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Autore: Virelei    11/05/2013    5 recensioni
Un giorno il Seirin si accorge dello strano comportamento di Kuroko, che si presenta agli allenamenti mostrando sempre più ferite. Sta nascondendo un segreto? Determinata a scoprirlo, la squadra del Seirin inizia a fare indagini sulla vita di Kuroko, per scoprire presto qualcosa di shockante. Ma la Generazione dei Miracoli ha già fatto la sua mossa. GdM iperprotettiva, AkaKuro, AoKise.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 6

“Sei sicuro che ci sarà?”

I due giocatori, uno alto e l’altro basso, si muovevano tra le vie trafficate. Avevano passato gli ultimi venti minuti ad attraversare strade e ad evitare con cura di andare a sbattere contro le altre persone. Le gambe di Midorima erano già stanche a causa delle strade collinari e perché doveva costantemente fare attenzione ai bambini e gli adulti che non guardavano dove stavano andando. A quanto pare la definizione di Akashi per ‘passeggiata’ era diversa dalla sua.

“Si, ci sarà, – disse Akashi con tono distratto – Io ho sempre ragione.”

Midorima roteò gli occhi.

Cinque minuti dopo, si fermarono davanti ad un vecchio bar malmesso. Sembrava che l’edificio dovesse crollare da un momento all’altro, ed era frequentato da poche persone. Davanti all’edificio erano disposti alcuni tavolini di legno piuttosto rovinati ed un’insegna fastidiosa faceva lampeggiare ripetutamente i caratteri giapponesi: 四季, Shiki, ovvero Quattro Stagioni.

Akashi controllò l’ora sul cellulare. “Siamo in ritardo, – annunciò – Dovrebbe già essere qui.” Fece un cenno a Midorima perché entrasse. Un campanello suonò quando aprirono la porta, avvisando una cameriera del loro ingresso. Solo due tavoli erano occupati, uno da una coppia e l’altro da un uomo abbastanza giovane. L’uomo si girò per fissarli.

“È lui?” mormorò Midorima.

“Si.”

“Un tavolo per due?” chiese una cameriera con un sorriso gentile.

“No, siamo con quel signore.” Akashi indicò l’uomo alto che li stava ancora fissando.

La cameriera guardò nella direzione che aveva indicato ed annuì. “Ma certo. Prego, sedetevi.”

I due giocatori si avvicinarono al tavolo, Midorima con esitazione, Akashi invece sicuro di sé. Un sorriso feroce si formò sulle labbra del rosso mentre si avvicinavano all’uomo, che ora sembrava nervoso. Midorima lo osservò di sfuggita: era ovviamente alto, lo si notava anche se era seduto, aveva corti capelli azzurri ed occhi marroni. Una camicia blu formale e con il colletto abbottonato accompagnava i suoi pantaloni neri dall’aspetto professionale. Midorima notò che si stava tormentando nervosamente le mani.

“Buongiorno, Kuroko Haru-san,” salutò formalmente Akashi.

“Ah, tu devi essere Akashi-kun, giusto?” Haru scattò in piedi e con educazione fece un piccolo inchino. Kuroko deve aver preso da lui, osservò Midorima.

Quando si furono seduti, ed Akashi ebbe ordinato un caffè per il suo compagno ed un the per se stesso, Haru arrivò subito al motivo per cui si trovavano lì: “Dov’è Tetsuya? È stato ferito gravemente?”chiese, preso dal panico.

“Sta bene, – gli assicurò Akashi – Al momento si sta riposando a casa mia. Le sue ferite stanno cominciando a guarire.”

Apparve ovvio che un grosso peso era appena stato sollevato dalle spalle di Haru, che si curvò in avanti con sollievo. L’ansia, che era stata chiaramente visibile sul suo viso, scomparve subito dopo aver sentito la notizia. L’uomo si passò una mano tra i capelli. “Bene, meno male, – disse Haru – Ero preoccupato quando sono tornato a casa e non ho trovato Tetsu. Sono felice che abbia trovato i suoi amici.” Volse lo sguardo verso Midorima, “Ah, tu sei…?”

