Fanfic su attori > Ewan McGregor
Segui la storia  |       
Autore: Pleasance Carroll    10/05/2013    1 recensioni
Nel 2017 Ewan McGregor è un attore che, a causa della separazione dalla moglie non riesce a recitare nel film che interpreta, come una volta.
Irene Machiavelli, una critica cinematografica del Los Angeles Times che ha fatto molta strada per arrivare dove si trova, e l'ultima cosa che vorrebbe è entrare in contatto con un uomo che sta cercando di ritrovare se stesso, perchè sa benissimo che tra attore e fan è sempre necessaria una certa distanza.
*STORIA SOSPESA*
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

copertina

Capitolo 2

Sorprese, occasioni e scelte

 

La venticinquenne Marie-Blanche Olivier fece il suo ingresso nell’atrio nel momento promesso. Irene comprese solo allora perché avesse sentito Hugh dire che quella donna aveva il mondo nelle proprie mani: vedendola scendere le scale con la sua solita eleganza, non potè fare a meno di pensare che, in un’altra epoca, la sua amica avrebbe ricoperto egregiamente il ruolo di duchessa o contessa vista la saggezza e la gentilezza con cui parlava ma anche la fermezza con cui impartiva ordini a tutte le persone che la attorniavano.

La moltitudine di ragazzi e ragazze che le gravitava attorno, infatti somigliava particolarmente a quello che un tempo si sarebbe definito “corte”, tutti si muovevano con passo veloce e nervoso, sembravano particolarmente ansiosi di compiacerla, ma a giudicare da quanto la donna parlasse loro in modo sbrigativo, toccandosi di tanto in tanto le tempie, infastidita dagli occhiali da vista che portava solo per lavorare; Irene immaginò che la sua amica non vedesse l’ora di toglierseli dai piedi.

-         Bene, venti minuti di pausa per tutti.- annunciò la stilista, con un forte accento francese.

Mentre qualcuno mormorava un sollevato “grazie, signora”, ci fu un generale dileguo e in breve Marie-Blanche si ritrovò sola dinnanzi alla sua ospite.

-         Ciao, cherie.- esordì l’italiana, togliendo con delicatezza gli occhiali alla sua amica.- Vengo a rapirti per mangiare qualcosa insieme, e…festeggiare!- la prese sotto braccio senza attendere oltre, trascinandola fuori da quel caotico tempio della moda.

 

-         Cosa si festeggia?- domandò Marie-Blanche, raccogliendo i capelli corvini in una coda di cavallo e togliendosi le scarpe per sedersi con malcelato atteggiamento restio, sull’erba. Los Angeles aveva il vantaggio di essere piena di prati e fazzoletti verdi, alcuni dei quali anche a pochissima distanza dal mare, così ben curati, ma lei non riusciva ancora a spiegarsi, nonostante la conoscesse da anni, perché la sua amica italiana si ostinasse a sdraiarsi sull’erba quando poteva benissimo usufruire di decine di panchine sparse il giro come margherite.

-         La buona riuscita di un mio articolo! Pensa, il mio capo si è congratulato con me di persona.- le raccontò la ragazza che le stava adagiata di fronte in stile Cleopatra, sfoggiando un sorriso entusiasta.- E…ovviamente la tua nuova collezione- aggiunse, sistemandosi un ricciolo castano dietro l’orecchio.

-         Cosa!? Come l’hai scoperto? Pensavo di farti una sorpresa invitandoti alla sfilata che si terrà sabato, domani sera, e volevo portarti dal parrucchiere e dal truccatore che raccomando alle mie modelle, così noi saremmo state un po’ insieme! Ma come fai a sapere che devo presentare una nuova collezione?- ripetè, scandalizzata.

-         Quel nostro amico in comune, Hugh, che lavora assieme a me e si occupa di articoli di moda, se l’è fatto scappare stamattina. Quindi ho pensato che questa bella notizia meritasse almeno una fetta di cheesecake.- le spiegò Irene.- Comunque, se è ancora valido, credo che accetterò molto volentieri quell’invito.- continuò ostentando un atteggiamento sostenuto, anche se gli occhi che brillavano di sincera curiosità.

