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Autore: CHAOSevangeline    12/05/2013    7 recensioni
Sentì per l’ennesima volta il campanello della porta principale che suonava e sorrise raggiante, iniziando a muovere con più lena le mani per riuscire ad infornare il prima possibile quel dolce.
Ludwig Beilschmidt, il noto critico culinario, aveva appena fatto il suo ingresso nella sala, guardandosi intorno con il suo solito sguardo freddo.
Sembrava che stesse odiando non solo il parquet, ma anche tutti i tavoli e le sedie di legno poco più chiaro disposte nella stanza.
Anche le sedute a divanetto rosso sembravano non essere di suo gradimento, come le tende bianche che coprivano le finestre.
La pura e semplice verità era che Ludwig si stava guardando intorno aspettando che qualcuno andasse ad accompagnarlo ad un tavolo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Caffè con panna

 


Era passata una settimana da quando aveva iniziato a lavorare nella cucina della pasticceria e se doveva essere sincero si sentiva la persona più felice del mondo: la sera in cui aveva fatto assaggiare il dolce a Ludwig per dimostrargli che era stato lui a prepararlo la prima volta che l’aveva assaggiato, il suo capo aveva atteso che il critico se ne andasse per parlare a quattr’occhi con Feliciano della sua assunzione come cuoco.
Anche se era una decisione abbastanza difficile da prendere, il proprietario si era ritrovato praticamente subito convinto pensando che se non avesse lasciato lavorare in cucina il ragazzo, molto probabilmente sarebbe arrivata una recensione negativa.
Così, il giorno seguente aveva subito licenziato l’altro cuoco, che aveva opposto resistenza senza però ottenere nulla.
Feliciano aveva anche avuto un po’ paura, in quel momento: si era sentito afferrare talmente saldamente per il colletto della camicia dall’appena diventato ex-cuoco che, se non fosse stato per l’intervento degli altri camerieri, probabilmente sarebbe finito soffocato.
Fosse stato uno con i piedi un po’ più per terra, dopo quell’episodio, avrebbe colto sì i lati positivi di quella svolta lavorativa, ma avrebbe anche tenuto conto del fatto che si era appena creato un nuovo nemico; ecco, a questo Feliciano non ci aveva minimamente pensato.
Era talmente contento che non si sarebbe mai lasciato turbare da una cosa del genere.
Ovviamente lui e il proprietario avevano discusso molto di come si sarebbero dovute svolgere le pulizie della cucina e alla fine erano giunti alla conclusione che Feliciano avrebbe dovuto pulire tutto per conto proprio.
Anzi, a dire il vero il giovane aveva chiesto di ottenere una mano da qualcuno almeno un paio di volte alla settimana, ma non aveva ottenuto ciò che sperava. Beh, quello era il meno: era un asso a fare lo stretto indispensabile e alla fine dentro a quella cucina ci doveva stare solamente lui.
Quando era tornato a casa la prima sera, pensando che il giorno seguente avrebbe finalmente lavorato di nuovo come cuoco, aveva avuto le farfalle nello stomaco per tutta la notte e non era riuscito ad addormentarsi. Nonostante questo, il giorno dopo sembrò non sentire affatto la stanchezza della notte trascorsa insonne.
Più i giorni passavano, più si rendeva conto che gli pesava molto meno alzarsi presto per svolgere un lavoro del genere, rispetto a quando sapeva che l’unica cosa che avrebbe fatto per tutto il giorno sarebbe stato guizzare da un tavolo all’altro per raccogliere ordinazioni.
Peccato che, in corrispondenza del tempo trascorso, tutti sembrarono dimenticarsi di come erano cambiate le cose, fatta eccezione per Feliciano; si sentiva terribilmente riconoscente nei confronti di Ludwig e avrebbe davvero voluto dirgli grazie o almeno presentarsi al critico per fargli sapere chi aveva aiutato.
In fin dei conti gli aveva cambiato la vita, sia perché gli aveva permesso di fare qualcosa che gli piaceva di più, sia perché indubbiamente con lo stipendio da pasticcere poteva prendere molto più respiro a fine mese.
Era per quella ragione e per l’incoraggiamento dei suoi ex colleghi camerieri se ora era seduto sul divanetto nero nella reception del palazzo dove lavorava il critico.
Si era informato e aveva scoperto la sede della rivista per cui lavorava il tedesco e nel primo giorno di chiusura della pasticceria, era corso lì per riuscire ad incontrarlo.
A dire il vero non sapeva se si potesse andare a visitare qualcuno come il critico senza alcun preavviso, ma la cosa non gli importava troppo; avrebbe aspettato e prima o poi l’avrebbe visto, no?
