Liberté
31 ottobre 1990, Digne
Jean Valjean non ricordava di
aver mai pianto in quel modo.
In ginocchio mezzo alla strada,
sotto la pioggia autunnale che lo infradiciava fino alle ossa, i singhiozzi gli
scuotevano le spalle e gli graffiavano la gola, e poi c’era il dolore. Un
dolore così straziante che Valjean non credeva neanche potesse esistere.
Perché doveva essere tutto così
dannatamente complicato? Perché quel maledetto prete si era immischiato nella
sua vita?
Avesse potuto tornare indietro
avrebbe scelto di essere riportato in prigione piuttosto che mettere piede in
quella casa! Eppure lui lo sapeva, mai fidarsi di un prete, mai, quella gente
in tonaca porta solo un mucchio di rogne!
Fino a quel momento la sua vita
era stata cosi meravigliosamente semplice…
Lui rubava, la gente si incazzava
con lui, lui rivendeva quello che era riuscito ad arraffare fregandosene del
fatto che loro si erano incazzati e l’unica sua preoccupazione era stata sfuggire
alla polizia le poche volte che era stato beccato.
Solo una volta lo aveva tradito
un taglio sul braccio che si era fatto perché non aveva potuto fare il suo
solito lavoro pulito ed aveva dovuto spaccare il vetro, ed era stato quello che
gli era costato un paio di anni di galera a Tolone.
Gli anni sarebbero stati solo
due, ma lui continuava a piantare grane, così alla fine gli anni per i problemi
che aveva creato erano più di quelli della condanna originale.
Finché non era riuscito ad
evadere.
Neanche lui si aspettava più che
gli riuscisse, e invece alla fine ce l’aveva fatta.
Credeva di poter tornare alla sua
vita di sempre, magari riallacciano un paio di contatti di quelli giusti e con
l’aiuto di qualche amico che ritoccava carte di identità e patenti di guida… e
quel prete della malora aveva rovinato tutto!
Perdonarlo! Che razza di idiozia!
A Valjean erano capitate tante
cose perché era un ladro, era stato odiato, insultato, disprezzato, una volta
persino picchiato, ma mai, mai nella sua vita gli era successo di essere
perdonato, neanche da sua madre quando le fregava il resto della spesa.
Se solo avesse lasciato perdere
quelle cavolo di posate d’argento!
Sapeva che era strafare, la
prudenza gli consigliava di starsene buono e di allontanarsi ancora un po’ da
Tolone prima di tentare qualche colpo, ma alla fine non aveva saputo resistere.
L’ebrezza di sentirsi di nuovo in
gioco, la possibilità di un colpo così facile in una casa con solo un vecchio
prete ed una governante mezza sorda, la convinzione che rubare ad un prete in
realtà non fosse neanche rubare perché quella gente sono solo parassiti della
società, e poi l’argenteria che doveva avere valore anche come antiquariato…
insomma, non aveva avuto pace finché non si era alzato dal letto e non aveva
ripulito l’armadietto dove erano custodite le posate.
Per uscire era stato anche troppo
facile visto che la porta non era chiusa a chiave, ma già là aveva fatto il suo
primo errore: passando in fretta con lo zaino aveva fatto cadere un vaso che si
era spaccato a terra con uno schianto da infarto.
Maledizione, ma perché
quell’imbecille di prete non usava i vasi di plastica come tutte le persone
normali?!
Quando aveva visto accendersi la
luce al primo piano, in quella che doveva essere la camera del prete, Valjean
aveva fatto il suo secondo errore: si era fatto prendere dal panico ed era
scappato quando invece sarebbe stato più prudente acquattarsi nell’angolo in
ombra del giardino.
Se fosse rimasto fermo e zitto
invece di correre verso il cancello e scavalcarlo senza prima guardare cosa
c’era dall’altra parte, non sarebbe mai stato illuminato in pieno dai fari di
un auto della polizia di pattuglia quella notte.
Non ci aveva neanche provato a
discolparsi né aveva lottato mentre lo ammanettavano.
Il pensiero di tornare in prigione
lo teneva inchiodato.
:-Cosa sta succedendo?-:
Valjean aveva alzato gli occhi
solo quando aveva sentito la voce del prete.
:-Monsignor Bienvenu…
abbiamo appena arrestato questo ladro che fuggiva con la vostra argenteria-:
Era rimasto immobile.
Monsignore?! Se aveva rubato ad
un vescovo stavolta l’aveva fatta troppo grossa per sperare di cavarsela con
soli due anni! Però avrebbe avuto la soddisfazione di poter dire “Sono Jean
Valjean, e sapete perché sono in galera? Perché ho rubato ad uno che si
arricchisce facendo segni nell’aria!”
