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Autore: Kiri94    10/05/2013    2 recensioni
Questa è una raccolta di tutti i capitoli speciali basati sulla fanfiction "Katekyo Hitman Reborn! - Kiri no Gemini": ogni capitolo speciale, sia essa una Missing Moment della serie principale di Katekyo Hitman Reborn! o un episodio speciale della Fanfiction stessa, verranno tutti raccolti qui. Buona lettura!
Genere: Comico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Katekyo Hitman Reborn! - Kiri no Gemini'
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Ho deciso di iniziare gli special inerenti a questa Fanfic ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1792144&i=1 ) con una "Missing Moments", ovvero un flashback sulla vita di Nagi/Chrome appena prima del famoso incidente e dell'incontro con Mukuro.
Ho descritto i particolari, inventandomi anche un paio di cose, come il vero cognome di Nagi, dato che il nome Chrome Dokuro glielo assegnò Mukuro stando a quanto disse la mangaka Akira Amano nel manga stesso, e un pò di altre cose.
Beh, che altro dire, è scritta col cuore, spero vi piaccia e buona lettura ^^


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Era un tiepido mattino primaverile: le gemme sui rami degli alberi lentamente si schiudevano, I ciliegi fiorivano colorando le strade di un candido rosa, mentre un pallido sole finalmente spazzava via l'inverno, inondando di luce tutta la città. Specialmente la camera di una lussuriosa villa in perfetto stile giapponese.

Un caldo raggio di sole irruppe dalla finestra, finendo dritto in faccia ad una ragazza, profondamente addormentata, che si rigirò dall'altra parte, infastidita, ma ormai era sveglia.

- … è già... mattina? - mormorò, aprendo piano gli occhi, con aria decisamente triste.

Ancora una volta, le toccava alzarsi, andare in quella scuola dove tutti la prendevano in giro... ma sotto certi versi, era comunque molto meglio che restarsene qui, dove nessuno la degnava mai di uno sguardo.

A scuola I suoi voti erano piuttosto alti, poichè passava le giornate a studiare, non avendo amici, ma proprio per questo era così emarginata da tutti, e gli insegnanti pretendevano da lei il doppio che dagli altri. Con uno sforzo decisamente sovrumano per lei, si alzò dal letto, avvicinandosi allo specchio e contemplando la sua immagine: era una bellissima ragazza, dai lunghi capelli tendenti al color ametista, con la frangia più lunga sul lato destro del volto, che spesso le copriva l'occhio destro, motivo per cui si infilò la solita forcina, unico ricordo di Kiara, sua unica amica purtroppo trasferitasi, per tenerli fermi. I suoi grandi occhi viola, decisamente fuori dal comune, erano perfetti per il suo viso, contribuendo ad aumentarne esponenzialmente il fascino. Ma c'era una cosa che rovinava tutto: la sua espressione triste e abbattuta, l'espressione di chi conosce troppo bene la solitudine e non conosce l'amore.

Finì di prepararsi in pochi minuti, infilandosi con cura la divisa per poi camminare con calma verso la cucina. Appena entrò, vide sua madre uscire di corsa per andare a lavoro, senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Ma non le importava: c'era abituata. Non che la cosa non la ferisse, certo, ma non poteva farci niente. Per sua madre, lei era solo un intralcio, solo un errore. E lei non voleva darle fastidio, in alcun modo.

Aprì il frigorifero, e guardò il contenuto: un ananas, perdipiù quasi marcio. Lei odiava gli ananas. E sua madre lo sapeva, ma evidentemente non le importava niente, era troppo impegnata col lavoro per pensare a fare la spesa, figuriamoci per prepararle la colazione o il pranzo. Inoltre lei pranzava sempre fuori o in ufficio, che bisogno aveva di fare la spesa?

Richiuse il frigorifero, le era passata la fame. Prese la cartella e si infilò le scarpe, chiudendo con cura la porta a chiave, guardando poi l'orologio: le 7 e 30, era in anticipo. Poteva andare a trovare Yoru, anche se non per molto tempo. Ma era meglio di niente.

