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Autore: Son Kla    28/11/2007    6 recensioni
Siamo nel periodo del cell game. come se il passato non fosse già abbastanza cambiato dalla storia che conosceva trunks, qualcun'altro arriverà a sconvolgere l'epoca che il ragazzo cerca di salvare. Il rating lo tengo alto perchè potrebbero esserci scene un po più forti più avanti.
Genere: Romantico, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Assurdo

Era tanto che avevo voglia di scrivere su dragon ball, la mia prima fissa, la prima cosa che mi abbia portata alla mia più grande passione: il disegno. A quei tempi mi sono concentrata molto a disegnare, ma non ho mai scritto niente su dragon ball, e me ne dispiaccio. Alla fine, stasera, ho deciso di mettere a racconto quella storia che ho disegnato tanto tempo fa, e che ora mi fa tanta tenerezza riguardare di tanto in tanto, come un angolino nel passato dove mi rifugio quando mi sento un po' persa. La storia non è niente di speciale, ma a me racconta molto. Non posso pretendere che per voi sia così, e probabilmente sarà noiosa, ma spero che possa far passare bene qualche minuto anche a chi vorrà dargli una letta.

Baci baci, Kla.

Cap.1 –L’uomo Che Sapeva Volare-

Assurdo. Tutto quel che riesco a pensare in questo momento, è che tutto ciò è semplicemente assurdo, e la sensazione di vita è tanto forte che nemmeno posso augurarmi di stare sognando. Non sto sognando, e lo so bene. Eppure, quest’uomo vola, quest’uomo che mi porta su una spalla sta volando a migliaia di metri dal suolo, e molto più veloce di qualsiasi veicolo sul quale io sia mai montata.

Provo a pensare a cosa mi è successo, cerco di far riaffiorare alla mente le ultime immagini che mi si sono specchiate negli occhi.

Qualche persona, qualche volto.

Luogo, ambiente.

Nemmeno il cielo.

No, non ricordo niente. E le forze, insieme a una strana sensazione di paura, mi tengono ferma, senza muovermi, almeno quel poco per vedere la nuca di colui che finalmente ha raggiunto le capacità che l’uomo ha sempre invidiato agli uccelli grazie alle bellissime ali piumate che hanno ricevuto da madre natura. Anche gli angeli hanno le ali, e possono volare, e anche questi esseri l’uomo ha sempre invidiato, rappresentandoli in disegni e dipinti, raccontandoli in storie epiche e musiche, in poesie. Uomini con le ali, che sono tanto lontani da noi, alti nel cielo, e tanto candidi che preferiscono non avvicinarsi al nostro mondo così sporco. Sì, il loro volo doveva portarli sicuramente dove ero io in quel momento, più in alto, forse, ma era difficile immaginarlo, con la terra sotto di me così lontana e sfocata, da distinguerne solo le valli e le montagne. Un angelo? Non poteva esserlo. Riversa sulla sua schiena, avrei dovuto vedere due bellissime e grandi ali bianche, muoversi armoniosamente, delicatamente, spingere in basso l’aria per poter andare sempre più in alto. Non c’erano ali su quella schiena vestita di uno strano tessuto blu, coperto sul torace da una corazza di un materiale altrettanto sconosciuto ai miei occhi, bianco, rigido, ma contemporaneamente straordinariamente duttile nel vederlo adattarsi a qualsivoglia movimento di quel corpo teso e gonfio, muscoli scolpiti e presa forte. Quella presa, era impossibile non notarla, una presa forte, quasi arrogante tanto poca era la delicatezza con cui mi costringeva a testa in giù riversa lungo la schiena. E quel tocco, non poteva essere la presa di un angelo.

Chissà chi era, quell’uomo che sapeva volare. Ma soprattutto, cosa voleva da me, come diamine ero finita sul suo cammino. Qualche immagine affiora rapidamente: luci forti, abbaglianti, polvere e fumo… immagini strane e confusionarie, c’è qualcuno, due persone, in questi ricordi, ma non posso vederne le fattezze… niente, né il colore dei capelli, né la statura, né la corporatura. Non saprei nemmeno dire se fossero maschi o femmine. Forse, uno di quelli è proprio questo strano uomo che vola. Ma a parte il fatto che non conosco nient’altro che la sua schiena, non riesco proprio a vedere niente più in quelle immagini apocalittiche.

Una battaglia, distruzione.

La mia città!

Ero nella mia città, ecco dov’ero! E poi… e poi… caos. Di nuovo quelle immagini strane. Di nuovo immagini indecifrabili. Inutile sforzarmi.

E mi sento tanto stanca, infreddolita, e impaurita. L’altezza dovrebbe spaventarmi, ma non è quello. La presa è arrogante, ma forte, e se forse può disturbare un po', sono sicura di non cadere. Per quanto possiamo essere in alto, non cadrò giù, e non credo che mi farà cadere di proposito, altrimenti che motivo avrebbe avuto di portarmi via con sé. No, non è l’altezza, né la velocità. Non so dove sto andando, né perché. Non so cosa ne è stato della mia città, di quel che ho… o avevo… tutto distrutto, già. Allora avevo, di cosa avevo… quel poco. Quel poco che mi ero finalmente ricostruita, una vita, una parvenza di esistenza, tutto perduto, tutto da ricominciare da capo, di nuovo. Paura? O forse, semplice e pura tristezza, angoscia. Cosa stava succedendo al mondo?

