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Autore: SusanTheGentle    12/05/2013    14 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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28. La vendetta di Rabadash


Questo tempo, questo luogo
Ingiustizie, errori
Troppo a lungo, troppo tardi
Chi ero io per farti attendere?
Un’altra opportunità, un altro respiro
Nel caso ci sia un’altra via
Perché tu sai,
Tu sai…





All’inconfondibile suono del corno d’avorio, Lucy alzò di scatto la testa verso il cielo limpido, dove la nota si perse confondendosi con il fischio del vento.
Subito dopo, la ragazza incrociò lo sguardo di Emeth e non ebbe bisogno di dire nulla. Il soldato balzò in piedi allungando una mano verso di lei.
“Vieni!” fece lui in tono concitato.
Lucy lasciò cadere i fiori che aveva raccolto e afferrò saldamente la mano del giovane. La sua stretta non era più impacciata come quella di poco prima, bensì salda, rassicurante. La mano di Emeth era calda…
Nonostante la situazione, Lucy non poté non osservare il profilo del ragazzo e pensare che avesse un coraggio straordinario. Non si faceva mai prendere dal panico, sembrava sempre incredibilmente sicuro di sé, in qualsiasi circostanza. Invidiò il suo sangue freddo.
Cominciò a correre con lui per il sentiero e poi giù per il pendio ripido. Quando giunsero in prossimità del lago delle Acque Morte, un forte luccichio indusse Lucy a guardare verso la fonte. La ragazza gridò terrorizzata e si voltò svelta, coprendosi gli occhi e aggrappandosi a Emeth. Lui subito la strinse e osservò la statua d’oro.
“Sta tranquilla…”
Lei si voltò di nuovo, tremante. In un primo momento aveva temuto il peggio, credendo si trattasse di Caspian…invece era quel mercante di schiavi…Pug!
“Lucy!”
“Caspian! Ripicì!”
La Valorosa sgranò gli occhi azzurri alla vista del Re e il topo entrambi feriti.
“Che cosa è successo?...Dov’è Susan?” esclamò spaventata, guardandosi attorno. Poi, i suoi occhi incontrarono quelli del Liberatore, e capì che era accaduto qualcosa di grave.
Lui le spiegò tutto.
“Dobbiamo tornare subito sul veliero! Ho bisogno del mio cordiale per curarvi, e poi…”
“No, Lu, non c’è tempo” la interruppe Caspian sbrigativo, mettendole Ripicì tra le braccia. “Voi andate alla nave, io devo inseguire quell’uomo”.
Caspian si chinò a terra e prese tra le mani i doni di Susan, tutti e tre. Si aggiustò l’arco e le frecce dietro la schiena e legò il corno d’avorio alla cintura.
La sua mente corse improvvisamente a quel giorno lontano in cui era nato l’erede di Miraz, e Cornelius l’aveva fatto fuggire dal castello. Il giorno in cui la sua vita era ancora triste e solitaria perché non aveva incontrato i Pevensie…non aveva incontrato lei.
“Sto arrivando Susan…”
“Caspian, per piacere, aspetta” insisté Lucy, stando attenta a non muovere troppo Ripicì. “Come credi di raggiungere Susan da solo?”
“Ha ragione” disse Emeth. “Se quel pirata avesse già ripreso il mare?”
Caspian si fermò un istante. Era vero, non ci aveva pensato. “Un modo lo troverò...Prenderò una scialuppa. Ora sbrighiamoci!”
“Non ce la farai senza un aiuto!” esclamò ancora Lucy.
“Lasciatelo andare” disse debolmente il Ripicì, “Noi dobbiamo tornare dagli altri e avvertirli della situazione. Presto!”
Emeth annuì e sospinse piano Lucy mettendole una mano sulla schiena. Ma lei si volse ancora a guardare il Re, preoccupata.
“Riportala qui, ti prego” lo pregò la ragazzina.
Caspian le passò una mano su una guancia e le sorrise brevemente. “Lo sai che lo farò”.
Lei annuì.


