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Autore: Water_wolf    09/05/2013    3 recensioni
Avete presente quelle storie che parlano di angeli? E quelle sui quattro elementi? Ecco, prendetele e buttatele nel cestino perché questa fanfiction non ha nulla a che vedere con la normalità. Perciò, ecco gli ingredienti per questa storia:
-Un angelo rincorso in metro
-Una quindicenne sempre in ritardo
-Una Milano piovosa
-Una sana dose di divertimento
-Tre cucchiai di buona musica
-Cavolate q.b
-Magia in abbondanza
-Quattro Elementi strampalati
-Una missione da compiere
-Un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!)
[Cap. 6 “Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue. ]
[Cap. 10 Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola. ]
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiara credette di impazzire non appena uscì dalla Sala delle Udienze. Già dimenticare il bacio di Jonas era un’impresa ardua, se poi la mattina dopo avrebbe dovuto affrontare un ex membro della corte suprema ammattito, faticava a trovare un modo per non cedere all’ansia. Persino Dimitri, che sembrava aver preso più alla leggera quel compito, rifletteva su quanto gli aveva detto la Winter.
La quindicenne non poté nemmeno sfogarsi con Emilia, perché la bionda era scomparsa non appena si era accertata che il “domani combatterete contro Zeigen” non fosse uno scherzo per valutare il suo quoziente intellettivo.
Si rifiutava palesemente di parlare con Jonas, l’unico che, in qualche modo sconosciuto, la capiva almeno in parte.
Così, guadagnando maledizioni dai maggiordomi che incontrò, e facendo infuriare due donne delle pulizie sporcando le piastrelle appena pulite, urtando contro un orso impagliato, due zebre imbalsamate, il busto di un condottiero baffuto e una pianta esotica, raggiunse l’estremo apice della residenza Winter.
Mentì riguardo ad un ‘certo permesso concesso dal Presidente’ che le permetteva di recarsi proprio sotto la statua equestre, e si rannicchiò per disegnare tra le sbarre di una recinzione protettiva. Si domandò come mai quelle precauzioni, visto che le persone che salivano lì si potevano contare sulle dita di una mano.
Scrollò le spalle, tirò fuori il minimo indispensabile per una bozza, e valutò quanto i garretti del cavallo dovessero occupare il suo foglio. Man mano che riportava su carta i dettagli della statua, i muscoli si distesero, i pensieri smisero di accalcarsi nella sua mente, e lei poté pensare chiaramente.
Se disegnassi anche mentre combatto, allora sì che filerebbe tutto liscio.
La ragione le fornì subito un’accozzaglia di motivi per cui fare ciò fosse impossibile, e odiò la mentalità razionale che le imponevano gli schemi e le regole in cui aveva vissuto metà della sua giornata per due anni.
Quando ormai la sua matita era spuntata, le ali della dea solo da rifinire, i polpastrelli sporchi di grafite, e il cielo più tendente all’arancio, si era già dimenticata dello scorrere del tempo e che di lì a poco sarebbe stata ora di prepararsi qualcosa da mangiare per cena.
Qualcuno le si sedette accanto, facendola spaventare a morte. Chiara sobbalzò e, notando l’espressione divertita l’angelo, le venne voglia di schiaffeggiarlo.
<< Ti odio. >> borbottò, tornando al suo disegno.
Jonas sorrise tra sé, stare a quell’altezza con Chiara era un sublime piacere.
E così che si dimentica, eh intelligentone? lo schernì la sua coscienza.
“Sta’ zitta, tu che rovini sempre tutto”.
Sospirò, volgendo lo sguardo verso Fhried, l’antica dea della libertà e vittoria.
<< L’ha chiesto anche a te, non è così? >> domandò Chiara, a bruciapelo.
I due si voltarono all’unisono.
<< Sì. >> Rimasero in silenzio cercando di capire che cosa stava pensando l’altro.
<< Non voglio. >> ammise Jonas, quasi Fhried gli avesse dato il coraggio di rivelare i propri pensieri, libero dalle catene della Presidentessa Winter.
Chiara lo fissò con decisione.
<< Nemmeno io. >> bisbigliò, ma la distanza tra i due non era così tanta come sperava e Jonas la udì.
<< E’ finita. Con Shai, intendo. >> dichiarò l’angelo, e nel dirlo eliminò il peso che aveva sullo stomaco da quando le si era seduto accanto.
<< Mi dispiace. >> mentì la quindicenne, abbassando lo sguardo, come faceva ogni volta che nascondeva i propri pensieri palesemente.
Jonas sorrise, sporgendosi verso di lei. La quindicenne spostò il blocco da disegno, mentre il gusto del proibito e dell’infrazione delle regole le faceva battere il cuore a mille. << Sai perché? >> domandò l’angelo.
Ormai le loro labbra si sfioravano.
La Custode dell’Acqua arrossì << Credo proprio di sì. >>
Non dovresti farlo, consigliò la coscienza a Jonas.
“E tu dovresti stare a cuccia, eppure parli sempre” la apostrofò.
Relegò il buon senso in un meandro della sua mente, e baciò Chiara delicatamente, come se avesse paura di romperla.
La quindicenne, dal canto suo, si era dimenticata del rancore e aveva lasciato spazio al desiderio impellente di fare suo Jonas.
E quando i due schiusero le labbra, Fhried, dall’alto del suo cavallo, parve sorridere compiaciuta.