Percorse quindi il lungo vialetto che la portò al cancello della sua villa, dove, facendo leva sulla sua volontà, varcò la soglia, trovandosi su di un affollato marciapiede. Ma nonostante fosse appena uscita da una villa così lussuosa, anche qui nessuno diede segno di accorgersi della sua presenza... ma nonostante questo, non ci badò nemmeno, proseguendo per la sua strada, ignorando a sua volta le persone che aveva attorno, fino a raggiungere una villa abbandonata e in decadimento, dove aprì un cancello arrugginito ed entrò. Quel posto era per lei qualcosa di simile ad una casa, molto più di quanto lo fosse la sua villa. Si guardò attorno: nessun segno di vita. Che si stesse nascondendo?

- Hey... Yoru. Yoru. Sono qui, sono venuta a trovarti! - disse ad alta voce, camminando in giro per la villa. Finalmente, dopo parecchi minuti, un gattino completamente nero dagli occhi azzurri fece capolino da dietro una poltroncina rovesciata e distrutta, correndole incontro e saltandole in braccio. Lei sorrise, per la prima volta da parecchio tempo: quel gattino era il suo unico, vero amico. Non le importava di essere ignorata e odiata da tutti, finchè aveva lui, non sarebbe mai stata veramente sola. Si inginocchio posandolo a terra, iniziando ad accarezzarlo e a fargli I grattini sotto il musetto, mentre quello miagolava felice e le faceva le fusa. Fù per questo che il tempo le sfuggì di mano, e quando guardò l'orologio... - Ah... sono in ritardo... Non va bene... Furuiwaru-sensei se la prenderà di nuovo con me... - e sospirò, alzandosi, con aria rassegnata. In ogni caso, era abituata anche a questo: quella donna approfittava di qualsiasi occasione per maltrattarla e punirla, e quando l'occasione non c'era, la creava lei.

Tirando un altro sospiro sconsolato, prese in braccio il gattino, che miagolò fissandola negli occhi – Yoru, devo andare... tornerò dopo scuola, promesso! - e gli sorrise debolmente. Il gattino parve percepire la tristezza della ragazza, perchè emise un miagolio sconsolato, come se fosse triste di vederla in questo stato. Quindi, le leccò una mano e tornò dietro la poltrona, dove mollò l'ennesimo miagolio, come a dire “ti aspetterò qui!”.

Nagi si alzò, si spazzolò la gonna con cura, quindi si diresse di corsa verso la scuola.

 

*

- È in ritardo, signorina Hasuhana-san. Come sempre, del resto – disse ad alta voce, assicurandosi che tutta la classe sentisse, e mettendo una particolare enfasi sull'ultima parte della frase. Lei abbassò lo sguardo – Scusi, Furuiwaru-sensei... - mormorò debolmente, sperando che le permettesse di andare a posto. Ma lei non volle saperne: la sera prima aveva litigato con suo marito, ed era ben decisa a sfogarsi su di lei. Sapevano tutti che ai suoi genitori non importava se veniva maltrattata o derisa, quindi ne approfittavano tutti – Questo è tutto quello che hai da dire, Nagi Hasuhana-san? Oh, o forse dovrei darle del lei, dato che la nostra ricca principessa pensa di essere esclusa dagli orari di noi comuni mortali. Sbaglio, Hasuhana-sama? Beh, sà che le dico? Io non ho intenzione di trattarla in modo speciale solo perchè è figlia di una famiglia importante. Per cui, vorrei che mi scrivesse alla lavagna per 100 volte la frase “L'essere ricca non mi rende speciale e diversa dagli altri”. E se non finsce in tempo per la fine dell'ora, si fermerà dopo scuola finchè non finirà. Che ne pensa, è una punizione degna di lei, Hasuhana-sama? - consluse, con un sadico sorriso, porgendole il gesso. Trattenendo a fatica le lacrime, Nagi annuì debolmente, prendendo il gessetto che le veniva offerto con riluttanza, iniziando a scrivere alla lavagna la frase richiesta. Ma la signora Furuiwaru non era soddisfatta, e le fece cancellare quasi ogni frase approfittando del fatto che fossero scritte in modo incomprensibile, dato che le tremava la mano.

Alla fine dell'ora, aveva ultimato appena 20 delle 100 frasi richieste. Lei la guardò con disprezzo, dicendo ad alta voce – La aspetto dopo la fine delle lezioni per finire di scontare la sua punizione. E non si azzardi nemmeno a scappare, perchè in quel caso le farò passare dei guai seri. - e se ne andò, con un ghigno soddisfatto sulla faccia.

