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Autore: DaubleGrock    13/05/2013    3 recensioni
E così dopo Inheritance una nuova avventura attende Eragon Ammazzaspettri e Saphira Squamediluce che li porterà di nuovo nella bellissima e misteriosa terra di Alagaësia alle prese con nuovi e vecchi nemici, amori mai dimenticati, amicizie, legami di sangue, giuramenti di fedeltà... e molto altro. Ancora una volta combattendo in nome della giustizia e della libertà.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Eragon/Arya, Roran/Katrina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eragon era in groppa a Saphira. L’esercito Ombra era in avvicinamento e con esso Eragon sapeva sarebbe arrivata anche morte e distruzione. Quell’esercito era diventato una piaga per Alagaësia, una piaga che doveva essere ricucita al più presto.
Erano passati all’incirca diciassette anni da quando Eragon non uccideva in battaglia e non sapeva se sarebbe stato capace di farlo ancora. Non gli era mai piaciuto uccidere, prendere delle vite. Ogni volta che uccido, si diceva, lo faccio per una buona causa, per salvare le persone a me care. Ma se anche questi soldati tenevano una famiglia? Una moglie, dei figli, qualcuno che gli voleva bene ma che non li avrebbe mai più potuti abbracciare? Erano queste le domande che tormentavano la mente del Cavaliere mentre il nemico si avvicinava.
“Non ti tormentare con queste domande Eragon. Noi lo facciamo per loro”gli disse Saphira mostrandogli alcune immagini delle donne e dei bambini che quella mattina avevano aiutato a nascondersi nei sotterranei del palazzo cosicché in caso di sconfitta, sarebbero riuscite a salvarsi scappando per i tunnel sotterranei. “E’ per loro che combattiamo, per dargli una vita migliore e un futuro ai loro figli in una terra libera del male e dall’oppressione.”
“Grazie Saphira, non so cosa farei senza di te” disse Eragon mentre un peso si toglieva dal suo cuore.
“Piccolo mio” sussurrò lei mandandogli una quantità di affetto tale da farlo sorridere anche in quel momento così tragico. In quegli anni la sua Saphira era stata come un balsamo per il dolore dovuto alla lontananza dalla sua terra e dai suoi affetti.
Il Cavaliere si girò verso l’elfa, Arya, anch’essa su Fìrnen era affianco a loro, entrambi pronti per combattere. Il drago smeraldo muoveva la coda inquieto come se stesse per balzare su una preda. In quel momento il Cavaliere si rese conto che Fìrnen non aveva mai combattuto in una guerra, lui era nato dopo la morte del re oscuro.
“Se la caverà”gli disse la dragonessa per dissipare i suoi dubbi “non temere, lui è più grande di quando io ho combattuto nel Farthen Dùr”
Eragon annuii e ritornò a ripetere il piano per la battaglia. Avevano deciso di difendere la città e non di attaccare il nemico perché sarebbero stati in inferiorità numerica. Il loro esercito era formato per la maggior parete da contadini, mercanti, gente comune che non avevano mai preso una spada in mano ma che si erano fatti avanti per proteggere i loro cari e la loro casa, solo un ristretto gruppo era formato da soldati addestrati. Eragon, insieme ad Arya aveva visto il loro “esercito” quella mattina. Nello sguardo di ogni uomo il Cavaliere aveva letto paura ma anche la voglia di vivere liberi.
Avevano posizionato una parte degli uomini sul camminamento per soldati in cima alla cinta di mura e distribuito archi e frecce a ognuno. Il piano era semplice, quando l’esercito nemico sarebbe stato a tiro, avrebbero cercato di ucciderne la maggior parte.
Il Cavaliere ritornò a posare lo sguardo sul nemico, mancava poco. Un’altra manciata di secondi e sarebbero stati sotto tiro. Ora che erano più vicini il Cavaliere poté scorgere il generale dell’esercito seguito da sei figure coperte da lunghi mantelli. Eragon credeva di sapere chi fossero o cosa fossero, ma la prospettiva non lo allettava molto. I due Lethrblaka volavano in cerchi concentrici sopra di loro.
Nell’aria si poteva sentire già il gracchiare dei corvi, che richiamati dall’imminente battaglia, sapevano che ben presto avrebbero fatto un lauto pasto.
“Mirate” urlò il Cavaliere in modo che tutti lo sentissero. Gli uomini presero le frecce dalle faretre, le incoccarono e mirarono contro l’esercito nemico.
