Accidenti, i commenti che ho
ricevuto per il primo capitolo mi hanno fatto un
piacere immenso! Non immaginavo proprio che una storiellina
così potesse interessarvi! Voglio ringraziare scImMia, la prima commentatrice, grazie per i
complimenti, e sull’angelo di Trunks, mi trovo
a concordare con te. Grazie a Lory, tesoro, lo
sai che il tuo parere lo aspettavo… e sono felicissima che ti senti coinvolta,
è proprio l’effetto che volevo dare. LoveDolphin, il tuo commento è terribilmente gentile e
rincuorante, mi fai dei complimenti davvero importanti; e grazie per il
preferito. Eleonora94 sei davvero
gentilissima anche tu, sono contenta che ti abbia coinvolta.
Ringrazio anche Puffoletta, che non ha commentato ma ho visto che ha messo la storia tra i
preferiti.
È davvero
incredibile quanta carica mi abbiano dato queste
quattro ragazze con i loro complimenti generosissimi, ho già scritto un altro
pezzettino. Voglio metterlo, per sapere ancora i vostri pareri, e i pareri di
chiunque abbia voglia di leggere un po' questa storiellina. Un bacione
a tutti, e specialmente a scImMia, lory, LoveDolphin, Eleonora94 e
anche Puffoletta.
Cap.2 –Il Cobra e l’Incantatore-
Quella
mano forte teneva la mia con delicatezza, e con delicatezza mi aveva aiutata ad alzarmi. Gli occhi erano di un celeste strano,
bello, che io non avevo mai visto. Un celeste glaciale
in un’espressione calda. Quell’espressione così simile a quella dell’uomo che sapeva volare.
Voltai diverse volte la testa indietro, e poi di nuovo avanti, lentamente,
guardando con timidezza e ritmicità entrambi i volti,
uno sorridente e l’altro serio. Si somigliavano davvero
molto, era impressionante. Pensai che doveva
esserci una sorta di legame tra quell’uomo e quel
ragazzo, la prima cosa che pensai, effettivamente, fu proprio che quei due
dovevano essere padre e figlio. Ma i tratti somatici
duri, resi ancor più aspri dagli occhi e i capelli neri, si ripresentavano
mitigati su quel ragazzo. Doveva essere sicuramente l’influsso della madre. Si
avvicinarono anche altre persone, in silenzio, aspettando probabilmente una mia
risposta. Mi ero completamente dimenticata che quel ragazzo, porgendomi la
mano, mi aveva chiesto qualcosa che, in quel momento, persa nei miei pensieri,
non ricordavo più, e che lui con lo sguardo sempre fisso su di me sembrava ribadire.
“Gr-grazie…” non sapevo la risposta a
una domanda che non conoscevo più, ma dovevo in qualche modo ricambiare la
cortesia, non tanto dell’aiuto ad alzarmi, ma di quel sorriso che mi
rincuorava. Mi sentivo più al sicuro adesso, e tutte quelle persone che mi
circondavano incuriosite dalla mia presenza avevano
aspetto umano, vestiti umani, e soprattutto espressioni umane.
“Stai
bene?” le sue mani si posarono sulle mie spalle. Anche
il tocco delicato doveva essere della madre. Probabilmente era quella la
domanda di prima, e voleva una risposta sebbene questa
fosse evidente. Annuii appena con un sorriso timido sul volto, non riuscii ad
aggiungere nessuna parola perché una voce interruppe le mie intenzioni già di
natura insicura e titubante.
“Allora,
Vegeta, si può sapere chi è questa ragazza e come mai l’hai portata qui?” una
donna dai capelli corti e celesti tornò voltata verso l’uomo che sapeva volare.
Oltre a lei, si erano avvicinati a me anche un vecchietto con la barba lunga e
gli occhiali da sole; un bambino con capelli biondi e occhi verdi; una donna
giovane, ma che a causa dell’abbigliamento e della pettinatura dimostrava più
della sua età; un maialino vestito e eretto sulle
zampe posteriori e una strana tartaruga marina gigante con l’espressione
addormentata ma troppo intelligente per la sua razza anfibia.
Non
me ne accorsi subito, ma dalla casa in quel momento
stava uscendo un uomo adulto, molto alto, anche lui aveva i capelli biondissimi
e rivolti in alto, gli occhi verdi. Quei due biondi, il ragazzo gentile e
l’uomo che mi aveva portata lì, si somigliavano tutti e quattro in modo
impressionante. Le loro espressioni, erano molto simili. L’uomo alto e biondo
si avvicinò all’uomo che sapeva volare, e solo in quel momento mi accorsi di
lui.
“Vegeta
ma sei impazzito! Cosa diamine ti è passato per la testa!”
“Levati
Kakaroth, non impicciarti!” e dandogli uno spintone
sul braccio lo scansò per poi allontanarsi.
“Dove vai! E questa ragazza? Ancora
non ci hai detto niente!” la donna dai capelli celesti lo
raggiunse, gli posò una mano sulla spalla, e lui si fermò.
Solo
in quel momento quello strano uomo, Kakaroth lo aveva chiamato, si voltò accorgendosi di me. Mi
guardò con espressione stupita, gli occhi prima spinti a chiudersi un po' dalle
sopracciglia corrucciate si aprirono, sorrise e mi scrutò con curiosità.
“Beh
chi è questa ragazzina?” si avvicinò con le mani sui fianchi, e la sua
espressione mi apparve ancor più spensierata. Era evidentemente un uomo adulto,
ma nel viso sembrava un ragazzino. Lo sguardo un po' ingenuo,
come di chi vede le cose sempre per la prima volta. Ma scrutando negli
occhi smeraldo, si scorgeva qualcosa di indecifrabile.