Peccato che stesse attendendo su quel sofà da un paio d’ore nonostante la segretaria gli avesse effettivamente detto che il tedesco non c’era. Peccato che Feliciano si fosse rifiutato di andarsene, avendo molto tempo a disposizione.
Più volte aveva sorpreso la donna a guardarlo: forse si era spaventata perché aveva cercato di attaccare bottone con lei più volte durante l’attesa.
Era terribilmente concentrato a contare le mattonelle, quando sentì le porte di vetro scorrevole aprirsi e il rumore di un paio di tacchi contro il pavimento.
Ben presto una donna entrò nel suo campo visivo e andò verso la scrivania a cui era seduta la collega.
« Sono arrivate alcune lettere per il signor Beilschmidt, gliele vado a portare. »
La ragazza che da prima era seduta alla scrivania sgranò gli occhi, sporgendosi appena e coprendosi la bocca con una mano.
« Digli che c’è un tale Feliciano Vargas che chiede di lui, ok? Sto iniziando ad essere preoccupata. » lanciò una rapida occhiata al ragazzo che la guardava, seduto sul divano con un’espressione sorpresa. « E’ qui da due ore nonostante gli abbia detto che il signor Beilschmidt non c’è. Vuole ringraziarlo per qualcosa, a quanto ho capito. »
La donna appena arrivata annuì, andando verso l’ascensore ed entrando nella piccola cabina. Pressò il pulsante per salire al piano dove si trovava l’ufficio di Ludwig e prima che le porte si chiudessero osservò Feliciano in silenzio; quel ragazzo le sembrava terribilmente con la testa sulle nuvole, come se effettivamente non si rendesse conto di essere molesto. Questo non faceva altro che renderlo più inquietante.
La donna sistemò una ciocca dei capelli biondi dietro all’orecchio, alzando lo sguardo verso i numeri che si andavano illuminando sopra la porta dell’ascensore man mano che esso saliva.
Una volta giunta al decimo piano l’ascensore si fermò e un “din” risuonò all’interno dell’abitacolo, facendole capire che era arrivata finalmente giunta a destinazione.
Quando le porte si aprirono cominciò a percorrere rapidamente il corridoio delimitato da tante scrivanie, salutando alcune persone sedute alle varie postazioni per controllare e impaginare gli articoli.
Arrivò di fronte a una porta più grande, a cui bussò sbattendo nervosamente la punta del piede a terra: sapeva di non poter entrare senza prima aver sentito un avanti in risposta, perché questo Ludwig proprio non lo tollerava, ma quella volta avrebbe volentieri aperto la porta senza nemmeno pensarci per dirgli subito del ragazzo che chiedeva di lui.
Non sentì la tanto attesa risposta, ma piuttosto vide la porta aprirsi e comparire oltre ad essa il critico a cui doveva consegnare i documenti.
« Ho finito di lavorare, stavo per tornare a casa. » giustificò così la sua presenza sull’uscio l’uomo. « Se sono arrivate lettere le prendo io e le leggerò più tardi. »
Vedendosi sorpassare, la ragazza trasalì e lo seguì rapidamente, porgendogli le lettere in questione.
« A dire il vero oltre alle lettere c’è un’altra cosa che le dovrei dire… »
« Di che si tratta? »
Ludwig stava camminando salutando con cenni del capo gli altri lavoratori lì presenti che si rivolgevano a lui per primi, senza considerare particolarmente gli altri.
Entrò nell’ascensore e con un balzo anche la donna lo seguì, qualche attimo prima che lui premesse il bottone per scendere al piano terra.
« C’è un tale Feliciano Vargas che chiede di lei, alla reception. » spiegò frettolosamente; avrebbe voluto fermarlo prima che scendesse. « La mia collega ha detto che l’attende lì da circa un paio d’ore pur essendosi sentito dire che lei era uscito per un impegno. »
Il biondo alzò un sopracciglio, guardando la segretaria anche se in verità non la vedeva realmente. Stava cercando di fare mente locale per capire se conosceva qualcuno con quel nome, ma ben presto dovette convenire al fatto che no, nella sua mente non c’era nessuno che rispondeva a quell’appellativo.
« Non conosco nessuno con questo nome. Ha detto per caso che cosa voleva? »
Forse era qualcuno che conosceva di vista.
« Ringraziarla, ha detto. »
Subito davanti agli occhi del tedesco balenò l’immagine di quel bizzarro ragazzo che aveva mandato a lavorare nella cucina della pasticceria dove era andato appena la settimana prima.
Era da giorni che si riprometteva di andare a controllare personalmente se il ragazzo stesse effettivamente lavorando in cucina come lui aveva ordinato, ma il tempo nel corso di quei sette giorni era scarseggiato: recensioni su recensioni, inaugurazioni di locali, ristoranti da valutare e serate di gala con i colleghi recensori.