Decine di teste si sollevarono e si volsero in direzione nord-est. Il corno della Regina Susan mandava un segnale d’aiuto.
Peter, che stava esaminando la cartina delle Nuove Terre, aggrottò la fronte e subito dopo scattò verso il parapetto, cercando di scrutare in lontananza qualche segno del pericolo.
Nulla si muoveva, all’apparenza era tutto tranquillo. Ma nell’entro terra era accaduto qualcosa…
Edmund, Eustace e Miriel corsero verso di lui. Il primo stringeva già nel pugno la Spada di Bern.
“Dove sono gli altri?” chiese subito il Re Supremo, con una lieve nota di panico nella voce.
Edmund e Miriel si volsero a guardare Eustace, il quale, balbettando, riferì che le due cugine, Emeth e Rip, non erano sulla nave.
“E non ti sei fatto dire dove andavano?” lo interrogò Peter severamente.
Eustace scosse il capo.
Il Magnifico alzò gli occhi al cielo.
“E Caspian?” chiese Edmund guardandosi intorno.
“E’ andato a cercarli” disse ancora il cugino. “Forse li ha trovati…”
“Comunque sia, non hai sentito il corno? Vuol dire pericolo, Eustace!” rincarò Peter, facendolo sentire davvero in colpa. “E’ mai possibile che…”
“Scusate!” sbottò il ragazzino, “Tutto quello che faccio non va bene e si trasforma in un disastro, ok! Però, stavolta...”
“Vorrai dire tutto quello che non fai!”
“Peter, non parlargli così” intervenne Miriel.
“E’ ora che impari che non è un gioco, Eustace! Chiaro?”
“Guarda che lo so! Ma non è colpa mia! Stavo solo leggendo! Non li ho mica costretti io ad andare a…a fare non so cosa!”
Peter e Edmund gli voltarono le spalle senza replicare, non ne avevano la voglia né il tempo.
Miriel rimase accanto a Eustace ancora qualche istante e poi gli mise una mano su una spalla. “Dai, andiamo”
Ma lui scrollò le spalle e si liberò bruscamente dal tocco gentile di lei. “Vai tu, se ci tieni tanto! Io non verrò affatto! Tanto combino solo guai!”
“Non dire così…”
Ma Eustace corse via e Miriel, benché dispiaciuta per lui, si voltò per raggiungere Peter e Edmund. I due fratelli avevano già fatto schierare i membri dell’equipaggio, molto agitati per via del segnale d’aiuto del corno della Regina Susan. Tutti si preparavano a una nuova minaccia e forse una nuova lotta. Ma contro chi, questa volta?
Non ci volle molto perché il gruppo si riunì. S’incontrarono a metà strada, nella foresta.
Caspian spiegò di nuovo l’accaduto e non volle sentire ragioni, da nessuno: lui doveva andare a cercare Susan. Aveva già perso fin troppo tempo.
“Sei proprio sicuro che l’abbia portata via? Non puoi esserne certo, non lo hai visto” provò Edmund, vedendo che il sangue proveniente dal taglio sulla gamba dell’amico non accennava a fermarsi.
“Non l’ho visto ma lo so. La portano sull’Occhio di Falco, Ed”
Caspian strinse i denti e strappò un pezzo di stoffa della propria camicia per legarsela attorno alla gamba.
“Proprio per questo non puoi andare solo!” protestò ancora il Giusto. “Se ci organizziamo, forse…”
“Caspian, lascia che vada a prendere il cordiale…ci metto un secondo…” disse Lucy per l'ennesima volta.
“Ragazzi, no!” gridò il Re, esasperato. “Non abbiamo tempo! Neanche un secondo!”
“La scialuppa è pronta, Maestà” lo chiamò Drinian. “E io sarò al vostro fianco”
“No, capitano. Voi servite qui”
“Mi permetto di insistere”
“No! E’ un ordine! Tutti voi dovete rimanere qui e organizzarvi in caso Rabadash decida di attaccarci di nuovo. Grazie a quel pirata, ora sapranno dove ci troviamo”. Caspian mise poi una mano sulla spalla di Peter. “Ti affido il Veliero dell’Alba finché non torno”.
Peter lo fissò negli occhi e annuì con decisione. “Conta su di me!”
“Grazie”
Il Re di Narnia fece per raggiungere la barca, ma un improvviso spruzzò d’acqua lo fece trasalire e voltare nella direzione opposta. L’intero equipaggio reagì nello stesso modo.
“E’ Blu!” esclamò Gael.
“Chi?” fece Rhynce.
“Blu! Il capobranco delle Blue Singer. Lo riconosco dalla striscia più chiara che ha sul muso”
“Sembra quasi che…” fece Miriel, andando verso la balena.
La Driade fece qualche passo verso il cetaceo, ascoltando con attenzione i suoni profondi che emetteva. Poi si voltò verso gli altri.
“Dice che ha visto il pirata e il mercante arrivare in groppa a uno dei suoi fratelli” continuò Miriel, mentre anche Peter le si affiancava. “E che ha visto il pirata e la Regina Susan lasciare la costa in un punto dall’altra parte dell’isola, pochi minuti fa.”
“A bordo di una balena azzurra?” esclamò Edmund a bocca aperta. “Ma allora saranno già lontanissimi, non li raggiungerai mai!”
Caspian si avvicinò loro, posando una mano sul grosso muso blu scuro della balena.
“Credo che vi voglia portare lui dalla Regina, Maestà” aggiunse di nuovo Miriel, traducendo in parole un’altra lunga nota baritonale di Blu.
Un brusio stupito si levò dagli uomini.
“Puoi davvero aiutarmi?” mormorò Caspian, guardando dritto negli occhi neri del capobranco.
Per tutta risposta, quello fece un nuovo spruzzo alto metri e metri, che s’infranse sulla spiaggia come una cascata. Qualcuno sorrise, e Caspian fu uno di quelli.
“Potete farcela se partite subito, Sire” disse Emeth.
Il soldato avrebbe voluto andare con lui, perché poteva aiutarlo. Inoltre, sull’Occhio di Falco c’era suo padre…Tuttavia, non osò esprimersi dopo che il Re aveva dato l’ordine preciso di attendere lì il suo ritorno.
“D’accordo, allora” fece Caspian, e senza badare al dolore alla gamba, s’issò con decisione sull’enorme e liscio dorso di Blu.
“Peter” chiamò ancora.
Il Re Supremo si avvicinò, capendo che l’altro voleva dire qualcosa solo a lui.
“Se non dovessi tornare entro qualche ora…”
“Per favore, non venirtene fuori con queste frasi, ora”
“No, ascoltami, per favore! Se dovesse succedere qualcosa, non sto dicendo qualcosa di grave, ma un imprevisto, che mi terrà lontano più di del necessario, prendi la nave e continua verso est”
Peter lo fissò incredulo. “Che diavolo stai dicendo?! Credi che lascerei te e Susan…”
“Ti prometto che ce la caveremo, e in qualche modo torneremo indietro. Ma voi dovete continuare! Dovete liberare la Stella Azzurra, trovare le altre spade, arrivare alle Terre di Aslan! Se sarò costretto a spingermi fino a Calormen per liberare tua sorella- e non lo escludo- lo farò. Ma voi dovete andare avanti!”
Peter lanciò una breve occhiata alle sue spalle. “Non si muoveranno mai di qui senza il loro Re”
“Bè, tu sei il Re Supremo e li guiderai in mia vece”
Il Magnifico scosse il capo. “Noi ti aspettiamo qui. Vedi di sbrigarti”
Caspian allungò una mano e Peter la strinse. Poi chiamò: “Edmund”
Il Giusto fece un passo verso il Liberatore.
“Aiuta tuo fratello. Proteggeteli. Tutti quanti”
“Certo…buona fortuna, Caspian”
“Grazie, Ed. Me ne servirà molta…Vi giuro che vi riporterò vostra sorella”
Detto ciò, la Blue Singer partì a tutta velocità, senza dargli quasi il tempo di voltarsi indietro e rassicurare i suoi uomini con uno sguardo, un cenno. Quando lo fece, la riva era già lontana.
Provò una fitta al cuore vedendo la sua nave e i suoi amici allontanarsi sempre più da lui, quasi che non dovesse mai tornare. Sì sentì improvvisamente solo e scoraggiato. Sapeva che il margine di errore che gli era concesso si riduceva praticamente a zero. Non avrebbe avuto seconde possibilità: sull’Occhio di Falco non si sarebbero risparmiati. Doveva uccidere o essere ucciso.
Era chiaro che il principe del Sud non avrebbe mai lasciato andare la Regina Dolce, una volta giunta al suo cospetto.
Devi credere che ce la farai, perché sarà così! ,si disse, il vento che gli scompigliava i capelli e gli sferzava il viso.
Aslan è con te, sempre!
Sì, sarebbe tornato presto, prestissimo. Con Susan.


