Anime & Manga > Evangelion
Ricorda la storia  |      
Autore: CaskaLangley    06/09/2004    5 recensioni
'si era fatto incastrare dal più vecchio dei ricatti: l’aspettativa'
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Ryoji Kaji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Standing in the way

You're not ready for the world outside
You keep pretending but you just can't hide

 

L’uomo buttò giù un full d’assi con un unico movimento e alzò poi i suoi occhi attenti e svegli sulla ragazzina: sapeva che non sopportava il suono di tutte quelle carte premute con forza contro al tavolo, o almeno quando le carte non erano le sue.

Lei, però, non aveva capito niente e guardava il proprio mazzo pensando alla prossima mossa. Rimase senza parole quando, pronta a scartare un tris di nove, si rese conto che la partita era stata chiusa.

“Sembra che tu abbia perso un’altra volta, Asuka.”

“Accidenti!” sbottò lei, gettando in malo modo le sue carte e sbuffando fragorosamente “Signor Kaji, non é che lei mi frega? Sta per caso barando?”

“Se stessi barando te lo direi?”

“Non capisco, io gioco benissimo, non è colpa mia se sono sfortunata…!”

“Non é una questione di sfortuna, Asuka, ma di prevedere.”

“Mi sta dicendo che lei é un veggente?”

“Ahah, no, non esattamente. Ma non faccio mai nulla senza pensare a cosa potrebbe accadere subito dopo. Vaglio sempre qualunque possibilità e scelgo sempre l’opzione che comporta meno rischio.”

“Che bello, signor Kaji!” esultò Asuka, in amore “Lei é così riflessivo e intelligente...! Non lo accetterei da nessun’altro, ma se é lei a battermi sono felicissima!”

Kaji si grattò la testa e tirò un sorriso sgembo. Conosceva Asuka da abbastanza tempo da essersi ormai abituato a quel tipo di uscite, ma nonostante sapesse che lei era poco più di una bambina, ogni volta lo imbarazzava sentirsi oggetto di tanta adorazione.

“Ma no, é una cosa che s’impara crescendo, credo.”

“Lei é così adulto, infatti!” insistette la rossa.

Kaji sospirò: “Non sono così adulto come credi, Asuka. Sono solo predisposto per un certo tipo di cose, mentre ne devo imparare ancora molte altre, ed altre ancora forse non le imparerò mai. La vita é così. Devi giocartela con quello che hai in mano.”

“Come per la scala?”

“Esattamente come per la scala.”

“Non lo so, signor Kaji, certamente ha ragione lei, ma io credo comunque che lei sia perfetto così com’é.”

Adesso non era forzatamente allegra, non c’era leziosità nella sua voce. Era tranquilla. Sincera.

Erano quelle le occasioni in cui maggiormente si sentiva in imbarazzo.

Quando per un istante, ed uno solo, s’affacciava alla sua mente l’idea che quella ragazzina facesse sul serio.

L’ipotesi, perché nasconderlo, lo spaventava.

La portata della sua ammirazione per lui, lo spaventava.

Lo spaventava perché più Asuka diceva di adorarlo, più lui sentiva sulle spalle il peso della sua fiducia, ed era terribile.

Asuka si fidava di lui. Solo di lui.

Se ne rendeva conto e questo rendeva ogni cosa più difficile; Kaji era sempre stato abituato a pensare per se stesso, a provvedere unicamente del proprio benessere. Non era mai stato capace di compiere una scelta per il bene di qualcun’altro, neppure quando sarebbe stata la cosa giusta da fare, neppure quando sarebbe servito a preservare l’amore di chi amava. E così aveva sempre perso tutti, uno dopo l’altro.

Tante persone che conquistava, altrettante persone che lasciava indietro, preso dal desiderio di camminare veloce, sempre più veloce, di arrivare dove doveva arrivare prima che fosse troppo tardi, e qualunque tempo sarebbe stato troppo tardi.

Non si riteneva una cattiva persona, ma nei rapporti umani era così, sconsiderato, avventato, predisposto a fare il pappagallo indagatore ma poco incline a mettersi in gioco seriamente. Ogni cosa dicesse e facesse assumeva involontariamente i connotato d’uno scherzo, cosicché non sembrasse mai prendere nulla sul serio.

Sicuramente, Ryoji Kaji era una creatura egoista.

Aveva tanto come pro che quanto contro un’incredibile entusiasmo, quel modo di correre incontro a quello che si desidera senza guardarsi attorno, travolgendo cose e persone col poco riguardo di un ragazzino.

Sicuramente, Ryoji Kaji era una creatura infantile.