Era rimasto a testa alta ad
ascoltare le parole che lo avrebbero di nuovo condannato.
:-Cosa? Questo…? Ah, capisco… mi dispiace,
signori, ma avete sbagliato-:
Valjean lo aveva guardato strano.
Il prete, vescovo, monsignore o
quello che era non gli era sembrato tanto fuori di testa la sera prima… e
allora perché stava dicendo tutte quelle fesserie che lui era un suo caro amico
a cui aveva affidato il compito di rivendere l’argenteria, che era uscito di
notte perché doveva rispettare una serie di coincidenze di autobus e che stava
scavalcando il cancello perché aveva dimenticato dove fossero le chiavi per
aprirlo e certo non aveva voluto svegliare un povero vecchio che dormiva.
Man mano che si rendeva conto che
il prete… no, vescovo… lo stava coprendo, la sua espressione di sfida era
scomparsa, sostituita da un disagio indefinito.
Quando gli sbirri lo avevano
liberato non osava neanche respirare.
:-Bene, io rientrerò in casa
prima di prendermi un malanno con quest’aria umida qui fuori-:
Aveva detto il vescovo.
Valjean aveva sentito dentro di
se qualcosa che lo costringeva a muoversi.
:-Aspettate! Il vostro argento-:
Gli aveva teso lo zaino senza
avere il coraggio di guardarlo in faccia.
:-Oh, quasi me ne dimenticavo!
No, tenetelo, questo argento appartiene a voi. Non ne avete voi più bisogno di
me? E allora è vostro di diritto, diciamo che semplicemente lo avete preso
senza avvertirmi. Non preoccupatevi, vi ho già perdonato perché mi avete
promesso di usare questo argento per diventare un uomo onesto. E poi la galera
non deve essere un posto piacevole… non è vero, Jean Valjean?-:
Valjean lo aveva guardato con
occhi sgranati.
Lo stupore per essere stato
chiamato con il suo vero nome non gli aveva fatto notare che lui non aveva
promesso proprio niente.
:-Voi… voi sapevate chi ero? Vi
avevo dato un nome falso e voi non avete detto nulla, sapevate che sono un
evaso e non avete chiamato la polizia ieri sera, non avete… non avete…-:
Il vescovo gli aveva messo le
mani sulle spalle e lo aveva guardato negli occhi nonostante lui facesse di
tutto per sfuggire al suo sguardo.
:-Io non voglio farvi soffrire
più di quanto già sicuramente avete sofferto, fratello mio-:
Valjean aveva cominciato a
tremare.
Quell’uomo aveva tenuto in mano
la sua vita e, pur avendo la possibilità di rovinargliela, gliel’aveva
restituita intatta.
Non sapeva bene cosa provava in
quel momento.
Provava l’impulso di picchiare
quell’uomo e allo stesso tempo quello di inginocchiarsi davanti a lui.
:-Fatemi arrestare!-:
Aveva gridato infine come una
supplica.
Il vescovo aveva semplicemente
scosso la testa, poi si era girato per rientrare in casa.
:-Il vostro argento…-:
Aveva tentato di nuovo Valjean
disperato.
Il vescovo si era voltato un
attimo, prima di richiudere la porta.
:-No, no, vi ho già detto che adesso
è vostro. In verità mi dispiace più per il mio povero vaso di peonie-:
Il vescovo era rientrato in casa
e lo aveva lasciato libero di andare dove voleva… ma lui dove voleva andare?
Aveva fatto solo pochi passi fuori dal cancello quando le vertigini erano
diventate troppo forti e lui era crollato sul marciapiede gelido con la testa
tra le mani.
Così adesso Jean Valjean si trovava in
ginocchio a rantolare come un animale ferito.
Neanche sapeva quando era che
aveva iniziato a piovere o quando lui aveva iniziato a piangere.
“Perdono” era quella la parola
che gli stava lacerando le viscere.
Valjean non capiva… aveva sentito
dire che il perdono era un atto di amore… e allora perché faceva così
dannatamente male?
Forse perché lui vi si stava
ribellando? Ma non poteva accettare di essere perdonato! Accettare il perdono
voleva dire ammettere la colpa e Valjean non voleva assolutamente riconoscere
di essere colpevole di qualcosa.
Tremava, di freddo e di paura,
mentre si stringeva inutilmente le braccia intorno al corpo e la pioggia gli
sferzava la nuca con aghi di ghiaccio, che poi gli scorrevano lungo la spina
dorsale.