Il mare sotto di noi era calmo, di un blu tanto intenso, l’acqua doveva essere molto profonda. All’orizzonte, la distesa blu si inabissava nel cielo, e così per ogni lato che io potessi vedere. Ma lentamente sento che ci stiamo abbassando, le orecchie si tappano, la superficie marina che adesso è più vicina si presenta increspata da una leggera brezza.

In mare? Che diamine di intenzioni ha questo strano uomo che vola? Sta scendendo verso il mare, ma che vuol fare?

Paura.

Sì, adesso è davvero paura, il mare alto, tutto blu, e in fondo all’orizzonte, il blu del cielo. Sembra di essere in mezzo al niente. Sola, nel niente più assoluto. Il mare gioca col vento, che fa cantare le sue onde, ma quel suono così dolce in quel momento non rilassa i miei nervi. Però quel suono, quel suono che sa cullare, non può… no, non può trovarsi in mare aperto.

Il blu intenso dell’acqua, diventa via via più celeste.

L’aspetto cristallino, fa trasparire un fondale ocra, la sabbia chiara.

Il suono delle onde che sfinite di sdraiano sulla spiaggia è inconfondibile. Anche se io non lo vedo, davanti a me c’è della terraferma.

In un attimo, la vedo anche io, i piedi dell’uomo che sa volare toccano la sabbia, qualche passo di frenata, e siamo fermi.

Un’isola, ecco cos’era. E dev’essere anche relativamente piccola, dato che da qui dietro se ne scorge appena la spiaggia, che curva subito su entrambi i lati.

Delle voci richiamano chiamano a gran voce un nome che non riesco a sentire, persa nei miei pensieri. Si avvicinano; le loro voci, proprio ora che provo ad ascoltarle, si abbassano fino a sparire.

Voglio scendere, scendere di lì.

Non ho forze, ho paura, è vero, ma non voglio più fingere di essere incosciente, non ha senso, e poi probabilmente mi butterà in terra lui da un momento all’altro. Stringo le mani a pugno, tirando appena la tuta blu. Inizio ad agitarmi, muovo le gambe.

Ma dove sono, voglio scendere!”

Mi solleva, prendendomi per la vita, il tocco è sempre forte, non garbato. Mi poggia con poca delicatezza davanti a sé, ma non ho forze, finisco sulle ginocchia. Non credevo di essere così debole.

“Finalmente parli, tanto lo so che sei sveglia da un bel po'.

L’uomo che sa volare, ha una voce strana, forte, fredda ma… ma qualcos’altro. Nonostante tutto, mi parla di mistero, non riesco ad averne timore. Non è molto alto, lo noto, sebbene lo veda dal basso. I suoi capelli sono lunghi e neri, ribelli nel loro svettare verso il cielo. I suoi occhi, impenetrabili e neri anch’essi. Lo sguardo corrucciato.

Non era un angelo, non avrebbe mai potuto esserlo. Non aveva ali, non aveva il tocco, e nemmeno l’aspetto era quello di un angelo. Ma quell’uomo sapeva volare. Lontano dall’essere una divinità, tutt’altro che umano, che cosa può mai essere quella persona che mi ha portata su quell’isola? Una figura misteriosa, ma non mi incuteva timore.

“Vegeta, chi è questa ragazzina?”

Hei, tutto a posto? Hai bisogno di una mano?”

La voce di donna che ha dato un nome all’uomo che volava, viene rapidamente seguita da un’ altra voce, più vicina, calda, bassa, maschile. La voce, e le parole, mi portano a voltarmi. Ricordo solo in quell’istante, delle voci che hanno accolto il nostro arrivo pochi minuti prima, e voglio vedere se anche quelle persone sono strane come l’uomo che sa volare, o se sono più simili a me.

Sono lontane, un po' più indietro di quel che credevo. Ma non posso vederli bene, colui che ha attirato la mia attenzione facendomi voltare prima ancora che per la curiosità, è lì vicino a me. Alzo lo sguardo.

Gli stivaletti ocra hanno una strana forma, i pantaloni larghi e scuri finiscono in vita su una cintura dalla chiusura celeste. Una canottiera nera coperta da un giacchettino blu scuro corto alla vita e lungo di maniche. Un fisico scolpito, estremamente scolpito, ma palesemente di un giovane uomo. Verso di me, la sua mano destra aperta. Sul viso, dai lineamenti simili al perfetto, risplendono due occhi celesti dall’espressione un po' triste e ricadono lunghi capelli di un colore chiaro, un grigio tendente al lilla. Mi rivolge un sorriso, e non posso fare a meno di posare la mano sulla sua.

Da quel momento, più niente sarebbe stato come prima.

  
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