Marie-Blanche trattene a malapena un gridolino di felicità, chissà da quanto aveva tenuto segreta quella notizia che riteneva vitale, ed ora non vedeva l’ora di condividerla. Addentando con voracità la sua porzione di cheesecake quindi, si lanciò nel resoconto di come si sarebbe svolta la serata del giorno successivo e, pensando alle modelle che vi avrebbero preso parte spiegò minuziosamente cosa aveva ispirato la sua nuova collezione, che tipo di abiti si sarebbero visti…

Irene allora, pur continuando ad ascoltare si perse ad osservare la donna che le stava davanti: Marie-Blanche Olivier, aveva questo tratto particolare, che la metteva di buonumore, quando si emozionava, iniziava a parlare incessantemente, o meglio a raffica, come si sarebbe detto in Italia. Sembrava ingaggiare una sorta di lotta contro il tempo, per dimostrare di avere a cuore ciò di cui parlava.

Originaria di Trois, un piccolo e tranquillo paesino francese in cui si poteva sentire il tempo scorrere a dimensione umana e l’aroma del pane appena sfornato profumare ogni centimetro d’aria, Marie-Blanche si era ritrovata come gettata nel vortice del mondo quando i genitori, notando la sua naturale predisposizione, l’avevano mandata a studiare moda prima a Parigi, poi- quando i suoi insegnanti l’avevano segnalata come la migliore dei corsi- a New York dove tutto correva in maniera decisamente più frenetica e lei, a causa del lavoro arduo ed incessante aveva cominciato a subire di una lieve forma di nevrosi per via della caotica fuga di ogni più piccolo istante. Era stato in quegli anni però che aveva dato vita a collezioni grazie alle quali ora il suo nome era conosciuto in tutti gli Stati Uniti.

Proprio in quella città che sembrava non dormire mai, trascinata a forza da Hugh, Irene l’aveva incontrata per la prima volta e, nonostante gli iniziali dissapori – della francese nei confronti della ragazza per via del suo pessimo modo di vestire e per il timoroso balbettio che aveva usato tutto il tempo, mentre le parlava; e di Irene verso Marie-Blanche per il suo atteggiamento che aveva etichettato come impaziente e snob- le due erano poi andate d’amore e d’accordo quando la stilista, aveva imparato ad essere disponibile, calma e simpatica nei confronti della ragazza e dopo averle rinnovato il guardaroba, donandole quello che lei definiva “un giusto look cosmopolita”.

-         …perciò ti aspetto domani sera alle dieci al Chinese Theatre che si trova sulla Hollywood Boulevard, lungo la Walk of Fame.- stava continuando la francese.- Ma sabato pomeriggio vengo a prenderti sotto casa e con la tua macchina andiamo sulla Fashion Avenue per una visitina a Claude e Jean-Paul che darà ad entrambe una pettinata, una truccata ed una sistematica generale. Ti va?- l’entusiasmo della ragazza, quando parlava di abiti e trucco era tanto genuino da risultare contagioso, persino per Irene che non amava perdersi in tali frivolezze. Non le fu difficile capire come fosse riuscita a fare tanta strada nella propria vita, in poco tempo, dal momento che era più giovane di lei.

-         Volentieri, mon ami.- replicò quindi con prontezza, sforzandosi di sorridere senza farsi sfuggire di bocca il cibo, ma quell’atmosfera spensierata fu interrotta dal trillo del suo telefono.

-         Signorina Machiavelli, sono di nuovo Larry Flinkman…- Irene scostò ancora una volta lo smartphone dall’orecchio: era ancora lo stesso numero, quello che risultava non registrato in rubrica.

-         Mortimer, lo ammetto, sei divertente, ingegnoso soprattutto a far fare il finto agente ad un tuo amico, curandoti persino di usare un numero che non ho in rubrica ma non serve, a breve sarò di nuovo in ufficio!- e chiuse la chiamata ancora una volta, di nuovo senza dare la possibilità a chiunque fosse dall’altra parte della comunicazione, di aggiungere una sola parola.

