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Autore: Elpis    11/05/2013    12 recensioni
I personaggi di Kodocha sono cresciuti.
Sana è felicemente sposata con Akito, Naozumi convive con Fuka, Tsu ed Aya sono addirittura diventati genitori. Quanto a Rei, continua ad essere il manager affettuoso della sua pupilla e a coltivare il suo idillio con Asako.
Quattro coppie, ognuna con un passato diverso alle spalle.
Quattro coppie i cui destini si intrecciano in un gioco di linee dai contorni non ben definiti.
E se bastasse un test di gravidanza a ingarbugliare tutto e a rompere quei delicati equilibri?
Estratto 15° capitolo:
"Kami, vi prego, fate che almeno il bambino si salvi".
Una parte di lei avrebbe solo voluto abbandonarsi al vuoto dell'incoscienza, l'altra lottava per mantenere a fuoco ciò che la circondava e rimanere presente. Avvertiva un gran vuoto all'altezza del petto, un vuoto da cui nemmeno il dolore delle contrazioni riusciva a distrarre.
"Posso essere egoista, almeno per un momento?"
C'era un nome che martellava nella sua mente, più forte della voce dei medici, più insistente del rumore dei macchinari elettrici, più penetrante della paura.
"Akito-kun.
Ho bisogno di te, Akito-kun."
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless Love'
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Contro il tempo
 
 
 
 



 
 

Era una sensazione strana.
Le fitte al ventre erano sempre più forti e frequenti eppure, chissà perché, il dolore sembrava scemare. O forse erano solo le sue energie a prosciugarsi e a renderle istante per istante più difficile tenere gli occhi aperti.
 
 