§


Dimitri era in cerca di qualcuno da far infuriare per rilassarsi; le nuove notizie non gli erano piaciute affatto. Intrecciò le mani dietro la testa e girovagò senza meta per la Residenza.
Non credeva che essere un Custode offrisse tanti vantaggi, come scroccare muffin da tavoli imbanditi senza essere rimproverati, rovesciare a terra barattoli in vetro pieni di caviale in una cucina senza essere presi a mestolate dallo chef, sostituire uno spolverino rosa con una pianta, e tanti altri piccoli sfizi che avrebbero fatto impazzire maggiordomi e donne addette alla pulizia.
Trovò sale da tè in stile ottocentesco, piccole cucine deserte e persino una camera con un lampadario in diamanti, da cui rubò una gemma, non resistendo alla tentazione di tutto quel luccichio.
Finì nei piani inferiori, dove alcuni angeli stavano facendo ginnastica, e fu attirato dal rumore proveniente da una delle palestre lì costruite. Aprì con cautela la porta, di un grigio metallico, e spiò l’interno.
Emilia stava prendendo a pugni un sacco da boxe, senza curarsi dei capelli che sfuggivano all’elastico terminando in tanti raggi biondi e del viso imperlato di sudore. Il ladro sorrise, appoggiandosi al muro, contando i secondi che avrebbe impiegato la bionda ad accorgersi della sua presenza.
Uno, due, tre. Nemmeno si era resa conto che la porta era aperta.
Dieci, undici, dodici. Picchiava quel sacco senza sospettare degli occhi che la osservavano.
Trentatré, trentaquattro trentacinque. Si era appena girata, forse iniziava a sospettare qualcosa.
Quaranta, quarantuno, quarantadue. Scosse la testa e mollò un calcio contro il sacco.
Cinquantotto, cinquantanove, sessanta. << Ti avrei già potuta uccidere in questo minuto, lo sai, ragazza calorifero? >> le chiese.
La Custode del Fuoco cacciò un grido. << Ma sei cretino?! >> lo aggredì.
Dimitri fissò intensamente la compagna: aveva trovato il suo qualcuno.
<< Toh, non ti sei nemmeno accorta che ti ho chiamata col tuo soprannome, madamoiselle. >> commentò, pacato.
La bionda si tolse i guantoni da pugilato e si avvicinò a lui. << Già, perché la gente normale quando si spaventa comprende tutto alla perfezione. E le persone ancora più normali si divertono a sbucare dal nulla. >> ribatté, sarcastica.
Dimitri fece gli occhi dolci. << Oh, ti vuoi vendicare, ragazza calorifero? >> domandò, con voce innocente.
Emilia sentì il sangue ribollirle nelle vene.
<< Ti do dieci secondi di vantaggio. Poi ti troverò e sarò autorizzata a fare tutto quello che mi pare con te. Ti conviene scappare. >> sentenziò la bionda, scrocchiandosi le dita.
<< Uh, tremo! >> la schernì il ladro, ma quando avvertì un calore intenso vicino alla sua pancia decise di seguire il consiglio di Emy.
Quest’ultima, neanche arrivata al sei, scattò verso Dimitri.
Lui si girò indietro, osservando quanti metri lo separavano dalla morte certa. Fece la strada a ritroso, correndo come un pazzo, mentre la bionda macinava metri su metri.
Dedalo dopo dedalo, stanza dopo stanza, corridoio dopo corridoio, il Custode dello Spazio si ritrovò davanti alla Sala delle Udienze.
Si fermò un istante a riprendere fiato, ed Emilia azzerò la distanza tra loro.
<< Sei morto. >> gli sussurrò all’orecchio, gelida.
Dimitri rabbrividì, scattando in avanti. La porta si spalancò davanti ai suoi occhi, mentre il Presidente usciva dalla sala. Emilia imprecò, finendo addosso al ladro, che aveva schivato sul filo del rasoio un giurato.
<< Ma… voi due… ? >> Elisabeth non riuscì a finire la frase che Dimitri scomparì insieme ad Emilia.
L’aria gli colpì il volto, e pensò di essersi teletrasportato sulla cupola. Poi aprì gli occhi, e si rese conto di stare precipitando.
<< Sei un emerito cretino! >> gridò la ragazza, abbracciata a Dimitri.
<< Scrollati! >> ordinò, ma si rese conto che si fosse sottratta all’abbraccio del ladro non avrebbe potuto tele trasportarsi di nuovo.
<< Perché tutte le bionde devono essere così stupide? >> inveì contro il cielo.
<< E io sarei stupida!? Ma se sei tu quello che scappa dalla Winter comparendo nel bel mezzo delle nuvole! >> urlò Emilia.
Si misero a battibeccare per aria, mentre il suolo si faceva sempre più vicino.
<< Fa’ qualcosa! Non voglio morire spiaccicata, razza d’idiota! >> sbraitò.
<< Le paroline magiche? >> chiese il ladro.
<< Le paroline magiche te le ficco tu sai dove se non ti sbrighi! >> gridò la bionda, mollandogli uno schiaffo.
Dimitri roteò gli occhi e, a pochi metri da terra, mosse rapidamente una mano, trasportandosi nel giardino della Residenza. Emilia tirò un sorriso di sollievo, amando l’erba come non mai.
<< Eh-ehm, ora puoi anche smetterla di attaccarti a me come un cucciolo di koala sperduto, ragazza calorifero. >> disse il ladro.
<< A meno che non ti piaccia… >> aggiunse, malizioso.
Emilia si staccò immediatamente da lui, scattando in piedi.
<< Ma tu sei tutto scemo! >> sbottò.
Si ricordò solo allora della sfida che gli aveva lanciato. Sorrise, maligna. Oh si se te la farò pagare, ladro dei miei stivali.
<< Stare con te mi piace come un calcio nello stomaco. >> dichiarò e, per dimostrare la verità della sua parola, colpì Dimitri a tradimento. Il ladro, colto di sorpresa, si accasciò ancora più a terra.
Emilia girò i tacchi, tornando ancheggiando verso la Residenza. E, mentre lo stomaco del Custode protestava, lui non poté fare a meno di pensare che fosse il rubino che non aveva mai avuto occasione di rubare. O non ancora.