Era il tramonto quando giunsero in prossimità dell’Occhio di Falco. L’aria si era fatta pungente e le nuvole correvano veloci nel cielo, oscurando un poco le stelle.
Susan era stata imbavagliata e legata più saldamente. Un suo polso era ammanettato a quello del pirata, così che se anche avesse provato a gettarsi in acqua e tentare la fuga, non ci sarebbe riuscita.
Non che non ci avesse pensato, ma oltre al filibustiere, c’era da prendere in considerazione il fatto che non era un’idea fattibile. Dove poteva andare? Sicuramente non sarebbe mai riuscita a tornare indietro.
Quanto sei stupida…si disse respirando a fondo, mentre l’ombra della nave di Calormen sovrastava lei, la balena azzurra e il pirata.
Era in collera con se stessa, furiosa per aver contribuito alla sua cattura.
Come una sciocca, si era fatta spaventare dalla presenza di Pug e non era riuscita a reagire. E così, come se il tempo fosse tornato indietro all’inizio di quell’avventura, adesso si trovava di nuovo a bordo dell’Occhio di Falco, prigioniera di Rabadash e diretta verso Calormen.
Le lanterne erano già state accese. Due di esse si trovavano proprio all’altezza degli occhi dell’orribile statua del rapace a prua. Susan non sapeva se tale posizione fosse voluta o meno, certo era che l’effetto risultava spaventoso, gli occhi lampeggianti nell’oscurità sempre più fitta. E in quel modo sembrava quasi che un grosso uccello color bronzo solcasse l’oceano orientale, a ciaccia di ignare prede.
Susan non aveva mai visto Tash, ma di certo, il suo aspetto non doveva essere molto diverso.
Rabbrividì, mentre la balena si accostava alla chiglia e una scaletta di corda veniva calata per permettere loro di salire.
Con una gentilezza inaspettata, il pirata la fece salire a bordo della nave. Sguardi curiosi puntavano su di lei da ogni lato. Chiunque fosse impegnato in qualcosa si fermò per osservare il passaggio della Regina Dolce di Narnia; chi ostile, chi stupito forse dalla giovane età, chi affascinato dalla sua bellezza e dalla sua grazia.
D’un tratto, il portello di coperta si spalancò con forza e Aréf tarkaan uscì seguito da tre dei suoi uomini.
Il padre di Emeth…pensò Susan.
Il capitano delle guardie rivolse uno sguardo interrogativo al pirata.
“Avete fatto presto…Pug?”
“Morto” rispose semplicemente l’altro, con voce cupa.
Aréf mise le mani dietro la schiena. “Sei sicuro?”
Il volto del pirata si storse in una smorfia. “Non proprio, ma credo di sì. Il Re di Narnia si è battuto con lui”
Gli occhi di Susan scattarono immediatamente dal volto del filibustiere a quello di Aréf.
Se avessero osato parlare male di Caspian sono per un secondo…
“Va bene, portala giù” disse infine il padre di Emeth, facendo un cenno verso il boccaporto.
Di nuovo sotto gli sguardi di tutti, Susan fu sospinta sottocoperta.
La giovane alzò la testa con fierezza, ricordando a se stessa di non mostrare paura alcuna, poiché era una regina e non si sarebbe mai piegata ai suoi nemici, anche se dentro di sé tremava per l’ansia e l’attesa di scoprire cosa ne sarebbe stato di lei.
O forse lo immaginava…
Presto, i due uomini si fermarono davanti a due soldati in tenuta arancione e bianca. Questi ultimi stavano di guardia di una cabina dalle doppie porte finemente decorate d’oro.
“Annunciateci al principe. Abbiamo la Regina Susan” disse Aréf con voce chiara e austera.
Le due guardie scattarono sull’attenti ed aprirono la porta. Uno degli uomini entrò nella stanza e riferì la notizia. Pochi secondi dopo li lasciò passare.
Il pirata liberò il proprio polso da quello di Susan.
“Il mio compito è finito” mormorò tra sé e sé, per poi voltare le spalle e sparire alla vista.
Aréf sospinse la fanciulla per un braccio all’interno della cabina reale. Appena furono dentro le porte si richiusero alle loro spalle.
Benché avrebbe voluto con tutta sé stessa tentare di fuggire all’istante, Susan non osò muovere un muscolo. Non aveva armi, era legata e imbavagliata. Si sentiva inerme e sola, e non le piaceva.
Cercò di reprimere un tremito, tenendo sempre alta la testa e le spalle, continuando a ripetersi che la sua attuale situazione non si sarebbe protratta a lungo. Avrebbe solo dovuto attendere con pazienza perché, certamente, lui sarebbe venuto a salvarla ancora una volta.
Non pensò ai suoi fratelli, non pensò ad Aslan, solo a lui: Caspian…
Non si volse a osservare nemmeno per un istante l’ambiente attorno a sé: gli sfarzosi mobili e i ricchi monili che ornavano la camera. Tenne gli occhi puntati sulla porta di fronte a lei, dalla quale, dopo pochi secondi, comparve finalmente Rabadash.
Come sempre era vestito di nero, la sua figura alta e robusta incuteva un certo timore. Il viso serio e gli occhi neri come la pece erano impenetrabili, non lasciavano trasparire alcuna emozione. Almeno non fino a quando non rimasero soli.
Immediatamente, il principe congedò Aréf tarkaan. Le spiegazioni potevano essere rimandate a più tardi. Tutto quello che voleva, era restare solo con lei.
E stavolta era veramente Susan, non un’impostora. Lo capì dai suoi occhi, limpidi come laghi del nord. Erano come quella volta: fermi, risoluti, a dispetto dell’inquietudine che vi si scorgeva. Quanto aveva desiderato quell’incontro! Tutte le volte che l’aveva soltanto intravista, o che la pensava, il suo corpo ardeva di desiderio per quella ragazza, come un incendio indomabile.
Tuttavia, doveva aspettare ancora…
Allungò una mano verso di lei. Susan si ritrasse spontaneamente, guardandolo torva. Ma Rabadash voleva semplicemente toglierle il bavaglio. Tuttavia, non la liberò delle manette che le segavano i polsi.
Appena fu in grado di parlare, la ragazza iniziò a inveire contro di lui.
“Lasciatemi andare immediatamente, farabutto che non siete altro! Lasciatemi subito!”
Rabadash sorrise divertito. “Calma, mia bella regina…calmatevi”
“Calmarmi?! Voi mi avete rapita! Avete ordinato ai vostri uomini di legarmi e imbavagliarmi!”
“Mia cara, era l’unico modo…” fece Rabadash prendendole le mani.
“Non prendetevi tutta questa confidenza! Noi non ci conosciamo nemmeno!” esclamò Susan, ritraendosi.
“Ci conosceremo” sorrise il principe alzando ancora una mano, facendo un movimento appena accennato a mezz’aria, come nell’atto di accarezzarle i capelli. “Il ritorno a casa richiederà parecchio tempo” sorrise affettato. “Tempo durante il quale potremo fare amicizia”
Susan aggrottò la fronte. “Non desidero la vostra amicizia”
“Oh, nemmeno io, in realtà”. Il principe si avvicinò pericolosamente. I suoi occhi neri lampeggiarono. “Io voglio il vostro cuore e molto di più. E l’avrò.”
Susan si sentì mancare.
Che cosa le avrebbe fatto, ora? Lucy aveva avuto ragione: Rabadash era pazzo d’amore. Un amore folle, possessivo, che non aveva nulla a che fare con il vero e dolce sentimento che provava invece Caspian.
“Non dovete temere per la vostra incolumità, mia signora” le disse il principe con un garbo che le parve impossibile, e che la lasciò sconcertata. “Qui nessuno vi farà del male, almeno finché sarete con me. Ed io non vi toccherò con un dito. So che temete questo, lo leggo nei vostri meravigliosi occhi. Ma state tranquilla: finché non saremo legittimamente sposati sotto il cielo di Calormen, e al cospetto di Tash e Tisroc (possa egli vivere in eterno), la vostra virtù rimarrà intatta”
Susan trattenne il respiro. Era dunque questo che voleva! Non solo averla, ma sposarla, portarla a Calormen con lui.
