Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: RomanticaLuna    13/05/2013    1 recensioni
Il Distretto 2 è sempre stato splendido, allegro, pieno di bimbi spensierati che correvano per le viuzze, le voci dei vecchi che ricordavano i vecchi tempi e raccontavano antiche leggende ai giovani. Lo scalpiccio dei lavoratori, alle miniere, i giochi, i divertimenti, le risate. Tutto è svanito, oggi. La guerra ha portato via ogni cosa che amavo.
La storia di una ragazzina che, attraverso i suoi grandi occhi azzurri, vede delle persone che ama morire a causa di Capitol City.
Genere: Azione, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Jane non torna a casa per cena. I soldati di Capitol City pattugliano le strade con le stesse armi che gli vendiamo noi, le medagliette d’argento risplendono alla luce della luna. Tengo buono Luke, che abbaia alla vista di quegli uomini in uniforme. Lo coccolo, non so bene se per calmare lui o me. Sono agitata ed il mio corpo trema come una foglia durante una folata di vento. Sento che, come essa, potrei spezzarmi e volare via, lontana da questo luogo maledetto. Alexandra mi ha detto che le scorte di cibo nei magazzini sono state vietate per qualsiasi famiglia e sono sotto la stretta sorveglianza dei soldati di Capitol City. Sembra che il presidente Snow voglia farci morire di fame, renderci deboli e innocui. Ma non credo che voglia sterminarci. Alla fine, siamo noi a forgiare le armi di cui hanno tanto bisogno. Noi inviamo i minerali e le pietre preziose al Distretto 1 che le lavora e ne fa bellissimi gioielli. Noi siamo utili a Capitol City, loro hanno bisogno di noi. E credo anche di tutti gli altri Distretti, altrimenti ci avrebbero già rasi al suolo completamente.
“Ragazzi, a tavola!” urla Alex dalla cucina. Mi alzo con Luke in braccio, lo stringo forte contro di me. La cena consiste di un pezzo di pane vecchio ed una fetta di prosciutto. Forse è un po’ misera, ma a confronto di altre famiglie che non sono riuscite a tenere delle scorte, possiamo ritenerci fortunati.
“Perché Jane non c’è?” chiede Mirko, al mio fianco.
“Credo che per un po’ non mangerà più in questa casa, con noi” risponde piano Margaret. Le sue mani si chiudono attorno ad un piccolo portachiavi a forma di sole.
“Ma perché?” continua mio fratello.
“Perché Capitol City vuole così e noi dobbiamo ubbidire!” esclama Rose infuriata. Si alza da tavola e corre fuori. La seguo.
“Siamo tutti sconvolti da questa cosa” le confido “io ho una paura enorme! Questa guerra ci è sfuggita dalle mani e, probabilmente, andrà sempre peggio. Dobbiamo farci l’abitudine”
“Non si può fare l’abitudine a questa situazione! Io non voglio vivere così, nella guerra e nell’odio!” dice lei. So che ha ragione, nemmeno io riuscirei a svegliarmi ogni giorno e vedere un soldato armato passare per strada, una punizione in atto o la paura dei prossimo Hunger Games. La abbraccio e ci stringiamo forte, cercando di darci forza e di trasmettere quella forza anche a Jane.
“Potrebbe non sopravvivere!” bisbiglia Rose.
“Lo so” confermo. Sento le sue lacrime calde cadere sulla mia spalla “anche se penso che sia più facile che moriremo prima noi di fame!!”
Ci guardiamo negli occhi, entrambe impaurite, entrambe disorientate, ma entrambe sappiamo quali siano i nostri doveri in casa: dobbiamo proteggere gli altri e preoccuparci che non gli manchi niente, se non ai più grandi, almeno ai più piccoli. Vediamo una donna correre vicino alla nostra casa con una borsa a tracolla che le sbatte contro il corpo, dietro di lei due soldati con le armi puntate. Sentiamo i colpi, l’uno dopo l’altro, partire dalle armi e colpire i muri o le finestre che si rompono. Ci alziamo e rientriamo all’interno di quelle quattro mura sicure, lontane dai rumori dell’inseguimento. Chi sa cosa ha fatto quella donna per meritarsi la morte certa.
“Mi ha chiamata il sindaco. Dice che Jane e Kevin dormiranno da lui sta notte e domani mattina presto partiranno per Capitol City. Ha detto che se vogliamo, possiamo andare a trovarli!” ci riferisce Jane appena ci vede. Noto subito che sono tutti già preparati, giacche abbottonati e stivali, due ciotole coperte tra le mani di Elinor e Mirko ed una bottiglia di vino in quelle di Margaret.
“Portiamo anche Karina e Jason?” chiedo
“No, la signora Emerson ha gentilmente proposto di lasciarli da loro” risponde Alex.
Prendo Christian per mano e mi accodo agli altri.
“Cos’hai in tasca?” chiedo, notando che la cerniera lotta per stare chiusa.