E quando le persone troppo si legavano a lui, quando lui sentiva che troppo si stava legando alle persone, tendeva a sciogliere i nodi.

Si conosceva. Conosceva i suoi limiti e sapeva.

Sapeva che sarebbe sempre stato fonte di dolore per chi condividesse la sua vita.

In quel modo aveva perso Misato e Ritsuko, perché le amava, ma amava troppo se stesso per amarle come avrebbe dovuto fare.

Sicuramente, Ryoji Kaji era una creatura inaffidabile.

Ma quando quegli occhi blu dal taglio così sfacciatamente occidentale lo fissavano colmi di fiducia, qualcosa gli impediva di scappare.

Asuka Soryu Langley era solo una ragazzina. Ma l’ascendente che aveva su di lui lo sorprendeva.

Sapere che Asuka si aspettava qualcosa da lui lo faceva sentire in dovere di corrispondere a quelle aspettative. Con la fiducia lei lo legava a se più di qualunque altra donna avesse fatto col sesso.

Avrebbe dovuto essere lui a tenerla sotto controllo, e invece chissà da quanto era lei a controllare lui.

Ryoji Kaji pensava di essere una creatura furba, invece si era fatto incastrare dal più vecchio dei ricatti: l’aspettativa

 

I know I said that I'd be standing by your side
But I...

 

Asuka cresceva bella ed esasperante in egual misura.

Agli occhi della gente non era altro che una mocciosa viziata, convinta che il mondo le ruotasse attorno; ogni volta che sentiva qualcuno parlare di lei in quei termini Ryoji doveva frenare l’impulso di parlare della sua fame di attenzione, dei suoi bisogni così soppressi ma così urlati, della sua fragilità e della sua immensa forza.

Quella che per gli altri era una monocromatica macchietta fastidiosa, per lui era un iride di colori.

Questo non significa non vedesse Asuka per quella che era: squilibrata, facile all’ira, orgogliosa fino all’ottusità, rumorosa e autoritaria, piena di rabbia.

Ma proprio perché lui la conosceva così bene non tollerava venisse odiata e spesso si trovava ad intonarla di questi ritornelli: “Se non impari ad essere un po’ più disponibile e tranquilla, Asuka, finirai per ritrovarti sempre sola.”

“Sola?” aveva chiesto lei, sbattendo i gradi occhi “E tu, signor Kaji? Stai dicendo che intendi andartene anche tu?”

Non poteva rispondere ad una simile domanda, non in modo troppo sincero, troppo insincero, troppo articolato.

Non poteva dirle che un giorno lui avrebbe anche potuto non esserci più, perché l’avrebbe ferita, le avrebbe fatto sentire d’aver riposto male la fiducia faticosamente tirata fuori, un’altra volta.

L’avrebbe distrutta. Un’altra volta.

Ma non poteva neppure dirle di si perché non voleva illuderla, non voleva farle credere che si sarebbe sempre occupato di tutto lui, che la briga di crescere ed imparare ad adattarsi le sarebbe stata risparmiata.

Proprio perché l’amava non sapeva se ai suoi dodici anni fosse giunto il momento di cominciare ad allontanarla o stringerla più forte.

“No, Asuka. Per adesso io non me ne andrò, e spero di non doverlo fare mai.”

La ragazzina sorrise. Fuori casa non sorrideva mai.

Aveva sempre lo sguardo duro, durissimo, era scura, saccente ed arrogante e fissava le persone negli occhi con disprezzo.

Asuka sorrideva solo a lui.

“Allora finché ci sarà lei, signor Kaji, io non ho assolutamente bisogno che tutte le altre persone del mondo non mi trovino antipatica.”

Ryoji dovette accettare, a quel punto, quello che da tempo era ormai chiaro: era sua la colpa se Asuka credeva di andare avanti, ma invece restava sempre ferma.

 

 

Your path's unbeaten and it's all uphill
And you can meet it but you never will
And I'm the reason that you're standing still
But I...

 

Lentamente, delimitò il confine fra loro.

Impossibile dire quanto difficile fu cominciare.

Non sapeva se fosse dovuto alla vicinanza o semplicemente alla natura, ma lui ed Asuka erano affini.

Non simili, quella cosa che teoricamente dovrebbe unire ma invece divide sempre, no, erano semplicemente affini.

Dove finiva uno cominciava l’altro, su un’unica linea.

Una linea che era il momento d’interrompere

Si era convinto di doverlo fare per lei, ma non era completamente vero, doveva farlo soprattutto per lui.