 
« Dove credi di andare? »
Sagami quasi non si era quasi reso conto di essersi alzato in piedi e di avergli sbarrato il passo.
L'odore di disinfettante dell'ospedale, la luce asettica che gli feriva la retina, tutto in quel corridoio contribuiva a minare il suo scarso autocontrollo.
E poi c'era lui, Akito Hayama. Quasi non aveva notato figura di Matsui che lo seguiva in silenzio.
Trovarselo davanti era la cosa peggiore e al contempo migliore che potesse capitargli in quel momento.
Peggiore, perché gli ricordava che per mesi aveva retto il gioco a quel viscido essere che aveva tradito Sana.
Migliore, perché finalmente aveva modo di incanalare la frustrazione che sentiva dentro. Poteva fare qualcosa, fosse anche solo spaccargli la faccia.
Hayama non rispose, fissandolo con uno strano sguardo allucinato. Aveva il fiatone e piccole gocce di sudore che percorrevano la linea del collo.
« Hai davvero una bella faccia tosta a presentarti qui, dove c'è anche la tua amante ».
Sputò fuori quell'ultima parola con acredine. Akito continuava a guardarlo in quel modo strano, quasi come se non fosse neanche pienamente consapevole di quello che stava succedendo, quasi come se...
Come se non mi riconoscesse.
Peccato che non basti così poco per impietosirmi.
« Fammi passare ».
Due parole in croce, in perfetto stile Hayama.
L'ira scorreva nel corpo di Sagami come un liquore tossico, mischiandosi al sangue. Si erano girati tutti a fissarli, ma non gli importava.
« No » replicò con aria di sfida. « Non hai nessun diritto di vederla ».
« Rei-kun... » provò ad intromettersi Asako.
La ignorò, mantenendo lo sguardo sul viso pallido di Hayama.
« Mi vergogno di averti coperto per tutto questo tempo ».
Per quanto calcasse il suo disprezzo, Akito non reagiva. Non pareva nemmeno recepire gli insulti che gli rivolgeva.
« Non so di cosa stai parlando. Ma non ho tempo da perdere con te ».
L'occhiata che gli lanciò era dura, adamantina. Era lo sguardo del piccolo teppista di strada che ricordava, lo sguardo di chi non ha più nulla da perdere.
Per un istante, Rei provò paura. Poi la rabbia tornò a coprire tutto, accecando la ragione.
Se fossi riuscito ad impedire questo dannato matrimonio, Sana non si troverebbe dietro quella porta bianca.
Lo sapevo fin dall'inizio che lui non era quello giusto per lei.
« Rei, che diamine... » si intromise di nuovo Asako, alzandosi in piedi.
Le labbra di Sagami si incurvarono in uno tsk di disprezzo.
« Dì loro quello che hai fatto » gli ordinò livido. « Avanti, confessa la tua tresca ».
« Ti ripeto che non so di cosa parli ».
La voce di Hayama era scesa di un tono, pareva il ringhio di un animale ferito. Contraeva spasmodicamente i pugni delle mani e tutto il suo corpo pareva scosso da fremiti.
Una parte di Rei credeva quasi a quelle parole. Non sembrava nelle condizioni di ricordarsi nemmeno il suo nome, figurati dargli le spiegazioni che cercava.
La abbandoni per sette mesi e ora vieni qui a fare la recita del maritino sconvolto.
Dopotutto, non era neanche certo di volerle delle spiegazioni.
« Molto bene, in questo caso sarò io a parlare » affermò conciso.
« Spostati. Non lo ripeterò di nuovo » mormorò Akito trapassandolo con sguardo metallico.
« Che cosa ti fa essere così nervoso esattamente? La paura per Sana-chan... o il fatto che stia per dire a tutti di te e Aya? »
Si mosse talmente velocemente che stentò ad accorgersene. Hayama scattò in avanti, più che intenzionato a travolgerlo o forse a stenderlo con il pugno che aveva sollevato. E così probabilmente sarebbe stato se non fosse stato per qualcosa che lo tirava indietro all’ultimo.
Non qualcosa, qualcuno.
Kamura.
Il colpo di Hayama mancò il bersaglio mentre Naozumi gli stringeva le braccia in una morsa, immobilizzandolo.
« Vai » bisbigliò questo e a Rei servì un istante per capire che non stava parlando con lui. « Che stai aspettando? Vai, ho detto » ripeté fissando Hayama dritto negli occhi.
Non sapeva cosa stava succedendo e Akito, se possibile, sembrava ancora più confuso di lui. Guardava Naozumi di rimando, il pugno ancora sollevato, lo sguardo di chi non è abbastanza lucido da fare due più due.
Forse avrebbe dovuto ringraziare Naozumi per aver impedito che le nocche di Akito si scontrassero con la sua faccia, ma in quel momento non era un dettaglio rilevante. Provò a scrollarselo di dosso e la sua sorpresa aumentò quando si rese conto che quello non pareva minimamente intenzionato a mollare la presa.
« Avanti, Hayama » mormorò Kamura.
Fu in quel momento che Rei intuì le sue intenzioni.
Non vuole difendermi.
Vuole fermarmi.
Per un attimo la sorpresa fu tale da non farlo nemmeno ribellare.
Da quando si schiera al suo fianco?
Probabilmente lo stesso pensiero ronzava nella testa di Hayama perché un lampo di diffidenza venò i suoi occhi, rendendoli più cupi.
Le unghie di Kamura scavarono i suoi avambracci mentre aggiungeva quelle ultime parole:
« Lei ha bisogno di te. Ha sempre avuto bisogno di te ».
A quelle parole Akito sussultò. Fu come se il suo corpo fosse percorso da una scarica elettrica, un brivido che si diramò lungo la spina dorsale. Poi scattò in avanti, superandoli quasi a corsa mentre il corpo di Rei si tendeva come una corda di violino.
Osservò la schiena di Hayama allontanarsi e si sentì incendiare dentro.
Non aveva nessuno diritto di avvicinarsi a lei. E ciò bruciava, quasi più della consapevolezza che Naozumi aveva maledettamente ragione e lei non avrebbe voluto nessun altro al suo fianco.
 