Sentì I suoi compagni mormorarle alle spalle frasi del tipo – Le stà bene, è la classica snob che pensa di essere migliore degli altri – oppure – già, per questo che non ha nessuno! - e ridevano alle sue spalle. Questa fù l'ultima goccia: Nagi scoppiò a piangere, dirigendosi nel bagno e chiudendosi a chiave, rannicchiandosi sulle ginocchia a terra senza trattenere le lacrime o I tremiti. Rimase lì dentro per ore, e nessuno si preoccupò di cercarla: ancora una volta, a nessuno importava di lei. Si decise ad uscire solo al suono dell'ultima campana, che annunciava la fine delle lezioni, decisa a non perdere la punizione: aveva già passato troppi guai. Le lacrime le avevano appannato la vista, e non si accorse di un occhio rosso che la fissava dall'oscurità. Si lavò la faccia, e uscì dal bagno, avviandosi all'aula scelta per scontare la punizione. Trovò la signora Furuiwaru ad aspettarla davanti alla porta, e, non appena la vide arrivare, guardò l'orologio.

la campanella è suonata da ben 7 minuti, Hasuhana-san. Penso non potrà biasimarmi se aggiungo altre 50 frasi alle 80 che già doveva terminare. Prego – e le porse il gessetto di qualche ora prima – inizi pure – e si mise comoda, osservando compiaciuta la ragazza scrivere, con espressione vuota, la stessa di chi ha perso la voglia di vivere.

Quando finì, era il tramonto: la signora Furuiwaru si alzò e se ne andò senza nemmeno salutarla, ma a Nagi non importò: raccolse la sua roba, e si diresse verso la Villa abbandonata. Sicuramente vedere Yoru le avrebbe tirato sù il morale, poi una volta tornata a casa si sarebbe coricata presto, e tutte le sofferenza della giornata sarebbero state spazzate via.

Ma non sapeva che non ci sarebbe mai più tornata.

Mentre camminava, decise di passare per la via principale, la più trafficata della città: c'era moltissima gente, ma almeno era vicinissima alla villa, sarebbe arrivata decisamente prima. Ma mentre correva, sentì un forte miagolio che la fece voltare.

Yoru era nell'altro lato del marciapiede, e miagolava disperato cercando di sovrastare il rumore del traffico e di attirare la sua attenzione. Nagi sgranò gli occhi – Y-Yoru! Che ci fai qui?! Torna alla villa, qui è pericoloso, aspettami lì! - urlò, preoccupata. Ma Yoru fraintese, e le corse incontro, gettandosi in mezzo alla strada.

- YORU! NO! - urlò lei disperata, mentre un camion passava ad alta velocità non vedendo il gattino. Nagi urlò disperatamente – YORU! SPOSTATI! CHE FAI?! - ma il gattino, accortosi del pericolo, rimase immobile in mezzo alla strada, terrorizzato dal camion che gli veniva incontro: a nulla servirono le urla di Nagi.

- YORUUUUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!!!!!! -

E mentre vedeva il camion avvicinarsi, le tornarono in mente tutti I momenti passati con Yoru, I più belli della sua vita.

- YORUUUUU!!!! -

Yoru era il suo unico amico: se perdeva anche lui, che cosa ne sarebbe stato dell'ultimo barlume di felicità della sua vita?

- YORUUUUUUUUUUUUUU!!!!! -

La sua vita era così vuota... Yoru in qualche modo aveva contribuito a lenire la sua agonia.

Ma d'altronde, lei era inutile, come aveva ribadito la signora Furuiwaru per tutta la durata della punizione, e le persone inutili come lei non dovevano avere amici.

Nagi guardò la scena al rallentatore, le lacrime che le inzuppavano il volto.

Lei era inutile, lo sapeva, odiata da tutti, certo, e forse se fosse morta lei non sarebbe importato a nessuno, anzi, forse sarebbe stato davvero meglio.

Ma Yoru... lui era stato l'unico a volerle bene, e lei era stata l'unica a prendersi cura di questo gattino orfano... Era il suo unico amico, il suo unico vero amico.

Fù con questi pensieri che prese la sua decisione.