§


BAM. Il colpo di pistola risuonò lugubre per il corridoio. Chiara avrebbe voluto gridare, ma non aveva più il controllo sulla sua voce. Gli occhi si dilatarono per la paura, e gli ultimi avvenimenti di quella mattinata le sfrecciarono davanti.

Si erano svegliati tutti alle cinque o, per meglio dire, avevano ricevuto l’ordine di alzarsi alle cinque, ma loro erano già svegli o, forse, non avevano mai dormito.
Il profumo invitante della cannella e del cacao avrebbero dovuto sortire l’effetto che provoca una bistecca alla griglia per un alano affamato, ma fu tutto il contrario: lo stomaco di tutti e sei i Custodi era chiuso per la tensione.
Elisabeth Winter, ammantata in un tubino panna, li scrutava dall’alto dei suoi tacco dieci mentre le cameriere porgevano loro gli abiti adatti a una missione di quel calibro. Pantaloni aderenti e una felpa con cappuccio blu notte per le ragazze, e un completo morbido per gli altri tre.
Il colore si avvicinava molto al nero, ma se avessero indossato anche solo un capo di quel colore, il gesto sarebbe stato considerato pari ad un’eresia.
<< Le maglie sono intrecciate con fili di metallo, così da creare un tessuto simile ad un giubbotto anti proiettile. Certo, non potrete giocare al bersaglio umano. >> aveva spiegato il Presidente.
Li avevano scortati in un suv bianco per tutta la parte nord della città, scaricandoli poi innanzi al Muro. Chiara osservò l’automobile allontanarsi velocemente, con il conducente che premeva il pedale a tavoletta, intimorito dall’altezza spaventosa della cinta.
Era sicura che la Winter li avesse tenuto d’occhio ogni secondo, che avesse notato le occhiate in cagnesco che le lanciava Shai, Andrea che cercava di calmarla, Emilia che torturava la mano di Chiara per la tensione, la quindicenne che cercava conforto nello sguardo di Jonas, e l’angelo che sperava di trovare lo stesso nella calma apparente di Dimitri.
Scosse la testa e rivolse lo sguardo verso il Muro.
C’era qualcosa di inquietante e paurosamente familiare in quei chilometro di calce e filo spinato. Qualcosa che aveva diviso due zone della Terra e non era stata ricordata per la sua bellezza o utilità.
Il ladro fissò la violinista, poi i due fratelli mossero il primo passo verso il sud. Camminavano ostentando una sicurezza che non possedevano, ma confidavano nelle loro abilità di attori per infondere coraggio negli animi degli altri.
Oltrepassare il filo spinato fu la parte più facile: Andrea creò un momentaneo tunnel sotterraneo che li portò a stretto contatto con il cemento delle mura. Non riuscì a continuare così, però, perché esse si estendevano anche sotto i primi strati del terreno, bloccando la strada.
Toccò a Jonas e Shai traghettare gli altri al di là del Muro, pregando che le loro ali candide non spiccassero come pensavano tra tutto quel nero. La puzza di stantio prese alla gola i sei Custodi, era come se lì regnasse una cappa di tanfo.
I grattacieli, un tempo splendidi come quelli del nord, erano in completa decadenza, e le grandi vetrate infrante a terra. L’asfalto era di un nero così profondo che sembrava finto, e i piccoli germogli che erano sfuggiti alla morte portavano i segni di una dura lotta.
Sette torri si innalzavano, disposte a triangolo, sulla città: là risiedevano gli angeli neri, le loro famiglie, i bambini, fabbriche intere e tutto ciò che serviva per sopravvivere. Che la città all’esterno decadesse non importava. Chiara avvertì prepotente il desiderio di prendere a calci in faccia Zeigen e costringerlo a suon di percosse a riportare la normalità.
Ma sapeva che era solo una fantasia, che per la vittoria le sarebbe toccato sputare sangue.
Scivolarono tra le vie, sotto lo sguardo dei palazzi, diretti all’apice del triangolo, lì dove si era installato Zeigen. I due fratelli d’anima in testa, l’angelo e le due amiche al centro e Andrea a chiudere la coda. Si imbatterono in alcune Sentinelle Nere, che a quell’ora si davano il cambio, ma riuscirono a evitarle con facilità.
La sorveglianza aumentò più si avvicinavano al torrione centrale, e dovettero man mano prestare attenzione al minimo fruscio.
Chiara sentiva la sua parte animale acuire i sensi, captando con vibrisse e tartufo i possibili pericoli. Poi, all’improvviso, le Sentinelle Nere scomparirono nella cerchia di venti metri attorno al pilone dove erano diretti.
Jonas bisbigliò qualcosa riguardo all’ “ostentazione di potere eccessiva” che portava all’accoglienza a braccia aperte del nemico, per dimostrargli che avrebbero potuto stroncare i sabotaggi anche dall’interno.