Perché? Perché quell’uomo non lo
aveva voluto fare arrestare? Perché aveva coperto il suo crimine? Davvero il
suo unico scopo era stato non farlo soffrire? Perché? Perché un estraneo
avrebbe dovuto preoccuparsi di alleviare il suo dolore?
Gli tornava in mente ogni gesto
gentile che il vescovo aveva fatto per lui quella sera ed ognuno era una
coltellata.
Il vescovo sapeva chi era… ed
ugualmente lo aveva accolto!
Gli aveva riservato ospitalità e
vera comprensione quando lo aveva visto debole ed indifeso, mentre chiunque
altro lo avrebbe immediatamente scacciato o trattenuto con l’inganno per
chiamare la polizia.
Oh, quell’uomo lo aveva fatto
sentire così al sicuro, come aveva potuto fargli una cosa tanto vigliacca?!
Improvvisamente capì cosa era che
lo stava facendo soffrire tanto! Non era il perdono ricevuto, erano la vergogna
ed il senso di colpa per quello che aveva fatto!
Si sentiva un verme!
Per la prima volta da quando era
ladro, Valjean si vergognava di esserlo.
Si rendeva conto che non era
stata tanto la necessità a spingerlo a rubare, quello era solo un alibi che lui
si creava, il vero motivo era che ottenere le cose rubandole era più facile, e
se le grida rabbiose contro di lui non avevano avuto altro effetto che quello
di renderlo fiero di se e del suo vivere fuori dall’ordine “borghese”, le
parole gentili del vescovo lo avevano costretto per la prima volta a confrontarsi
con se stesso.
C’era davvero un altro modo di
vivere? Senza odio, senza inganno, senza meschinità? Sì, c’era, Valjean ne
aveva appena avuto la prova.
Aveva sempre creduto che le
persone si comportassero le une con le altre in base a quello che ricevevano,
“niente per niente” insomma, invece l’ospitalità del vescovo che non gli aveva
chiesto in cambio nulla ed ancora di più quel momento di vertigine in cui gli
aveva detto “vi ho già perdonato” distruggevano tutto l’equilibrio su cui si
reggeva il mondo di Jean Valjean.
Più pensava alla generosità che
lo aveva toccato più si sentiva un essere squallido, ed i suoi singhiozzi
diventavano più violenti. Le sue spalle, le più forti della Francia qualcuno le
aveva definite, erano state piegate con una carezza.
C’era un modo di alleviare quel
tormento? Forse accettare il perdono? Confessare la sua colpa e lasciare che
fosse la pietà a lavare via quello che aveva fatto? Era difficile… era
impossibile per lui, orgoglioso come era, trovare la forza di essere debole e
mettersi volontariamente a testa bassa a chiedere misericordia.
Eppure sapeva che se non lo
avesse fatto la sua vita sarebbe stata avvelenata per sempre.
O cedeva in quel momento o
avrebbe perso per sempre la possibilità di riscattarsi.
Le lacrime continuavano a scorrere
calde anche dopo che aveva chiuso gli occhi.
Gli tornava in mente ancora una
volta tutta la gentilezza del vescovo nei suoi confronti, il suo sorriso
bonario, come lo aveva fatto sentire protetto quando gli aveva detto “qui potrete
riposare da tutte le vostre fatiche”… perché lui sapeva! Sapeva che era un
evaso, ma invece di guardare alle sue colpe aveva guardato quanto era
spaventato di essere scoperto ed essere riportato in prigione… lo aveva
chiamato fratello! Subito dopo che lui aveva rubato nella casa che lo aveva
ospitato!
Quell’uomo, il vescovo, aveva
ricambiato un’azione spregevole con un atto di carità.
Valjean si sentiva schiacciato.
:-E va bene!-: aveva gridato
infine nella notte, con il viso inondato di lacrime e pioggia :-Va bene! Sono
un miserabile!-:
Dopo averlo ammesso a voce alta
si era sentito meglio.
Allora era quella la cosa giusta
da fare?
Aveva parlato a se stesso senza
curarsi di essere preso per pazzo se lo avesse visto qualcuno.
:-Va bene, va bene, prometto che
cambierò vita… davvero… io… io prometto che diventerò un uomo onesto…-:
Se glielo avessero detto solo il
giorno prima che si sarebbe trovato a balbettare in ginocchio di rinunciare ad
essere un ladro…
:-Prometto che ripagherò il mio debito, prometto
che sarò generoso ogni volta che potrò… come il vescovo è stato generoso con me…
lo prometto…-:
La sua voce era appena un
sussurro.
Si era rialzato ancora tremante e
si era incamminato per le strade bagnate, portando lo zaino pieno di argenteria
con un timore reverenziale che non aveva mai provato prima.
“Probabilmente è ora che comincia
la parte difficile” Aveva pensato.