- YORUUUUUU! - urlò un ultima volta, gettando la cartella a terra, guardando il camion ormai a pochi metri dal gattino terrorizzato mentre correva verso di lui – NON MORIRE! YORU!!!! - e, con un ultimo urlo disperato, si lanciò in mezzo tra il camion e il gattino, sotto gli occhi attoniti dei passati che assistettero impotenti alla scena. - Buffo – pensò Nagi, mentre vedeva la sua vita scorrerle davanti agli occhi – ora che stò per morire, pare che tutti, finalmente, si siano accorti di me. -

E, con questo ultimo pensiero, atterrò predendo al volo il gattino e rannicchiandosi addosso a lui per usare il proprio corpo come scudo, mentre ormai mancavano pochi istanti all'impatto.

L'ultima cosa che vide fù la ruota anteriore del camion che le passava sopra il petto.

*

- Mh...? Dove... dove sono? Non vedo... niente... -

Nagi si rese conto di avere una coscienza solo in questo momento. Cercò di ricordare cos'era successo, ma non ci riuscì: la sua memoria si limitava a mostrare immagini frammentarie di lei che saltava in mezzo alla strada e vedeva la ruota del camion passarli sopra, poi... il nulla.

- Quindi... sono morta? - sussurrò piano nella sua mente.

Non era tanto male, pensò: qui non avrebbe dato fastidio a nessuno, perlomeno, e l'idea di passare l'eternità in solitudine chissà perchè non la angosciava affatto.

Perse presto la cognizione del tempo che passava: non seppe mai quanto tempo restò in quel nulla assoluto, forse minuti, forse giorni, o addirittura mesi.

Finchè il silenzio si ruppe.

- Come sarebbe a dire che è rimasta investita per salvare un gatto? -

Nagi aprì gli occhi – Mamma...? - mormorò debolmente, tendendo l'orecchio per sentire il più possibile della conversazione.

- Si calmi signora... sua figlia è ancora viva, anche se attualmente è in stato di coma... ha perso molti organi nell'incidente, tra cui l'occhio destro... non siamo sicuri che... ce la farà. - disse una voce sconosciuta, con aria costernata. Ma prima che la donna potesse replicare, si aggiunse un'altra voce maschile – Quella seccatura... per colpa sua ho dovuto abbandonare la riunione più importante della mia carriera! Che è successo?! - urlò, furioso. - Papà...? - pensò Nagi. L'infermiera era basita.

Scusi ma... che stà dicendo?! Sua figlia è in pericolo di vita e lei pensa ad una riunione di lavoro?! - urlò a sua volta, alzando il tono. Se solo non fosse stata in servizio, probabilmente gli avrebbe mollato uno schiaffo. La donna si rivolse all'uomo – Caro, dicono che sia stata investita da un camion per salvare un gatto... - disse lei. Ci fu una pausa di silenzio, quindi Nagi udì la voce del padre – Come sarebbe... è in fin di vita per uno stupido gatto?! - disse, non celando la rabbia. La madre cambiò il tono – No... dicono che... si può salvare con organi di un donatore compatibile ma non ho voglia di farmi tagliare... non per lei. In fondo, non l'ho mai capita, quella ragazzina. Nessuno vuole davvero che viva no? - disse lei, con tono egoista. L'infermiera era troppo scandalizzata per parlare. Il padre mormorò – Fai quello che vuoi, io torno in riunione! Non ho tempo da perdere per quella là! - disse questi, alzando il tono. La moglie provò a fermarlo – Hey, caro, aspetta! Non dovremmo prima decidere insieme cosa fare? - disse lei, con tono abbastanza scocciato ma che lasciava trasparire una leggerissima preoccupazione. L'infermiera non resistette più – Senta, dove crede di andare le- ma quello la spinse via in malo modo.

- SILENZIO! IO ME NE VADO, NE HO ABBASTANZA DI QUELLA... COSA, NON NE VOGLIO PIU' SAPERE NULLA! - e girò I tacchi, avviandosi all'uscita. La moglie parve aprire bocca per un istante, per ribattere, ma decise che era meglio tacere, e seguì a ruota il marito. L'infermiera rimase lì sconcertata – Lei... lei... - decise di trattenersi, non poteva perdere il lavoro – C-cosa ne sarà di sua figlia? - pigolò. L'uomo si fermò per un istante – L'ho detto. Fatene quel che volete. Non voglio più saperne – e, detto questo, se ne andò.

Nagi ascoltò tutta la conversazione, richiudendo gli occhi. L'aveva sempre saputo, di essere solo d'impiccio alla carriera di suo padre e sua madre, di essere solo un errore. La sua esistenza era inutile, e ne era a conoscenza da sempre.

E allora perchè stava piangendo?