“Midorima Shintaro,” rispose rigidamente.

“Midorima, – Haru ripetè il nome, aggrottando le sopracciglia blu per un paio di secondi, prima di ricordare – Oh! Sei Midorima-kun, ho sentito parlare di te.”

Il tiratore alzò un sopracciglio, Kuroko parlava di lui?

“Haru-san, – Akashi richiamò la sua attenzione – Dobbiamo parlare.”

Il volto del padre di Kuroko fu oscurato da un’ombra. “Hai, – disse piano – So che volete parlare…della madre di Tetsu.”

“DI Kuroko Ibuki,” confermò Akashi. “Haru-san, sappiamo che è lei la causa delle continue ferite di Tetsuya.”

Haru spostò lo sguardo di lato, ed i capelli gli coprirono gli occhi. Le sue mani erano strette con rabbia al pensiero delle ferite di Kuroko, inflittegli da sua moglie. Deglutì con forza, lottando con il suo autocontrollo. A quel punto Midorima ebbe delle difficoltà a distinguere le differenze tra il piccolo Kuroko ed il Kuroko adulto. “Capisco,” bisbigliò il padre di Kuroko.

Il campione del Rakuzan sorseggiava il suo the con calma, ma Midorima riuscì a scorgere le emozioni contrastanti che si scatenarono nei suoi occhi eterocromi. Rimase in silenzio ed inconsciamente stinse il suo peluche di Hello Kitty. “Andiamo dritti al punto: non vogliamo che Tetsuya soffra ancora. Vogliamo che si liberi di Ibuki, in ogni modo possibile.” Akashi posò la sua tazza e con le dita, pallide e sottili, ne tamburellò il bordo. “Ma per questo, avremo bisogno della sua cooperazione.”

Haru alzò lo sguardo, sorpreso. I suoi occhi castani erano spalancati, la sua bocca aperta, mentre processava quelle parole. Era ovvio che l’uomo pensasse di non poter far nulla, quando si trattava di Ibuki. Onestamente, neanche Midorima sapeva come avrebbe potuto essere d’aiuto. Durante il loro tragitto fino a lì, il suo ex capitano non aveva risposto alle sue domande sul padre di Kuroko.

“Io? Io… - il Kuroko adulto esitò – Io non posso fare niente contro Ibuki. Se la denunciassi, le verrebbe affidata la custodia di Tetsuya, – si passò una mano sulla faccia – A quel punto sarebbe ancora peggio.”

“Sono pienamente consapevole del potere di Ibuki,” disse Akashi. “Shintaro, passami la borsa.”

Durante la passeggiata fino al bar, il rosso aveva dato a Midorima una pesante borsa con degli oggetti sconosciuti. Quando Akashi gli aveva dato la borsa, Midorima non aveva osato chiedere perché non potesse portarsela da solo.

Il tiratore si chinò obbedientemente e raccolse la borsa nera con un grugnito. La passò ad Akashi, che lo ringraziò. “Il suo compito potrebbe essere… emotivamente difficile, ma è piuttosto semplice per le competenze che richiede.” La borsa fu aperta e ne uscì una grande macchina fotografica con molte memory card. Le mise sul tavolo perché tutti potessero vederle. “Sarà difficile per lei, ma credo che lei sia il più adatto per questo lavoro.”

Haru guardò la macchina fotografica con sospetto, “Cosa devo fare?”

Nei venti minuti successivi Akashi spiegò il compito del padre di Kuroko nei dettagli, con date, orari ed istruzioni. Man mano che andava avanti, Midorima potè vedere l’espressione di Haru farsi più inorridita, ed era sicuro che lo stesso valesse per la sua. Era un compito crudele ed insolito, che non si addiceva al padre di Kuroko. Eppure era allo stesso tempo d’accordo, solo Haru avrebbe avuto la possibilità di portarlo a termine, nessun altro.

