E che mi dici di tuo padre? – chiese Midorima – Non ha un grande studio legale?”

“Mio padre, – disse freddamente Akashi – Non può battere i contatti di Ibuki.”

“Allora cosa possiamo fare?”

Il rosso si allontanò dal tavolo e raddrizzò le spalle. “Ho un piano per aiutare Kuroko, ma avremo bisogno di molte persone affidabili.” Osservò la porta, “Considerata l’influenza di Ibuki non sarà facile trovarle”. Ma c’era una persona, e sapeva per certo che questa persona odiava Ibuki tanto quanto la odiava la Generazione dei Miracoli. “Shintaro, preparati per uscire, faremo una passeggiata.”

“Dove andiamo?”chiese Midorima stringendo il peluche.

Akashi non rispose; si alzò ed andò in corridoio chiamando il guardiano di Kuroko, “Daiki.”

Aomine alzò lo sguardo dal suo cellulare. Era seduto sul pavimento, di fronte alla camera di Akashi. Non aveva osato andare a controllare il salotto quando aveva sentito il vetro andare in frantumi le voci che litigavano. “Si?”

“Tetsuya si sta riposando?”

“Si, sta dormendo.”

“Bene. Fai in modo che stia lì. Se dovesse avere fame preparagli qualcosa, hai il permesso di usare la cucina. Shintaro ed io saremo presto di ritorno.”

Aomine sbadigliò, “Okay, okay.”

Akashi lo osservò, poi si girò ed uscì. Aomine aspettò il rumore della porta che si chiudeva prima di tirare un respiro di sollievo. “Ora che se ne sono andati, forse posso finalmente dormire un po’. Tanto Tetsuya non andrà da nessuna parte.”

In pochi secondi si addormentò.

----Nella stanza----

Kuroko si infilò con fatica la scarpe da basket che aveva preso in prestito. Da quando Aomine era uscito chiudendo la porta, aveva elaborato un piano. Non sapeva dove fossero la sua giacca ed i suoi pantaloni, così aveva cercato nell’armadio di Akashi una maglietta abbondante e un paio di pantaloni corti. Quando li ebbe trovati, se li mise lentamente.

Ora che aveva finito di prepararsi, con il polsino, i vestiti e le scarpe di Akashi, Kuroko avvicinò un orecchio alla porta. Sentì un leggero russare proveniente dall’altro lato. Il ragazzo dai capelli azzurri sorrise, felice di aver indovinato che il suo partner precedente avrebbe sfruttato ogni occasione possibile per dormire. Kuroko aprì la porta silenziosamente, proprio come un’ombra, oltrepassò Aomine e riuscì ad uscire dalla porta principale.

L’aria fresca lo accolse subito, era una sensazione piacevole. Scese gli scalini zoppicando usando  la ringhiera come supporto. Riuscì ad arrivare sul bordo della strada senza cadere, e chiamò un taxi, dal momento che non sapeva dove si trovava.

“Al liceo Seirin, per favore,” disse Kuroko.

L’autista annuì e partì facendo un’inversione a U.

Kuroko si sorprese quando vide che la distanza tra l’appartamento di Akashi  e la sua scuola non era poi molta. Pagò l’autista con i soldi che aveva ‘preso in prestito’ da un cassetto in cui aveva ficcato il naso (facendosi un appunto mentale per ricordarsi di restituirli al suo ex capitano). Ignorando il dolore il ragazzo avanzò zoppicando tutto intorno alla scuola fino ad arrivare in palestra. La schiena gli faceva male per lo sforzo, e mentre camminava aveva rischiato più volte di inciampare.

Il suono della palle da basket che rimbalzavano nella palestra lo fece sorridere. Probabilmente Riko-san sarà arrabbiata con me pensò Kuroko, poi aprì le doppie porte quasi troppo impazientemente, e si trascinò dentro.

Il suo aspetto era ben lontano dall’essere invisibile. Tutte le teste si voltarono, le palle smisero di rimbalzare e tutti restarono a bocca aperta. Lui stava goffamente sul bordo della palestra, spostando il peso da una gamba all’altra nell’silenzio imbarazzante. “Ehm… sono tornato.”

“Kuroko!”urlò una ragazza. Lui voltò la testa e la sua faccia si scontrò con i vestiti di qualcuno. Riko Aida abbracciò il ragazzo con tutta la sua forza. Kuroko dovette sforzarsi per non lasciarsi sfuggire un mugolio. La pressione sulla schiena gli fece quasi venire le lacrime agli occhi. “Oh, eravamo così preoccupati! Kagami-kun ti ha chiamato un mucchio di volte, ed abbiamo persino chiesto al preside se eri già tornato! Voglio dire, non riesco a credere che tu fossi davvero malato! Eri malato? Finalmente sei qui, pensavo che non saresti venuto! Abbiamo addirittura portato tua –“

“Tetsu-kun,” strascicò una voce molto dolce. Una donna alta, dai capelli azzurri avanzò nel suo campo visivo. A Kuroko si gelò il sangue nelle vene. “Vieni a salutare tua madre.”



   
 
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