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Autore: Unsub    11/05/2013    2 recensioni
Qualcuno è un amico, qualcuno è un nemico, qualcuno è qui per aiutare, qualcuno è qui per fare del male. Decisioni difficile da prendere, fiducia mal riposta o meno, niente è quello che sembra e tutti hanno un secondo fine. Le regole a volte vanno infrante, ma cosa succede quando non conosci le regole del gioco?
La mia prima fanfiction, riveduta e corretta. Della storia originale rimane la trama e qualche spezzone, per il resto sono stati introdotti nuovi capitoli e le situazioni sono state approfondite. Ormai non mi soddisfaceva più come era all'inizio e ho deciso di riscriverla. Ringrazio Ronnie89 che mi fa da beta: sei sempre una grande! Enjoy!
Genere: Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sarah Collins '
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capitolo 9

Novembre 2007

 

Central Park, New York

Erano arrivati in prossimità del SUV, che Derek aveva parcheggiato a un centinaio di metri dal lago, e Sarah camminava guardando dritto davanti a sé mentre il giovane agente di polizia continuava a chiacchierare cercando di starle dietro. Morgan allungò la falcata e si fermò accanto allo sportello della macchina sorridendo: era chiaro che Collins era infastidita da tutto quel parlare del ragazzo che doveva essere poco più grande di lei.

La ragazza si fermò bruscamente e si voltò verso il poliziotto, che si ammutolì sotto lo sguardo gelido e rabbioso di Sarah. Rimasero a fissarsi per qualche istante, finché il ragazzo non resse più a quel silenzio e girò la testa verso il collega che era vicino a loro.

-        Suppongo che il sopralluogo sia finito, vero Al? – chiese rivolto all’uomo più grande – Comunque, se dovesse servirvi il nostro aiuto…

-        Vi chiameremo sicuramente. – si intromise Morgan per togliere dall’impaccio il giovane – Come avete detto di chiamarvi?

-        Io sono Stevens. – ripeté il più anziano – Mentre il pivello è Johnson.

-        Allora, agenti, se dovessimo avere bisogno del vostro aiuto spero sarete ancora così disponibili. – Derek cercava di essere il più conciliante possibile.

-        Sicuramente, agente. – il ragazzo fece un gesto di commiato toccandosi la visiera del cappello.

Sarah aspettò che i due agenti si incamminassero e poi si voltò a sua volta verso il collega. Aveva il viso tirato, era visibilmente stanca e infreddolita, ma non si lamentava. Derek le sorrise e le fece un cenno con la testa.

-        Sarà meglio andarcene prima che faccia buio. Ci fermeremo ad una caffetteria lungo la strada. – la informò pescando le chiavi dalla tasca del giubbotto.

-        Sia chiaro che pagherò io, non accetto discussioni in merito.

-        Mai pensato di essere io ad offrire.

Morgan aprì la portiera della macchina e salì, prontamente imitato da Collins. La ragazza attese che l’uomo mettesse in moto per accendere il riscaldamento al massimo e mise le mani davanti ai bocchettoni. Le punte delle dita avevano assunto una preoccupante colorazione bluastra.

-        Stai bene? – si informò Derek.

-        Starò bene appena terrò in mano un tazza di cioccolata bollente. – rispose strofinandosi le mani – Colpa mia, non avevo preso in considerazione che a New York fa più freddo che a Washigton.

-        Mettici anche che questa giornata nuvolosa non ha aiutato la temperatura ad alzarsi. Credo sia il caso che ti compri un paio di guanti.

-        Spero di non dover fare altri sopralluoghi all’aperto. – armeggiò con il riscaldamento e fece uscire l’aria verso i piedi – Comunque i guanti li ho portati, sono nella valigia.

-        Che è con tutte le altre nel SUV di Hotch. – Morgan si immise nel traffico, appena fuori dal parco – Mossa sbagliata mia cara.

-        Come molte che ho fatto negli ultimi giorni. – si era messa le mani sotto le ascelle e aveva allungato le gambe per scaldarsi i piedi – Sembra che io non riesca a farne una giusta da quando mi sono unita a voi.

-        A proposito di cose giuste… - Derek storse la bocca, imbarazzato dalle domande che voleva e doveva farle – Cosa ti ha fatto capire che noi abbiamo “qualcosa” in comune?

Sarah sbarrò gli occhi e si voltò verso il finestrino. Sapeva di aver fatto una stupidaggine quando era scattata in quel modo la sera prima con lui. Cosa poteva dirgli? Come giustificare quello che lei sapeva? I suoi pensieri andarono all’appuntamento che aveva avuto il giorno prima di incontrare i suoi nuovi colleghi.

Lincoln Memorial, Washington D.C.