Non fu aggiunto altro dopo che il giovane uomo ebbe accettato l’incarico, anche se con esitazione. Un silenzio quasi confortevole calò su di loro, mentre Akashi beveva il the, Midorima si mangiucchiava nervosamente le unghie (abitudine, questa, che Akashi aveva provato a fargli passare), ed Haru si limitava a guardare fuori dalla finestra.

La forte suoneria di un cellulare fece sobbalzare tutti tranne Akashi, che tirò fuori il suo, controllò chi era a chiamare e poi rispose con espressione accigliata, ”Daiki.”

“Non riesco a trovate Tetsu! – urlò Aomine nel telefono – E’ sparito! Ho controllato dappertutto. Ed ha lasciato qui il suo cellulare!”

Akashi strinse gli occhi, “Cosa vuol dire che se n’è andato, Daiki? Non dovevi controllarlo e assicurarti che non andasse da nessuna parte?”

“S-stava dormendo, lo giuro! Ho solo fatto un pisolino, ma quando mi sono svegliato, non c’era più! Ha preso le tue scarpe da basket e –“

Hai fatto un pisolino?”urlò Akashi con rabbia. Le persone nel bar lo guardarono allarmate. Midorima spalancò gli occhi, shockato per il fatto che il loro capitano, sempre composto, potesse effettivamente urlare di rabbia. Aomine doveva aver fatto un bel casino, e sapeva con certezza di cosa si trattava.

“Pe-pensavo che non ci sarebbero stati pro-problemi, – balbettò il ragazzo abbronzato – Tetsu non è il tipo che farebbe queste cose, devi riconoscerlo! Voglio dire, nessuno penserebbe che possa davvero sgattaiolare via!”


Akashi si coprì la faccia con una mano. “Aomine Daiki, – minacciò piano – Preparati a vivere un infermo.” Poi riattaccò. “Shintaro, preparati ad andare.” Akashi si alzò, stringendo la mascella con irritazione. Midorima obbedì velocemente , rimettendo via la fotocamera e le memory card. “Haru-san, dovrebbe venire anche lei. Suo figlio è scappato, – il padre di Kuroko sgranò gli occhi – ma penso di sapere bene dove possa essere andato.”


La palla da basket gli passò accanto a velocità allarmante e rimbalzò inutilmente sul muro della palestra, rallentando considerevolmente mentre tornava indietro rotolando verso i piedi di Kuroko, che sbattè le palpebre, chiedendosi quando gli avevano passato la palla.

“Kuroko! – si lamentò Izuki – Questa è la nona volta!”

“Si, che succede, Kuroko? – si accigliò Teppei – Di solito non ti distrai.”

“Concentrati sulla partita!” disse Kagami ad alta voce e gli diede una pacca d’incoraggiamento sulla schiena. Sfortunatamente ebbe l’effetto opposto, perché Kuroko incespicò in avanti con un mugolio e il dolore alla schiena rinnovato. Sussultò quando sentì una risatina acuta alle sue spalle.

Kuroko Ibuki osservava dal bordo campo, gli occhi piantati sulla testa di suo figlio. Qual è il suo scopo? Pensò disperato Kuroko, Perché mi sta guardando? Perchè non sta facendo niente?

Questa era la causa principale della distrazione di Kuroko. Il suo cervello continuava ad urlare di paura, e riusciva appena a muoversi nella partitella senza avere dei brividi che gli correvano lungo la schiena. Inoltre le sue ferite stavano cominciando a riaprirsi. Proprio come aveva detto Akashi, non era ancora pronto per  degli esercizi troppo vigorosi.

“Ricominciate! – ordinò Riko – Kuroko, fai più attenzione!”

“Hei… Coach?” Koganei, che durante la partitella era in panchina, si chino per bisbigliare all’orecchio di Riko: “ E’ una mia impressione o Kuroko sta zoppicando?”