Quello era il primo giorno in cui riusciva a staccare prima dal lavoro e se non fosse stato tanto stanco come invece era avrebbe fatto volentieri una capatina alla pasticceria per verificare la posizione di quel ragazzo, per poi togliersi pensiero dell’ennesima recensione da fare.
Effettivamente, ora che ci pensava, aveva ricordato spesso quel ragazzo nel corso della settimana; aveva preso un po’ troppo a cuore la sua situazione e si era sorpreso di sé stesso, essendo lui una persona normalmente fredda che non si concentra troppo sugli altri.
Si accorse che la segretaria al suo fianco stava per parlare di nuovo nell’esatto momento in cui le porte dell’ascensore si aprirono, rivelando davanti agli occhi dei due nuovi arrivati una situazione che, se vista dall’esterno, sarebbe quasi sembrata comica: le due guardie che normalmente fiancheggiavano l’ingresso interno del palazzo stavano trascinando un ragazzo verso l’uscita.
Anzi, forse era meglio dire che lo stavano trasportando, visto che lui era totalmente sollevato da terra e stava agitando le gambe per liberarsi.
« Ho solo fatto una domanda, non era qualcosa di male! Lasciatemi, dai! » sebbene ciò che stava dicendo avrebbe potuto far intuire un tono nervoso, la verità era che sembrava più spaventato che  altro.
Ludwig riconobbe praticamente subito quei capelli rossicci e il ciuffo sbarazzino al lato della testa, che sembrava più scomposto del solito. Mosse rapidamente qualche passo per attirare l’attenzione.
« Si può sapere che sta succedendo qui?! » domandò a gran voce, vedendo le spalle di Feliciano sussultare per la sorpresa.
« Signor Ludwig! » venne chiamato come se fosse l’unica fonte di salvezza lì presente. In verità lo era davvero.
Il giovane alzò rapidamente le braccia in modo da scivolare fuori dalla giacca che internamente era foderata di velluto, correndo verso il critico e nascondendosi dietro di lui, afferrando senza il minimo scrupolo il retro della sua giacca.
Lo stupore si poteva leggere chiaro negli occhi delle due segretarie che ora erano entrambe dietro alla scrivania. Gli agenti di sicurezza fecero per andare a riacciuffare Feliciano, ma vennero bloccati da uno sguardo di Ludwig.
« Non ce n’è bisogno, questo ragazzo è innocuo. » iniziò a camminare incurante di averlo ancora attaccato la giacca.
Recuperò piuttosto il cappotto dell’altro, infilando il proprio che aveva tenuto fino a poco tempo prima con il braccio.
Porse l’altro al rispettivo proprietario, guardandolo in modo serio.
« Mettilo, fuori fa freddo. » asserì semplicemente, uscendo dalla porta scorrevole senza nemmeno aspettarlo.
« Ah, sì! » Feliciano lo seguì, infilandosi la giacca mentre usciva. Non riuscì a chiuderla prima di essere avvolto dall’aria gelida e si lasciò sfuggire un “brr”.
Sentendo quel suono emesso dalle labbra dell’altro, il tedesco si voltò accorgendosi che il giovane se la stava prendendo comoda per chiudere il giaccone di color marrone scuro.
Intravide sotto di esso una camicia bianca del tutto spiegazzata e lasciata fuori dai pantaloni nocciola. Prima che la camuffasse sotto il cappotto, inoltre, notò anche una felpa di colore nero lasciata aperta sul davanti.
Lo sguardo del biondo scorse rapidamente fino al viso del ragazzo, dove notò gli occhi castani appena inumiditi dalle lacrime, probabilmente dovute al nervoso.
« … Ti stavi per mettere a piangere? » chiese.
Gli sembrava del tutto inconcepibile.
Feliciano sussultò e si strofinò istintivamente un braccio sugli occhi, come a confermare il dubbio di Ludwig.
« No! Ero solamente nervoso! » mentì, distogliendo lo sguardo e sbattendo le palpebre.
A dire il vero il tedesco non era per nulla convinto di ciò che gli aveva detto e sarebbe rimasto fermamente certo che avesse preso uno spavento talmente forte da voler piangere, ma gli sembrava stupido continuare ad insistere; quel ragazzo gli sembrava particolarmente testardo e probabilmente avrebbe continuato a sostenere la propria idea senza dargli ragione benché fosse la verità.
Sospirò appena e incrociò le braccia al petto, fissando i propri occhi azzurri in quelli ambrati dell’altro.
« Mi hanno detto che sei venuto fino a qui per ringraziarmi. » cominciò, lasciando in sospeso la domanda abbastanza evidente a cui rispondere.
Sulle labbra di Feliciano si dipinse un sorriso. Era contento che l’argomento della discussione non fosse più imbarazzante come prima e finalmente poteva dire ciò che preparava nella propria testa da quando era arrivato.