Si era appoggiata ad un colonna, intenta ad osservare la folla di turisti che invadeva il monumento al sedicesimo presidente degli Stati Uniti. Erano tutti intenti ad osservare la statua di Lincoln e ad ascoltare la guida. Il suo sguardo spaziò verso la gradinata, dove altri visitatori si riposavano. Cominciava a diventare nervosa via via che l’ora pattuita si avvicinava.

Quella mattina si era alzata prima che la sveglia suonasse, cosa che aveva attribuito al cambio di fuso orario che non aveva ancora metabolizzato. In realtà un voce dentro la sua testa aveva cominciato a martellarla ricordandole che quel giorno avrebbe rivisto Jason dopo quasi tre anni. L’ultima volta che si erano visti lei gli aveva detto addio, lasciandolo solo all’alba per le strade di Lione[1].

Era agitata e sentiva il desiderio di scappare da quel posto. Una parte di lei non voleva rivederlo, specialmente sapendo che lui aveva chiesto quell’incontro solo per convincerla a proteggere la squadra e il dottor Reid. Sentiva già di detestare quel ragazzo, nonostante non sapesse neanche che aspetto avesse. Le faceva saltare i nervi il pensiero che Jason tenesse tanto a lui, che l’avesse preferito a lei quando c’era stata l’opportunità di far entrare un nuovo elemento nel team, che si preoccupasse ancora di quello che avrebbe dovuto essere solo un allievo ed ex collega. Le era insopportabile sentire di non contare niente nella vita di Gideon.

Lo vide arrivare ai piedi della scalinata e si nascose dietro la colonna con il cuore in tumulto: quell’uomo l’aveva ferita e allontanata, cancellandola con un colpo di spugna come se non fosse mai esistita. Quello dolore acuto che sentiva in quel momento era la dimostrazione che lei non era riuscita a sopprimere i suoi sentimenti e che la speranza riposta in Jason era ancora viva da qualche parte nel cuore che pensava ormai arido.

-        Sei sempre bellissima, anche con quel taglio di capelli. – era al suo fianco, ma non cercò di toccarla, limitandosi a guardarla.

-        Sei qui per i tuoi “ragazzi”, vero? – riuscì a dare un tono incolore alla domanda, come se non fosse importante.

-        Te l’ho già detto: sono brave persone e non si meritano questo trattamento. – si voltò, incamminandosi in un angolo appartato del tempio dorico.

-        Quindi vuoi che io li protegga. – lo seguiva, incurante delle persone attorno a loro.

Jason si fermò proprio sotto l’iscrizione del discorso di Gettysburg, si mise le mani in tasca e alzò gli occhi verso quelle parole. Sarah gli si mise accanto, con le braccia lungo i fianchi, scrutando il profilo di lui.

-        Perché dovrei aiutarli? – lo chiese con amarezza – Dammi una buona ragione.

-        Per me. – si girò verso di lei e rimasero a fissarsi intensamente – So di averti deluso, so di non essermi comportato come tu ti saresti aspettata. Forse non ho il diritto di chiederti questo favore…

-        Non forse. – gli occhi di Collins trasmettevano tutta la sua ira – Tu hai perso questo diritto, se mai lo hai avuto.

Gideon annuì, come dandole ragione, e poi le sorrise in modo dolce prendendole una mano. Sarah stava combattendo contro le lacrime che rischiavano di sfuggire al suo controllo, stupita di quel gesto così tenero.

-        Non vale, stai giocando in modo scorretto. – lo ammonì con un sorriso, mentre distoglieva lo sguardo.

-        Non è un gioco. Anche perché, se fosse un gioco, il giocatore scorretto non sarei io. – si inumidì le labbra e medito su come dire certe cose – Erin sta barando e lo sappiamo entrambi. Primo perché gli altri non conoscono le regole del suo gioco e secondo perché sta usando te contro di loro.

-        Non credo faccia differenza chi userà. – tolse la mano da quelle di Jason e la infilò nella tasca della giacca.

-        Sì che fa la differenza, visto che lo sta chiedendo a te per farmi del male.

-        Come tu ne hai fatto a me? – tornò a fronteggiarlo – Mi hai mandata via.

-        Dovevo proteggerti, ma non pretendo che tu capisca. – scosse la testa e si strofinò le mani – Al mio posto avresti agito nello stesso modo.

-        Non credo, non è mia abitudine far soffrire gli altri per pararmi il sedere.

-        Non stai per fare del male a Hotch e alla squadra perché Erin ti ha promesso qualcosa in cambio?

Sarah si trovò costretta ad abbassare la testa, conscia che quello di cui l’aveva appena accusata era vero. Non che Jason Gideon si trovasse nella posizione di poterla giudicare, ma l’aveva messa davanti alla cruda realtà e lei doveva ancora decidere cosa fare.