Giunti esattamente sotto la torre, decisero di volare fino all’apice di essa. Se la loro teoria era corretta, sarebbero giunti in grembo a Zeigen, probabilmente sistemato in una delle stanze ai piani più alti.
Certo, era meglio che bussare al portone principale e presentarsi come coloro che avevano intenzione di ristabilire l’ordine naturale delle cose eliminando il loro amato Zeigen.
Dimitri, con grande abilità, creò un disturbo dello spazio attorno a loro, cosicché nessuno notasse altro se non il cielo.
Chiara strinse forte la mano di Jonas, che assaporava le correnti ascensionali come se fossero le ultime. Il loro secondo bacio, anche un perdono per lei, era stata la chiave per scoprire quanto tenesse davvero a quell’angelo.
Non certo uno di quelli vestiti con pannolini armati di arco e freccie, ma uno spuntato nel bel mezzo della metropolitana, inseguito da una Sentinella Nera con una pistola carica. Si riscosse solo quando posò i piedi su un balcone. Aprirono dall’esterno la porta-finestra ed entrarono in una camera da letto. Schiusero piano quella che dava verso l’interno e, accertatesi che non ci fosse nessuno, uscirono.
Si ritrovarono tra porte blindate, numeri che le ordinavano in ordine crescente, e corridoi chilometrici. Ne imboccarono uno che pensavano portasse ancora più su. Chiara si chiese se gli addetti alla sicurezza potessero sentire il battito frenetico del suo cuore, ormai un destriero imbizzarrito.
Presero le scale e salirono, provocando meno rumore possibile. Ma non era del suono che dovevano avere paura, bensì del loro stesso calore.
Una telecamera a rivelatore termico si girò meccanicamente verso di loro.
Li inquadrò, battendo le ciglia di sottile alluminio, per poi comunicare l’intrusione di sei elementi sospetti nella zona privata delle alte cariche. Seguirono controlli alla velocità della luce e, visto che i visi dei Custodi non rientravano nei registri, scattò l’allarme.
La sirena ruppe loro i timpani, e paralizzò le gambe.
<< Merda. >> imprecò Jonas.
Il trotto di numerosi piedi risalì la tromba delle scale.
<< Scappiamo, forza! >> gridò Andrea, in fondo alla fila.
Chiara non se lo fece ripetere due volte, scattò in avanti, superando Jonas. Il cuore aveva fatto una capriola, e ora nella sua mente regnava il caos. Solo una cosa era certa: se si fosse fermata sarebbe morta; e lei non voleva morire.
Spalancò una porta anti-incendio, e fu lì lì per precipitare nel vuoto. Shai l’afferrò per il cappuccio, sbattendola dentro.
La quindicenne si rialzò, aiutata da Emilia.
Le scale finirono, e un nuovo corridoio iniziò. Corsero a rotta di collo dritto davanti a loro, ma a sbarrare la strada trovarono tre Sentinelle.
Jonas le atterò con una falce gelida e, quando provarono a tirarsi su, la bionda lanciò una fiammata incandescente alle gambe, ustionandole. Le scavalcarono, la mente lontana dalle loro grida di dolore.
Andrea inciampò, rimanendo indietro. Fecero tutti inversione, e Dimitri effettuò un salvataggio d’emergenza, proteggendo con una barriera il Custode della Terra.
Shai diede loro il tempo per allontanarsi, bloccando momentaneamente gli inseguitori.
Persero il senso dell’orientamento, ma ormai non aveva più importanza quanti dedali avevano percorso, contava solo correre e correre e non morire.
Gli angeli neri si gettarono all’inseguimento degli intrusi, armati di revolever, semiautomatiche e fucili a pompa, come una squadra della polizia.
Ad arrestare la loro corsa fu un corridoio terminante con una vetrata a strapiombo, al sessantesimo piano.
Furono accerchiati dalle Sentinelle.
<< Arrendetevi! >> intimò una voce.
I sei si scambiarono un’occhiata complice. Scagliarono all’unisono un attacco, cogliendo di sorpresa i nemici.
Acqua e Aria compivano una danza mortale: lei inzuppava, lui congelava il fluido.
Fuoco e Terra trovarono un punto d’intesa, tra scudi di radici e palle infuocate, si proteggevano a vicenda.
I due fratelli erano una macchina di sterminio, l’una accorciava la vita delle guardie con un drastico taglio, l’altro scomponeva e ricomponeva a piacere braccia, gambe e teste.
Ma gli angeli neri spuntavano come funghi dopo un temporale e, benché mettessero l’anima per salvarsi la pelle, i Custodi erano in netto svantaggio numerico.
Fu allora che accadde.
Uno scudo troppo piccolo, l’abilità di un tiratore, e uno sparo mirato a morte.
Il proiettile fece fischiare le orecchie di Chiara mentre le sfiorava il cranio, diretto verso Emilia.
Vide la sua migliore amica cadere a terra, colpita al centro del ventre da una cartuccia di fucile a pompa.