 
 
 
 

I contorni degli oggetti diventavano sempre più sfuocati.
I medici e le infermiere erano diventate macchie bianche, confuse. Ogni tanto le loro voci penetravano la sua coscienza.
« Resisti ».
Il volto pallido, tondo, di un’infermiera più accanita delle altre. Aveva una voce morbida ma tenace.
« Cerca di non perdere conoscenza. Fallo per il tuo bambino ».
Il suo bambino.
Era un eco dolce, melodico, che le risuonava in testa simile al suono di un carillon.
Sana provò a aprire gli occhi, le palpebre che pesavano come macigni. Era dura ma doveva lottare.
L’infermiera le aveva appena ricordato un ottimo motivo per cui non poteva arrendersi.
 
 

 
Naozumi liberò Rei, curandosi di frapporsi fra lui e il corridoio vuoto.
Non sapeva bene che cosa gli fosse preso né che cosa stesse succedendo. Era sicuro solo del fatto che il posto di Akito fosse a fianco di Sana. D’altronde era una certezza che aveva dolorosamente acquisito al tempo della scuola e che non aveva fatto che ripetere a quei zucconi, fino allo sfinimento. Qualunque fosse il motivo per cui Sagami era diventato così aggressivo, non avrebbe più potuto guardare Sana negli occhi se la avesse tenuta lontana da Hayama.
L’ha capito, anche se in ritardo. Serviva che Kurata fosse in punto di morte perché Akito aprisse gli occhi e corresse al suo fianco.
Lanciò un’occhiata da sotto in su a Rei che sembrava letteralmente schiumare rabbia.
Be’ meglio tardi che mai.
« Non avresti dovuto trattenermi » sputò fuori rabbioso.
Una voce sottile ma decisa si intromise fra di loro, impedendogli di replicare.
« Rei-kun… che cosa stavi dicendo prima? » mormorò Aya fissandolo con occhi sgranati, come se dubitasse di aver udito bene.
Rei si aggiustò la montatura degli occhiali in un gesto nervoso.
« La verità » rispose con sussiego. « Sono mesi che so della vostra relazione nascosta ».
Aya sgranò gli occhi, fissandolo come se fosse uno dei suoi pazienti bisognosi di cura. E di una visita al reparto psichiatrico, magari.
« Che stai dicendo? Quale relazione? » chiese con voce più acuta.
Sagami contrasse di nuovo nervosamente il pugno. La rabbia che lo animava, però, pareva dissolta, dileguatasi insieme ad Hayama.
« Smettetela di far finta di non capire. Lo sa tutto l’ospedale che sei la sua infermiera preferita ».
Era un commento velenoso e le gote di Aya si tinsero immediatamente di rosso.
« Ovvio che sono la sua infermiera preferita, mi conosce fin dalle elementari » rispose a tono, sollevando appena il mento.
Rei si passò la mano fra i capelli con un gesto stanco.
« Mi piacerebbe crederti, Aya, ma sono venuto più volte in ospedale e ho visto con i mie occhi che Akito cerca sempre e solo te, per ogni più piccola sciocchezza. Per non parlare di quella volta… »
Il rossore di Aya si era esteso al collo. Gettava piccole occhiate furtive verso Tsuyoshi, controllando la sua reazione di fronte a quelle insinuazioni. Questo pareva pietrificato, sul volto un’espressione difficile da decifrare.
« Smettila di fare allusioni. Dì chiaramente quello che devi dire, non ho niente da nascondere. Io e Hayama non siamo mai stati insieme » ribadì con fermezza.
Le parole erano indirizzate a Rei ma mentre le pronunciava fissava il volto di Tsuyoshi. Una vena pulsava ritmicamente sul suo collo e probabilmente Aya si stava preoccupando, consapevole di quanto fosse propenso a scatti d’ira.
« Vi ho visti insieme » esordì teatralmente Rei.
Questa storia sta diventando peggio di un fiction.
« Sei entrata nel suo studio e quando sei uscita avevi la veste scomposta » proseguì senza il coraggio di fissarla negli occhi.
Per la verità fino a quel momento Naozumi aveva pensato che Rei avesse preso un abbaglio. Quelle ultime parole però riuscirono per a instillargli il seme del dubbio e in un attimo la reazione di Sagami, la voglia di tenere Hayama lontano da Sana-chan, gli divenne comprensibile. Si voltò verso Aya, in attesa di sentire la sua discolpa.
