Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Son Ken    10/05/2013    5 recensioni
«Kuroko, mi sono fidanzato. Dopo il diploma tornerò negli Stati Uniti e mi sposerò.»
«Spero siate felici insieme, Kagami-kun.»
Quel giorno, qualcosa si ruppe.
Ma, forse, quel qualcosa poteva ancora essere riparato.

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Kagami si è sposato subito dopo la fine del liceo, e solo dopo cinque anni e due figli si è reso conto di aver fatto un tremendo errore e decide di ricominciare la sua vita tornando nuovamente in Giappone.
Ciò che non si aspetta, è di ritrovare l'anima gemella che aveva sempre avuto accanto ma non aveva mai notato prima.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera.

Innanzitutto, scusatemi per la pessima frequenza. Davvero, la scuola è una brutta bestia... pensate che io dovrei stare a studiare Diritto ed Economia per l'interrogazione di domani, mica a pubblicare. Ma ho un voto quantomeno decente, credo, quindi una brutta interrogazione non mi rovinerà la media. Spero. Altrimenti la colpa non è vostra, tranquilli.
Comunque in questo capitolo abbiamo ancora fluff e fluff, tanto fluff. E mi sa che andrà avanti così per tutto l'appuntamento, poi... preparatevi, perché non dico che ci sarà angst ma qualche piccola complicazione entrerà in scena di sicuro.
Il flashback a differenza delle altre volte ha un legame molto poco importante con il capitolo, ma è ormai una tradizione quindi lo mantengo.
E l'ultima scena del capitolo è fanservice personale, perdonatemi XD Ma ce ne sarà altro nel prossimo capitolo.
Detto questo, ringrazio come sempre i lettori/recensori/follower e auguro a tutti una buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

Di Taiga Kagami tutti sapevano poche essenziali cose: diciassette anni, alto, bello -anche se il suo viso non esattamente tranquillo e affabile faceva spesso passare ciò in secondo piano davanti alle ragazze-, bravo a basket ma non a scuola, determinato e sicuro di sé.

Per questo, gran parte delle persone sbagliava a giudicarlo, perché sin da quand’era piccolo e viveva nella bella Los Angeles i pregiudizi altrui l’avevano sempre preceduto ed erano in pochi che cercavano di essere suoi amici, praticamente nessuno al di fuori dell’asfalto tinto di azzurro e verde di Venice Beach*.

Poi si era trasferito in Giappone, dove nonostante la situazione fosse addirittura peggiore essendo più grande non lo considerava più un problema.
E iniziate le scuole superiori, aveva incontrato Tetsuya.

Lentamente, aveva iniziato ad amare il fatto che l’altro lo considerasse proprio per il basket che sapeva giocare, era come se il suo dedicarsi costantemente a quello sport e in qualche modo ritrovarsi a rinunciare al resto lo avesse ripagato ampiamente.

E si sentiva il diciassettenne più felice della Terra. O almeno di tutta Tokyo.

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Kuroko era avvampato alla proposta di Taiga, per poi sorridere dolcemente.
Non immaginava che l’altro gli avrebbe davvero chiesto un appuntamento, a dire il vero non immaginava neanche che potesse farlo in maniera tanto impacciata da sembrare quasi… Tetsuya non voleva neanche pensarlo perché credeva di illudersi inutilmente, ma Taiga gli sembrava quasi innamorato.
Vedeva ardere nei suoi occhi un desiderio e una passione che non gli erano affatto sconosciuti, ma che non aveva mai visto brillare in quelle iridi rosse fuori da un campo da basket.

Il ragazzo si limitò infine ad annuire, non solo perché desiderava sul serio quell’appuntamento, ma anche perché davanti a quella determinazione tanto intensa da sembrare quasi tangibile non sarebbe mai riuscito a negarglielo.

«Quando ci vediamo?»
«Sabato hai impegni?»

Quando Tetsuya scosse la testa Kagami sentì quasi l’impulso di saltare di gioia. Ma avrebbe sbattuto sicuramente la testa contro il soffitto, quindi si trattenne.

«Quindi ci vediamo sabato… verso le 16?»
«Kagami-kun… solo gli adolescenti si danno appuntamento di pomeriggio per uscire insieme.»

Taiga arrossì, improvvisamente imbarazzato, mentre Tetsuya iniziò a ridacchiare all’espressione alquanto comica che aveva assunto il più alto.

«V-vuoi cambiare orario, quindi?»

Chiese timidamente il rosso, passandosi una mano tra i capelli. L’altro scosse la testa.