L’odore del sangue le fece girare la testa, e un grido, prima strozzato, ora perforante, le usciva dalla bocca.
Falcidiò due Sentinelle con una scure d’acqua, mentre accorreva verso Emilia.
Aveva preso a piangere per il dolore, e le lacrime le rigavano il volto, senza azzardarsi a smettere. La quindicenne applicò le uniche conoscenze che aveva sulla medicina; premette le mani sopra la ferita, cercando d’arrestare l’emorragia.
Jonas imprecò.
Lance d’aria colpiva a destra e a manca, e scudi azzardati proteggevano precariamente le due ragazze.
<< Va tutto bene. Va tutto bene. >> mormorava Chiara, più per convincere se stessa che l’amica.
Lanciò un’occhiata alle sua mani, sporche fino all’osso di sangue, e per un attimo il rosso vermiglio le annebbiò la mente. Un proiettile stracciò la felpa di Shai, e la pelle avvertì il caldo bruciante della polvere da sparo sulla spalla. Dimitri, in risposta all’affronto, eliminò una schiera di cinque angeli neri.
<< Sst. Sta’ calma, ce la caveremo. >> sussurrò Chiara.
Il destino, la sorte avversa, o solo sfortuna smentì all’istante quell’affermazione.
Con il calcio del fucile, una Sentinella Nera colpì sullo zigomo Jonas, costringendolo a terra.
L’angelo sentì le ossa scricchiolare, la testa farsi immediatamente troppo pesante, e non poté che lasciarsi cadere.
La quindicenne sgranò gli occhi, e le sua lacrime bagnarono il viso di Jonas. Le Sentinelle lo afferrarono per le spalle, prendendolo con loro.
Chiara gridò, ma non poté fare niente per fermarli.
<< Dimitri… ti prego… >> implorò Emilia, mentre un rivolo rosso colava dall’angolo della bocca.
Il ladro si voltò, osservando la situazione.
Non ce l’avrebbero mai fatta. Salva il salvabile, gli avevano sempre ripetuto.
E allora decise. Che sarebbero tornati, ma non avrebbero sacrificato una vita per puro egoismo.
<< Hanno Jonas! Non ti azzardare a farlo! >> urlò Shai, scagliandosi contro un nemico, creando un globo più scuro di una tempesta.
Non riuscì a colpirla, perché la sfera si abbatté contro la parete della Sala delle Udienze.