-         Chi era?- si informò Marie-Blanche rialzandosi dal tappeto d’erba ed indossando di nuovo le sue vertiginose scarpe, mentre tornavano all’auto visto che la pausa pranzo di entrambe stava per terminare.

-         Stamattina ho confessato al mio capo che sin da ragazzina ho sognato di andare a pranzo o ad una cena con Ewan McGregor, perché è sempre stato il mio idolo. Perciò è da quando è iniziata la mia pausa pranzo che un suo amico mi sta facendo degli scherzi telefonici, spacciandosi proprio per l’agente di Ewan McGregor, che, guarda caso, vuole invitarmi a cena.- spiegò la ragazza, sbuffando infastidita per essere stata derisa a quel modo dopo aver deciso di fidarsi del proprio capo, cui praticamente aveva aperto il proprio cuore.

Marie-Blanche scoppiò a ridere mentre tentava di illustrare ad Irene che magari quello era un atteggiamento di Mortimer finalizzato a far prendere maggiore confidenza alla ragazza nei suoi confronti. Quell’ottica positivistica invase la macchina finchè Marie-Blanche non varcò di nuovo la soglia dell’Olivier Maison, rimasta sola, infatti, Irene sperò che quella ventata di gioia l’avrebbe accompagnata per il resto della giornata.

Ma così non fu. Già dopo aver attraversato l’entrata del Los Angeles Times, lanciando un sorriso ad Audrey, raggomitolata in ascensore, l’italiana si ritrovò a riflettere su come avrebbe potuto presentare l’argomento al proprio capo e soprattutto, anche se si trattava di uno scherzo, come trattarlo nel modo più delicato, dal momento che Mortimer non solo aveva riposto in lei fiducia, ma ora le aveva accordato anche la propria stima.

Giunta davanti al suo ufficio, la cui porta era ancora spalancata, trovandolo di nuovo dietro quella scrivania, Irene ebbe un tentennamento e fu sul punto di tornare sui propri passi…

-         Irene, ciao!volevi dirmi qualcosa?- esordì quello, sollevando gli occhi da computer.

Tesa ancor più di quella mattina, si morse le labbra mentre gli si avvicinava. Magnifico! Ora, anche se avesse voluto, non avrebbe più potuto tirarsi indietro. Come avrebbe fatto ad iniziare una conversazione senza sembrare aggressiva o frivola?

-         Sai, visto che a casa non ero abituata a persone che trascorressero la loro pausa pranzo al mare, volevo sapere se hai trovato delle belle onde?- snocciolò d’un fiato, senza pensare. Si sarebbe voluta prendere a schiaffi per quell’esordio che, alle sue stesse orecchie suonava stupido.

Mortimer poggiò il mento sulla mano e, nonostante le sue labbra si fossero piegate solo lievemente verso l’alto, in una linea sottilissima, il sorriso contagiò gli occhi ed il suo sguardo mutò completamente trascinando nel cambiamento tutti gli altri suoi lineamenti.

In quell’istante il cellulare di Irene tornò a squillare. La donna lasciò che suonasse una, due, tre volte, con fare noncurante tanto a lungo che il suo capo la fissò perplesso, e infine si ritrovò a domandare:

-         Non rispondi?-

Le sembianze serene della ragazza si indurirono nel momento in cui prese lo smartphone e riconobbe il numero, quando infatti risollevò il viso il suo sguardo inchiodò glaciale, tagliente, il redattore del Los Angeles Times alla sua poltrona.

-         No. Perché so già chi è…e lo scherzo è stato divertente, ma devi dire al tuo amico che la smettesse immediatamente, se vuoi che io dia il massimo, dato che, vista l’insistenza di queste telefonate, non credo che riuscirò ad avere la serenità necessaria per concentrarmi sul mio lavoro.- sputò, pungente.

