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Autore: simply_me    28/11/2007    3 recensioni
Pairing: TamaHaru
Questa ff parte da dopo gli eventi del ch 55 Si ricollega anche in parte al ch 56.
Quali potrebbero essere le reazioni di Haruhi e Tamaki? cosa accadrebbe adesso?e con gli altri?
Piccolo appunto:riaggiornato capitolo 7, mancava tutto un pezzo su Haruhi, non so perchè ma non me l'ha caricato ;__;
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruhi Fujioka, Hikaru Hitachiin, Tamaki Suoh
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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nota: Quando ho scritto questo capitolo in realtà avrebbe dovuto essere molto più lungo.
Difatti però, nel ricopiarlo e editarlo, mi son resa conto che inserire tutti gli avvenimenti in un solo capitolo lo avrebbe reso incredibilimente pieno di eventi e particolari che posson esser invece distribuiti meglio su due capitoli senza così affaticare il lettore. Per tale motivo ho preferito scegliere questo momento per la rottura che fa da trampolino al prossimo capitolo che spero di postare questo week end (è già completo, il tempo di ricopiarlo, editarlo per bene e correggerlo prima di postarlo).Temporalmente ho cercato finora di costruire una trama che si possa incastrare con il capitolo 56, per cui questo mio capitolo si pone successivamente ad esso.Spero tanto di non aver fatto un pasticcio! XD
quasi dimenticavo! ho riproposto in maniera differente una scenetta già introdotta nella mia precedente ff... quale? leggete e lo scoprirete XD
beh! buona lettura!


Ostinata fragilità

Fissò con aria stanca la colonnina di mercurio che stringeva tra le dita.
37.5°C, una temperatura indice di uno stato del quale aveva avuto sentore la sera prima, infilandosi sotto le coperte.

Beh! Comunque una temperatura non così alta da indurla a restare a letto.

Non le sarebbe servito comunque.
Più restava a letto più seguitava a pensarci, a discapito delle ore di sonno che avrebbe dovuto consumare.

Osservò il suo riflesso allo specchio: il suo viso era pallido, gli occhi leggermente incavati.

Non aveva dormito molto in quei giorni.
Da quando aveva scoperto di Tamaki senpai, da quando…
Ci pensava in continuazione.
Anche al modo in cui l’aveva trattato il giorno prima, al ritorno di Kyoya senpai.
Non riusciva a fare a meno di pensarci.

Quanto meno, adesso, poteva ritenersi soddisfatta.
Non che ci fosse realmente da esserne fieri, a dire il vero, ma la causa di quel calore, quella sensazione di bruciore, adesso era davvero logicamente giustificabile.

Eccolo qua il vero motivo: aveva la febbre.
Non era colpa di chissà quale reazione immotivata e irrazionale al gesto di Tamaki senpai, erano i sintomi annunciatori di uno stato febbrile.

Ignorò i piccoli semicerchi neri che vedeva riflessi sotto i suoi occhi.
Adesso che aveva trovato la valida risposta poteva benissimo smetterla di pensarci e concentrarsi sull’unica cosa che doveva contare: lo studio.

Da quando Hikaru e Kaoru avevano litigato, da quando Tamaki senpai… la sua concentrazione aveva molto lasciato desiderare.
Doveva ammetterlo: era rimasta indietro.
Certo, c’era ancora tempo prima degli esami, ma ricordava perfettamente la condizione alla quale la sua permanenza all’Ouran era sottoposta: doveva recuperare, e in fretta.
Non poteva permettersi un’assenza, non prima di aver recuperato.

1,5°C non erano sufficienti d’altronde a piegarla.
Era una febbre da nulla, dovuta alla scarsità di ore di sonno delle quali era riuscita a godere.
Ora che lo sapeva però era tutto a posto: di notte avrebbe recuperato anche quello.
Le sarebbe bastato tenere duro solo per quella giornata.

Afferrò lo spazzolino da denti e il tubetto di dentifricio, cominciando a prepararsi.





Non poteva fare a meno di osservarla.
Non ne poteva fare a meno, specie negli ultimi due giorni.

Ne aveva osservato ogni singolo movimento, nella speranza di scorgere qualcosa che avesse potuto cacciar via quella sensazione che, sorta da un dubbio a cui ancora non aveva dato risposta, continuava a martellargli la mente.