Come diavolo si faceva ad essere
onesti?
Non ne aveva la minima idea, ma
avrebbe dovuto trovare il modo perché, dopo aver accettato il perdono, non
poteva più essere lo stesso uomo che era stato fino a quel giorno.
Voleva cambiare davvero, non
voleva più essere un ladro, e non per paura di finire di nuovo in galera, ma
per dimostrare di essere degno della fiducia che il vescovo gli aveva concesso.
Alla fine un momento di compassione
era riuscito dove anni di punizioni avevano fallito.
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Novembre/Dicembre 2005, Numero 7
Rue de l’Homme-Armé
E così alla
fine Javert era rimasto.
Era rimasto
perché, per quanto il suo orgoglio si ribellasse all’idea, in quel momento Jean
Valjean era l’unico punto fermo della sua vita mentre il resto era un caotico
cumulo di macerie.
I primi
giorni erano stati decisamente travagliati per l’Ispettore, diviso tra la
coscienza di dover tornare prima o poi al proprio dovere, la certezza di aver
tradito tutti i suoi principi, l’attrazione sempre più forte che provava verso
Valjean, e la convinzione che quell’attrazione fosse solo una specie di
capriccio della natura.
Decine di
volte al giorno aveva considerato seriamente l’idea di affrontare Valjean e
dirgli che finiva tutto lì, che non aveva intenzione di costruire nulla con
lui, che mai un poliziotto avrebbe mischiato la sua vita da uomo onesto a
quella di un ladro latitante, poi però, al momento decisivo, si scopriva incapace
di troncare quel rapporto.
Gli tornava
in mente il calore confortante che trovava ogni sera tra le braccia di Valjean,
il suo sorriso, a volte malizioso ma più spesso comprensivo, le piccole
attenzioni che gli riservava durante la giornata, ed alla fine non ne aveva la
forza.
Dopo la
prima mattina in cui ancora una volta era sembrato dovesse accadere chissà cosa
e invece alla fine non era successo, Javert non aveva più osato tentare nessun
approccio e rimaneva ad aspettare, diviso tra la speranza ed il timore, che
fosse Valjean a fare la prima mossa: qualsiasi cosa gli andava bene, un braccio
intorno alle spalle, un bacio sulla tempia, un rapido sfiorarsi di labbra, e la
accoglieva con un misto di trepidazione e senso di colpa.
Dal canto
suo Valjean, dopo quella prima mattina, aveva tentato approcci molto più
leggeri, forse spaventato a sua volta dalla reazione quando gli aveva chiesto
il nome, ed in ogni caso non era mai
invadente.
Sembrava
capire perfettamente il bisogno di Javert di starsene un po’ per conto suo a
cercare di mettere ordine nei suoi pensieri e lo rispettava.
Valjean
sembrava possedere uno strano sesto senso per cui era sempre presente per
regalargli un gesto affettuoso nei momenti in cui Javert si sentiva spaesato o
insicuro, e per stargli fuori dai piedi nei momenti in cui rischiava di infastidirlo.
Il risultato
di queste attenzioni discrete era stato che Javert lentamente, molto lentamente,
aveva cominciato a sentire meno i sensi di colpa ed a permettere a se stesso di
provare sensazioni piacevoli.
Anche in
casa all’inizio Javert si era mosso cauto come un lupo che esplora un nuovo
territorio cercando di non lasciare traccia di se, poi, pian piano, aveva
cominciato a muoversi con sempre maggiore disinvoltura.
Come se
cominciasse davvero a considerare quella casa come sua.
Per quanto
riguardava la sua sistemazione notturna era sempre nel letto di Valjean,
possibilmente tra le sue braccia, e se la cosa spesso lo imbarazzava, era
altrettanto spesso consapevole di non poterne più fare a meno.
:-Perché dai per scontato che io
dorma con te?-:
Gli aveva chiesto una sera prima
di stendersi.
:-E dove altro vorresti
dormire?-:
Javert aveva dovuto mordersi le
labbra per non rispondere “Da nessun’altra parte”
Ci aveva
provato, eccome se ci aveva provato a non addormentarsi abbracciato a Valjean!
Ogni sera
Javert si riprometteva di non cascarci, di mettersi a letto e basta, finita lì,
ma poi Valjean lo guardava in quel modo, faceva quel gesto di invito ed era la
fine: Javert si sentiva immediatamente debole come un cucciolo ed era l’istinto
a rispondere per lui, spingendolo in quel rifugio.