“Lanciate” Urlò Eragon. La pioggia di frecce traccio un arco nel cielo diffondendo nell’aria un grande sibilo. I soldati nemici presi alla sprovvista, non riuscirono a riararsi in tempo dietro i loro scudi. Le prime tre file nemiche caddero sotto la raffica di frecce, ma come c’era da immaginarselo il generale e le sei figure con il mantello erano coperti da barriere magiche che ridussero le frecce dirette verso di loro in cenere prima che potessero avvicinarsi di più. Il Cavaliere era sicuro che l’esercito fosse provvisto di maghi quindi espanse la mente e li trovò quasi subito, erano in cinque, riuscì a prendere quattro delle menti degli stregoni e li uccise con una delle parole di morte, ma il quinto si ritrasse prima che potesse riprovarci e nascose la sua mente.
“Mirate” urlò ancora una volta il Cavaliere. “Lanciate.” Come c’era d’aspettarselo il risultato questa volta non fu alto come prima, la maggior parte degli uomini si era riuscita a coprire con i scudi. Il Cavaliere diede l’ordine di lanciare altre tre volta, ma i risultati furono quasi nulli.
Oramai l’esercito era arrivato alle mura e gli uomini stavano già alzando le lunghe scale di assedio seguite dalle catapulte.
“Brisingr” urlò Arya alla sua destra e le scale che i soldati nemici erano riusciti ad erigere presero fuoco rendendole inutilizzabili.
Prima che i due draghi potessero fare qualcosa, i Lethrblaka si lanciarono in picchiata sulle mura uccidendo una ventina di uomini e facendone cadere altrettanti. Saphira si lanciò contro di loro evitando di sputare fuoco per non colpire anche gli uomini sulle mura. L’impatto fece sobbalzare Eragon che si tenne stretto a una delle punte cervicali d’avorio della dragonessa. La dragonessa e il Lethrblaka si strinsero in un abbraccio feroce, le zampe di dietro che sferravano calci nel ventre dell'altro; gli artigli stridevano sulla corazza di squame di Saphira e sulla pelle coriacea del Lethrblaka. Saphira riuscì ad allontanarlo con una zampata per un istante, poi tornarono a lanciarsi l'uno contro l’altro, tentando di azzannarsi il collo a vicenda. Quando il collo del Lethrblaka fu abbastanza vicino, Eragon lo decapitò con un fendente di Brisingr, la spada attraversò il collo della bestia come un coltello attraversa un pezzo di burro.
Mentre Eragon e Saphira lo uccidevano, anche il secondo Lethrblaka aveva attaccato Fìrnen, ma il drago eruttò una fiammata verde e prima che il nemico potesse scappare o contrattaccare Arya lo uccise con un incantesimo.
Nel frattempo l’esercito nemico aveva iniziato a battere con una grossa ariete le porte della città. Ad ogni colpo un grosso boato si propagava nell’aria. Fìrnen e Saphira si lanciarono in picchiata sull’esercito, ma prima che riuscissero ad avvicinarsi una raffica di frecce dall’impennaggio nero fu scagliata contro di loro. Con sommo stupore di Eragon queste non furono fermate da i loro incantesimi di difesa e trapassarono le membrane fragili dei due draghi in diversi punti. Saphira e Fìrnen lanciarono ululati di doloro prima che i loro Cavalieri li curassero.
“Sono stregate” urlò Arya ad Eragon.
“Atterriamo dentro le mura, non possiamo fare altro” disse il Cavaliere
L’elfa assentì e i due draghi virarono verso l’interno delle mura atterrando davanti alle porte. I due Cavalieri smontarono ed estrassero le spade.
Thum
Le porte stavano per cedere, non avrebbero retto a lungo. Un silenzio di tomba era sceso nella città di Teirm che fino al giorno prima era piena delle risa dei bambini che giocavano nelle sue strade e delle chiacchere delle donne che si raccontavano tutti i pettegolezzi. In quel momento l’unico rumore che si poteva sentire era il silenzio della morte.
Thum
Quel silenzio stava diventando più opprimente di qualsiasi altro rumore. Le porte iniziarono a ripiegarsi su se stesse. Al rumore dell’ariete contro le porte si aggiunse il strepitio del legno che andava in frantumi.
Thum
L’ultimo thum fu il più forte e con esso le porte cedettero, cadendo verso l’interno. Un nube di polvere si alzò, oscurando tutto per alcuni secondi che al Cavaliere sembrarono interminabili. Poi delle figure emersero dalle porte ormai in pezzi e si avventarono contro di loro. In quel momento per il Cavaliere sembrò di essere in un sogno, al suo fianco Saphira e Fìrnen lanciarono un ruggito di guerra.
L’attesa era finita, la battaglia era iniziata.
 