Il pensiero di qualcosa di non detto, qualcosa accaduto tra lei e il Lord, qualcosa confermato dalla battuta sugli onigiri del giorno prima, qualcosa della cui natura lui era totalmente all'oscuro.

Certo, non poteva trattarsi di nulla di grave.
Aveva già intuito che la ragione per cui il Lord era apparso alla sede del club due giorni prima era collegata al fatto che lei lo avesse scoperto e che avessero parlato, sebbene non sapesse in quali circostanze.

Ed era proprio questo il punto: quel piccolo omissis sui fatti realmente accaduti tre giorni prima, unito all’osservazione delle reazioni di lei in quei due giorni a stretto contatto con lui, non poteva fare altro che alimentare la sua curiosità.

Voleva capire, capire per bene.
E non poteva chiedere.

L’espressione del suo volto il giorno prima, nel farfugliare una risposta che non ammettesse repliche, era stata del tutto sorprendente.

No, non poteva chiedere.
Per questo non poteva fare a meno di osservarla, ritenendo che fosse l’unica alternativa per poter comprendere qualcosa, di qualunque tipo potesse rivelarsi.

C’era qualcosa però al momento, che, nell’osservarla, lo allontanava da questa spasmodica silenziosa ricerca.

Appariva sempre un po’ pallida la mattina.
Non che lei si preoccupasse mai di nasconderlo comunque, magari con uno di quegli artifici cosmetici che lui e il fratello avevano più volte cercato di proporle.

“è semplicemente il colore della mia pelle. Non vedo il motivo di nasconderlo dietro qualcosa che per il peso non mi permetterebbe neppure di muovere le guance.” Aveva risposto ogni volta.

Ma quella mattina era più evidente del solito.

Era un po’ che ci pensava, mentre la osservava, ascoltando distrattamente la lezione.
E più la osservava, più se ne convinceva.
Quel pallore era troppo evidente, troppo.

- Haruhi! Ps! Haruhi! – la chiamò sottovoce mentre il professore ricopiava alla lavagna delle equazioni.

La vide voltarsi solo un breve istante.

- Va tutto bene? – continuò a chiederle sottovoce.
- Eh? –
- Si, stai bene? – riprese a chiederle sporgendosi un po’ verso il suo banco – sembri piuttosto pallida… -

Il colpo di tosse, volutamente forte, li fece entrambi voltare verso la lavagna.
Il tempo di vederlo riprendere a scrivere prima di voltarsi nuovamente.

Gli sorrideva, dietro due occhiaie violacee.

- Ho solo dormito poco stanotte… - gli rispose anch’ella sottovoce – non ho nulla che un buon sonno non possa sistemare.
- Ma… -

Ancora un violento colpo di tosse.
Le vide voltare pagina del suo quaderno e scrivere qualcosa sul foglio, mentre il professore riprendeva a scrivere.
Gli mostrò il quaderno, sul quale lesse, a caratteri cubitali.

STO BENE.
SUL SERIO.

Mentre lei continuava a sorridergli.

Dovette arrendersi: evidentemente era davvero così.

Annuì prima di riprendere anche lui a copiare gli esercizi.





Alzò la mano sinistra, risistemandosi gli occhiali sul naso, mentre con la destra seguitava a digitare sulla tastiera del suo portatile.

Ogni tanto alzava il capo, gettando una rapida occhiata sugli altri, in piena attività.

Era stata sua la scelta di astenersi dall’intrattenere le clienti quel giorno, adducendo a pretesto la necessità di rivedere la condizione finanziaria del club in vista dei prossimi intrattenimenti speciali che l’Host Club avrebbe offerto alle principesse nei giorni successivi.

In realtà, accantonato il lavoro, peraltro già svolto, era un’altra la sua principale occupazione al momento.

Seguitava a elencare in una lista a punti le informazioni salienti che, frutto delle sue ricerche, era riuscito a ottenere sul compagno di classe, la madre, la condizione familiare di quest’ultima e le relazioni con la famiglia Suoh.
Li stendeva, più o meno casualmente, e poi li ordinava, collegandoli tra di loro nel tentativo di individuarne il tassello mancante.