:-Perché? Perché fai questo, Jean
Valjean? Qual è il tuo scopo?-:
:-Solo farti stare bene-:
:-Ah. Ed io… perché te lo lascio
fare?-:
:-Non saprei… forse perché stai
bene?-:
Centro
perfetto. Stava bene. Non avrebbe dovuto ed invece ci stava benissimo.
Così bene
che al mattino, quando si svegliava, scopriva sempre di aver dormito di un
sonno profondo e pieno che lo aveva completamente rilassato, e che era felice
di trovare accanto a se Jean Valjean.
:-Dimmi la verità. Quando mi hai
chiesto di venire a vivere qui con te lo hai fatto perché credevi che… che…-:
:-Puoi dirlo: avevo il terrore che
avresti di nuovo tentato di suicidarti per colpa mia, sì. Non me lo sarei mai
perdonato-:
:-Tanto per tranquillizzarti…
sappi che adesso non lo rifarei-:
Quella era
stata l’unica volta che avevano speso poche parole sul suo tentativo di
suicidio, poi Javert non ne aveva più parlato e Valjean non aveva voluto
forzarlo.
Un'altra
cosa a cui avrebbe tanto voluto saper resistere era, come aveva detto Valjean,
“amoreggiare come due adolescenti inesperti”.
La parte più
difficile era stata scoprire ed accettare l’idea che in un rapporto a due il
piacere fisico era qualcosa di reciproco. Javert all’inizio aveva accettato le
carezze di Valjean come qualcosa di ineluttabile che soddisfaceva il suo corpo,
ma era convinto che presto avrebbero richiesto come prezzo una uguale dose di
dolore che lui, pur essendo pronto a pagarlo, temeva.
Tuttavia gli
stimoli piacevoli si erano susseguiti ed il dolore non era mai arrivato, così,
dopo le prime volte, Javert aveva capito come funzionava: era come l’abbraccio
della sera in cui l’unico scopo di Valjean era farlo stare bene, e lui non
doveva pagare nessun prezzo per quello.
Quando lo
aveva capito aveva provato una strana vertigine, e siccome non trovava le
parole per spiegare cosa gli stava succedendo, non aveva saputo fare di meglio
che stringere Valjean e premergli un bacio tremante sulle labbra semiaperte per
la sorpresa.
Ogni tanto
gli capitava di lasciarsi andare e di comportarsi come la prima sera che si era
presentato in Rue de l’Homme-Armé, come chiedendo di
essere posseduto senza riguardo, allora Valjean si fermava, lo calmava
parlandogli piano e accarezzandogli i capelli, finché lui non si rilassava e
magari si addormentava cullato da un dolce senso di sicurezza.
In questo
modo Valjean, lentamente, gli stava insegnando ad avere rispetto per se stesso,
e Javert si rendeva vagamente conto che aveva superato un ostacolo nella sua
vita quando aveva ammesso di non dover rendere conto a nessuno delle le
emozioni positive che provava, ed ancora una volta doveva ringraziare Valjean
che gli stava facendo capire che era un suo diritto essere felice
indipendentemente da quanto poteva offrire in cambio.
Man mano che
si abituava a questa idea si sentiva più libero. Non era più in quel perenne
stato di sorveglianza su se stesso, sentiva di potere parlare liberamente,
esprimersi liberamente, quasi respirare più liberamente.
Si sentiva
come se Valjean lo stesse prendendo per mano per aiutarlo a muovere i primi
passi in un mondo completamente nuovo in cui lui acquisiva di giorno in giorno
una strana sensazione: essere libero di esistere.
All’inizio
schivo e guardingo, Javert aveva prima dovuto imparare a riconoscere la
tenerezza, poi aveva dovuto imparare a non rifiutarla come se fosse una vergognosa
manifestazione di debolezza, e solo dopo molto tempo fu in grado di accettare
senza imbarazzo quella che Valjean gli porgeva.
La verità
era che se ne sentiva irresistibilmente attratto.
All’inizio
tutta quella premura lo aveva spaventato perché non capiva neanche cosa fosse,
poi però da qualche parte dentro di lui qualcosa aveva iniziato a rispondere.
Era come se,
tra una miriade di fibre di acciaio di cui era formato il suo cuore, ce ne
fosse una sola ancora fragile e delicata, che si tendeva bisognosa verso la
minima manifestazione d’affetto.
Assolutamente
inqualificabile! L’Ispettore di primo grado Javert che era incapace di opporsi
alle coccole di un ladro latitante!
In ogni caso
c’era un altro motivo di disagio: si vergognava tantissimo perché la sua vita
sessuale stava cominciando a quarantasette anni e lo faceva morire di imbarazzo
il fatto di rispondere agli stimoli come un adolescente ma con un corpo di uomo
adulto.