« Sì! Volevo ringraziarla per quello che ha fatto per me! » sorrise raggiante, chinando il viso di lato. Afferrò le mani di Ludwig che sbucavano appena da sotto le braccia per la posizione che esse avevano assunto, stringendole nelle proprie.
Per un solo secondo il tedesco rabbrividì, sentendo quanto erano fredde  le dita dell’altro.
Spostò più volte lo sguardo dalle proprie mani strette in quelle più piccole del ragazzo al viso dello stesso, senza curarsi dell’espressione di puro stupore che non riusciva ad allontanare.
Era talmente sorpreso che nemmeno era riuscito a realizzare in modo nitido dell’avvenuta assunzione del ragazzo, esattamente come lui aveva chiesto.
« Da dopo la sua minaccia mi hanno mandato a lavorare in cucina! E’ davvero fantastico, ci sono tantissimi clienti che prima di uscire dal locale dicono di farmi i complimenti per i dolci. » sembrava quasi un bambino raccontava il resoconto della giornata ai genitori subito dopo essere tornato da scuola.
Quella era l’unica impressione che Ludwig poteva avere del ragazzo in quel momento e gli sembrava tremendo da ammettere, ma lo inteneriva. Come del resto lo intenerivano gli occhi che brillavano, il sorriso felice e le mani che stringevano sempre più forte le sue come se stesse provando un’emozione troppo grande da contenere da solo, senza sfogarla in qualche modo.
Sentì un certo calore espandersi all’altezza del petto, calore che però sembrò espandersi così tanto da farlo allontanare da Feliciano, liberandosi le mani con un gesto non esattamente delicato. Il ragazzo sembrò restarci male, ma il critico ignorò la sua espressione triste che nel giro di un secondo tornò ad essere la precedente di felicità.
« Odio quando le persone talentuose perdono le occasioni perché vengono svalutate e lasciate sorpassare da qualcuno che in verità non merita nulla. » spiegò con semplicità, passandosi una mano sui capelli come se ci fosse qualcosa da mettere in ordine.
Il ragazzo dai capelli rossicci sorrise e unì le mani dietro alla schiena. Era talmente allegro da essere scoraggiante e la cosa spaventava così tanto Ludwig che tutta la voglia di parlarci per sapere perché avesse lavorato in cucina solamente una volta fece per scemare.
« Hai le mani congelate, Feliciano. Dovresti tornare a casa. » cercò la scusa più plausibile per fare in modo che le loro strade si dividessero per quel giorno, ma non sembrò ottenere il risultato sperato.
« Ah, davvero…? » il giovane si portò le mani di fronte al viso e ci soffiò contro in modo da scaldarle. Subito dopo le infilò in tasca.
« In verità siccome fa freddo avevo pensato di chiederle di andare da qualche parte, tipo un bar! » sorrise raggiante. « Lì fa più caldo e qui vicino c’è un posto davvero carino. Ovviamente offro io, siccome sono venuto per ringraziarla. »
Era in difficoltà. Ludwig era così in difficoltà che dalla sua bocca non uscì un sì, ma nemmeno un no.
« Vero che le va? » la voce di Feliciano sembrava essere terribilmente impaziente e il modo con cui lo stava guardando non era particolarmente d’aiuto per farlo rifiutare.
Un altro sospiro sgusciò dalle labbra di Ludwig.
« E va bene, basta che il posto non sia molto distante. »
Feliciano si illuminò di nuovo e scosse la testa, iniziando a camminare.
« E’ a neanche cinque minuti a piedi! Per di qua! »
 
***
 
Erano seduti al tavolino di quel piccolo bar da cinque minuti e Feliciano non aveva fatto altro che parlare e parlare, ma non di cose utili, no. Tutti particolari insignificanti che avevano visto per strada mentre si dirigevano al locale.
Aveva discusso – da solo – del colore particolarmente sgargiante di una macchina che era passata accanto a loro, aveva discusso – sempre da solo – del cagnolino che abbaiava dall’interno del negozio del fruttivendolo e per finire aveva commentato le nuove tende che avevano messo nel locale dove erano entrati.
Già prima di incontrarsi una seconda volta, Ludwig aveva avuto come l’impressione che quel ragazzo fosse esageratamente spensierato, il classico tipo di persona che non pensa nemmeno di doversi dare un contegno essendo con uno sconosciuto perché, di fatto, non può sapere che cosa lo irrita e che cosa no.
« Ludwig! »
Neanche signor Ludwig, ora usava solo il nome.
« In questo bar fanno un caffè con la panna buonissimo. Io lo prendo sempre, dovresti provarlo anche tu. »
Neanche più il lei, ora solo il tu.
Si stava prendendo troppe confidenze, o forse era solamente il tedesco che cercava disperatamente di allontanarlo perché appunto si stava avvicinando troppo.