- Io... sono solo un errore... la mia esistenza provoca solo sofferenza... - singhiozzò nell'oscurità più totale – forse... è meglio così... alla fine, è meglio per tutti... - e scoppiò in lacrime, sfogando tutto il dolore e la solitudine accumulata negli anni.

 

- Nagi. -

 

Nagi alzò Il capo, sussultando e aprendo gli occhi: non se l'era immaginato, aveva sentito chiaramente il suo nome. Ma ovunque guardava, vedeva solo oscurità.

- Nagi – chiamò ancora la voce.

Nagi continuò a vagare nell'oscurità senza fine, seguendo la direzione della voce, finchè non vide in lontananza una figura bianca, luminosa. Abituata all'oscurità com'era, quella flebile luce le pareva un flash negli occhi. Barcollando, raggiunse infine la fonde della luce.

Tese la mano per toccare la misteriosa figura evanescente e...

Il suo corpo ci passò attraverso, mentre attorno a lei si creava un'immensa foresta, sotto uno stupendo cielo blu e ventilata da una leggera brezza dall'odore marino.

Si accorse, con leggero stupore, di essere completamente nuda, ma non aveva importanza: doveva scoprire chi la chiamava.

- Nagi, qui. - disse la voce di prima, proveniente da dietro le sue spalle.

Nagi sussultò e si girò di scatto, trovandosi davanti un occhio blu intenso e un'altro rosso fuoco.

Nagi indietreggiò di un passo, arrossendo lievemente per l'imbarazzo, per guardare meglio: era un ragazzo dai capelli indaco piuttosto lunghi per un uomo, due intensi occhi eterocromatici, e un sorriso enigmatico e misterioso, ma che misteriosamente la tranquillizzò: capì subito che era lì per lei, ma quel che le sfuggiva era il perchè.

Ma c'era anche un'altra cosa che voleva sapere, forse prima di tutte – chi... sei? - mormorò timidamente. Il ragazzo le sorrise, radioso – non ha importanza, Nagi. Sono qui per te – disse, con voce calma. Lei arrossì: mai una persona, in tutta la sua vita, l'aveva cercata. Lei, comunque, voleva saperne di più – Cercavi... me? - e, vedendo il ragazzo annuire, continuò – ma... perchè? Io... - e si rabbuiò, mentre tratteneva le lacrime – sono solo un peso per tutti... penso sarebbe meglio se sparissi. - mormorò debolmente, la voce spezzata dai singhiozzi. Ma il ragazzo le afferrò dolcemente il volto con due dita, attirandolo verso il suo e guardandola negli occhi – Nagi. Io ho bisogno di te. - mormorò con la sua voce. Questa volta Nagi avvampò violentemente, ma ciò la rese solo più curiosa di sapere altro – Bisogno... di me? Ma perchè? - mormorò debolmente.

Il ragazzo la guardò negli occhi – Perchè tu hai bisogno di me – disse, sempre col suo sorriso. Non era una domanda, ma un'affermazione.

Nagi annuì.

Il ragazzo la guardò negli occhi – Nagi. Tu vuoi vivere. - disse semplicemente.

Nagi sussultò nuovamente: un'altra affermazione.

Nagi annuì ancora una volta.

Il ragazzo rise – Kufufu~ esattamente, tu vuoi vivere. E io voglio la libertà, per questo ho bisogno di te – spiegò con calma. Nagi lo guardò con sguardo interrogativo – Libertà...? - ripetè piano. Il ragazzo annuì – Sì. Al momento sono rinchiuso nella prigione Vendicare, gestita dai Vindice, I giudici del popolo della Mafia – spiegò lui. Ma Nagi non capiva ancora – Mafia...? - ripetè, confusa. Il ragazzo si mise una mano in fronte – Oya oya... pare dovrò raccontarti tutto dal principio... - sussurrò, più tra sè e sè che rivolto a lei. Quindi le prese la mano – Vieni, andiamo sotto quell'albero, saremo più comodi. Kufufu~ - disse, portandola con sè. Lei lo seguì senza obbiezioni, arrossendo.

*

- Quindi... questo Vongola Decimo … è colpa sua se sei stato arrestato, giusto? - disse lei, piano.