Tutto questo
finché non si era accorto che Valjean era indietro almeno quanto lui da quel
punto di vista, che spesso le allusioni maliziose lo facevano arrossire e che
toccarlo in certi punti lo portava a fare versi più decisamente più acuti di
quanto ci si sarebbe aspettato da un uomo come lui.
I dieci
giorni di congedo per motivi di salute che gli restavano erano passati troppo
in fretta fino al sedici di Dicembre e Javert si era trovato davanti ad un
dilemma esistenziale: doveva tornare al lavoro? E come faceva con Valjean? Non
poteva fare il poliziotto e convivere con un latitante! Ma appena solo pensava
di troncare tutto, tornare al suo dovere ed abbandonare per sempre il
prigioniero 24601 qualcosa dentro di lui urlava di dolore.
Alla fine
trovò un compromesso: prese due mesi di aspettativa, così non avrebbe dovuto
lasciare definitivamente né la polizia né Valjean, e nel frattempo avrebbe
avuto il tempo per riflettere per bene su cosa voleva davvero.
:-Davvero hai preso l’aspettativa…
per me?-:
Gli aveva chiesto quell’impiastro
con gli occhi lucidi ed un sorriso commosso.
:-Ho preso l’aspettativa per
“motivi di famiglia”. Che mi sembra… appropriato-:
Valjean lo aveva baciato con foga.
A proposito
di famiglia, un problema particolarmente difficile da affrontare per Javert era
stata Cosette.
:-Sai, adesso è da quasi due
settimane che viviamo insieme, credo che sia il momento di presentarti mia
figlia-:
Gli aveva detto Valjean una
mattina.
:-No, per favore! Tu lo sai come
mi sono comportato con sua madre. Non riuscirei neanche a guardarla in
faccia!-:
Valjean lo aveva costretto a
guardarlo negli occhi.
:-Dimmi la verità, Ispettore, tu
ti senti in colpa per quella donna?-:
Sì, si sentiva maledettamente in
colpa per avere trattato male una madre che cercava solo di dare da mangiare
alla sua bambina!
Ma non era riuscito a dirlo a
voce alta, aveva solo potuto annuire.
:-Ispettore… credi che chiedere scusa
a sua figlia potrebbe farti sentire meglio?-:
A quello non aveva pensato.
:-Credi davvero che potrei?-:
:-Ma certo che puoi! È la parte
migliore di te, quella che sa riconoscere i suoi errori. Chiedi scusa a Cosette
se ti senti di farlo. Ah, a proposito, il suo vero nome è Euphrasie,
Cosette è solo un soprannome-:
Qualche giorno dopo Javert era in
salotto in piedi davanti alla ragazza bionda, ancora una volta a testa bassa, a
dire :-Mademoiselle Euphrasie,
vi prego di accettare le mie scuse-:
Ovviamente non le aveva detto che
sua madre era una prostituta, ma era stato assolutamente sincero nel dire che
l’aveva giudicata male, in un modo meschino e superficiale.
:-Accetto le vostre scuse,
Ispettore… e per favore, chiamatemi anche voi Cosette come fanno tutti in
famiglia-:
Javert aveva sentito il suo cuore
perdere un battito… come tutti in famiglia! Quindi lui era parte di una
famiglia…
Cosette era
stata decisamente adorabile… l’incontro con Marie invece era stato molto più
burrascoso!
:-A proposito, oggi pomeriggio
vengono Cosette e Marie, quindi stamattina non posso prendere impegni perché
devo fare i biscotti-:
A Javert era andato il pane
imburrato della colazione di traverso.
:-Tu… tu fai i biscotti?!-:
:-Eh, sì, faccio i biscotti per
mia figlia-:
Gli raccontò
che una volta, quando Cosette aveva tredici anni, era tornata a casa in lacrime
perché la scuola avrebbe organizzato la “fiera del dolce” nel fine settimana e
le mamme degli altri bambini avrebbero preparato dei dolci.
Cosette non
aveva una mamma che sapeva preparare i biscotti che lei avrebbe voluto portare
alla fiera, ma Valjean non sopportava che la sua piccola si sentisse diversa
dagli altri, così aveva fatto una settimana di prove mentre lei era a scuola,
aveva impastato chili di pastafrolla per bruciarla o tirarla fuori dal forno
con la consistenza del calcestruzzo, aveva ridotto la cucina in uno stato
disastroso per poi pulire in fretta prima che Cosette tornasse e si accorgesse
che i suoi tentativi erano uno peggiore dell’altro, ed aveva incassato in
silenzio i rimproveri della vicina perché le appestava il pianerottolo con la
puzza di bruciato, finché non era stato in grado di preparare dei biscotti che
non rompevano i denti e non sapevano di burro rancido, e Cosette aveva potuto
portare orgogliosa il suo bravo vassoio
di dolci come tutti gli altri.