-        Se vuoi che prenda in considerazione l’idea di aiutarli, ti conviene dirmi tutto quello che sai di loro. – guardò il cielo azzurro di novembre fare capolino fra le colonne – Se lei ha veramente intenzione di far loro del male, devo sapere dove sono più deboli.

-        Cosa mi assicura che tu non userai quelle informazioni contro di loro?

-        Niente. – sorrise perfida – Ma se vuoi che abbiano una possibilità di cavarsela non hai altra scelta.

L’uomo sembrò vagliare le possibilità che aveva a disposizione, sapendo che le opzioni erano molto ridotte. Poteva non fidarsi di lei e tacere, con il rischio che lei non capisse quanto quelle persone fosse speciali e non meritassero di soffrire ancora. Oppure poteva sperare che il senso della giustizia fosse così radicato nel cuore di quella ragazza da mettere al riparo i suoi ex colleghi dalle ire della caposezione.

-        Seguimi. – disse incamminandosi lungo il corridoio.

-        Dove andiamo?

-        In un posto più tranquillo, dove possa raccontarti quanto abbiano già sofferto e per quale motivo non meritano altri guai.

Sarah gli corse dietro, sapendo di aver vinto: avrebbe saputo tutto quello che poteva rendere più facile la sua missione per conto della Strauss.

 

 

Central Park West, New York

 -        Allora?

La voce di Derek la riportò al presente, ancora indecisa su cosa dire per giustificare quella sua “intuizione”. Si inumidì le labbra e fece mente locale, cercando di ricordare un qualunque atteggiamento del collega che potesse aiutarla a togliersi di impaccio. Pensò all’altro segreto di Morgan, quello che aveva “trovato” da sola, e prese un bel respiro.

-        Ti piace giocare a fare il macho. – buttò lì, rimproverandosi della castroneria che aveva appena detto.

-        Scusami? – Morgan non staccava gli occhi dalla strada, ma le sopracciglia corrugate dicevano molto sulle sue perplessità.

-        Voglio dire… sembra quasi che tu lo faccia per dimostrare qualcosa a te stesso, come se fosse una sfida personale. – si maledisse per essersi addentrata in quella spiegazione così poco credibile, poi il lampo di genio – Mentre con la persona che veramente ti interessa fai l’amico del cuore.

Si morse le labbra. Sapeva che quelle spiegazioni non stavano in piedi, così decise che tanto valeva sparare stupidaggini a raffica assumendo un tono convinto.

-        Sei in conflitto con Hotch, nonostante tu lo ammiri: ne ho deduco che hai problemi con i maschi alfa in posizione predominante. – si sorprese di avere quel tono freddo e accademico mentre spiattellava quelle cretinate – E’ evidente che il problema non è la competitività, altrimenti il tuo atteggiamento nei confronti del nostro diretto superiore sarebbe diverso. Escluso il conflitto di Edipo, visto che Hotch non è decisamente una figura paterna, mi sembra evidente che tu abbia problemi con i maschi che detengono il potere e…

-        Sì, credo di aver afferrato. – la interruppe Morgan, non molto convinto.

Collins tirò un mentale sospiro di sollievo: forse era riuscita a dire così tante stupidaggini da confondere il suo patner.

-        Invece, per qual’altra cosa… - Derek sapeva di essere in un campo minato.

-        Voi dire il fatto che tu sia innamorato di una persona di cui ti fingi amico? – Sarah ora si sentiva in vantaggio.

-        Noi siamo amici e io non fingo. – l’uomo serrò la mascella.

-        Come si può essere amici della persona che amiamo? Io non ci riuscirei. – sospirò e tornò a guardarlo – Certo io sono l’ultima persona che può dire certe cose.

-        Perché? Non sei mai stata amica di nessuno che amavi?

-        Non credo di essere mai stata veramente innamorata di qualcuno. – corrugò la fronte, ricordando i suoi rapporti passati – Anzi, ne sono certa.

-        Non ti sei mai innamorata? – Derek la guardò solo un attimo, con lo stupore dipinto sul volto – Neanche quando eri in accademia? Scusami, fai conto che non abbia detto niente.

-        Allora Prentiss vi ha raccontato dei pettegolezzi che giravano su di me. – assunse un aria soddisfatta – Me lo immaginavo.

-        L’ha riferito solo a me. – precisò lui – Comunque né io né lei crediamo a una sola parola.

-        Come mai? Non credi che io possa far girare la testa ad un uomo più grande?