«Va benissimo vederci di pomeriggio, tranquillo…»

E si sorrisero dolcemente. Poi Kuroko iniziò a guardare verso il basso in maniera insistente, come se stesse osservando qualcosa.
E Kagami stava davvero per abbassare lo sguardo per vedere di cosa si trattava, se solo la voce pacata dell’altro non avesse richiamato la sua attenzione.

«Kagami-kun…»
«Sì?»
«Anche se lo trovo piacevole… perché mi hai preso per mano?»

Solo allora Taiga si accorse che la sua mano destra aveva preso la sinistra di Tetsuya e la stava stringendo delicatamente.
Al proprio tocco poteva sentire i polpastrelli ruvidi e la parte del palmo più vicina al polso leggermente rovinata dalle tante volte che la gomma del pallone da basket aveva strofinato contro la pelle chiara e liscia, apparentemente più delicata di ciò che era.
Aveva una mano morbida quel ragazzo, ma sorprendentemente forte. Una di quelle la cui presa ferrea non avrebbe mai fatto scappare nulla, una volta preso.

E Kagami non voleva assolutamente lasciarla, ma dovette farlo.

«Scusa, non me n’ero accorto…»

Ridusse tutto a un’ammissione e incompleta ma sincera, intrisa di una timidezza che solitamente non faceva parte di lui.

Kuroko non poté fare a meno di sorridere ancora, perché con quel ragazzo era terribilmente semplice e naturale ritrovarsi a farlo, e questo non gli era successo con nessuno, soprattutto nei cinque anni in cui erano stati separati. Quasi non ricordava cosa si provasse nel dedicare un sorriso sincero a qualcuno, ma Taiga glielo aveva fatto riscoprire con la semplicità che lo caratterizzava sin dagli anni delle superiori, con la sincerità che Tetsuya aveva visto nel suo cuore sin da quando si erano incontrati per la prima volta.

«Ora… credo che sia meglio che vada in caserma, non vorrei arrivare in ritardo…»

Kagami si dileguò, anche se non avrebbe voluto farlo, dopo aver sciolto la stretta delle loro mani.

Aveva ottenuto un appuntamento, aveva la possibilità di farlo innamorare.
Sentiva di potercela fare.

Ciò che non sapeva, era che non avrebbe avuto alcun bisogno di nulla, perché il cuore di Kuroko non aveva mai smesso di battere per lui, perché il ragazzo dai capelli azzurri si era reso conto da molto tempo dell’intensità dei sentimenti che provava.

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E, dopo che la sera stessa si era messo d’accordo con Kuroko riguardo il luogo e l’orario preciso in cui incontrarsi, il Sabato era arrivato davvero velocemente.
Dopo che Atsushi si era generosamente offerto di fare da babysitter ai suoi figli -e lui si fidava di quel ragazzo, perché per quanto non gli fosse simpatico sapeva che era una brava persona e che era affezionato ai due, soprattutto a quella piccola peste di Hikari- e Tatsuya gli aveva detto in almeno tre lingue di stare tranquillo e non preoccuparsi per loro nemmeno per un istante ma di pensare solo al suo appuntamento, Taiga aveva deciso di affrontare la sfida maggiore, quella dell’abbigliamento.

Perché, va detto, Taiga Kagami era assolutamente incapace di abbinare due capi insieme. Soprattutto se si sentiva sotto pressione come in quel momento.
Himuro gli aveva offerto di prendere tutto quel che voleva dal suo armadio, visto che portavano più o meno la stessa taglia ed avevano un rapporto molto simile a quello tra consanguinei, quindi aveva decisamente troppa scelta.
Dopo aver scartato un po’ di capi e abbinamenti improponibili, che gli fecero chiedere cosa ci facessero dei pantaloni azzurri a pois o un’orrenda maglietta blu elettrico con una stampa color giallo evidenziatore -che avrebbe puzzato d’esagerazione persino sulla Yamaha M1 più nota nel mondo delle corse- nell’armadio di un essere umano, scelse finalmente qualcosa da mettere.
Ovviamente, il trauma dei precedenti ritrovamenti gli fece compiere la saggia scelta di affidarsi solo alle proprie cose.

Infine prese le cose essenziali -portafogli, chiavi, cellulare- e osservò il casco nero e argento in un angolo: era da un po’ che non prendeva la moto, forse sarebbe stata ora di farlo per un’occasione del genere.

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*Venice Beach: playground più famoso della West Coast, è situato proprio a Los Angeles ed è a pochi passi dalla spiaggia omonima.

   
 
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