Lui annuì a conferma, quindi lei continuò – ed il tuo nome... è Mukuro Rokudo, e vuoi aiutarmi ricreando I mei organi con le illusioni perfette del tuo Sentiero dell'inferno, giusto? - e lo guardò. Lui annuì nuovamente, quindi lei finì di parlare – E in cambio... vuoi il mio corpo... per poter uscire dalla prigione... è così? - concluse infine. Mukuro annuì - Kufufu~ Esattamente, mia cara Nagi. - disse lui, sorridendo felice. Lei arrossì violentemente, sentendosi definire “mia cara Nagi”. Ma Mukuro non diede segno di notarlo. Seguì un lungo silenzio, che venne rotto da Nagi – Io... accetto. - disse, infine. Mukuro le prese nuovamente la mano, e la guardò negli occhi - Kufufu~ Allora è deciso, Nagi. Io sarò solo tuo, e tu sarai solo mia. Tu non sarai mai più sola e vivrai, e in cambio donerai a me la libertà. Giusto? - e la guardò. Nagi era completamente rossa fin dalla parte del “tu sarai solo mia e io solo tuo”, ma riuscì in qualche modo ad annuire. Mukuro sorrise e mollò la presa – Bene, Nagi, ora devo andare, incontrarti è stato per me uno sforzo inimmaginabile. - e fece per andarsene, ma poi si bloccò di colpo, senza girarsi verso di lei – Oya oya... quasi dimenticavo. Nagi... ora non hai più una famiglia, quindi vorrei chiederti altri due favori – e si girò a guardarla – Vuoi ascoltarmi ancora una volta? - disse. Lei annuì – Certamente... - disse timidamente. Mukuro si avvicinò nuovamente a lei – Primo: cambierai la tua identità in Chrome Dokuro. Se vuoi essere felice, devi tagliare ogni legame col passato. E, ultima cosa... non appena ti sveglierai, dirigiti in un posto chiamato Namimori: lì nei dintorni troverai un luogo chiamato Kokuyoland, dove vivono due persone di nome Chikusa Kakimoto e Ken Joshima. Vai da loro e raccontagli tutto quel che è successo in questo luogo. Lo farai? - disse serio, guardandola. Nagi annuì senza esitare: eliminare I legami col passato... era quello che aveva sempre desiderato fare. Ma non sapeva quando e se le sue cicatrici si sarebbero mai chiuse. Ma era decisamente già molto più di quello che avesse sperato.

Mukuro la guardò, sfoderando l'ennesimo sorriso - Kufufu~ Ottimo, Nagi. Ora rimane solo una cosa... - Disse, osservando Nagi intensamente per qualche istante, che arrossì ricordando di essere nuda – Svegliati. - disse Mukuro, svanendo nella Nebbia. Appena scomparve, la dimensione parve collassare su sè stessa, lei urlò di paura mentre tutto svaniva e una immensa luce abbagliante la accecava, finchè non realizzò che erano le lampade dell'ospedale. Aprì gli occhi, e si guardò: come promesso, tutti I suoi organi sembravano essere tornati al loro posto, tranne il suo occhio destro, che presentava un insolita anomalia che la incuriosiva, ma non capiva perchè invece non la spaventasse. Senza troppa fatica, si alzò dal letto: era debole, ma non poi tanto. Afferrò una benda medica da un carrellino da infermiera che trovò nella stanza, coprendoselo: non si sapeva mai, poteva anche essere un'anomalia dovuta ad un ritardamento nella rigenerazione dell'occhio. Una volta fatto questo, si guardò nello sporco specchio dell'ospedale, mentre cercava di ricordare la sua vita prima dell'incidente.

Scosse la testa: l'aveva promesso, avrebbe detto addio al passato.

Non era più Hasuhana Nagi. Ora era Chrome. Chrome Dokuro.

Uscì dall'ospedale con nonchalance, a quanto pare non era cambiato il fatto di essere praticamente invisibile a tutti. Eppure, ora era diversa: un dolcissimo sorriso illuminava il suo volto, mentre ripensava all'incontro con una persona decisamente speciale. Varcò la soglia dell'ospedale, e si fermò: ecco, era il suo primo passo. Il primo passo verso una nuova vita, una nuova libertà.

Sorridendo, fissò il cielo terso e azzurro, vedendo riflessa l'immagine di quello che per lei altri non era che un angelo senza ali.

- Mukuro... sama... - mormorò al cielo, arrossendo, per poi incamminarsi sotto la calda luce del sole di un nuovo giorno che iniziava.

 

FINE

   
 
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