-        No, non è questo. – di nuovo la guardò di sfuggita, prima di concentrarsi sul traffico – Nonostante il tuo strano taglio di capelli e il modo in cui ti vesti, sei comunque una bella ragazza. Il fatto è che ho conosciuto Gideon, abbiamo lavorato fianco a fianco per anni. Non si sarebbe mai approfittato di un cadetto.

-        E chi ti dice che non sia stata io ad essermi approfittata di lui?

-        Gideon è troppo intelligente per farsi manipolare in quel modo. – decise di abbandonare il discorso e riportare l’attenzione su quello che gli premeva veramente – Devo chiederti di essere molto discreta in merito a… insomma…

-        Senti, qualsiasi cosa ci sia fra di voi non deve riguardare nessuno. – fece spallucce e gli sorrise – Il protocollo non tiene in considerazione la nostra parte umana. Quello che provi e non provi per un collega sono solo fatti tuoi. Per quel che mi riguarda, io non so niente di niente.

-        Grazie. – Morgan si sentì sollevato.

-        Non ringraziarmi, visto che non so di cosa tu stia parlando. – si accomodò meglio sul sedile e socchiuse gli occhi – Piuttosto di parlare di cose che io non so e che negherò sempre di conoscere, perché non ti fermi ad uno Starbucks[2] così che possa offrirti un caffè e chiederti scusa come si conviene?

-        Scusa per cosa?

-        Di non aver accettato il tuo invito a bere qualcosa e di essermene andata senza dirti una parola. E’ stato molto scortese da parte mia.

-        Non mi risulta che le cose si siano svolte in questo modo.

-        Questa è la mia versione ufficiale dei fatti e mi ci atterrò anche sotto giuramento. – rispose lei caparbiamente.

-        Sei strana, Collins, ma cominci a piacermi.

-        Punto primo, il fatto che io sia strana è una cosa che pensate tutti. Punto secondo, non sono il tuo tipo e lo sappiamo entrambi. Punto terzo…

-        C’è anche un terzo punto?

-        Sì. – si inumidì le labbra e si lasciò scappare una mezza risata – E’ assurdo ma comincia a piacermi anche tu, Derek.

-        Derek? Ora mi chiami per nome anche se fino a ieri mi davi del lei?

Sarah fece spallucce e sorrise di nuovo.

-        Le cose cambiano in fretta a volte.

Morgan si fermò ad un semaforo e si girò per guardarla in faccia. Le sorrise e le fece l’occhiolino.

-        Mi sta bene che mi chiami Derek perché ti piaccio, ma ti avverto che il mio cuore è già occupato.

-        Non importa, cercherò di sopravvivere alla delusione. Cosa che mi riuscirà piuttosto facilmente, visto che tu non sei decisamente il mio tipo.

-        Chi sarebbe il tuo tipo?

-        Te lo dirò quando lo incontrerò.

-        Ci conto. Anche perché qualcuno dovrà pur avvertire quel poveraccio del casino in cui si metterà.

-        Spiritoso. Avresti dovuto fare il comico invece dell’agente federale – gli indicò la strada davanti a loro – Ti consiglio vivamente di lasciar perdere la carriera di cabarettista e di ripartire. Il semaforo è scattato.

I clacson delle macchine dietro di loro confermarono le parole di Collins. Morgan scosse la testa sorridendo e riprese la marchia.

-        Giusto per curiosità e poi tornerò a fare quella che non sa niente. – riprese lei guardandosi le unghie – Cos’ha di così speciale?

-        Aspetta di approfondire la sua conoscenza e poi non mi farai mai più questa domanda. – gli piaceva poter parlare di questa cosa con qualcuno e ne era sorpreso.

-        Sei proprio cotto, eh? – la ragazza rise buttando indietro la testa.

-        Mi piaci di più quando fai quella che non sa niente.

-        Recepito il messaggio, Derek. – aveva un sorriso allegro dipinto sulle labbra.

-        Dovresti sorridere più spesso. Diventi molto più carina, sai?

Sarah fece un gesto di noncuranza con la mano, mentre rifletteva che Derek Morgan le piaceva. Le piaceva veramente, ma non come un uomo piace ad una donna, era qualcosa di diverso che non aveva mai provato prima. Si chiese se non avesse trovato una persona che un giorno avrebbe potuto chiamare “amico”. Si rabbuiò, pensando che forse sarebbe stata costretta a tradire la fiducia di Morgan per ottenere che il suo trasferimento fosse definitivo. Cominciava a chiedersi se ci sarebbe riuscita.

 

Continua…

 

 



[1] One-shot “Before the dawn”

[2] Famosa catena di caffetterie americana (garantisco che il caffè italiano non sappiano neanche dove sta di casa, nonostante sostengano il contrario u.u).

   
 
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