La coach del Seirin osservò il ragazzo più basso  in campo. Ora che ci faceva caso, Kuroko stava zoppicando, e non correva come faceva di solito per passare. Come mai non l’aveva notato prima? “E’ ve –“

“Scusatemi,” li interruppe una voce femminile. Koganei e Aida si voltarono verso la donna dai capelli azzurri. Riko si accorse subito che aveva un sorriso falso e troppo dolce; per qualche ragione sentiva di dover fare attenzione con lei. Sembrava troppo strano, quasi irreale che una madre potesse avere una personalità così diversa da quella del figlio. “Potresti mettere in pausa la partita?”

“Mettere in pausa? – Riko alzò un sopracciglio – Non si può mettere in pausa una partita.”

“Fai una pausa, per favore,” ripeté la donna, questa volta con un tono minaccioso.

L’occhio di Aida ebbe un tic infastidito; beh, bisognava ascoltare i genitori, pensò, anche se l’idea la irritava. “Stop!”urlò ai giocatori. Si fermarono tutti a metà di un movimento.

“Perché ci siamo fermati, Riko-san?”chiese apparentemente calmo Kuroko, ma i suoi occhi blu mostravano paura.

Ibuki avanzò sul campo con un sorriso e suo figlio fece istintivamente un passo indietro. “Scusatemi, ragazzi, ma ora vorrei portare Tetsu a casa.”

“Eh? – protestò Kagami – Non può portarlo a casa adesso! L’allenamento non è ancora nemmeno finito!” Ibuki lo guardò male e lui si calmò. La donna aveva qualcosa di strano che lo rendeva diffidente. Era quasi spaventosa come Akashi, ma in modo diverso.

“O-okaa-san? – disse Kuroko timidamente – Vorrei restare fino alla fine.” Prendi tempo. Non andare a casa, gli ordinò il suo buon senso. Arriverà qualcuno.

L’espressione dolce di sua madre divenne acida. I suoi occhi si fecero selvaggi, e il sorriso che rivolse a tutti diventò qualcosa di crudele. “Osi disobbedirmi, Tetsuya?” Tirò indietro la testa e rise. Era una risata che vece venir voglia a tutti di girarsi a correre via. “Giusto, hai saltato la lezione di buone maniere l’altro giorno, quando mi sei scappato, - il suo tono si abbassò diventando più umano ma anche più arrabbiato – Non preoccuparti, Tetsuya-kun, farò in modo che non manchi alla lezione quando saremo a casa.”

Kuroko stette immobile in mezzo al campo, gli occhi fissi e impauriti spalancati sul viso di sua madre. L’esile corpo del ragazzo tremò di terrore alle parole della donna. Lacrime di panico gli riempirono gli occhi. Ricordi delle vecchie ‘lezioni’ di Ibuki gli attraversarono il cervello. Poteva risentire le urla, provare il dolore, sentire l’odore dell’odio, vedere le sue ossa rotte, le grida, gli insulti, la disperazione, l’agonia, le torture, i colpi, le armi, il sangue. Iniziò ad ansimare, la sua mente era paralizzata sugli eventi passati: le lacrime, la repulsione, il pianto, le grida, l’odio di lei, i suoi occhi, le sue mani, i suoi piedi, la sua delusione, la sua rabbia, il bisogno di aiuto,aiuto, aiuto, aiuto - .

“Kuroko Ibuki.” Una voce forte ed autorevole riportò il ragazzo in preda al panico alla realtà. In effetti, sembrò risvegliare tutti quanto da una trance. Tutto il Seirin ed Ibuki si voltarono verso la voce che li aveva interrotti. Il cuore di Kuroko gli saltò in gola quando vide Akashi, con Midorima e con suo padre. Sono arrivati, sono al sicuro, fu il suo primo pensiero.

Akashi osservò la squadra silenziosa, gettò un’occhiata ad Ibuki e poi si girò a fissare Kuroko. A quanto pare era arrivato giusto in tempo, perché il ragazzo dai capelli azzurri sembrava essere sull’orlo di un attacco di panico. Akashi notò che stava in piedi in una strana posizione, tenendo la maggior parte del peso sulla gamba sinistra, e che la sua schiena era un po’ incurvata per alleviare il dolore che era ricominciato da quando aveva iniziato a giocare a basket. Scosse la testa con disapprovazione.