« Non mi sembra di averti mai detto che puoi darmi del tu e chiamarmi per nome, Feliciano. »
Forse avrebbe avuto ragione, se forse non avesse ripetuto a propria volta l’appellativo dell’altro.
L’italiano, che sembrava pronto a ricevere una risposta simile, rispose prontamente.
« Ma mi hai sempre dato del “tu” e poi oggi mi hai anche chiamato per nome ben due volte. » si scompigliò i capelli, grattandosi appena la testa con i polpastrelli. « Quando l’hai fatto sono stato contento, ho pensato che per te sarebbe valso lo stesso. »
L’aveva incastrato.
Probabilmente voleva solamente fargli sapere che l’aveva reso felice chiamandolo con il suo nome piuttosto che “ragazzino” come aveva fatto quella volta al locale, ma alla fine era riuscito a metterlo a tacere.
Sì, avrebbe potuto tirare in ballo questioni riguardanti il rispetto, dicendo che si stavano parlando praticamente per la prima volta, ma non era il caso.
Tanto non l’avrebbe ascoltato.
« Lo fai apposta? » chiese solamente questo. Voleva sapere se si fingeva innocente o se invece il suo comportamento era spontaneo.
Sinceramente optava per la seconda.
Feliciano smise di tirare il collo per attirare l’attenzione del cameriere e si voltò verso il tedesco, sbattendo gli occhi.
« A fare cosa, scusa? » chiese, sbattendo le ciglia.
Forse aveva fatto bene a pensare che non avesse qualche subdolo secondo fine.
« Non è importante. » rispose semplicemente, deciso a lasciar cadere il discorso.
Ringraziò il cielo per il cameriere appena avvicinatosi, giusto poco prima di permettere a Feliciano di aprire nuovamente bocca.
Era abbastanza felice che alla fine fossero andati in quel bar; essendo vicino al suo ufficio lo frequentava abbastanza spesso per andarsi a rilassare, le poche volte che lo faceva, con i colleghi e non doveva sorbirsi gli sguardi agitati dei camerieri o dei proprietari del locale che si affacciavano per vedere se le cose erano di suo gradimento.
« Cosa prendete, signori? » chiese il ragazzo con il blocco e la penna in mano, guardando entrambi senza sapere chi avrebbe parlato per primo.
« Io voglio un caffè con la panna! » sorrise raggiante Feliciano, strappando un’espressione divertita al cameriere.
« Io prendo un caffè e basta. » Ludwig richiuse il menù che fino a quel momento aveva tenuto aperto senza una ragione precisa. Più che altro l’aveva aperto per forza dell’abitudine.
Congedato il cameriere, Feliciano si voltò verso Ludwig e gonfiò le guance.
« Ti avevo detto di prendere il caffè con la panna! »
« Vengo qui spesso, mi hanno sempre detto che è buono, ma preferisco spendere i miei soldi per qualcosa che mi piace. »
« Ma se oggi offro io! » il ragazzo sbuffò, tenendosi la testa con una mano.
Tra i due calò il silenzio fino a quando non arrivarono le ordinazioni. Ludwig fece per prendere la propria tazzina di caffè, ma Feliciano lo precedette afferrando il piattino sotto di essa e tirandola a sé, rischiando quasi di far traboccare ilil liquido.. Spinse di fronte al tedesco quella contenente il caffè con la panna.
Se solo non fosse stato ancora ancorato alla sedia per la curiosità di sapere delle cose sul conto di quel ragazzo, se ne sarebbe già andato.
« Gradirei indietro il mio caffè. »
« Assaggiane almeno un sorso, per favore! »
« Perché ci tieni tanto? » lo guardò sorpreso, spostando poi lo sguardo verso la tazzina, dove la panna iniziava a sprofondare avvolta dal liquido.
« Perché mi piace davvero tanto e… voglio che lo assaggi anche tu. »
Ludwig non avrebbe mai capito quel ragazzo, già aveva deciso che sarebbe sempre stato così, eppure si ritrovò ad assecondare quella richiesta e a portare alle labbra la tazzina bianca, bevendo un sorso della bevanda calda.
Doveva ammettere che non era male, certamente meglio di ciò che aveva pensato.
« E’ buono. » affermò semplicemente, mentre sulle labbra dell’italiano si spalancava un sorriso.
« Davvero ti piace? Lo vuoi finire? »
Ludwig scosse però la testa, sporgendosi e riprendendo la propria tazzina, restituendo a Feliciano la sua.
« Ora che ci penso, anche quando sono venuto alla pasticceria la seconda volta, quando servivi, mi volevi costringere a prendere un altro dolce, o sbaglio? »
Feliciano bevette un sorso dalla propria tazzina, nell’esatto punto dove aveva poggiato poco prima le labbra il tedesco.
