Le sue dita esili parevano quasi danzare, mentre
accarezzavano i tasti del pianoforte. Una musica avvolgente,
affascinante come il sorriso un po’ triste dell’autunno.
Terminato
di suonare, si alzò e si affacciò alla finestra. Ormai si stava facendo buio, ed
una leggera brezza iniziava a levarsi. Osservò lo splendido tramonto, e i
meravigliosi giochi di luce che creava fra le nubi vaporose. Avvertì una
sensazione che ormai gli era familiare, una gioia profonda mescolata ad un
lacerante dolore… Quel tramonto era così bello, e lui non sarebbe
mai riuscito a riprodurlo… ad esprimere in note quelle infinite
sfumature di colore.
Aveva
sempre invidiato i pittori: per loro era più facile descrivere un paesaggio, un
volto, un’emozione. I colori sulla tela riproducevano quelli della realtà.
Per
un compositore è diverso, ogni singola nota deve essere pensata, immaginata,
amata, per poter esprimere attraverso la musica la distanza che c’è di qui a
quel gelso, e il colore delle sue foglie, come si muovono
quando soffia il vento, il rumore di passi sul vialetto, il profumo
dolce di quei fiori bianchi che si schiudono al crepuscolo.
Era
più difficile, ma infinitamente più bello. Ammirava, sì, i bei quadri, ma non
riuscivano a trasmettergli quell’emozione così
intensa e profonda, quel coinvolgimento assoluto che solo la musica può dare. Bastava chiudere gli occhi ed ecco i suoni si
traducevano in visioni di una bellezza suprema…
In
quanto compositore, sapeva anche apprezzare il valore del silenzio; e a volte
rimaneva sveglio fino a tarda notte per ascoltare la vastità e la vibrante
tensione di questo particolarissimo suono.