Anche stavolta il risultato era lo stesso: Yuzuru Suoh.

Non poteva che essere il preside dell’istituto, il padre di Tamaki, a prendersi cura della donna.
Non poteva che essere lui.

E anche stavolta non potè fare a meno di porsi quell’unico interrogativo al quale non riusciva ancora a dare risposta: perchè?

Perchè Tamaki ne era all'oscuro?
Per quanto ci pensasse, l’ipotesi che fosse la spiccata personalità dell’amico a costituire la ragione del silenzio del preside Suoh, non riusciva a sembrargli convincente.

C’era qualcosa sotto, di certo.

Sinceramente, per quanto benevolo apparisse il preside Suoh, cominciava a nutrire il timore che quest’ultimo avesse uno scopo ben preciso che esulasse dai desideri della nonna di Tamaki e da quelli del ragazzo stesso.
Solo… non riusciva ancora a individuarlo.

Si tolse le lenti un istante, massaggiandosi le tempie.
Nonostante la fitta rete di spie e informatori, non ne veniva ancora a capo.

Alzò il capo, osservando il tavolo che aveva di fronte.
Sorrise.
Tutto sommato poteva anche riposarsi un istante.
Anche perchè lo spettacolo, del tutto inatteso, che aveva già intravisto un paio di volte quel pomeriggio, cominciava a rivelarsi inaspettatamente interessante.
Specie per via di chi ne era protagonista.
Inatteso, imprevisto… e particolarmente interessante.


Si diede un pizzicotto alla gamba, sotto il tavolo.
Per quanto la testa le dolesse era stata sua la scelta di venire all’Ouran febbricitante, di nascondere ai gemelli la sua condizione e di partecipare ugualmente alle attività del club.

Beh! Non avrebbe potuto comunque astenersene.
Se lo avesse fatto, avrebbe dovuto trovare una giustificazione, avrebbe dovuto sopportare le domande dei gemelli, dei senpai, una possibile scenata da parte di Tamaki senpai e, cosa che più temeva, un consenso apparentemente indifferente di Kyoya senpai.

Era stato meglio presentarsi, senza alcun dubbio, per quanto la febbre già a fine delle lezioni avesse cominciato a farsi sentire seriamente.

In fondo doveva stare solo attenta a quello che le ragazze sedute al suo tavolo le raccontavano, sorseggiando una calda tazza di the dal nuovo servizio “Moonlight Rose”
Doveva solamente ascoltarle, fare solo questo: ascoltarle…

Spostò la sua attenzione, così come i suoi occhi, verso quel divano, a fianco del tavolo di Kyoya senpai.

Lo vide.
Sorrideva, dando a una delle clienti l’illusione di un amore romantico.

Era sempre così lui, quando era al club.
Perennemente immerso nell’ideale di amore da sogno.
Melenso e svenevole sino al punto da farle venire il voltastomaco.

Per questo ogni volta si voltava altrove, dando le spalle a uno spettacolo di quel genere, così schifosamente falso.

Si, ogni volta distoglieva lo sguardo. Voltava…

Chissà quali espressioni avrebbe assunto se fosse stato realmente innamorato?

- Haruhi-kun? –
- Mh? – rispose distrattamente mantenendo lo sguardo nella sua direzione.
- Haruhi-kun… qualcosa non va? - le chiese una delle due ragazze sedute al suo tavolo – I nostri discorsi… ti annoiano forse? – chiese timidamente.
- Mh? Eh? – si voltò – ma no! Affatto! – rispose con una punta di imbarazzo alzando la mano come per scusarsi.
- Ecco… - prese a parlare l’altra ragazza – ci sembravi… distratto… -

Colpita.
Avevano proprio ragione.

Nonostante il mal di testa, la sensazione che il capo le scoppiasse, il calore, che poteva avvertire risalirle lungo il corpo, non era questo che la stava facendo venir meno al suo incarico.
Tutto quello che faceva, tutto quello che faceva anziché ascoltarle era… guardarlo.

Era come se un magnete invisibile e eccezionale attirasse inconsapevolmente il suo sguardo a quel divano.
Non riusciva a non osservarlo.