L’uomo sembrò accorgersene, ma si convinse che era stato tutto frutto della sua immaginazione che per qualche ragione gli stava giocando degli scherzi di gusto discutibile.
« Ah, giusto. E’ che mi piace quando la gente prova cose nuove! » spiegò semplicemente, inclinando la testa di lato mentre alcuni ciuffi scivolavano dal lato del suo viso, pendendo verso il tavolo. « Però prima che tu dica qualcosa, sono contento che sia andata così: se non avessi preso lo stesso dolce oggi non avrei nemmeno avuto una ragione per venirti a trovare! »
L’impressione che Ludwig stava avendo – e che lo lasciava sempre più di stucco man mano che parlava con l’italiano – era che quel ragazzo fosse terribilmente felice all’idea di averlo conosciuto, anche se non ne capiva la ragione.
« Perché sei così tanto felice di stare con me? »
Quella domanda però non l’avrebbe ritirata, come la precedente: doveva sapere la risposta.
Sentì un rumore poco educato provenire dalle labbra di Feliciano mentre beveva l’ultimo sorso di caffè rimasto sul fondo della sua tazza, ma non distolse lo sguardo, osservandolo mentre alzava lo sguardo verso l’alto come a cercare ispirazione.
« Come posso dire…? Mi stai simpatico, ecco! » batté le mani con soddisfazione. « Sì, trovo che tu sia una brava persona perché non tutti farebbero quello che hai fatto tu. »
Questa volta fu Ludwig a distogliere lo sguardo, perché le risposte di Feliciano gli giungevano alle orecchie così spontanee da metterlo quasi in soggezione. Si sentiva indisposto dal suo essere così diretto e l’innocenza con cui rispondeva gli rendeva difficile rispondere con freddezza anche alla più breve delle frasi.
Finalmente, però, erano tornati all’argomento dell’assunzione come cuoco e adesso poteva chiedergli quello che tanto gli premeva sapere.
« A questo proposito ti devo chiedere una cosa. » cominciò tranquillamente Ludwig, rilassando la schiena contro la sedia di legno. « Perché sei stato in cucina solamente quando mi hai preparato il dolce la prima volta? »
Feliciano sussultò, osservando il tedesco; a dire il vero aveva già pensato all’eventualità che gli facesse qualche domanda simile, ma poi aveva deciso di non preoccuparsene fino a quando non sarebbe effettivamente successo.
Beh, a quella domanda poteva anche rispondere.
« Perché il vero pasticcere aveva avuto degli inconvenienti e non sarebbe riuscito ad arrivare al lavoro, quel giorno. Ho già cucinato in un altro locale e uno dei miei amici lo sapeva, quindi ha parteggiato per me e sono riuscito a preparare io le torte. » sorrise raggiante, chiudendo gli occhi mentre inclinava il viso.
A Ludwig ancora non bastava. Aveva sperato che l’italiano capisse da solo di dover continuare a spiegargli le motivazioni per cui era stato assunto come cameriere e non come cuoco.
Evidentemente doveva tirare fuori dalla bocca dell’altro ogni singola parola.
« Non intendevo questo. Intendevo dire: perché non ti hanno assunto come cuoco? »
Un lampo cupo attraversò il viso del più giovane che abbassò lo sguardo subito dopo.
« Scusa… non te lo posso dire, per il momento. » si mordicchiò il labbro, incerto.
Il suo capo gli aveva detto che non doveva assolutamente parlare delle condizioni in cui lasciava abitualmente la cucina, perché altrimenti avrebbe avuto non pochi problemi e non voleva assolutamente perdere quel lavoro.
« Davvero, prometto che un giorno te lo dirò, ok? Però non adesso! » si alzò dalla sedia, toccandosi da sopra la giacca per trovare in quale tasca avesse riposto il portafogli.
Tutta quella fretta non fece altro che sorprendere il critico, che si ritrovò ad alzarsi in fretta e furia a propria volta, dopo aver finito il caffè.
« Va bene, non serve che scappi solo perché non me lo puoi dire. Non è che voglio costringerti a parlarmene. »
Una persona comune avrebbe certamente tenuto per sé quel pensiero, ma Feliciano pensò bene di aprire bocca senza più porre alcun muro che impedisse al corso dei pensieri di fuoriuscire dalle sue labbra.
« In un certo senso mi hai dato un po’ questa impressione, poco fa. » sembrava un po’ più tranquillo, almeno aveva smesso di frugare convulsamente nelle varie tasche del borsellino per trovare le monete.
Un sospiro si liberò dalle labbra del biondo; effettivamente avrebbe davvero voluto essere in grado di sapere subito ciò che gli interessava, ma si rendeva conto che non poteva usare le maniere forti e in un certo senso… non voleva.