No…non era possibile…
Sì, forse l’idea le era balenata nella mente, ma era un pensiero che aveva sempre rifiutato, perché era talmente assurdo…
“Perdonate se vi do la notizia in questo modo. Avrei voluto fare le cose per bene, ma le circostanze non ce l’hanno permesso.”
Susan lo guardò sempre più confusa. Parlava al plurale, come se fossero già una coppia.
“In altra occasione, di sicuro non vi avrei fatto riservare questo orrendo trattamento. Ecco...” fece poi, prendendo una chiave dalla veste nera e aprendo le manette.
Susan si massaggiò i polsi feriti e indietreggiò di un altro passo.
“Non fate quell’espressione afflitta, mia cara. Anche se vivremo nel deserto, rivedrete la vostra Narnia, prima o poi…nel momento in cui finalmente sarà mia. Anzi, nostra” s’inchinò brevemente il principe. “Ma fino al momento in cui tutta la vostra razza non sarà caduta, scordate quei verdi parti e i laghi azzurri, e iniziate ad abituarvi all’idea di larghe distese di sabbia e rocce”.
“Voi siete pazzo…” esalò la ragazza con un filo di voce, scuotendo piano la testa.
“Sì, è vero. Di voi, Susan” Rabadash si gettò in ginocchio e le baciò una mano.
La Regina indietreggiò fino al muro e vi si appoggiò con la schiena.
Non voleva che la toccasse.
“Vi prego, non respingetemi” esclamò Rabadash alzando il capo.
Lei lesse nella sua espressione infuocata la fatica di trattenersi.
“Io vi ho desiderata dal primo momento che vi ho incontrata. Oh, sì, io vi desidero, io vi amo!”
“Voi non amate nessuno. Voi siete crudele!”
“Con voi non lo sarò” disse lui alzandosi. “Io vi adoro e vi venero, Maestà. Non sapete quanto siete importante per me e per la nostra stirpe.”
“Lasciatemi andare, non toccatemi!”
“Tutto ciò che desiderate, mia cara”. Rabadash si allontanò da lei, la mascella contratta. Il rifiuto di Susan, per quanto previsto, lo seccava parecchio. “Ve l’ho promesso dopotutto: non vi toccherò”
“Voi non mi avrete mai!” esclamò lei non appena ebbe via libera. Poi, in un gesto sconsiderato ma dettatole dall’istinto, corse verso la porta e afferrò la maniglia.
“Ferma!” urlò Rabadash afferrandola per la vita e trascinandola indietro.
“NO!”
“Piccola stupida! Davvero non capite che non avete via di scampo? Dove potreste fuggire, su una nave brulicante di soldati pronti a gettarsi su di voi a un mio comando?”. La voltò verso di sé e la guardò dritta negli occhi. “Voi sarete mia, che vi piaccia o no”
“Io non sarò mai vostra, principe, perché sono già sua!”
Senza nemmeno il bisogno che ne pronunciasse il nome, Rabadash capì di chi parlava. E anche Susan vide che aveva capito.
Il principe si avventò su di lei e la prese per un polso, facendole male. Susan gridò sommessamente e lo fissò, veramente spaventata per la prima volta.
“Vi siete donata a lui?!” gridò furioso, scrollandola per le spalle. “Voi…vi siete davvero concessa a quel bastardo!”
“Non azzardatevi a parlare a quel modo di Caspian! MAI!” urlò Susan, lottando per liberarsi dalla sua presa. La sua furia era forse più devastante di quella di Rabadash. “Non valete la metà di lui!”
Rabadash aveva alzato una mano e Susan credette volesse colpirla in viso. L’intenzione era stata quella ma all’improvviso, egli riabbassò il braccio e la strattonò, facendola cadere a terra.
Susan, i capelli finiti davanti al volto, alzò il capo per fronteggiarlo. In quel momento ebbe paura di lui, ma non lo mostrò. Non l’avrebbe piegata al suo volere, mai!
“Siete una giovane donna davvero coraggiosa, mia cara, ma dovrete imparare a piegare la testa e mostrarmi più rispetto, giacché presto sarò vostro marito”.
“Questo non accadrà mai!”
“Invece sì! Mettetevelo in testa!” esclamò lui inginocchiandosi e prendendole il volto in una mano, stringendoglielo. “Voi siete la chiave per la salvezza della nostra razza, e niente e nessuno potrà impedirmi di portare a termine i miei piani”
Tolse la mano dal suo viso e la trasse in piedi, trascinandola fuori dalla cabina, torcendole un polso.
Susan strillò, ma non c’era nessuno che potesse aiutarla.
Rabadash la condusse al termine di un lungo corridoio, aprì una nuova porta e la spinse dentro la stanza.
“Sarete mia ospite e mia prigioniera. Questa sarà la vostra camera. Spero sia abbastanza confortevole. Non uscirete mai: dormirete qui, mangerete qui, e vivrete qui finché non giungeremo a destinazione. Due guardie saranno poste a protezione della vostra persona, nel caso qualcuno di nostra conoscenza giunga qui con l’intenzione di portarvi via” ghignò malevolo. “Dovrete fare tutto da sola, poiché a bordo della nave non ci sono altre donne che possano aiutarvi nelle vostre mansioni. In quanto al vostro Caspian, dimenticatevi di lui. Non lo rivedrete mai più!”
Rabadash respirava veloce, controllandosi a fatica.
Doveva avere pazienza. Prima o poi, Susan avrebbe capito che non c’era modo per nessuno dei suoi amici di venire a liberarla. Caspian, soprattutto, non le avrebbe mai più messo le mani addosso.
“Per quanto riguarda la vostra vergognosa condotta, mia signora, non c’è alcun bisogno che a Calormen si sappia. Non gioverebbe alla vostra reputazione. Non diremo mai a nessuno che siete stata l‘amante del Re di Narnia”
“Amante?!” esclamò Susan, indignata. “Come osate pensare in questi termini di me e di lui?! Credete forse che mi abbia usata o che io mi sia fatta usare?”
“Non è forse così?” Rabadash rise di gusto. “Siete stata davvero ingenua…Per lui siete solo un capriccio. Uno svago dai suoi doveri”
“Vi sbagliate! Caspian mi ama, mi ama davvero! E io amo lui! Non capite, davvero? Io appartengo già a Caspian e voi non potrete mai cambiare questo! Nemmeno se mi terrete prigioniera. Perché lui troverà sempre il modo di venire da me, anche se mi nasconderete nel vostro palazzo, o dovunque vorrete. Lui mi troverà!”
Parlare di Caspian le ridonava la forza necessaria a sopportare quella situazione sempre più difficile. Rabadash stava perdendo la pazienza e il garbo mostrati all’inizio. Susan era consapevole che provocandolo in quel modo lo avrebbe fatto infuriare ancor di più, ma non le importò nulla.
“Voi non sapete cosa sia il vero amore! Il sentimento che provate per me è solo ossessione!”
“Sì…forse non avete tutti i torti” ghignò Rabadash, a un centimetro dal viso di lei.
Susan non si mosse e sostenne il suo sguardo di fuoco.
“Forse sono ossessionato, completamente avvinto dalla vostra persona, perseguitato dalla vostra immagine giorno e notte, ma non m’importa! Quel che conta, è che quando giungeremo a Calormen disporrò perché siate purificata nel tempio di Tash in vista della nostra unione. E quando sarete pronta, non sarete mai più sua, ma mia! Con la benedizione di Tash sarete Regina di Calormen, legati da un vincolo che va ben oltre le nozze forzate, perché mi darete un figlio!”
Ora vedeva la paura dentro di lei e ciò non gli dispiacque. Gli diede un senso di potere mai provato prima. Se davvero era quello l’unico modo di avere la Regina, ebbene, allora avrebbe giocato sulla paura.
“Se oserete toccarmi, giuro che mi toglierò la vita!” esclamò Susan, tremante, terrorizzata.
“Fate come credete. Vorrà dire che presto il vostro Caspian vi raggiungerà”
Dopodiché, sbattendo così forte la porta che Susan dovette stringere gli occhi al rumore, Rabadash se ne andò, e lei crollò a sedere sul grande letto a baldacchino.
Un figlio da lei…non glielo avrebbe mai permesso. Piuttosto si sarebbe davvero uccisa.