Magari era solo per la piccola lacrima che gli aveva visto versare il giorno prima, quella lacrima così vera.
Si, era solo perchè era ancora preoccupata per lui, no?
Lui che in questo momento flirtava amorevolmente con una delle innumerevoli principesse dell’Ouran…

Basta.
Pensare una cosa del genere… era forse impazzita?

Doveva essere colpa della febbre, della febbre!

Riacquisire la concentrazione: ecco quello che doveva fare. E subito.

- Vi chiedo scusa – cominciò a rispondere loro – la verità è che… non ho dormito molto bene in questi ultimi giorni – sorrise loro dispiaciuta.
- Ah… ci dispiace tanto Haruhi-kun. Stai bene? –
- Sono io che debbo dispiacermi… questa stanchezza mi impedisce di ascoltare con la dovuta attenzione quanto dite. Mi rincresce molto. –

Le vide arrossire.

- Ah! ma… - esordì brillantemente una delle due ragazze – Haruhi-kun… potremmo anche non parlare! Visto che sei stanco, potremmo sorseggiare il the in pace assieme, no? –
- Si, Haruhi-kun! Potremmo fare così, no? A noi… basta la tua compagnia… - aggiunse timidamente l’altra.

Sorrise loro calorosamente.

- Vi ringrazio… - aggiunse dolcemente.

In effetti le ringraziava davvero.
Cominciava seriamenete a pensare che venire a scuola con la febbre non era stata poi una così brillante idea.

Beh! Coraggio!
Doveva solo resistere un paio di ore, poi tutto sarebbe finito.
Doveva dolo sorseggiare il the in loro compagnia, osservando i loro volti compiaciuti e imbarazzati.
Doveva solo sorridere loro e guardarle.
Doveva… guardarle…

I suo occhi si mossero, preda di quel magnete sovrannaturale, puntando in direzione di quella chioma bionda.


Sorrise, nascondendo la sua espressione dietro il riflesso delle lenti.

- Sorprendente. – non potè fare a meno di esclamare tra sé e sé piuttosto compiaciuto – Sono certo che questo potrà avere uno sviluppo del tutto interessante –


- Kyoya! – lo chiamò avvicinandosi al tavolo.
- Uh? – rispose distrattamente, seguitando a guardare nella direzione della ragazza.
- Mi spieghi per quale motivo tutte le principesse delle seconde non fanno che chiedermi se sto bene? –
- Uh? – ripetè voltando il capo verso il suo interlocutore.
- Si, non fanno che chiedermi se sto bene… anche Haruhi, quando mi ha scoperto… figurati che mi preparato il riso bollito per i malati… allora? –
- Riso per i malati – ripetè sottovoce accennando un sorriso compiaciuto, poi a voce alta – ti spiace che si preoccupino per te? –
- Eh? No. Ma non so quale scusa hai inventato… insomma nessuna di loro ha voluto spiegarmi che tipo di malattia dovrei aver avuto – aggiunse sedendoglisi a fianco – so solo che ha a che vedere con la pancia. –
- Nulla di particolare… - rispose richiudendo il monitor del suo pc – ho detto loro che non partivi per un improvviso attacco di diarrea. –

Si sentì pietrificare.

- D… di… diarrea?! –
- Beh! Dovevo pure inventarmi qualcosa di improvviso, non trovi anche tu Tamaki? –
- Si. Ma… ma la diarrea! –
- Era funzionale. Hai qualcosa in contrario? –

Lo guardò con quell’espressione che non ammette repliche.

- N… no. – rispose intimorito.


Lo vide annuire.
Non avrebbe potuto protestare oltre comunque, dopo aver visto quell’espressione.
Se avesse aggiunto qualcosa, una qualsiasi parola in più di protesta, chissà cosa avrebbe dovuto affrontare.

Meglio rimanersene zitti, per quanto quell’immagine fosse un po’ troppo per i suoi gusti.

Sospirò rassegnato accucciandosi sulla sedia.


La osservò ancora.
Seguitava con lo sguardo in direzione del ragazzo che ora gli stava a fianco.
Era davvero, davvero interessante.

I suoi occhi per un attimo cambiarono direzione.
Il tempo sufficiente a incrociarsi con i suoi


Arrossì, con la tipica espressione di chi era stata appena scoperta, prima di voltarsi.