E quella, inspiegabilmente, scoppiò a ridere.
Fu un risolino leggero, che inizialmente provò a trattenere ma che alla fine riuscì a prorompere all’esterno. Naozumi la fissò allibito, mentre quella sembrava avere difficoltà a smettere.
Decisamente peggio di una fiction.
« Sarebbe questa la tua fatidica prova? » lo derise quando finalmente i singhiozzi si furono placati. « Sappi che hai preso un granchio » rispose serena, poggiando una mano sulla gamba di Tsu.
Rei alzò la testa di scatto, fissandola come se fosse restio a credere a quelle parole.
« E come potrei? »
« Sul fatto che fra me e Akito ci sia un rapporto speciale, non posso che darti ragione. È vero che mi chiama spesso, molto più spesso delle altre infermiere ma il motivo, come ho già detto, è semplice amicizia. Unito al fatto che non tento di saltargli addosso e strappargli il camice come fanno la maggior parte delle altre ragazze » aggiunse con un pizzico di malizia.
« Ma vi ho visti nel suo studio… » replicò Sagami, cocciuto.
Aya scostò i capelli di lato, mettendo in luce il viso materno.
« Immagino che tu alluda al giorno in cui mi sono sentita male. Ero entrata nello studio di Akito per portargli le solite scartoffie e improvvisamente ho avuto un giramento di testa » abbassò lo sguardo, per un attimo in imbarazzo. « Portare avanti la casa con due bambini piccoli e il lavoro è un’attività faticosa. Fatto sta che se Akito non mi avesse afferrato al volo, sarei caduta per terra come una sciocca. Se mi sono trattenuta più a lungo è stato perché lui si è voluto assicurare che mi sedessi e bevessi qualcosa. Oltre a controllarmi le pulsazioni, la dilatazione delle pupille, la pressione… non sia mai che A-chan non faccia un lavoro scrupoloso » concluse ironica.
Questa volta fu il turno di Rei di tingersi di scarlatto.
« Io… io… » mormorò in chiara difficoltà. « Siete usciti e avevi la veste sbottonata… chiunque avrebbe pensato… »
« Avevo caldo e ho allentato i bottoni, tutto qui » replicò Aya inarcando un sopracciglio.
Si vedeva che trovava l’imbarazzo di Rei comico e la situazione la divertiva. Tsuyoshi al suo fianco pareva avere ripreso a respirare normalmente. Perlomeno la vena non minacciava più di esplodere.
Rei invece si stava profondendo in una marea di scuse, ma Naozumi aveva ormai perso interesse. Fissò per un attimo il corridoio, chiedendosi se Akito fosse riuscito a raggiungere Sana.
«… È tutto a posto, Rei-kun. Davvero » udì distrattamente dire da Aya. « Solo la prossima volta pensaci due volte prima di improvvisarti detective: sono una madre di famiglia, ora ».
Naozumi non riuscì a trattenere un sorriso nel sentire il tono di dolce rimprovero di Sugita: sembrava davvero una giovane mamma alle prese con l’ennesima marachella del pargolo.
Una strana sensazione gli bucò la nuca. Si girò, faticando a trattenere un brivido.
A pochi passi di distanza, Fuka lo fissava, gli occhi marroni che erano l’unica nota di colore nel suo volto. Era stata così silenziosa, così poco Fuka, che dubitava persino che gli altri si fossero accorti della sua presenza.
Lui sì, ovviamente. E se Sagami non si fosse messo in mezzo con quel suo maldestro tentativo di difendere Sana, sarebbe già stato al suo fianco.
La vide allungare la mano, in un invito appena accennato. Non attese oltre per schierarsi al suo fianco e cingerla in un abbraccio. Aveva paura che lo respingesse, che fuggisse come pareva essere diventata abitudine in quell’ultimo periodo. Non sapeva se avrebbe retto in quel caso: ora che il fiotto di adrenalina andava scemando, la paura per la sua migliore amica montava rapida come un fiume in piena. Ma contro le sue aspettative, Matsui si strinse a lui senza un attimo di esitazione, nascondendo nell’incavo del collo quelle lacrime silenziose che fino a quel momento non era riuscita a versare. E in quel momento, nonostante la tragicità della situazione, Naozumi si sentì completo.