“E tu saresti?” Ibuki era arrabbiata per il fatto che un ragazzo dell’età di suo figlio l’avesse chiamata per nome.

“Non è necessario che lei lo sappia, - rispose Akashi con indifferenza – Tetsuya. Vai da Shintaro. Adesso.”

Kuroko si ritrovò ad obbedire al comando. Zoppicò oltre Akashi, verso il tiratore. Midorima lo afferrò immediatamente per le spalle per sorreggerlo, dato che aveva cominciato a ciondolare. “Ho un kit di pronto soccorso, lascia che ti bendi di nuovo le ferite,” disse piano all’orecchio di Kuroko, che rispose annuendo. Dato che il ragazzo non sembrava più in grado di camminare, Midorima si chinò e lo prese in braccio come se non pesasse niente (il che era quasi vero. Il suo peso non era proporzionato alla sua età.) Lui ed il passatore ferito tornarono alle panchine, lontano dalla madre odiosa.

“Haru, cosa significa questo? – domandò Ibuki – Digli di riportare qui Kuroko, lo porteremo a casa.”

“Ibuki, – disse calmo Haru – So che sei agitata, ma - .”

“Tetsuya starà a casa mia, – annunciò Akashi – Dobbiamo lavorare su un progetto scolastico. Sarebbe più comodo se restasse,” mentì tranquillo, ed era così convincente che era difficile non credergli. Non importava nemmeno che la squadra del Seirin sapesse che Akashi frequentava un’altra scuola.

La madre di Kuroko gelò con lo sguardo l’audace ragazzo. “Tetsuya non me ne aveva parlato. Non gli ho dato il permesso.”

“No… ma l’ha detto a me, – bluffò anche Haru – Gli ho dato io il permesso.”

“Allora io glielo nego, – Ibuki, isterica, alzò la voce – Io faccio le regole. Tetsuya deve tornare a casa.”

Akashi inclinò la testa “E perché ci deve tornare?”

“Deve stare con la sua famiglia!”

La faccia del rosso si oscurò e la sua voce cambiò. “Se pronuncerà di nuovo la parola ‘famiglia’, – mormorò, facendo un sorrisetto – Non esiterò a farle del male.”

L’aura che Akashi emanava fece arretrare per un secondo persino Ibuki. Ma poi ricordò a se stessa che era solo un ragazzo e che lei, adulta e con la massima influenza in Giappone, gli era superiore. “Restituiscimi Tetsuya.”

Il campione del Rakuzan fece finta di pensarci, “No.”

“Basta ora, Ibuki, – disse Haru con risoluzione – L’istruzione di Tetsuya è più importante di ogni altra cosa. Se ha un progetto da fare, ha il diritto di farlo.”

Hyuuga, i cui sospetti sulla pazzia della donna erano stati confermati, intervenne dicendo “Si, il progetto varrà praticamente metà del voto finale. Lasci che Kuroko lo faccia.”

“Che c’è ci male nel lasciare che Kuroko stia a casa sua?” chiese Kagami, guardando male la donna.

La madre di Kuroko lanciò sguardi di morte a tutti i presenti. “Ve ne pentirete,” sibilò. Afferrò la sua borsa e lasciò furiosa l’edificio, sbattendo teatralmente la porta della palestra.

Haru si lasciò sfuggire un respiro di sollievo.

I membri del Seirin furono confusi ma contenti che la donna isterica se ne fosse andata.

Ma Akashi non si sentì neanche un po’ sollevato, girandosi ed iniziando a dirigersi verso il ragazzo ferito di cui si stava occupando Midorima. Gli era stata tolta la maglietta, rivelando i lividi ed i tagli infetti che si erano riaperti sulla schiena per lo sforzo a cui si era sottoposto quel giorno. Il capitano si stagliò sul ragazzo singhiozzante, guardandolo mentre era alle prese con il dolore pungente inferto da Midorima ed il suo disinfettante.