Prendersi cura di qualcuno, esserne il modello e portarsi così sulle spalle il peso di gran parte della sua crescita, pensare a quel qualcuno senza trascurare te stesso perché questo deluderebbe quel qualcuno, ecco, soprattutto, deluderlo, convivere ogni giorno con la paura di deluderlo era troppo, un peso troppo grande per lui.

Aveva ragione Misato: era immaturo.

Lo era di carattere e lo sarebbe sempre stato.

Non sarebbe cambiato solo perché per lavoro doveva sorvegliare una ragazzina problematica.

Non sarebbe cambiato solo perché le voleva bene.

Allontanarla era un modo per staccarsela di dosso, per riappropriarsi della propria libertà, del diritto di badare solo ed esclusivamente a se stesso.

Dopotutto, Ryoji Kaji era fatto così.

Poi, quel giorno, andò a prendere Asuka a scuola.

Di solito s’incontravano infondo alla strada, all’angolo, ma in quell’occasione andò prima e si fermò davanti al campus.

Ragazzi e ragazze molto più grandi di Asuka parlavano fra loro muovendosi in gruppi e coprendo la distesa d’erba come macchie.

Lei uscì dopo un po’.

In linea teorica non avrebbe dovuto essere sola, aveva qualche compagno di massimo un paio d’anni in più nel corso avanzato che frequentava, tuttavia era comunque…beh, sola.

Non parlava con nessuno e col passo svelto e fiero che la contraddistingueva avanzava fra la gente, urtando qualcuno e non chiedendo mai scusa. Non aveva nessuno da salutare. Nessuno che la salutasse. Ryoji ingranò la retro e, prima che lei lo vedesse, si appostò all’angolo per attenderla.

Asuka si precipitò in macchina attaccando a raccontare quanto bene fosse andata la lezione, quanto gli insegnanti gli avessero detto che era brava e quanto tutto fosse perfetto.

Vedendola così improvvisamente allegra al suo fianco, Ryoji provò un enorme senso di tristezza.

Forse era proprio vero che non lo faceva per lei.

 

I wish I could say the right words to lead you through this land
Wish I could play the father and take you by the hand
Wish I could stay
But now I understand
I'm standing in the way

I wish I could lay your arms down and let you rest at last
Wish I could slay your demons but now that time is past
Wish I could stay here
Your stalwart standing fast
But I'm standing in the way
I'm just standing in the way

 

Due anni dopo erano ancora in salotto, la notte, con fuori il temporale.

Solo due sere dopo sarebbero partiti per il Giappone, ma Asuka non sembrava impaziente come avrebbe dovuto essere, al contrario, si lagnava di continuo per vaghezze, era più irritabile del solito ma, soprattutto, metteva ancora più bronci, quelli che faceva quando voleva costringerlo a fare qualcosa.

In quell’anno era riuscito, gli sembrava, a marcare maggiormente quel confine tra di loro, ma ogni tanto aveva l’impressione di aver strappato le radici solo su di un lato.

Asuka, però, sembrava entrata nell’ottica che lui non era suo padre, non era eterno e non era l’uomo più bello e perfetto del mondo; la sua adorazione sconfinata sembrava aver assunto le dimensioni di una più banale cotta adolescenziale.

Questo lo sollevava, ma un po’ lo amareggiava, anche se è stupido a dirsi.

Mentre stavano giocando, Asuka si sporse a cambiare canale al televisore, ed involontariamente gli mostrò le sue carte.

Ryoji guardò le proprie e vide che sarebbe bastato scartare un due di fiori per farle chiudere la partita.

Pensò che doveva essere quella la sensazione degli uccelli che buttano giù i piccoli dal nido.

Con un gesto rapido, per non cambiare idea, buttò la carta che subito Asuka raccolse e scartò insieme alle due in suo possesso

“Lo sapevo che sarei riuscita a batterti, prima o poi, signor Kaji!!”

L’uomo sorrise “Stai diventando grande, Asuka. Tra un po’ non avrai più bisogno di me.”

“Ma che dice, io avrò sempre bisogno di lei...!”

In cuor suo, la guardava Asuka con una punta di fierezza.

E’ solo una ragazzina, si disse, eppure è riuscita a stupirti.

“Ti va una fetta di torta?”

“Volentieri..”

Kaji si alzò ed andò in cucina.

Certa di essere rimasta sola, Asuka tirò fuori il sette di quadri che aveva nascosto sotto al cuscino.

Sicuramente, Asuka Soryu Langley era una creatura capricciosa.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Evangelion / Vai alla pagina dell'autore: CaskaLangley