 
 

Lottare non si stava rivelando facile come erano le sue aspettative.
Più si sforzava di rimanere cosciente e più il dolore al ventre si faceva forte. E una voce, dentro di lei, diveniva sempre più difficile da tacitare.
Basta così”.
Aveva combattuto abbastanza, perché soffrire ancora? L’oblio era così dolce e non vedeva l’ora di abbandonarsi ad esso. Anelava al buio e alla pace, erano come il canto ipnotico di una sirena. E invece doveva sforzarsi di tenere gli occhi aperti fino a farli lacrimare, mentre le voci dei medici si affollavano confondendosi fra loro e nell’aria respirava l’odore ferroso del sangue.
Si morse un labbro, l’agghiacciante consapevolezza che non avrebbe resistito ancora per molto che le si diffondeva nelle vene.
 
 
 
Hayama correva lungo il corridoio, sentendosi come una fiera in gabbia. Aveva imparato a considerare l’ospedale come una seconda casa e non credeva che potesse tramutarsi in un istante in un luogo di orrore a quella maniera.
Essere dall’altra parte è completamente diverso.
Essere dalla parte di chi aspetta e prega, invece di chi agisce e opera è peggio di un incubo.
Intravide la porta bianca e quasi si schiantò contro di essa.
Kurata.
Riusciva a pensare solo a lei, al suo corpo che si contraeva per gli spasmi, ai capelli sudati attaccati alla nuca, agli occhi spaventati, alla bocca che forse gridava il suo nome.
Un ostacolo, l’ennesimo, si frappose fra lui e sua moglie.
Tre infermieri, di cui due piuttosto robusti, parevano spuntati come dal niente.
« Che sta facendo? Non si può entrare in sala. Stanno ancora operando » affermò secco il più esile dei tre.
« Mia moglie è là dentro » rispose con la mente annebbiata.
I tre si lanciarono uno sguardo, appena più comprensivi.
« Sono spiacente, si tratta di un intervento delicato, i medici hanno bisogno della massima concentrazione ».
Le loro parole gli scivolavano addosso, prive di senso. L’unica cosa che recepiva era che non parevano intenzionati a farsi da parte.
Akito soppesò per un attimo la situazione: uno scontro uno contro tre era difficile, forse impossibile a condizioni normali. Ma in quel momento… era convinto che sarebbe riuscito a sfondare il muro a mani nude.
Poi poche parole riuscirono a penetrare nella sua mente, riaccendo la razionalità.
«… Non vorrà rischiare di peggiorare la situazione, vero? »
« Peggiorare? » ripeté sbattendo le palpebre.
L’infermiere annuì, deciso.
« I medici e l’ostetrico conoscono il loro lavoro…ma non possono perdere tempo a occuparsi anche di lei. E non credo che riuscirebbe a tranquillizzare nessuno in queste condizioni ».
Fu come se una cortina rossa fosse calata improvvisamente a coprirgli la retina. Kurata era dietro quella porta, eppure se fosse entrato avrebbe probabilmente messo ancora più a rischio la sua vita. Si spinse in avanti, tentando di sfondare quella barriera umana ma fu bruscamente respinto indietro.
« Non mi costringa a sedarla » mormorò un infermiere, bisbigliandolo quasi nel suo orecchio.
Indietreggiò, le gambe che parevano d’improvviso incapaci di reggere il suo peso. Si afflosciò contro il muro, come uno straccio gettato in disparte.
È tardi.
Sono arrivato troppo tardi.
« Kurata! » urlò con quanto fiato aveva nei polmoni.
Il suo pugno chiuso si abbatté contro la parete che lo teneva distante dalla donna che amava e che forse non avrebbe più rivisto.
 