***

ANGOLO DELL'AUTRICE SEMPRE PIU' SADICA
Ed eccomi qua, spero di avervi stupito almeno un pochino con questo capitolo!
Ma iniziamo dall inizio *gioco di parole penoso* spero che l'immagine del banner non rimanga solo in bianco e nero, visto che ha già scherzato con me togliendo l'immagine di sfondo. Se lo fa, amen, mi procurerò un martello per scassare il mio pc *angelica*
Cooomunque, la prima parte è un po' scherzosa, ho voluto inserise tante stanze inutili che davano l'idea della dimensione della Residenza e quante cavolate ci siano dentro.
Io, una zebra impagliata, se fossi Presidente, non la vorrei xD
Jonas/Chiara si baciano e lei perdona la stupidità dell'angelo che, però, mantiene la sua sfiga assurda.
Emilia/Dimitri *quanto mi diverto con loro X"D* incominciano a interagire, in modo strambo, ma non ancora al culmine della demenza e pazzia.
E ora la parte clou: io li ho fatti perdere sì, perché dovevano farlo, altrimenti le loro doti naturali si andavano a benedire. Emilia si becca una cartuccia di fucile a pompa nello stomaco, non morirà *non sono così cattiva* , anche se il proiettile ha un bel calibro.
Lo sapevate che una Smith&Weston,  un calibro 50, può stendere un elefante?
Sì, ecco la comodità d'avere un maniaco delle armi come fratello: farsi consigliare l'arma giusta al momento giusto ahahah
Jonas è nelle grinfie di Zeigen, quindi non si prospetta un futuro felice, altro che crépes e nutella! mmm nuuutella
Dimitri salva le chiappe a tutti ... be' non proprio a tutti.
Il capitolo è un po' più lungo del solito, ma volevo mantenere la tensione fino alla fuga.
Chiudo questo angolo enorme ringraziando tutti i lettori silenziosi, i recensitori, e tutti coloro che hanno inserito Upward tra preferite, seguite e ricordate!

Water_wolf

 

  
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