**********

 
Fendente, stoccata, parata. Fendente, stoccata, parata. Fendente, stoccata, parata. 
L’aria era gremita dello stridulo del metallo contro metallo e delle urla degli uomini che perdevano la vita. Per ogni uomo che Arya uccideva ce n’era altri due che prendevano il suo posto, l’esercito nemico sciamava dalle porte della città come un fiume in piena. Con la coda dell’occhio l’elfa vide Eragon mozzare teste di uomini con precisi fendenti della sua spada, il suo volto distorto da un ghigno malevolo: furente, roteava la spada, sbaragliando ogni avversario.
Fendente, stoccata, parata. Fendente, stoccata, parata. Fendente, stoccata, parata. 
Questa era la danza che Arya stava ballando in quel momento, una danza di morte. L'odore metallico del sangue impregnava l'aria, in alto, i voraci spazzini del cielo aspettavano il lauto banchetto, mentre il sole proseguiva il suo cammino verso lo zenit. Arya si volteggiava con grazie nella confusione della battaglia, la sua rapidità era superiore alla capacità di reazione dei soldati; con una forza sovrumana schiantava scudi con un colpo solo, squarciava armature e spezzava le armi di chi gli si opponeva.
Fendente, stoccata, parata. Fendente, stoccata, parata. Fendente, stoccata, parata. 
Arya piombò su un gruppo di sei soldati, menò fendenti a destra e a manca, ma quando stava per uccidere l’ultimo soldato, una corrente d’aria, molto probabilmente di origine magica la scaraventò conto un muro di un edificio. La botta fu talmente forte che gli mozzò il respiro in gola, sangue caldo gli scendeva da una ferita alla tempia. Davanti a lei si pararono le sei figure incappucciate, una di loro avanzò verso di lei
“Bene, bene, bene. Ma che bella elfetta che abbiamo qui. Devo ammetterlo, ci avete quassssi sssconfitto tu e il tuo amichetto. Ma tu non sssarai più un problema.” Disse questi levando una spada grondante di sangue.
Arya non aveva nemmeno più la forza di combattere, sapeva che la sua fine era vicina. Gli dispiaceva lasciare solo Fìrnen, ma ancor di più l’addolorava non aver detto a Eragon che l’amava.
Guardò il suo assalitore, un Ra’zac ne era certa dell’odore che emanava la creatura, un odore come di qualcosa in decomposizione. Il dolore alla tempia si fece più acuto e il mondo iniziò a sbiadire. Sentì un uomo urlare, era una voce conosciuta ma non ci fece caso. Guardò la spada compire inesorabile il suo tragitto verso di lei. Ma il colpo non lo avrebbe mai sentito perché svenne. Il suo ultimo pensiero fu rivolto ad Eragon.
 