Javert era
senza parole.
Riuscì solo
a borbottare delle scuse imbarazzate quando Valjean gli propose di aiutarlo ad
impastare uova, burro e farina.
Va bene, lui
stava cambiando, ma c’era un limite a tutto!
Nel
pomeriggio Javert era nervosissimo all’idea di rincontrare Marie Pontmercy, ossia quella che lui considerava ancora una pazza
esaltata.
Personalmente
la detestava perché rappresentava uno degli smacchi peggiori della sua carriera
e del suo orgoglio virile: era stata quella minuscola ragazzetta che pesava
poco più della metà di lui a rifilargli il micidiale destro alla mascella che
lo aveva messo KO quella sera delle Banlieue.
Però Marie
era la fidanzata della figlia di Valjean, quindi trattare male Mademoiselle Pontmercy voleva
dire trattare male Cosette, che d’altra parte era stata tanto gentile con lui,
e trattare male Cosette voleva dire trattare male Valjean, cosa che gli
riusciva assolutamente intollerabile.
Per i primi
cinque secondi l’incontro era andato bene, perché Marie, seduta assolutamente
composta nel salotto, gli aveva detto che gli dispiaceva di averlo colpito… poi
però aveva aggiunto che di solito lei “non infieriva su chi considerava più
debole” allora Javert si era sentito punto e gli era scappato che era a lei che
le era andata bene solo perché lui non aveva voluto combattere contro una
donna.
Errore,
grosso errore!
Marie non
sopportava questi discorsi sessisti, e glielo aveva fatto capire chiaramente
cominciando a parlare a raffica con toni da parecchi decibel su quanto lo
riteneva gretto, retrogrado, perbenista, di mentalità piccolo-borghese, e
“fascista come tutti gli uomini in divisa”.
Questo era
stato davvero troppo! Javert non tollerava che si criticasse il suo appartenere
alla polizia, soprattutto non tollerava che gli si desse del fascista perché
lui aveva il massimo rispetto per la divisa che aveva portato per venticinque
anni e, sebbene Valjean avesse messo in discussione alcune delle sue
convinzioni, altre erano ancora bene impresse dentro di lui, ed in quel momento
doveva assolutamente difenderle contro quella piccola arrogante!
:-Bene, papà, andiamo a mettere su
l’acqua per il thè-:
Aveva detto ad un certo punto
Cosette in tono pratico.
:-Ma Cosette… e loro?-:
:-Oh, bè… lasciamoli a fare
amicizia-:
Non appena
Cosette e Valjean erano usciti i toni della discussione si erano alzati ancora
di più e dopo due minuti entrambi urlavano per sovrastare la voce dell’altro.
:-Non fossimo in casa di Monsieur
Fauchelevent avresti già la faccia gonfia dall’altro
lato, lo sai, “signor Ispettore”?-:
Javert si era bloccato un attimo
interdetto.
:-Ah… quindi tu non mi prendi a
pugni perché rispetti il fatto di essere in casa di un’altra persona? Lo sai…
questo è esattamente il motivo per cui io non ti ho già riempito la faccia di
schiaffi-:
:-Allora almeno su una cosa siamo
d’accordo… hei! Hai detto riempirmi la faccia di
schiaffi?!-:
Dopo aver
trovato quel punto di contatto nel rispetto per il padre di Cosette avevano
stabilito una tregua, e Javert credeva che il resto del pomeriggio sarebbe
potuto passare tranquillo… se solo Marie non si fosse messa a spiegare nel
dettaglio la sua campagna di sensibilizzazione
sull’importanza dell’uso del condom!
:-Allora? Che te ne pare di
Marie?-:
Gli aveva chiesto Valjean appena
le due ragazze se ne erano andate.
Javert non si era proprio potuto
trattenere.
:-La tua genera è completamente
fuori di testa!-:
Valjean era scoppiato a ridere.
:-Già… lo credo anche io!-:
Intanto si
avvicinava Natale, ed una sera Javert era in piedi davanti la portafinestra del
salone a considerare che quello era il primo in tanti anni che lui non faceva
il turno del venticinque dicembre o della vigilia alla Centrale di Polizia.
Si offriva
sempre volontario per coprire i festivi perché i suoi colleghi litigavano per
averli liberi, per passarli con le famiglie, lui arrivava e diceva “Ci sono
problemi per questo giorno? Mettete me” e li guardava dall’alto in basso perché
era orgoglioso di restare a fare il proprio dovere mentre tutti gli altri
cercavano di scansarsi.