“Le freccette!” dice lui, come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E che vuoi farci? Non ci sono mica bersagli a casa del sindaco!”
“Ma che domande fai? È per proteggervi!” esclama, inebetito che io sia tanto sciocca per non averlo capito da sola. Sorrido leggermente. Un bel coraggio per un ragazzino di soli 5 anni, ma non è lui a dover proteggere noi, casomai  al contrario! Passiamo davanti alla casa dei signori Hugg e noto che c’è qualcosa di strano. I vetri sono completamente frantumati, le luci sono accese, ma manca quel brusio solito della famiglia. Le liti tra i fratelli Hugg sono epiche nel Distretto 2, spesso i vicini escono di casa per capire cosa stia succedendo. Poi li vedo: i 4 corpi martirizzati e appesantiti dalle pallottole, riversi in enormi pozze di sangue. Una piccola borsa di carta è nascosta sotto al tavolo, due sacchetti di farina si sono aperti e hanno liberato il loro contenuto sul pavimento. Copro gli occhi a Christian, ma ormai è troppo tardi, ha già visto tutto.
“Da questo devo proteggervi!” dice piano, indicando i corpi dei due ragazzi della mia età. Erano miei amici, li conoscevo da quando ero nata ed è difficile trattenersi dal piangere.
Veniamo spinti in avanti e continuiamo a camminare. La mia testa è pesante, fatico a respirare e la ragione mi ha completamente abbandonata. Arriviamo in piazza, il palazzo del sindaco si trova giusto di fronte, dietro alla base del palco montato per la Mietitura. Nel centro è stato piantato un palo e, alla sua base, le mattonelle hanno cambiato colore, passando dal grigio perla al rosso-marrone. Assistiamo in prima persona alla flagellazione di una ragazza poco più che ventenne. Viene trascinata per i capelli e legata per le braccia al palo. Poi il soldato di Capitol City prende un bastone ed inizia a colpirla, in viso, sulle braccia, sulle gambe. Ogni parte non coperta del suo corpo inizia a sanguinare e lei, lentamente, perde le forze. Se continua a picchiarla così tra poco morirà. Una freccetta blocca la mano del soldato che, colto di sorpresa, urla dal dolore. Cerco con gli occhi Christian. Non è più vicino a me, dev’essersi allontanato quando mi sono girata a guardare la giovane.
“Dovevi tenerlo d’occhio” mi bisbiglia Rose. Lei tiene in braccio Tito che trema da capo a piedi. Poi lo vedo. Il mio fratellino è andato a nascondersi dietro una colonna del portico e, da lì, sta prendendo la mira per scagliare una nuova freccetta.
Approfittando del disorientamento del soldato che sta cercando il punto da cui è arrivato il colpo, sguscio alle sue spalle e libero la ragazza che crolla a terra, distrutta e sanguinante. Lui si è allontanato di qualche metro in direzione dei miei fratelli, immobili e silenziosi.
“Siete stati voi, luridi marmocchi?” lo sento urlare, davanti alle porte del municipio. Faccio un gesto a Christian che mi raggiunge e, insieme, portiamo alla casa più vicina il corpo sanguinante della sconosciuta.
“G-g-grazie” riesce a biascicare.
“Non parlare, perderesti troppe energie” dico bussando di fretta e furia alla prima porta. Una donna anziana ci apre, non chiedo se posso entrare, lo faccio e blocco l’entrata velocemente.
“Fai la guardia, Kris!” bisbiglio.
“Che sta succedendo? Tu sei la figlia degli Evervood, non è vero?” dice inviperita la donna, seccata dall’entrata senza invito.
“Si. Mi scusi, ma ho bisogno di aiuto! È per lei!” esclamo indicando la ragazza svenuta che, con fatica, cerco di tenere in piedi. La vecchia sembra più propensa a chiamare un soldato, piuttosto che aiutarci.
“La prego” aggiungo.
“No. Causerete guai a tutti noi, non voglio aver nulla a che fare con nessuno di voi Evervood. Avete sempre causato guai, sin dai tempi più antichi! Fuori da casa mia!” si era messa ad urlare e faceva paura.
“Mio nonno” inizia Christian, dalla finestra. La sua voce cristallina non sembra appartenergli “Mi ha sempre detto che ai suoi tempi tutti si aiutavano. Ci diceva che tutti erano felici e tutti erano amici. Diceva anche che aveva spesso salvato diverse persone, durante la guerra di Separazione, molti amici e molti che non conosceva neanche. Diceva che non esistono nemici, che siamo parte tutti dello stesso mondo e, per questo, dobbiamo aiutarci gli uni gli altri” dice sicuro di sé. I racconti del nonno sono la nostra forza più grande, perché ci hanno sempre aiutato a sognare un mondo senza inimicizie, un posto di pace.