Ad uno come lui sarebbe bastato uno schiocco di dita per far parlare quel ragazzo, sapeva essere talmente spietato da riuscirci senza problemi. Il fatto era che gli sembrava troppo fragile e non voleva assolutamente rischiare di spaventarlo o ferirlo.
Senza contare il fatto che anche se con il suo modo di fare avrebbe portato allo sfinimento chiunque, aveva degli sprazzi di allegria che riscaldavano in modo sorprendente il cuore del biondo.
“Da quand’è che ti interessi così alla gente, Ludwig?”
Quella domanda gli frullava nella testa da quando si era reso conto che la presenza del ragazzo non lo infastidiva per niente nonostante tutto e davvero, non riusciva a trovare risposta.
Se gli fosse stato possibile non avrebbe atteso tanto a lungo per rivederlo, anche solo andando a parlare di fronte a un caffè come avevano fatto quel giorno – ovviamente mettendo delle regole che impedivano all’italiano di costringerlo a bere ciò che più aggradava a lui –.
Il tedesco si avvicinò a Feliciano passandosi una mano sui capelli.
« Non era mia intenzione sembrarti così… rude. » rimase a pensare per qualche secondo a che termine usare e alla fine convenne quello fosse il migliore da porre come conclusione a quella frase.
Per un attimo il volto del più piccolo sembrò illuminarsi, ma non seppe ben definire di che cosa: stupore? Allegria? Sembrava quasi contento di quelle parole, ma Ludwig non riusciva a capirne la ragione.
« Sono felice, allora! » ridacchiò sommessamente, approfittando di un momento in cui di fronte al bancone non vi era nessuno per andare a pagare il conto. Aveva già preparato le monete e le sistemò sul bancone limitandosi a ritirare lo scontrino che chiuse dentro al portafogli.
« Perché sei felice? » domandò perplesso l’altro.
Feliciano iniziò ad infilarsi il giaccone senza preoccuparsi della presenza di altre persone che si accumulavano alle sue spalle e si spostò solamente quando fu Ludwig a costringerlo a farlo, prendendolo per le spalle e tirandolo appena verso di sé.
L’italiano alzò il viso dalla zip del proprio cappotto e si accorse solamente allora della gente, ringraziò sommessamente Ludwig e si voltò verso di lui, pronto a rispondere alla sua domanda.
« Sai, i miei colleghi hanno detto che molto probabilmente molte persone mi avrebbero domandato perché non ho sempre lavorato in cucina. » spiegò tranquillamente, distogliendo un attimo lo sguardo dagli occhi azzurri del critico, come se gli servisse annullare quel contatto visivo per riuscire a formulare il seguito della frase. « Anche se tu mi sei sembrato subito una brava persona ho creduto che avessi accettato di venire a prendere il caffè con me solo per soddisfare anche tu quella curiosità. Ora che so che aspetterai quando io deciderò di dirtelo mi sento più tranquillo. »
Una pugnalata.
Ecco cosa fu quella frase per Ludwig, che ora stava procedendo verso la porta senza nemmeno pensarci realmente. Uscì nel gelo di quel tramonto autunnale e sembrò non curarsene particolarmente; neanche quel freddo lo risvegliò dai suoi pensieri.
Alla fine si era comportato esattamente come avrebbe fatto la maggior parte della gente ed era uscito con lui solo per soddisfare una sciocca curiosità.
Neanche si accorse delle sopracciglia fine dell’italiano che si aggrottavano sulla fronte candida, in un moto di confusione.
« Va tutto bene, Ludwig? » chiese. Aveva il tono terribilmente simile a quello di un bambino che non riesce a capire qualcosa.
Solo allora il tedesco si riscosse e si affrettò ad annuire per non farlo preoccupare.
« E’ tutto a posto. » asserì.
Notò allora a quel punto il sorriso di Feliciano riaprirsi sul suo viso, mentre muoveva le gambe nella direzione opposta alla sua, sul marciapiede.
« Perfetto! Io ora devo andare da questa parta! Ah, mi dai il tuo numero di telefono? » concluse con una domanda. « Mi piacerebbe se ci rivedessimo, qualche volta! »
Non capiva se fosse tutto dettato dal senso di colpa o cos’altro, ma il cellulare di Ludwig sgusciò fuori dalla tasca del cappotto con una naturalezza paragonabile a un gesto premeditato, organizzato già da diverso tempo.
Lesse ad alta voce il numero all’italiano, che tutto contento lo salvò in rubrica e gli fece uno squillo in modo che anche l’altro potesse memorizzare il suo.
« Allora io adesso vado! Ti chiamerò prest-… » stava per concludere la frase, ma non ci riuscì per colpa della voce di Ludwig.