Mortimer Miller si alzò in piedi e lentamente, inesorabilmente fece il giro della propria scrivania per andarsi a sedere sul bordo: il linguaggio del suo corpo comunicava calma, la gamba lasciata penzoloni sembrava voler trasmettere quasi trasandatezza, ma le spalle erano rigide, le fattezze del viso taglienti, gli occhi burrascosi che preannunciavano tempesta.

-         Temo di non capire.- quelle poche parole non erano un invito a spiegarsi meglio, ma un colpo di frusta pronto a marchiare a pelle la donna qualora avesse varcato di nuovo un certo limite.

-         Avanti, non fingere!- esplose allora Irene.- Eri l’unico a sapere che il mio sogno era andare a cena con Ewan McGregor. Un idolo per me, visto che sono cresciuta con molti dei suoi film! Sei l’unico a cui l’abbia mai confessato. E, per pura coincidenza, oggi da quando ho iniziato la pausa pranzo, ho ricevuto ben sette telefonate da un tale che si spacciava per l’agente di Ewan McGregor e che, per suo conto voleva invitarmi a cena! Non ti sembra strano?!- ormai la ragazza sentiva di aver perso la lucidità, le guance arrossate e la voce eccessivamente squillante persino per le sue orecchie, “da cornacchia”, come più volte l’aveva definita sua madre.

-         Calmati Irene, o sarò costretto a chiederti di andare a casa.- l’ammonì Mortimer dopo aver fatto un balzo per precipitarsi a chiudere la porta.

Ormai il silenzio sceso tra i due pareva vibrare, come fosse qualcosa di solido su cui era passato un terremoto.

Di colpo, quel velo di mutismo fu squarciato da una nuova ondata di squilli del cellulare della ragazza.

Come risvegliati da quel suono, i due reagirono in contemporanea: lei sussultò, lui abbandonò la sua espressione di biasimo per lasciar posto a quella che sembrava un’illuminazione, dovuta forse ad un ricordo.

-         Ora che ci penso, proprio questa mattina, dopo che abbiamo terminato il nostro colloquio, Audrey mi ha chiamato dicendo che aveva in linea un certo Larry Flinkman, che le si è presentato come l’agente di Ewan McGregor e chiedeva il tuo numero di cellulare per poterti invitare a cena per conto dell’attore, che voleva complimentarsi con te per la tua recensione de “il cavaliere della rosa”. Ho ritenuto giusto parlarci, perché ciò che quell’uomo chiedeva fa parte di quello che qui definiamo dati sensibili. In effetti, ero un po’ restio a fargli avere il tuo telefono personale, ma mi è sembrata una persona ragionevole e seria, poi mi sono ricordato che cenare con quell’attore scozzese è sempre stato un tuo sogno, pertanto ho ceduto, pensando che ti avrebbe fatto piacere.- chiarì Mortimer e, ad ogni sua parola lo stupore di Irene aumentava, tanto che quando ebbe finito, lei provò il fortissimo desiderio di andare a cercare una pala per sotterrarsi il più profondamente possibile sotto il pavimento, per via della pessima figura che aveva appena fatto.

-         Oh mio Dio, perciò…non era uno scherzo!- sussurrò la donna, mortificata una mano tremante, che aveva perso ogni colore, a coprirle le labbra.

-         No, credo che tu abbia parlato con il vero agente di Ewan McGregor.-

Lei tentò di ridere flebilmente, ma sentiva le lacrime bruciarle gli occhi:

-         E io che mi sono rivolta a lui convinta di star parlando con te!- si lasciò sfuggire, la voce incolore.

-         Dai, ti concedo dieci minuti per chiamarlo e risolvere la faccenda.- la sollecitò comprensivo, il tono tranquillizzante che lasciava intendere un sorriso.

Stendendo un braccio l’accompagnò alla porta e un attimo prima di varcarne la soglia, l’italiana si voltò a guardarlo, alla ricerca delle parole giuste per scusarsi.

-         Mortimer, io…- abbozzò.

-         Irene, da persona riservata quale sei, hai ragione a perdere le staffe nel momento in cui non si rispetta il tuo spazio personale.- osservò lui, facendole capire che nessuno dei due doveva aggiungere altro.