Se non li avesse incrociati, non ci avrebbe fatto caso.

Certo che non vi era alcun motivo di arrossire imbarazzata.

Beh! D’altronde… era più che comprensibile.
Era stato il timore nell’avere incrociato lo sguardo attendo di quell’osservatore, o meglio supervisore, che di certo in seguito l’avrebbe biasimata, dietro un elegante sorriso, per la disattenzione alle clienti che la sorprendeva anche troppo spesso quel giorno.

Si, era il timore di Kyoya senpai.
Non era affatto dovuto all’esser stata sorpresa a sbirciare verso Tamaki senpai.
Non lo era affatto, no?

Tornò a sorseggiare la sua tazza di the, sorridendo, non senza fatica, alle due clienti.


Magari era il caso questa volta di spingere un po’ gli eventi.
Lui era troppo idiota per essersene accorto.
Ne era certo.

- Tamaki… - riprese a parlare.
- Uh?- chiese alzando il capo dalle ginocchia.
- Effettivamente… è stata una trovata meschina. –
- … cos… -
- Si, la storia che mi sono inventato… -


Battè le palpebre perplesso.
Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Sentirlo parlare a quel modo...
No, non era lui.
Doveva essere un alieno impossessatosi del suo corpo.
O, peggio, non si era ancora ripreso dalla mattina.

- Kyoya…sicuro di essere ben sveglio? Non è che ancora non ti sei ripreso da stamattina? –gli chiese, non senza timore.
- Ne devo dedurre che non è necessario che ti porga le mie scuse Tamaki. Quindi anche il regalino che avevo per te non è necessario. –
- Eh? Un regalo? – lo guardò con occhi carichi di commozione – Kyoya! Allora non era vero che non me ne avevi portato uno anche a me! Me l’hai portata davvero allora? La torre Eiffel? –
- Spiacente di deluderti Tamaki – aggiunse nascondendo il suo disappunto per la stupidità dell’amico dietro le sue lenti – ma purtroppo non mi entrava in valigia. –
- Ah… capisco… - commentò rassegnato tornando ad accucciarsi sulla sedia.


Era davvero un caso senza speranza.
Come poteva continuare a chiedergli una cosa così assurda?

Tornò a guardare la ragazza.
Se non l’avesse visto con in suoi occhi probabilmente anche lui non lo avrebbe ritenuto possibile.
Anche se non poteva fare a meno di esserne compiaciuto.
L’unico problema era che qualcuno, stupidamente, era ancora più lontano dal comprenderlo.
E il colmo… era che proprio quel qualcuno forse ne sarebbe stato il più lieto.

- Mmm… Tamaki… - riprese a parlare – stavo pensando… cosa faresti se una delle principesse fosse innamorata di te? –
- Eh? Cosa… farei… – ripeté colto alla sprovvista, poi sorrise – beh! Non potrei che esserne lusingato. D’altronde è naturale… considerato il mio fascino indiscutibile…è mio dovere di host fare in modo che le dolci e tenere fanciulle possano vivere la primavera dell’am… -
- E se questa principessa fosse una particolare principessa? – lo interruppe prima che si perdesse in una delle sue inutili divagazioni – Ad esempio una principessa a cui riuscirebbe difficile persino a lei accettare che sia vero? –


Per quanto si sforzasse, quel discorso così criptico gli risultava del tutto incomprensibile.
Non capiva che cosa volesse dire, né soprattutto chi avesse in mente Kyoya.

- Kyoya… a chi…? –

Si arrestò di colpo al suono di una delle porcellane in frantumi seguita da un tonfo sordo, giusto un secondo prima di sentire una della ragazza del tavolo di fronte urlare preoccupata:

- Haruhi-kun! Haruhi-kun! –

Un istante: il tempo in cui il messaggio giunto alle sue orecchie vanisse registrato dal suo cervello, il tempo in cui i suoi occhi focalizzassero lo spazio vuoto in cui lei avrebbe dovuto essere.

Scattò rapido, in direzione di quello spazio vuoto: la vide allora, a terra svenuta.

- Haruhi! – esclamò fuori controllo precipitandosi su di lei.



  
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