 
Non ce la faceva più.
Aveva sonno ed era stanca.
Voglio chiudere gli occhi. Per un attimo, solo per un attimo… Mi riposo un secondo perché queste contrazioni sono troppo dolorose. Poi riprenderò a spingere ma adesso…”
Non fece in tempo a pensarlo che le palpebre si chiusero mentre il manto dell’incoscienza la stringeva in un abbraccio.
 
 


 
Si era allontanato dagli altri.
Ufficialmente la scusa era che aveva bisogno di un caffè.
Ufficiosamente era che necessitava di stare solo, di mettere distanza fra sé e le persone che conosceva da tutta una vita.
Peccato che tu non posso fuggire altrettanto facilmente dalle tue bugie.
Scacciò quel pensiero con fastidio, inserendo le monetine nella macchinetta e pigiando un tasto a caso: era sicuro che qualunque fosse stata la bevanda selezionata non avrebbe saputo distinguerne il gusto.
Tutto è coperto dal sapore acre del tradimento.
Afferrò il bicchiere di carta, rovesciando un po’ del contenuto e ustionandosi la lingua per la foga.
Il liquido caldo gli scese lungo la gola, scacciando per un istante il senso di gelo che gli si era annidato nelle ossa.
« Sei qui allora ».
Si girò lentamente. Aveva riconosciuto quella voce ma una piccola parte di lui sperava di sbagliarsi.
« Ti cercavo » proseguì lei.
La fissò senza trovare il coraggio di ribattere. Nella sua mente si ricorrevano alla rinfusa i tanti attimi trascorsi insieme, le manciate di minuti rubati nello sgabuzzino del suo studio, le telefonate a mezza voce, gli sms stringati e cancellati un secondo dopo.
« Non ce la faccio più a nascondermi » aggiunse senza fissarlo direttamente negli occhi.
Il nodo alla gola stringeva come un cappio. Si sforzò di deglutire, replicando:
« Ne abbiamo già parlato. Ho una famiglia… »
Lei scosse il capo, testarda.
« Dobbiamo dir loro la verità ».
« Quale verità? » si intromise una terza voce.
Si girò di scatto, fissando la figura alle sue spalle.
« Quale verità? » ripeté Aya.
Di fronte a quella domanda, Tsuyoshi e Kurumi trattennero bruscamente il respiro.
 




 
Ciao a tutti!
Avevo detto che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo ma mi devo smentire perché sarebbe venuto troppo lungo. Il prossimo però chiarirà veramente gli ultimi punti rimasti in sospeso.
Allora, so che molti di voi mi odieranno per aver sfasciato la coppia storica. I più invece saranno felici che i dubbi di Rei fossero infondati e che Akito non abbia mai tradito Sana. Povero Sagami, giocava tanto a fare il detective e poi era lui quello tradito XD Prima di criticare questa mia scelta e accusarmi di OOC vi chiedo di aspettare il prossimo capitolo e le giustificazioni che Tsuyoshi darà di questo suo comportamento: se poi non vi avrò ancora convinte, criticate pure senza pietà! ;)
Un grazie davvero davvero davvero enorme alle persone che continuano a seguirmi e a chi ha commentato l’ultimo capitolo: ryanforever, Pan17, brenda the best, ilapietro91, sabry92, jeess, Dramee, denisa_dea, vale89 e Venere Williams.
Passo a rispondere all’osservazione di Venere: sono perfettamente concorde con te che un Akito che tradisce Sana sarebbe una scelta azzardata di suo e stonata in questa ff dove non faccio che ripetere quanto lui sia legato a lei. Se ti ho “ingannata” però me ne compiaccio perché era esattamente quello che volevo fare, farvi credere che Rei avesse ragione per presentare il colpo di scena finale XD Se tu avessi ancora qualche dubbio, chiedi pure!
E complimenti alle “detective” che avevano indovinato da tempo la coppia di traditori ;)
Un’ultima piccola precisazione: se vi sembro crudele a tenere Akito lontano da Sana, sappiate che l’ho fatto per attenermi al manga. Se non sbaglio lui rimane fuori e colpisce il muro con il pugno.
Detto questo, un grosso bacio e a presto!
Ely

 

  
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