“A-Akashi-kun,”riuscì a dire Kuroko.

Akashi si inginocchiò per essere faccia a faccia con il passatore, “Mi hai disobbedito, Tetsuya.”

Kuroko abbassò lo sguardo, arrabbiato con se stesso per aver preso una decisione così stupida. “Mi dispiace,” bisbigliò.

“Sarà meglio che non succeda più,” lo ammonì Akashi. Prese il mento pallido del ragazzo e lo sollevò. “Ora sai perché non volevo che venissi qui. Non solo tua madre ti ha trovato, ma le tue ferite si dono riaperte ed infettate. E di questo devi solo incolpare te stesso.”

Le lacrime che aveva cercato di tenere a bada presero il sopravvento e scesero sulle sue guance. Cercò di asciugarsele, ma continuavano a caderne di nuove. “M-mi dispiace, – provò a dire Kuroko – R-ripagherò per ogni p-problema che vi ho causato,  Akashi-kun, M-Midorima-kun.”

Akashi si sedette sulla panchina. Facendo un sospiro prese con gentilezza il ragazzo più piccolo in un abbraccio, facendo attenzione a non interrompere il lavoro di Midorima. Kuroko non si strinse alle sue spalle, ma accettò il contatto con il suo corpo caldo, e si appoggiò al suo petto muscoloso.

Sentirono qualcuno trattenere rumorosamente il respiro dietro di loro. Riko Aida stava osservando le ferite di Kuroko tenendo una mano davanti alla bocca. Gli altri giocatori guardavano con gli occhi spalancati. “Oddio! – urlò – Cosa gli è successo?”

Akashi strinse più forte Kuroko, che si era irrigidito. Il rosso sapeva che non voleva che altre persone venissero a sapere della sua famiglia, quindi si inventò subito una bugia e disse: “Questo è a causa del bullismo. L’altro giorno un codardo ha picchiato Tetsuya, – guardò tutti con il suo occhio rosso – Me ne sono occupato io.” Il Seirin fu scosso da brividi.

“Tutto questo causato da una sola persona? – chiese Aida incredula – Ma è terribile! Che cosa gli aveva fatto Kuroko di male?”

“Ecco perché si comportava in modo strano oggi,” disse Kagami, innervosito dal non sapere il che il suo partner era stato ferito. “E zoppicava anche. Cavolo, avrei dovuto notarlo prima!”

“Infatti, avresti dovuto, – gli disse Akashi – Come compagni, dovreste sapere quando uno di voi sta male. Se i legami tra i giocatori sono così deboli nel Seirin, non diventerete mai una squadra forte.”

Teppei protestò, “Hei, eravamo tutti concentrati per la partita contro il Kaijou. Kuroko ce l’ha nascosto bene.”

Midorima fissò l’ultima benda alla gamba di Kuroko. Le bende alla testa non avevano avuto bisogno di essere cambiate, ma la gamba destra non stava guarendo bene come aveva pensato. “Non importa se ve lo ha nascosto o no, – disse – Avreste almeno dovuto notare quanto quella donna lo possa influenzare.”

Akashi sistemò Kuroko in una posizione più comoda; si era addormentato mentre piangeva ed ora dormiva con un’espressione più tranquilla. “Ma… non era la madre di Kuroko? – chiese Koganei, confuso – Perché dovrebbe aver paura di sua madre?”

Questo non vi riguarda.”

“Hei, – Kagami guardò male l’ex capitano del Teiko – Kuroko è nella nostra aquadra, quindi è nostro. Abbiamo il diritto di saperlo!”

“Ti sbagli, – dissero AKashi e Midorima – Non è vostro. È nostro.







NdT: Ciao a tutti! È sabato sera e giustamente avrete di meglio da fare…. Io invece ne approfitto per aggiornare, perché non so se domani riesco.
Spero che questo capitolo vi piaccia!! Akashi ha un piano…di cosa si tratterà? Si accettano scommesse xD
Alla prossima, Nienor_11

   
 
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