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Autore: She dreams    14/05/2013    1 recensioni
Ciao a tutti.
So bene che ci sono altre 1000 fanfiction sui One Direction, ma ho voluto scriverne una anche io lo stesso, anche perchè questa storia parla un pò anche della mia vita.
I "punti di vista" saranno 3, tutti in prima persona.
Il mio, quello di uno degli 1D (scoprirete in seguito di chi) e di un cane (non anticipo nulla).
Nei primi capitoli non ci saranno gli 1D, solo in seguito compariranno, in seguito ad avvenimenti particolari.
Accetto critiche di ogni genere, perchè le considero un modo utile per migliorare, e so che non sono una di quei "super talenti" di scrittura, basta che non si arrivi a prendermi a parolacce, perchè ho anche io un cuore.
Buona lettura.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Chapter 4º

Ritornai a fatica nel mio corpo materiale. L'unica testimonianza di ció che era finito pochi secondi prima erano quelle lacrime pesanti, fermatasi sulle mie guance, incapaci di proseguire la loro corsa per abbandonare quel corpo che le aveva imprigionate per tanto tempo.

E davanti ai miei occhi, c'era ancora quel mondo tanto desiderato, un mondo di libertà, felicità e pace. Quel mondo pieno di problemi, orribile, inquinato dalle cattiverie umane... Quel mondo che mi separava dalla mia felicità. Che mi separava da quelle cinque voci per cui avrei dato la vita, o almeno quello che mi restava della mia vita.
Per cui avrei dato il mondo, il mio tutto, pur sapendo che non l'avrei mai potuto fare, perchè il mio tutto erano loro.

Loro, un prodotto commerciale, lanciato da un programma pieno di prodotti commerciali e da cui nascono solo prodotti commerciali. Loro, quei ragazzini che tutti odiano e che tutti amano, che tutti conoscono e che tutti ignorano. Quelli che "pesano solo alle ragazze", i "puttanieri", quelli con "i soldi che gli escono dal culo", quelli "troppo piccoli per essere famosi", quelli che "hanno le fan bimbeminchia".

Quelli che "sono andati in Ghana per beneficienza", quelli che "hanno vinto dischi di Platino, dischi d'Oro, Brit, Music Awards, Kids e Teen Choice Awards, MTV Video Music Awards e MTV Europe Music Awards", quelli che "fanno impazzire le ragazzine", quelli che "amano le loro fan a tal punto da litigare per loro". 
Quelli di cui mi ero innamorata, e che forse amavo ancora senza rendermente conto.

Non sapevo che cos'era l'amore. Per me era quella sensazione di vuoto che puó uccidere se prolungata nel tempo. Non aveva niente di positivo. 
Ormai le cicatrici del mio cuore mi impedivano di riaprirlo a chiunque. Era serrato a vita, incapace di contrarsi anche solo per il dolore della pedita della mia ragione di vita. E forse era per questo che non mi ero accorta di essermi dimenticata di sorridere per così tanto tempo.

Il non sorridere lo aveva idurito, ghiacciato. Era infreddolito da tutti quegli anni in cui non aveva trovato la forza per proseguire a battere, se non quella di tenere in piedi un corpo ormai morto.
E ora mi ritrovavo su quel balcone, viso e mani congelati, ma per la prima volta, meno freddi del mio cuore.

Posai per l'ultima volta i miei occhi neri su quei campi disegnati da una mano precisa, su un foglio di terra fredda esposta al vento di un altro gelido Dicembre senza neve, per poi abbassarli in cerca delle mie mani aggrappate alla superficie congelata della ringhiera. Le ritirai a fatica e le incrociai nel disperato tentativo di recuperare un pó di calore dalle mie braccia. Le lacrime erano ferme, nell'attesa di essere rimosse dalla stessa mano che sempre le aveva asciugate appena avessero provato anche solo ad affacciarsi all' angolo del mio occhio sinistro, in cerca di una via di fuga da quella gabbia che le costringeva rimanere prigioniere delle mie sofferenze quotidiane.
 
Dopo aver esaminato il mio corpo, in cerca di un segno di un principio di congelamento, la mano destra uscì dal suo guscio formato dalla mia ascella coperta dal tessuto abbastanza pesante del mio pigiama, per spostare la lacrima dalla sua attuale posizione sulla mia guancia sinistra. Quando la goccia d'acqua fu levata dalla pelle del mio viso per passare sulla pelle della mia mano, la asciugai definitivamente sul braccio del mio pigiama, sapendo che non se ne sarebbe andata per un pó, come segno della mia prima esperienza di gioia immaginaria.

Provai a spostare il piede destro da terra, per poi girarmi con una mezza piroetta sul sinistro voltandomi verso la porta di legno che avrei dovuto aprire per rientrare di nuovo in quella casa così calda, ma più vuota della mia mente.
La mia mano destra, ancora infreddolita, si poggiò tremante sulla maniglia color oro della porta di legno scuro, per poi stringersi intorno al metallo freddo. Esercitando una leggera pressione, la porta si aprì, e una ventata di calore avvolse il mio corpo ancor prima di entrare. Ma quel calore non riusciva a scaldare la mia anima. Il mio corpo materiale era stato creato per sopravvivere. Non aveva bisogno di emozioni per esistere. 
Poteva rimanere immutato in qualsiasi condizione. Lo invidiavo per questo.

Prima di entrare, mi accertai di non inciampare per la milionesima volta su quel fastidiono gradino di marmo che costantemente perseguitava il mio dito mignolo in cerca di una vendetta immotivata.
Dopo aver superato anche quell'ostacolo, ciusi la porta lentamente dietro di me, piegando la maniglia il più possibile verso il basso per cercare di non emettere rumori in grado di far ritornare cosciente in qualche modo mia madre dallo stato catatonico in cui era riversata fino a quel momento nel grande letto matrimoniale al piano di sopra. Dopo esserci riuscita, a passi leggeri tornai sulla mia amata poltrona, sperando in qualche modo di riuscire a inventarmi qualche scusa non appena mia madre fosse venuta a sapere l'ora in cui mi ero svegliata - e soprattutto, avevo mangiato -.

Mi accocolai sul tessuto morbido e imbottito, e quasi senza accorgermene, mi addormentai più velocemente di come mi ero svegliata poco prima.


*****

EEEEEEEEEEEEEEED eccomi qui,
con una nuova merdina di capitolo tutta per voi (?).
Ammetto che questa volta l'ho iniziato con un pò di malavoglia,
ma dopo due righe le mie dita continuavano a digitare parole anche senza senso senza che io potessi
in nessun modo comandarle...
Yee ho delle dita assatanate lol.
Come biasimarle,
con tutte le cazzate che scrivo ogni tanto,
anche io mi vorrei libearare da questo corpo.
But anyway, ringrazio ancora TUTTI quegli angeli che hanno recensito la storia
e che recensiranno questo capitolo.
Grazie di cuore a ognuno di voi.
Ora mi dileguo, sto per sclerare dalla felicità
(#nonfatedomandeplease T.T)
grazie ad una mia amica...
Ho già detto troppo,
love ya <3 alla prossima PIPOL!
*si traforma in superman e vola verso l'infinito e oltre*

  
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