Caspian viaggiava a velocità folle sulla vasta groppa di Blu, di tanto in tanto incitandolo sommessamente, gli occhi fissi in un punto lontano, pronto a scorgere un qualsiasi segno dell’Occhio di Falco.
Blu sapeva dove andare e il Re si affidò completamente a lui. Il capobranco percepiva le buone intenzioni del giovane umano, capiva che egli non l’avrebbe imprigionata come il pirata aveva fatto con la balena azzurra con cui aveva rapito la Regina. Caspian stesso non si sarebbe mai sognato di porre in stato di cattività una delle creature più meravigliose di Narnia.
I nervi tesi fino allo spasimo, il giovane Re continuava a pensare a Susan. A quando l’aveva vista di nuovo preda di Pug; il suo volto spaventato e poi pieno di gioia nel momento in cui lui le correva vicino.
Perché era accaduto questo? Perché adesso? Adesso che avrebbero finalmente potuto gioire e guardare al loro futuro insieme, perché Peter aveva dato il suo consenso: potevano sposarsi.
L’avrebbe trovata, liberata, rischiando tutto pur di riaverla con sé. Non si sarebbe fermato finché non ci fosse riuscito, fino a che non l’avesse avuta di nuovo tra le sue braccia, per proteggerla.
Provò un moto di rabbia nei confronti di sé stesso: non l’aveva difesa, non c’era riuscito stavolta. Si era promesso di non lasciare che mai a nessuno sarebbe accaduto qualcosa di male, e ora proprio a Susan…la persona che meno di tutte avrebbe voluto vedere in pericolo.
La sua Susan era in mano a un uomo pericoloso, senza alcuna speranza di andarsene. Non aveva idea di cosa poteva esserle successo nel frattempo, ma non voleva pensare alle possibilità. Voleva assicurarsi che le sue peggiori paure non si erano realizzate.
Che Rabadash non osasse metterle le mani addosso, o gliel’avrebbe fatta pagare cara!
Aveva lasciato la costa dell’Isola delle Acque Morte a pomeriggio inoltrato e aveva continuato a viaggiare finché non era scesa la sera. Il buio calava rapidamente, e quando avvistarono la grossa sagoma dell’Occhio di Falco, le stelle splendevano già alte nel cielo. Non c’era traccia della luna, il che fu una fortuna, perché in quel modo c’erano meno possibilità che lo vedessero.
Caspian diede un colpetto al dorso di Blu, invitandolo a immergersi tra le onde tranquille. Il giovane prese una grande boccata d’aria, prima di trattenere il respiro e scendere sotto la superficie del mare insieme alla balena.
Tenne gli occhi bene aperti, fissando la carena dell’Occhio di Falco avvicinarsi sempre più.
Quando furono abbastanza vicini, Blu riemerse quel tanto da permettere a Caspian di respirare. Dopodiché, il Re lasciò andare la presa sulla Blue Singer e si arrampicò sulla prua della nave nemica.
Stava ancora salendo quando sentì dei passi sopra di sé. Si volse rapido verso il basso, temendo che qualcuno potesse vedere Blu e insospettirsi, ma lui era già sparito sott’acqua.
Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo, aggrappato alla scaletta di prora, i nervi tesi, la gamba ferita che mandava dolorose fitte.
Poi i passi si allontanarono, si spensero. Caspian aspettò un altro paio di secondi e poi ricominciò a salire.
Infine scavalcò con un rapido e silenzioso balzo il parapetto, nascondendosi più che poteva tra le ombre, inginocchiandosi sul ponte e cominciando a muoversi con cautela per non fare rumore, passando dietro barili, reti da pesca e casse di legno.
Estrasse il pugnale del padre. Si aspettava cattivi incontri, per cui era meglio essere prudenti. Rhasador era come sempre legata al suo fianco, accanto al corno d’avorio; agganciati dietro la schiena aveva l’arco e le frecce di Susan.
Sono qui…sto venendo da te.
Lei era da qualche parte su quell’immensa nave, nascosta chissà dove. Non aveva un piano preciso, sapeva solo di doverla trovare, in fretta.
Era stata certamente un’assurdità quella di gettarsi così a capofitto in quel salvataggio. Poteva finire molto male, ma per Caspian non era importante ciò che sarebbe successo a lui, ma a lei. Susan era la sola cosa a cui pensava, la sola cosa di cui si preoccupava. Valeva la pena correre dei rischi se ciò voleva dire rivederla sana e salva.
Percorse tutto il lato destro della nave fino ad arrivare al boccaporto. C’erano due marinai, impegnati nel turno di guardia, che parlavano a bassa voce tra loro. Dovette fermarsi ancora, nascondendosi dietro una pila di sacchi di tela, per aspettare che almeno uno dei due si allontanasse.
Così accadde, e allora il ragazzo uscì con passo felpato da dietro il suo nascondiglio, posando la lama del coltello alla gola del marinaio.
“Non fiatare, o sei morto” sibilò, spingendo indietro la testa dell’altro. “Dov’è lei?”
“Io…io…non lo so” balbettò l’uomo tremando.
“Dimmelo!” gli intimò Caspian, la voce sempre più bassa, premendo sulla gola la lama fredda.
“Va bene, va bene! E’…è di sotto…”
“Apri il portello”
Lasciò la presa sul marinaio, il quale ebbe appena il tempo di voltarsi e cercare di scorgere nel buio la faccia dell’intruso, che già il ragazzo aveva estratto una lunga spada argentea.
Al riverbero della lama lo riconobbe e tremò ancora. “Voi…voi siete…?”
“Sbrigati, e non fare domande” lo minacciò Caspian con Rhasador in pugno, la rabbia dipinta sul bel volto fiero. “E che nessuno ci veda”
Il marinaio eseguì, cercando di fare più rumore possibile così che qualcuno potesse accorrere in suo aiuto.
Camminarono per i corridoi della grande nave, fermandosi solo un paio di volte.
“Dove sono tutti?”
“D-di solito a quest’ora stanno già dormendo. Ci siamo svegli solo io e altri tre o quattro tra marinai e soldati…”
Ma Caspian non era convinto. Era tutto troppo facile. Troppo tranquillo.
Che lo stessero aspettando? Bè, anche se fosse stato così, non era importante adesso. Avrebbe lottato, versato sangue se necessario, ma prima di tutto doveva arrivare da Susan, vedere che stava bene e portarla via.
Il ragazzo si guardò attorno, Rhasador sempre pronta, se mai una delle tante porte cui passavano davanti si fosse aperta all’improvviso rivelando un nemico.
Per un momento desiderò per davvero trovarsi davanti Rabadash…
“Ecco…” disse a un tratto il marinaio, indicando una porta in fondo all’ultimo corridoio.
Caspian fissò la soglia con emozione e preoccupazione. Afferrando più saldamente l’uomo, lo portò fin davanti alla cabina.
“Aprila”
“N-non posso. Solo il principe Rabadash ha la chiave di questa stanza”
Caspian sospirò di frustrazione.
“Dannazione!” esclamò, dando un colpo sulla nuca del marinaio e quello cadde a terra svenuto.
Caspian rinfoderò di nuovo la spada e riprese il coltello. La lama era abbastanza appuntita da poter tentare di forzare la serratura. Non si sarebbe arreso adesso che Susan era dietro quella porta, a un passo da lui.