 

Chiusa nella piccola saletta adibita a cucina, che i dipendenti del giornale usavano quando avevano urgente bisogno di un caffè o di riscaldare il cibo portato da casa per il pranzo, Irene Machiavelli camminava avanti e indietro, nervosa il cuore che le martellava rumorosamente nel petto, le gambe che sembravano non essere più in grado di sostenere il peso del corpo. Con il cellulare stretto convulsamente in mano stava meditando se fosse il caso di richiamare il numero da cui Larry le aveva telefonato, o se fosse più appropriato aspettare che lui ritentasse.

Per una frazione di secondo le balenò in mente la possibilità di rosicchiarsi le unghie per scaricare la tensione, abitudine che aveva perso quando, a diciassette anni aveva tolto l’ortodonzia, ma rinunciò quando le venne in mente la reazione isterica che avrebbe potuto suscitare in Marie-Blanche la vista dello scempio che ne sarebbe risultato.

Chiuse gli occhi e il dito si mosse da solo sul tasto di avvio chiamata.

-         Larry Flinkman.- rispose prontamente la voce dell’uomo, dall’altro capo della conversazione.

-         Signor Flinkman sono…sono Irene Machiavelli- cominciò lei, mentre la decisione che si era imposta di ostentare defluiva dalla sua voce. – Perciò lei è davvero l’agente di Ewan McGregor? L’attore scozzese, interprete di Obi-Wan Kenobi in Star Wars?- volle sapere, per essere effettivamente sicura che non si trattasse di uno scherzo, e anche questa volta la sua deformazione da cinefila fece capolino.

-         Sì signorina, proprio quello, che è lo stesso uomo che ha interpretato Sullen ne “il cavaliere della rosa”. Il signor McGregor mi ha chiesto di invitarla a cena, al “surgeon-fish”, alle 21, per esprimerle il proprio punto di vista sulla sua recensione, signorina.- la informò, cortese.

Cioè la stessa sera in cui avrebbe dovuto essere presente all’evento organizzato di Marie-Blanche.

-         Non si potrebbe fare un’altra volta? Domani sera devo presenziare ad un altro evento cui non posso mancare…non si potrebbe rimandare?- tentò la ragazza.

-         Mi dispiace signorina, il signor McGregor è molto impegnato e deve ritenersi fortunata che abbia trovato del tempo da dedicarle.- quella replica fu più tagliente di una lama congelata, celata dietro finta cortesia.

-         E…quando le devo far sapere se potrò venire?- fece, senza più la forza di trattenere un sospiro di sconfitta, mentre sperava che tuttavia non si sentisse che le sembrava di avere la gola avvolta in un cespuglio di rovi.

-         Subito, signorina Machiavelli. Altrimenti ho l’ordine di non darle tregua finchè non accetterà. Inoltre è bene che sappia che il signor McGregor non accetta rifiuti.- la informò Larry Flinkman pragmatico, anche se Irene volle sperare di aver riconosciuto una sfumatura di contrizione, che fosse dispiaciuto di averla incastrata in quel modo.

-         Poiché sembra che io non abbia scampo da quest’obbligo travestito da minaccia, accetterò. Arrivederci.- e chiuse bruscamente la chiamata.

Nonostante la determinazione che aveva cercato di ostentare, si sentiva fragile e svuotata di ogni energia tanto che, fu costretta a lasciar scivolare la schiena contro la parete per sedersi delicatamente a terra, dove rimase, le ginocchia raccolte al petto, finchè i violenti tremiti che le scuotevano il corpo non smisero.

Le pareva che quella stanza la stesse schiacciando, che tutti i problemi del mondo le ricadessero sulle spalle. Non voleva mancare alla sfilata di Marie-Blanche ma non avrebbe potuto neanche dare forfait alla cena, ormai.

Quasi si infilò un pugno in bocca per impedirsi di urlare.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Ewan McGregor / Vai alla pagina dell'autore: Pleasance Carroll