“Lei è la signora Millicent, non è vero?” chiedo titubante
“Si. Come lo sai” domanda lei sulla difensiva
“Ho una foto di lei ed il nonno, a casa. Sembravate felici!” spiego.
“Felici. Pua, non si è mai felici con un Evervood a fianco. Ma stavamo bene, eravamo amici, un tempo. Si, tanto tempo fa, io e Jacob Evervood eravamo amici. Prima che si intestardisse e partì in spedizione per provare a inimicarsi quelli di Capitol City, prova che portò ad un nuovo attacco. Che stupido, quell’Evervood!” dice tra sé.
“In ricordo della vecchia amicizia, per favore, ci aiuti. Questa donna fa parte di questo Distretto, è una di noi. Non può morire perché noi stiamo qui a discutere di cose senza senso!” urlo. Lei ci pensa, poi grida qualcosa in una strana lingua ed una ragazzina pallida arriva correndo. “Occupati di loro” dice prima di lasciarci.
Garze, cotone, disinfettante e medicinali vengono subito riversati sul tavolo da un grosso baule ed iniziamo a curare le ferite più brutte della giovane. Ogni tanto la voce di Christian ci avvisa del passaggio di un soldato.
“Arriva Alex!” urla ora felice, saltellando sul posto e facendosi vedere dalla finestra socchiusa.
“Testardi che non siete altro, eravamo tutti in pensiero per voi!” dice guardandoci entrambi negli occhi e fulminandoci “Andate, Jane vi aspetta. Mi occuperò io di lei” aggiunge poi, più gentilmente “Su, forza, cosa aspettate” continua vedendo che non ci muoviamo.
Prendo Christian ed usciamo. Corriamo nell’ombra, restando sempre appiccicati ai muri. Una delle sue manine è infilata nella tasca, probabilmente stringe una freccetta che è pronta a colpire una vittima e ferirla. Bussiamo frettolosamente alla casa del sindaco ed il maggiordomo ci conduce fino alla camera di Jane. Un brusio allegro proviene dall’interno, apro la porta e la comitiva degli Evervood ci accoglie calorosamente. Ci sono anche Kevin e le sue tre sorelle minori.
“Ciao pulce!” mi saluta Jane, mentre a Christian è riservato un caloroso abbraccio. Sento le parole soffocate “Grande uomo, proteggili tu!”
Entra un soldato che ci chiede gentilmente di uscire, ma riusciamo a rubargli ancora una decina di minuti. Vedo le dita di Christian chiuse attorno ad una freccetta che era pronta a colpire. Dal polso dondola l’ambra arancio-rossa, il colore del coraggio e della vivacità, entrambe caratteristiche predominanti in mio fratello. Ma l’uomo torna nuovamente e la freccetta ancora puntata alla porta si incastra nel muro a pochi centimetri dal suo orecchio. Prende l’arma e mira mio fratello.
Sconcertata, mi alzo in piedi. “Ci lasci il tempo per salutarci, non ci vedremo per molto tempo e Jane è nostra sorella maggiore” dico mettendomi davanti a lui, attirando i suoi occhi e cercando di convincerlo con i miei. Non ho mai avuto problemi ad ottenere qualcosa: in una famiglia numerosa si impara presto fare gli occhi dolci o a rendere il tono di voce più tremante per soddisfare le esigenze del momento. Ci riesco ed il soldato ci concede gli ultimi due minuti, quindi partono i saluti.
“Quanto dura questa cosa?” chiede Christian.
“Non so. Dipende quanto tempo ci impiegheremo per ucciderci l’un l’altro, credo” risponde Jane, senza troppi peli sulla lingua.
“Noi ti sosterremo, anche se a distanza” esclamo. Batte i due pugni al petto e la imitiamo. Poi usciamo, in fila indiana ed in silenzio passiamo davanti al soldato che, con un bisbiglio, ferma Christian e gli dice qualcosa.
“Che ti ha detto?” gli chiedo.
“Di non perdere mai il mio coraggio!” esclama lui, stanco ma felice, i suoi occhi dal colore del cielo semichiusi per il sonno. Appena Jacob lo prende in braccio si addormenta. Gli accarezzo i riccioli rossicci ed osservo dormire quella piccola e temeraria peste.


 





****
Ciaooo!! Per la prima volta mi faccio sentire! =) Spero con tutto il cuore che la mia soriella famigliare nata sotto gli effetti della noia vi piaccia! =) Vi invito a partecipare attraverso le recensioni, a scrivermi cosa va o cosa no! Non solo per gli errori di grammatica (quelli credo siano abbastanza normali quando si scrive di fretta) ma anche per qualche consiglio! Magari anche solo per confrontarci sui nostri personaggi preferiti, cosa preferireste cambiare, cosa non vi sareste aspettati o cosa dovrei aggiungere! Sono aperta a critiche ed a consigli! Un grande grazie a tutti!! Luna.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: RomanticaLuna