La finestra della sua stanza era costituita da un oblò di media grandezza. Entrava poca luce ma faceva un gran caldo.
Dopo che Rabadash se n’era andato, Susan se n’era rimasta per ore a guardare fuori il cielo che cambiava colore. Aveva spasimato a ogni istante, a ogni ombra di gabbiano o pinna di balena, sperando ci fosse un qualsiasi segnale dei suoi amici, dei fratelli e di lui…
Si aspettava di vedere comparire all’orizzonte la vela porpora e il drago d’oro del Veliero dell’Alba. Ma dopo diverse ora, ancora nulla.
Sii paziente, arriveranno si disse.
Certo, il Veliero di Narnia non poteva raggiungerla in così poco tempo. Le due navi erano ancora molto distanti l’una dall’altra. Se non fosse stato per la Blue Singer, lei e il pirata non sarebbero mai arrivati cosi in fretta. L’Occhio di Falco, inoltre, aveva invertito la rotta e ora puntava verso occidente.
Nemmeno mezz’ora dopo che l’aveva lasciata, il principe Rabadash riapparve con due camerieri, i quali posarono sul tavolino di legno due vassoi colmi di cibo. Poi se ne andarono, tutti e tre. Ma la ragazza, benché avesse una fame da lupi, non toccò nulla e si rigirò verso l’orizzonte, aspettando ancora.
“Perché non mangiate Susan?” chiese ancora Rabadash dopo qualche tempo, quando tornò con gli stessi camerieri a ritirare i piatti. “Le pietanze che vi ho fatto servire non sono forse di vostro gradimento?”
Ostinata, Susan non aveva aperto bocca, non si era voltata, non si era mossa. Aveva continuato a fissare imperterrita attraverso quel vetro tondo, sebbene il buio si era fatto così intenso che non riusciva più a vedere nulla eccetto il proprio riflesso e quello di Rabadash, in piedi dietro di lei.
Sembrava sinceramente dispiaciuto del suo comportamento, e sul suo volto ambrato c’era un’espressione perplessa, quasi davvero non riuscisse a comprendere il perché del suo ostinarsi a respingerlo.
“Sono veramente rammaricato per oggi, mia cara. Mi sono comportato molto male, lo riconosco.”
“O è davvero sciocco” pensò Susan in un attimo di esasperazione, “o è davvero pazzo”.
“Come volete” esclamò infine il principe, irritato dal ripetuto silenzio di lei. “Ma il voto del silenzio e lo sciopero della fame non vi serviranno a nulla!”
Rabadash uscì sbattendo la porta, come la prima volta. La sua pazienza veniva sempre meno.
Da principio, la Regina Dolce si era lasciata scoraggiare dai diabolici piani del principe, ma grazie alla consapevolezza che una via d’uscita da quella situazione c’era, concentrò tutta sé stessa e tutta la sua forza, determinazione e volontà, sul volto a lei più caro. Iniziò a chiamarlo con la voce della mente, come quel pomeriggio, per fare in modo che ancora una volta la sentisse e corresse da lei.
In qualche modo, qualunque modo, Caspian sarebbe venuto a liberarla. Ne era sicura.
Ma anche Rabadash sa che arriverà… pensò con una punta improvvisa di panico.
Allora che fare? Sia che si fosse ribellata al principe, sia che avesse assecondato i suoi voleri, non sarebbe cambiato nulla: Rabadash voleva uccidere Caspian e l’avrebbe fatto.
Doveva impedirglielo! Non sapeva come ma doveva!
Come, se non ho nemmeno le mie armi?Senza quelle, come riuscirò a proteggerlo?
Susan strinse i denti e fece una debole smorfia, massaggiandosi i polsi rossi e indolenziti. Rabadash le aveva rimesso le manette.
Si alzò in piedi, le gambe anchilosate per essere rimasta troppo a lungo nella stessa posizione. Girò a vuoto per la stanza, pensando a talmente tante cose che le era persino difficile afferrare un pensiero ed esaminarlo.
Devo uscire. Devo andarmene. Devo avvertire Caspian.
Desiderava ardentemente che lui venisse, ma allo stesso tempo non voleva. Davvero non c’era alcun modo di avvertirlo del pericolo?
Tormentata dalle preoccupazioni, si gettò a sedere sul letto a baldacchino dalle pesanti tende bianche che Rabadash aveva fatto preparare per lei. La voleva trattare proprio come una Regina. Faceva sul serio, maledizione!
Era davvero convinto che lei lo accettasse come suo sposo? Pensava sul serio che Tash gliel’avesse promessa in sposa, e che lei avesse prestato orecchio a quella storia? Se Rabadash veramente ci credeva, doveva essere un completo ingenuo. Di sicuro, dietro c’era tutta una macchinazione bella e buona…
E se invece fosse stato vero? E se Tash l’avesse sul serio promessa a Rabadash? Se il dio malvagio di Calormen fosse in qualche modo intervenuto per permettere agli abitanti del sud di prendere il regno di Narnia?
Susan scosse forte il capo, scacciando quel pensiero. No, non poteva essere vero. E comunque, Aslan non l’avrebbe mai permesso.
Ti supplico, ho bisogno ancora del tuo aiuto…
Ma stavolta, nessuna voce calda le rispose.
Susan sospirò. Non poteva pretendere che Aslan arrivasse ogni volta a tirarli fuori dai guai. Lui aveva fiducia in loro e di sicuro ne aveva in lei. Aveva visto il suo bel muso splendere di orgoglio per lei, perché finalmente poteva vederlo, esattamente come Lucy. Aslan non metteva mai alla prova i suoi figli più di quanto potessero essere provati. Perciò, il fatto che non venisse a lei in quel momento, significava che era in grado di farcela da sola.
E va bene. Datti da fare adesso, si disse, determinata.
Si alzò di nuovo e si guardò attorno nella semi oscurità. Alla luce debole dell’unica candela che illuminava la stanza dal suo candelabro sul comodino, Susan non vide niente che le potesse essere utile per la sua fuga.
Se fossi rinchiusa in una torre,pensò, avrei almeno potuto tentare di calarmi legando insieme le tende e le lenzuola del letto.
Scosse ancora il capo, e poi l’udì: un rumore proveniva dall’esterno. Qualcuno cercava di entrare nella stanza.
Spaventata all’idea che Rabadash potesse venire da lei nel cuore della notte, nonostante avesse detto che non l’avrebbe toccata fino alle nozze, indusse la giovane ad afferrare il primo oggetto contundente che trovò. Spense la candela con un soffio e strinse il candelabro tra le mani, accostandosi alla parete a lato della porta.
Per un attimo che durò un’eternità, attese. Poi l’uscio si aprì, piano, e una figura alta varcò la soglia. La lama di un pugnale brillava nella mano dell'intruso e Susan tentò allora di colpirlo. Ma quello era molto più forte e afferrò il candelabro prima che lei lo calasse su di lui.
“Ferma! Sono, io! Susan, sono io!”
Un tuffo al cuore, un istante solo per riconoscere la sua voce, il calore delle sue mani e il suo profumo…
Lasciò il candelabro, che cadde a terra con un tonfo sordo, e abbracciò il ragazzo più forte che poté, iniziando a singhiozzare convulsamente.
“Caspian…sei qui…sei qui” sussurrò, quasi senza voce.
“Sì, sono qui, amore mio. Sta tranquilla” le rispose lui, passando una mano nei suoi capelli.
“Sei ferito!” esclamò preoccupata, facendo scorrere lo sguardo su di lui e notando la chiazza scura sulla stoffa dei pantaloni.
“Non è nulla” la rassicurò, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla. “Dio ti ringrazio…Stai bene?” mormorò il giovane ad occhi chiusi.
Lei annuì forte, stringendogli la camicia dietro la schiena.