« Dove abiti? »
Era raro che interrompesse le persone, ma aveva come la sensazione che se non l’avesse fatto il ragazzo sarebbe scappato via.
« A dire il vero abito molto vicino alla pasticceria dove lavoro! Ci metterò un po’, ma sono abituato ad andare a piedi. »
Era sembrato sorpreso dando quella risposta, ma più sorpreso fu Ludwig dopo aver realizzato l’effettiva distanza dal punto dove si trovavano in quel momento e l’appartamento di Feliciano.
Già era esorbitante la quantità di strada da percorrere dalla pasticceria fino alla ditta dove lavorava, figurarsi da lì.
« Ma sei pazzo? Ti accompagno. » la voce del biondo sembrò vacillare per un attimo verso un tono più alto del solito. Cominciò a camminare, sentendo i passi più leggeri dell’altro alle proprie spalle.
« Davvero lo faresti? Grazie mille! »
Nemmeno si sognò di rifiutare, Feliciano.
A dire il vero quel pomeriggio era riuscito a prendere l’autobus senza problemi, ma aveva comprato solamente un biglietto e si era ricordato troppo tardi di necessitare di un secondo: nessun negozio era aperto a quell’ora e la voglia di spendere più soldi comprandolo direttamente sul mezzo era nulla. Che motivazione sciocca per fare una scarpinata, eh?
Arrivarono nel giro di pochi minuti al parcheggio sul retro del palazzo dove lavorava Ludwig.
Lì, di fronte agli occhi di Feliciano, si presentò una Mercedes Benz nera, totalmente tirata a lucido.
Gli occhi brillarono e si avvicinò rapidamente al finestrino, poggiando le mani sul vetro per cercare di guardare dentro: niente da fare, i vetri erano oscurati.
Ludwig si lasciò sfuggire un mezzo sorriso per il comportamento dell’altro e aprì la portiera, osservando il ragazzo che si fiondava dentro, chiudendo il portellone e allacciandosi la cintura.
Cominciò a guardarsi attorno, terribilmente curioso.
« Wow, questa macchina è fantastica! » esclamò con un tono di voce un po’ troppo alto.
Il tedesco alzò un sopracciglio mentre si sedeva al posto del guidatore, allacciandosi la cintura e mettendo in modo.
« Sì, effettivamente è piuttosto bella. »
Durante tutta la manovra per uscire dal parcheggio e il tragitto verso casa, Feliciano non fece altro che agitarsi urlando più volte vedendo nuovi pulsanti sul pannello della macchina e chiedendo a Ludwig a che cosa servissero.
Il biondo riuscì a calmarlo solo quando, dopo essere arrivati nelle vie del centro vicine alla pasticceria, dovette farsi guidare dal ragazzo per raggiungere il suo condominio.
Si fermò alla fine di fronte a una palazzina non particolarmente lussuosa e Feliciano sorrise raggiante, aprendo la porta, senza però scendere.
Si voltò piuttosto verso Ludwig.
« Ti ringrazio tanto per il passaggio! »
Prima che il biondo potesse rispondere, vide il viso di Feliciano avvicinarsi pericolosamente e sentì un leggero schiocco contro la sua guancia.
Rimase immobile, come paralizzato. L’unica cosa che sentì fu un soffio di risata provenire dalle labbra dell’italiano, che scese dalla macchina salutandolo con la mano da davanti il finestrino.
Lo vide varcare il cancello e poi la soglia del portone principale.
Ancora non aveva mosso un muscolo.
Sentiva un calore terribile irradiarsi dalla guancia e solo dopo un paio di minuti si voltò, appoggiando la testa contro il volante dell’auto ancora in moto; per poco avrebbe rischiato di premere il clacson.






Angolo dell'autrice ~
Salve a tutti! ** Eccomi qui con il secondo capitolo di questa fiction :3
Sono contenta di essere riuscita a postare relativamente presto, perchè mi sento veramente molto entusiasta vedendo che questa storia procede.
Cosa c'è da dire su questo capitolo? In verità non molto. Anche questo è un po' di "transizione", ma ho fatto comunque accadere qualche piccolo avvenimento - anche se l'ultimo è un po' una svolta, almeno per Ludwig! - in grado di far avvicinare un po' di più questi due.
All'inizio ero un po' incerta all'idea di far provare subito qualcosa a Ludwig, ma mi sono concessa di usare la tecnica del "colpo di fulmine", anche se chiarisco subito che non è ancora follemente innamorato di Feliciano, eh! X° Semplicemente è rimasto molto colpito, ecco.
Detto questo vi lascio perché non mi va di annoiarvi eccessivamente.
Come sempre, spero in una vostra recensione per dirmi che cosa ne pensate del capitolo, ma ringrazio anche tutti coloro che decideranno semplicemente di leggere!
Alla prossima!
   
 
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