“È
sbucata fuori durante il combattimento” si voltò appena, scrollandosi di dosso
il tocco della donna che lo aveva avvicinato con un movimento brusco “e ha sprigionato una strana forza.”
Sembrava
non voler aggiungere altro, ma alla fine venne
convinto a raccontare tutto. Disse un sacco di cose che io non
ricordavo affatto, e non mi riaffiorarono alla mente nemmeno spinte
dalle sue parole. Lo sentii dire che stava combattendo
contro un certo Cell, che la lotta si era spostata
nel mezzo di una città. Raccontò di essersi trovato in difficoltà, sebbene non abbia mai voluto ammetterlo direttamente, ma comunque
facendolo capire con discorsi oltremodo contorti. In quel momento dice di
avermi vista apparire. Parlava di un’energia strana. Da come raccontava,
benché in modo indiretto, sembrava proprio che fosse stata la mia apparizione a
metter fine alla battaglia. Ma non si dilungò in
particolari, e non riuscirono a fargli dire come mai aveva deciso di portarmi
lì. Se ne andò borbottando, con le braccia incrociate,
sul retro della casa. La donna dai capelli celesti, che pareva aver da lui una
certa confidenza che agli altri era rifiutata, non lo seguì,
rimase lì con noi, dicendo che Vegeta era sempre il solito. Però mi aveva salvata, e anche se strano, burbero e indelicato, l’uomo che
sapeva volare mi incuteva una strana sensazione, di forza fisica e morale, non
maligna.
“Questa
poi è bella” riprese Kakaroth grattandosi la testa e
riportando lo sguardo su di me “e allora, signorina, tu chi saresti?” la sua
curiosità era condivisa da tutto il resto del gruppo, che con lo sguardo
sembrava pormi la stessa domanda.
“I-io… mi chiamo Mirai, signore.”
Mi chiusi nelle spalle; quell’uomo, nonostante
bonario e rassicurante, aveva un aspetto imponente, col suo corpo scolpito, ed
era poi estremamente di bell’aspetto
tanto da mettere in soggezione.
Il
mio nome non sembrò soddisfare la sua curiosità, né quella del resto dei
presenti. Probabilmente avevano molte cose da chiedermi, ma formulando le
domande nella mente poco prima di pronunciarle si rendevano loro stessi conto che il quesito non poteva aver risposta logica
alcuna. Se fossero esistite risposte esaurienti, esse
avrebbero sicuramente portato un po' più di chiarezza nel gesto di Vegeta
assolutamente innaturale per la sua indole. Ma
suonavano tanto strane già solo nelle menti, le domande che si susseguivano, e
probabilmente già nel mio sguardo perso e spaurito si poteva cogliere l’assenza
di una risposta anche da parte mia.
Mi
portai una mano al braccio sinistro massaggiandolo, sentendo uno strano
fastidio, mentre aspettavo che qualcuno cominciasse con l’interrogatorio al
quale probabilmente non avrei saputo rispondere in maniera esauriente. Ma nel silenzio generale, sentii delle mani poggiarsi
laddove stavo cercando di alleviare il fastidio, e mentre mi voltavo per
scoprire di chi fosse quel tocco, mi sentii alzare la manica della maglia.
“Hai
un bel graffio… ti fa male?” il suo sguardo, dal braccio, tornò nei miei occhi.
Il cuore perse un battito. Quegli occhi celesti avevano la capacità di
controllare il muscolo che in petto si preoccupava di battere incessantemente dalla
mia nascita.
“N-no… è fastidioso ma… non fa male
pizzica un po' soltanto…”
“Comunque va disinfettato.” Mi sorrise con spontaneità, lui
che possedeva lo sguardo magnetico e il sorriso incantatore, lui che non sapeva
di provocarmi uno strano calore sul volto con qualsiasi gesto gentile che mi
rivolgeva “Seguimi” e con un gesto della mano mi fece cenno di andare con lui,
mentre si incamminava verso la strana casa dal tetto
grande che sorgeva al centro di quella piccola isola. Iniziai a camminare sui
suoi passi, un po' titubante, scostando lo sguardo casualmente su tutti i presenti
come a ritirarmi con cortesia.
“Aspetta
Trunks! Dobbiamo… ancora non…” la
donna di prima lo richiamò, io rallentai il passo, voltandomi indietro.
Stavo per fermarmi pensando lui l’avesse già fatto, ma
quando lo sguardo tornò distrattamente verso di lui trovai di nuovo la sua
schiena, che si allontanava. Non sapevo cosa fare, e camminavo sempre più
lentamente guardandomi avanti e poi indietro.
“Trunks! Trunks mi senti?”
Si
voltò, infine, sembrava volerle rispondere qualcosa. Ma lo sguardo si diresse verso di me.
“Su,
vieni.” Non aggiunse altro. Lo sguardo era un po' meno sorridente,
ma gentile. Ed io lo seguii senza indugio, come si muove il cobra per
mano del suo incantatore, il cobra che sembra
ammaliato dal suono del flauto, ma che in realtà incapace di percepire suono
alcuno si muove seguendo i soli
movimenti dell’abile suonatore. E io al suo
pari, senza aver sentito nemmeno una parola di quel che il ragazzo che avevo
scoperto chiamarsi Trunks mi aveva rivolto, lo seguii
dentro casa incantata dalla sua figura e le sue movenze.