Caspian si separò da lei, a malincuore, per poterla guardare in viso, accarezzandoglielo continuamente in ogni punto. Le baciò le mani, i polsi feriti e Susan lo baciò più volte sulle labbra.
“Se lui ti trova…” disse poi, fissandolo angosciata.
“Ti prego, dimmi che non ti ha toccata. Ti scongiuro!”
“No, no, non preoccuparti” gli rispose in fretta, accarezzandogli il viso a sua volta. “Non glielo avrei mai permesso. E comunque, dice che non…” sospirò forte, “che non violerà la mia virtù finché non saremo legittimamente sposati sotto il cielo di Calormen”.
Susan provò un moto di disgusto al solo pensiero, e tremò in vista di ciò che doveva ancora dire.
“Sposarti?!” esclamò Caspian, incredulo. “No…non glielo permetterò mai!”
“E non è tutto” aggiunse la ragazza, stringendosi a lui.
“Cosa?” fece il Re con voce cupa.
“Vuole un figlio” sussurrò appena la fanciulla, senza guardarlo, ricominciando a parlare subito dopo. Sentì che lui la stringeva. “Non so bene a cosa miri, ma di certo non solo a me. C’è molto, molto di più dietro questa storia. E’ convinto che così potrà salvare la sua stirpe, ma non ho ben capito cosa significhi”. Poi alzò il capo e cercò negli occhi di Caspian la forza che le veniva meno. “Ho paura. Non voglio!”
Il Re la osservava senza parole, le labbra strette, forse per non mettersi a gridare dalla rabbia che gli invadeva ogni parte del corpo e della mente.
“Andiamocene di qui” disse con decisione, prendendole le mani e forzando le manette con la punta del pugnale, poi le porse le sue armi e il corno.
Susan le prese subito, assicurandosi la faretra dietro la schiena.
“Ma dove sono gli altri?” chiese all’improvviso, fermandosi di colpo.
Solo ora si accorgeva che qualcosa non andava. Aggrottò la fronte e Caspian distolse lo sguardo per un attimo.
“Non c’è nessuno. Sono venuto da solo” confessò, e lei trattenne forte il respiro.
“Sei pazzo?! Perché sei venuto solo?! Caspian, non ti rendi conto…”
“Mi rendo conto che rischiavo d’impazzire se non fossi venuto!”
“Caspian...”
“E non dovevi venire, Liberatore” disse una voce, facendoli trasalire.
La porta si spalancò con violenza. Rabadash fece il suo ingresso con al seguito almeno una decina di uomini capitanati da Aréf tarkaan.
“Prendeteli!” ordinò quest’ultimo.
Caspian spinse indietro Susan, parandosi davanti a lei mentre, contemporaneamente a Rabadash, con un grido estraeva la spada dal fodero.
Susan caricò svelta un colpo, ma due soldati le erano già addosso e l’avevano privata di nuovo dei suoi doni. L’afferrarono per le braccia, saldamente. Lei si dibatté invano.
Era davvero stato troppo facile, pensò Caspian. Era pronto a una lotta e non poteva chiedere di meglio che un immediato confronto con il principe di Calormen. Ma la furia di Rabadash era così folle, così cieca, che bastarono un paio di affondi, stavolta, per avere la meglio sul Re di Narnia.
Con un calcio, Rabadash lo spinse a terra e colpì la gamba ferita. Caspian gridò, e il principe gli schiacciò il polso destro, così che perse la presa su Rhasador.
“No! Basta!” strillò Susan, disperatamente.
“Non avreste dovuto osare nella vostra eroica impresa, Sire” continuò Rabadash imperterrito, continuando a colpire il giovane.
“Basta, vi prego!” urlò ancora Susan, più forte, sovrastando i gemiti di dolore del Re. “Vi supplico! Farò ciò che vorrete, principe Rabadash, ma vi imploro, lasciatelo stare!”
Rabadash si fermò e alzò lo sguardo su di lei. Uno sguardo diabolico che terrorizzò tutti i presenti nella stanza.
Era davvero pazzo d’amore, di gelosia, di ossessione.
Il principe le si avvicinò e la osservò attentamente. “Mi implorate davvero?”
Lei non rispose, gli occhi fissi su Caspian ancora steso a terra, le mani premute all’altezza dello stomaco.
“Non fategli del male, vi scongiuro” disse lei, in preda alla disperazione. “Fatene a me piuttosto, ma non a lui”
“Susan…no…” mormorò Caspian.
Rabadash ghignò, forse divertito e forse ancor più furioso, percependo tutto l’amore di lei per il Re.
“No, mia cara. Voi mi servite in perfetta salute. Lui, invece” disse, puntando minacciosamente un dito su Caspian, “non mi serve. Portatelo via!” ordinò poi ad Aréf tarkaan, il quale eseguì immediatamente.
“Vi prego, no!” gridò la ragazza, lottando contro i soldati che la tenevano ferma e cercando di raggiungere Caspian.
Rabadash la fermò bruscamente, afferrandola per un polso e risospingendola verso le guardie. “Risparmiate le vostre preghiere per il vostro Re, signora”
“Non toccarla!” urlò Caspian, scoccando al principe un’occhiata intimidatoria, mentre i soldati lo trascinavano fuori dalla stanza. “Non ti azzardare a metterle le mani addosso!”
“Caspian, mi dispiace” disse Susan, cercando di raggiungerlo ancora.
“Non è colpa tua” rispose lui.
I due giovani non ebbero quasi il tempo di scambiarsi uno sguardo che li avevano separati di nuovo.
Susan si divincolò come una furia, consapevole di quanto fosse sciocco quel suo gesto, ma non potendo fare altrimenti.
“Che cosa volete fargli?!”
“Non credo che ve lo dirò” rise Rabadash, “Non è argomento adatto a una signora. Ma sarà un monito per tutti coloro che oseranno opporsi a me. Voi per prima”
“Siete un maledetto! Perché?!”
“Per il semplice fatto che esiste” le rispose il principe con una naturalezza inquietante, lasciandola senza parole.
“E ora statevene buona, o vi riserverò lo stesso trattamento, anche se siete una donna. La mia pazienza ha un limite! E con voi due ne ho avuta persino troppa”
Rabadash lasciò la stanza di gran carriera, seguendo la stessa strada percorsa da Aréf tarkaan e le sue guardie, mentre trascinavano Caspian giù nelle stive.
“Capitano” chiamò il principe, e Aréf s’inchinò prontamente. “Mi occuperò personalmente del Re di Narnia. Voi sorvegliate la Regina. E se qualcun altro dovesse arrivare, non fermatelo”
“Cosa dite, Altezza?”
“Presto ci sarà una nuova battaglia, capitano. Istruite i vostri uomini e lasciate pure che i nostri nemici ci vengano incontro”
Assaporando la vittoria entrò nel locale buio, dove Caspian era già stato incatenato al muro da grossi anelli di ferro legati ai polsi.
Li aveva entrambi in pungo. Il Liberatore e la Dolce.
Quando aveva fatto rapire lei, aveva immaginato d’incontrare presto anche lui, ma quale inaspettata sorpresa era stata vede Caspian giungere solo. Ed ora era alla sua completa mercé e finalmente poteva dargli la lezione che meritava. Non tanto per l’opposizione mostratagli sulle Isole Solitarie davanti a tutto il popolo; non per la ferita inflittagli durante il loro ultimo scontro, o per la sconfitta. Era davvero solo per il fatto che esistesse. Era questo. Perché fin che lui esisteva, Susan non sarebbe mai stata completamente sua. E lei era davvero l’unica salvezza per il popolo di Calormen.
Si avvicinò a Caspian, che gli rimandava uno sguardo di sfida, per nulla spaventato. Ma quando Rabadash prese dalle mani di un soldato una lunga verga, sul volto del Re di Narnia comparve la paura, e il principe di Calormen pregustò un nuovo trionfo.
Finalmente, avrebbe visto il Liberatore piegarsi in ginocchio davanti a lui.





