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Autore: Maya_98    10/05/2013    0 recensioni
Non riesco a crederci. Non posso crederci. Styles è a un millimetro dal mio viso, i suoi capelli mi solleticano la fronte e riesco a sentire il suo respiro caldo sul mio viso, il suo profumo mi fa girare la testa. Mi cinge la vita con le braccia, ora sono davvero certa del fatto che mi voglia proteggere, finchè ci sarà lui non potrà accadermi nulla e non voglio che mi lasci...mai, per nessun motivo.
Tutto ciò che desidero in questo momento è il suo bacio. Le sue labbra morbide sono posate sulle mie, ora.
Non chiedo di più, lo abbraccio e sto per scoppiare a piangere. Mi lascia e mi perdo nei suoi occhi.Mi prende il viso tra le mani e sussurra: -Non piangere. Sto così bene con te, non piangere...tutto ciò che mi sta succedendo ora voglio viverlo per sempre. Ti voglio mia. In un certo senso lo sei già.-
Non so come, riesco a trattenere le lacrime. Mi bacia di nuovo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La verità è che ci piaceva così, io avevo bisogno di lei, lei aveva bisogno di me e basta.
Per questo, quando vidi la ragazza più odiata della scuola venire verso di noi cercai di schivarla e cambiare direzione.
Per questo, quando la vidi passare di fianco alla Fre e prenderla a braccetto le misi istintivamente un braccio intorno alla vita per proteggerla, per impedirle di portarla via da me…
Ma evidentemente la Fre non aveva mai pensato tutto ciò che io pensavo di lei…che la amavo, che era il centro della mia vita, che mi sentivo viva solo se avevo lei a fianco e se sapevo di avere la consapevolezza che mai nessuno me l’avrebbe tolta, che lei sarebbe stata per sempre mia.
Ma ora non teneva conto di ciò che provavo io…
E forse, è stato per questo che a un tratto mollò la mia mano e mi fece un piccolo e timido gesto di saluto accompagnato da un debole sorriso. E sicuramente fu per questo che la vidi staccarsi da me e allontanarsi, avvinghiata al braccio di Alessia.
 
Non ero ancora riuscita ad accettare il fatto che adesso la Fre avesse l’Alessia come amica. Il fatto è che magari il mio stupido e fottuto cervello lo avrebbe voluto, perché sapeva che era giusto; ma il mio cuore no. Il mio cuore non ce la faceva, e qualcosa, forse anche un po’ di gelosia, gli impediva di arrendersi a questa evidente verità.
 
Ormai erano due giorni che ero distesa sul letto a piangere… dopo che la Fre aveva lasciato la mia mano il mio corpo era diventato gelido, glaciale, senza il calore di lei a fianco. Ero corsa dalla parte opposta, verso la mia classe ed ero riuscita a stento, non so come, a trattenere le lacrime. Dissi alla prof che avevo vomitato e che andavo a casa… non disse niente, forse aveva capito come stavo. Di merda, davvero.
Arrivai a casa e mi sedetti per terra, con la schiena appoggiata al letto. Avevo la testa tra le ginocchia, adesso ero davvero nel mio mondo. Sola, in silenzio. Tutto ciò di cui avevo bisogno per riflettere era questo.
Ciò che mi aveva fatto più male era che la Fre avesse infranto il nostro patto. L’avevamo fatto molto tempo fa, verso i 7 anni, penso. Eravamo legate da qualcosa di invisibile ma molto forte, come due gemelle. Avevamo scritto su un foglio di carta una specie di filastrocca, adesso non la ricordo, ma diceva più o meno che fino a quando avremmo vissuto non avremmo dovuto avere altre amiche oltre l’una all’altra. Non so se per lei valesse ancora, ma per me si. Non so nemmeno se fosse valido, solo per il fatto che eravamo piccole e ancora inconsapevoli del mondo che ci circondava, ed era come fare un patto tra due ubriache, ma io ci tenevo moltissimo.
L’avevamo seppellito in un campo di grano, vicino alla mia casa in campagna, dove con la sua famiglia passavamo la maggior parte della vacanze estive. E per me era ancora molto importante.
Non ho idea di quanto restai in quella posizione, ma credo che alla fine mi addormentai sul pavimento. Ero sfinita.
In dormiveglia sentii mia mamma entrare in casa e correre su dalle scale. Immaginai avesse visto la mia roba buttata a terra, in salotto; appena ero entrata avevo lanciato zaino, felpa e cellulare e mi ero isolata da tutto e da tutti.
Mi accarezzò la testa e mi sentii subito meglio. Erano le sei di pomeriggio, e tutto ciò che riuscii a mandare giù fu una tisana ai frutti di bosco bollente, che mi aiutò a calmarmi e a schiarirmi le idee.
A cena raccontai tutto ai miei, non avevo segreti con loro e riuscivano sempre a consolarmi. Infatti mi chiesero delle vacanze studio e riuscirono abilmente a far incentrare i miei pensieri su qualcos’altro.
Iniziai a parlare: - In pratica, ci hanno detto che la città di quest’anno è Londra…c’è un college che ci ospiterà, con la piscina e c’è anche la discoteca! Ma vi immaginate??- Ecco, adesso la mia testa era davvero incentrata su qualcos’altro.
- La cifra sarebbe 700 euro per una settimana lì, e non è tanto, daii…-
- Chi vi accompagna?- chiese papà.
- La prof di inglese e basta…non penso che ci sarà molta gente della nostra classe, tanto.
- Ok…quando è?- stavolta era mamma. Ero quasi sicura di ciò che avrebbero risposto, perché quando facevano tante domande significava che erano interessati, e se erano interessati, voleva dire che mooolto probabilmente ci sarei andata.
- L’ultima settimana di luglio, mi pare che abbiano detto…-
- Io direi di sì…tu cosa dici?- chiese a papà.
- Anche per me va bene, ma stai attenta…-
- Sì, papà…ma mancano ancora tre mesi.- risposi.
- Lo so, ma te è sempre meglio avvertirti!-
- Uhhh grazie mille! Vi adoro, davvero! Siete i migliori!-
Corsi ad abbracciarli tutti e due, ma stretta al collo di mamma mi tornò da piangere.
- Cosa c’è amore?-
Mi rabbuiai al pensiero.
- Dovevo andarci con la Francy.- ammisi. – Non ho amiche a scuola e non saprei con chi andarci…da sola no, sicuro.-
- Vedrai che vi chiarirete presto, tranquilla.-
- Mamma, è da due giorni che non mi chiama né dice niente…-  stavo davvero lottando contro me stessa per trattenere le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all’altro.
- E come lo sai? Hai sempre dormito, in pratica, e non avresti sentito il campanello suonare. E poi hai controllato il cellulare?- me lo chiese perché si era accorta che non lo avevo toccato per un po’ di tempo, e forse le sembrava strano, siccome in pratica ci ero sempre attaccata.
- Ehm…in effetti no.-
Presi l’I-Phone da sopra al tavolo, dove lo aveva messo mamma, e sbloccai la tastiera.
Cazzo!!
  
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