Solo ora si
rendeva conto che, nel disprezzarli, in realtà li aveva invidiati perché loro
avevano una vita ed una famiglia fuori dall’ufficio, e lui invece non aveva
niente e nessuno.
Si guardò
negli occhi approfittando che il contrasto con l’oscurità fuori rendeva il
vetro simile ad uno specchio.
Era
cambiato, non poteva negarlo a se stesso.
Si vedeva
diverso, si sentiva diverso.
Non aveva
più le sopracciglia corrugare né la mascella perennemente contratta, anche i
suoi occhi verdi sembravano più limpidi.
Dentro di se
invece il cambiamento che più lo sorprendeva era che stava imparando a
perdonarsi.
Prima di
incontrare Valjean era sempre stato spietato con se stesso, sempre pronto a
darsi addosso al minimo errore e a condannarsi senza sconti di pena, ora invece
suo malgrado, aveva cominciato ad assorbire la filosofia di vita di Valjean:
“Hai fatto un errore? Chiedi scusa e cerca di rimediare piuttosto che punirti,
perché in fin dei conti la punizione non è utile a nessuno”.
Perdonare se
stesso… per cosa? Per essersi innamorato? Più tempo passava più si accorgeva
che i motivi per amare Valjean gli sembravano sempre più forti, mentre quelli
per respingerlo diventavano sempre più inconsistenti.
Più di tutto
lo meravigliava quello che Valjean aveva fatto con lui.
Non solo
salvargli la vita, più di tutto lo aveva raccolto quando lui ormai si era
gettato via, gli aveva restituito dignità, speranza e momenti di vera gioia.
Stava
cominciando a scendere a patti con il fatto che era lui ad essere
irrimediabilmente perso per il suo prigioniero 24601, e che la sua convinzione
che era Valjean a dominarlo era solo una patetica scusa dietro cui si era
nascosto per troppo tempo.
E al
diavolo, se amare un evaso latitante era un errore, lui per una volta era
contento di sbagliare!
Era così immerso
in queste riflessioni che non si accorse del movimento alle sue spalle se non
quando fu troppo tardi.
Lo vide nel
riflesso: Valjean che lo abbracciava da dietro, gli incrociava le mani sopra il
cuore, e lui che spalancava gli occhi paralizzato da un sentimento nuovo e
stranissimo.
Forse il
fatto che Valjean fosse apparso all’improvviso proprio mentre stava pensando a
lui, o forse chissà che altro, ma gli aveva scatenato qualcosa di terribilmente
intenso che gli faceva pizzicare gli occhi e gli serrava la gola.
:-Scusa… ti ho spaventato?-:
Mormorò piano Valjean.
Doveva rispondere? Prima avrebbe
dovuto ricordarsi come si faceva a parlare…
:-No… no, io… io credo di essere
tanto felice in questo momento-:
Scandì lentamente, come se
dovesse spiegare a se stesso il significato di ogni parola.
Stette per un po’ ad occhi chiusi
ad ascoltare i palpiti del suo cuore che si scagliava contro lo sterno.
:-Lo senti il mio cuore? Senti
come batte? È questo, Valjean? Dimmi, è questo l’amore?-:
:-Sì-: mormorò Valjean con il
viso affondato nel suo collo :-Sì, è proprio questo-:
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Cantuccio dell’autore
Buon giorno,
care persone che leggete!
Per
premiarvi della pazienza nell’aspettare il capitolo, ecco un paio di cose che
vorrei condividere con voi:
1 a proposito del nome del pairing “Valvert” http://browse.deviantart.com/art/Valvert-351099973 e http://browse.deviantart.com/art/Valvert-2-351101732
2 a
proposito di slash e del fatto che per me in questa
fiction i due baldi giovani hanno l’aspetto di
Crowe e Jackman c’è
questa… attenzione che è materiale da maneggiare con cautela, io vi avviso, se
decidete di aprire sarà solo il primo passo su una strada lastricata di slash dal rating
arancione in su. Lasciate ogni speranza voi che cliccate http://browse.deviantart.com/art/Valvert-359101213 io non so
come è possibile ma chi l’ha fatta ha centrato in pieno le espressioni che io
credo debbano avere Valjean e Javert nelle scene lime XD_
Poi, lo dico
subito: siate spietate nelle critiche perché ho l’impressione che alcuni punti
siano… non so… strani? No, non si dice strani… vabbè, avete capito il concetto
(forse) ma siccome non saprei proprio come cambiarli e non voglio lasciare la
fiction in sospeso per troppo tempo lascio a voi poster(i) l’ardua sentenza e
se necessario riscrivo il capitolo di sana pianta.
Makoto