Cari lettori, care lettrici, siamo giunti al capitolo 28!
I titoli dei capitoli sono sempre un problema per me, per cui perdonatemi se non ho saputo inventare di meglio.
Orbene…non uccidetemi, ok? Lo so che sono stata davvero cattiva con Caspian e Susan, specialmente con lui, ma credetemi, soffrivo pure io mentre scrivevo. Purtroppo è solo l’inizio…perché adesso ci saranno una serie di capitoli in cui i nostri protagonisti non avranno un attimo di pace.
Peter, Lu, Ed e company, non si sono visti tantissimo, prevedo nel prossimo di farli partecipare di più, ma sapete, volevo incentrare tutto questo capitolo su Suspian <3 i miei tesorini!!!
Aspetto comenti, anche cattivi. Mi aspetto persino minacce di morte XD
Non ho riletto, non ho fatto in tempo, e se ci sono errori di qualsiasi tipo mi scuso fin d’ora. Li correggerò appena posso, promesso.

E ora, ringraziamenti:
Per le preferite:
ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, Judee, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, e susan the queen.

Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V, dalmata91, LilyEverdeen25, Miss Hutcherson, piccola_cullen e postnubilaphoebus.

Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Autumn

Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angie_V, Babylady, EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My World, FrancyNike93, GossipGirl88, HikariMoon, LilyEverdeen25, Martinny, piumetta, SerenaVdW, e susan the queen
E grazie anche a elena22 che ha recensito il primo capitolo! ^^


Angolino delle anticipazioni:
Una ve l’ho già fatta, e cioè che anche nel prossimo capitolo ci saranno guai per Caspian e Susan. Rabadash colpirà ancora. Ma nella tragedia, femminucce lustratevi gli occhi, perché ci sarà una scena in cui Caspian non avrà la camicia…*.* (maniaca…uhuhuh…)
Vedremo a brodo del Veliero dell’Alba come vanno le cose, e preparatevi a un’altra divisione del gruppo. Edmund ne combinerà un’altra delle sue, ma a fin di bene.
Nuove scene Petriel, e nuovissime scene Lumeth! E poi, non escludo una mezza Shandmund…perché mezza? Lo vedrete! ;)
Per la battaglia vera e propria dovrete aspettare il capitolo 30 cedo. Non avevo previsto che quest’avventura si prolungasse in questo modo.

Nel blog ho aggiunto nuove foto, le schede dei personaggi, e prevedo per la settimana che arriva foto delle coppie! E ho rimesso il video che mi avevano cancellato!
La canzone all'inizio del capitolo è "Far Away" dei Nickleback, che trovo adattissima per Caspian e Susan. Fa parte della colonna sonora di Queen, che spero di riuscire a farvi sentire proprio tramite il blog (so che si possono mettere le musiche, ma non ho ancora ben capito come si fa!!!)

Come sempre vi saluto con un grazie immenso a tutti e un bacio ancor più grande!
sempre vostra affezionatissima,
Susan<3
   
 
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