*********

 
Col passare delle ore, Eragon si sentiva sempre più stanco e dolorante; privato di molte delle sue arcane difese, accumulò decine di ferite minori. Un fiotto di sangue caldo, misto a sudore, gli colava da un taglio sulla fronte accecandolo di continuo. Il Cavaliere uccise tre soldati con un unico fendente, poi i suoi occhi si soffermarono su Arya che combatteva poco lontano da lui, anche durante la furia della battaglia gli sembrava sempre la creatura più bella di tutte.
L’elfa piombò su un gruppo di soldati e li uccise con grazia felina ma quando stava per ucciderne l’ultimo, il Cavaliere la vide essere scaraventata contro un muro. Sei figure incappucciate si strinsero a semicerchio attorno a lei. Una di esse si fece avanti levando la spada.
“No-ooo” urlò Eragon.
Il Cavaliere uccise con una stoccata l’ennesimo soldato precipitandosi il più velocemente possibile verso Arya. Non poteva crederci, non voleva crederci, proprio quando stavano vincendo. Oramai solo pochi soldati erano rimasti dell’imponente esercito nemico. Saphira e Fìrnen stavano combattendo a terra con le zanne e gli artigli, dilaniando tutti gli sfortunati uomini che si trovavano a tiro.
Più veloce di quanto credesse esserne capace Eragon si ritrovò in mezzo ai Ra’zac, giusto in tempo per bloccare la stoccata che stava per raggiungere il collo dell’Elfa. Con rabbia si lanciò contro coloro che avevano osato attaccare la sua amica, la sua compagna di avventure e di viaggi, l’elfa che gli aveva cambiato la vita, l’unica donna che avrebbe mai amato, in un’unica parola Arya.
Gli assalitori sorpresi dall’attacco subito ci misero un po’ di tempo per contrattaccare e Eragon adoperò quella distrazione per ucciderne due. Una mente estranea si abbatté sulla sua facendogli perdere la concentrazione per alcuni secondi, ma che bastarono a uno dei Ra’zac di ferirgli di striscio una spalla.
Per il Cavaliere quel combattimento era durato fin troppo, con un impeto di rabbia urlò “Deyja” e i quattro Ra’zac rimasti caddero morti ai suoi piedi. Il suo sguardo irato si spostò sul mago poco distante da lui che lo guardava con occhi spaventati comprendendo il grave errore che aveva fatto scatenando l’ira del Cavaliere. Il mago cercò di scappare ma Eragon con un balzo coprì la distanza tra loro due, lo afferrò per la gola e gridò “Jierda” il collo del mago si spezzò con uno sciocco raccapricciante. Eragon lasciò la presa dal collo del mago e spostò i suoi occhi sulla figura che giaceva immobile contro la parete dell’edificio.
Lentamente il Cavaliere si avvicinò ad Arya, si inginocchiò accanto a lei e le posò una mano sul collo. Lanciò un sospiro di sollievo quando capì che l’elfa era viva. Il Cavaliere gli carezzò dolcemente una guancia prima di focalizzare la propria attenzione sul taglio sulla tempia dell’Elfa. Con un semplice incantesimo riportò la pelle dell’Elfa al suo stato originale. Nel frattempo Fìrnen era atterrato poco distante da loro e si era precipitando verso la sua compagna di mente e di cuore.
“Come sta?”chiese preoccupato
“Bene, è solo svenuta” rispose il Cavaliere prendendo in braccio l’elfa
“Eragon?”il Cavaliere si girò ancora una volta verso il drago smeraldo.
“Si?” chiese
“Grazie” rispose Fìrnen
“Per cosa?” chiese Eragon
“Per averla protetta”rispose risoluto il drago
Il Cavaliere gli rivolse un sorriso sincero “Per Arya questo ed altro”
“Lo so Eragon, ma lascia che ti dica una cosa: anche lei farebbe lo stesso per te”disse Fìrnen lasciando intendere diversi significati.
Il Cavaliere lo guardò senza capire ma decise di non chiedere spiegazioni al drago e si incamminò verso il castello.
Fìrnen guardò il Cavaliere e poi sospirò “Perché sei così ceco da non capire?” Chiese a se stesso.

Ecco un nuovo capitolo, devo ammettere che descrivere battaglie non è prorio il mio forte  :sorrisone: quasto è il massimo che ho potuto fare, spero che vi piaccia 
Ciao, commentate
:D

Questi sono i Ra'zac

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