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Autore: Darik    02/12/2007    1 recensioni
Qualcuno è in agguato tra le nevi e i ghiacci. Un qualcuno freddo quanto loro, ma molto più pericoloso. Nota: questo racconto si colloca dopo FMP The Second Raid.
Genere: Azione, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Operazione Hunting'
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3° CAPITOLO

Il vento gelido sferza i bastioni dell’antico castello.

La roccaforte dei Visconti, costruita in una ripida valle che separa due montagne altissime e innevate, si erige solitaria in mezzo ad un panorama bianco, e nonostante sia abbandonata da secoli, conserva ancora la sua imponenza.

Hela, sulla sommità di una delle mura, tra lo svolazzare del cappuccio e delle ampie maniche del suo saio, osserva il panorama montuoso, che molti avrebbero ritenuto mozzafiato, ma non lei.

Sembra in attesa di qualcosa.

KITT e Yu Fan, invisibili, arrivarono al termine della strada asfaltata, che terminava con una rotatoria che tornava indietro ad Achiello, visibile in lontananza.

Dopo l’asfalto era appena visibile un sentiero che però veniva subito cancellato dalla neve molto spessa.

Era comunque possibile ricostruire a grandi linee il suo percorso, e non era certo molto agevole, visto che passava sui fianchi scoscesi di un alta montagna e oltrepassava uno sperone roccioso dietro il quale si scorgeva il castello dei Visconti, piuttosto distante su uno sfondo montuoso.

“Quello è il castello, KITT. I tuoi sensori possono sondarlo da qui?” domandò Yu Fan.

“Certe tue domande mi offendono” replicò KITT.

“Allora esegui il controllo” disse freddamente la ragazza.

Dopo una decina di silenziosi secondi, arrivò il responso: “Non riesco a vedere al di là di quei vecchi muri in pietra. La causa sembrano essere delle lastre protettive”.

“Che sicuramente all’epoca non esistevano. Abbiamo fatto centro, KITT. Chiama l’aereo. Tramite il pilota automatico lo faremo arrivare qui e lo useremo per andarcene alla svelta. Quanto tempo ci metterà per arrivare?”

“Alla velocità massima, trentacinque minuti”.

“Ora dobbiamo trovare un modo per raggiungerla. Andarci da sola sarebbe imprudente nonché troppo pericoloso. Ma è sconsigliabile usare il sentiero, anche con l’ECS. Si vedrebbero le impronte sulla neve”.

“Senza contare che potrebbero essere muniti di congegni anti-ECS” aggiunse KITT.

“Infatti. Temo che…”

Yu Fan scrutò le montagne.

“KITT?”

“Si, Yu Fan?”

“Adesso sono le cinque e mezzo. Secondo te quanto ci vorrebbe per raggiungere quel castello aggirando la montagna?”

KITT consultò la mappa geografia della zona: “Se non ci sono intoppi, tre ore”.

“Comanda all’aereo di diminuire la velocità in modo che arrivi entro le otto e mezzo. Per quell’ora dovremo già essere entrati in azione, e dovremo essere molto rapidi. Per le nove dovrà essere tutto finito”.

“Va bene, ma ti avverto che il problema legato alla tua idea è un altro: io non sono stato costruito per scalare le alpi”.

“C’è sempre una prima volta”.

****

Kaname passeggiava all’interno di quell’ambiente sotterraneo dominio della scuola Siu Long.

Al posto della sua divisa scolastica, indossava una specie di kimono bianco.

Cioè, non era proprio un kimono, ma vi somigliava.

Certo quel posto era davvero rilassante, sembrava davvero di stare all’aria aperta.

Ma nonostante tutto, non riusciva a calmarsi.

Non poteva smettere di pensare a Sousuke, chiedendosi dove fosse e se era ancora vivo.

In cuor suo sentiva che era vivo, ma avrebbe preferito avere delle prove tangibili.

Ormai era passato più di un giorno da quando Yu Fan era partita, e ancora non si avevano notizie.

Aveva cercato di distrarsi un po’ parlando con Mona, che si era rivelata una ragazza simpatica e socievole, nonostante l’orrore che aveva subito.

Ma aveva poi chiesto di essere lasciata sola, perché voleva provare ad introdursi di nuovo nei computer di Amalgam, per trovare e cancellare i progetti su quei droidi, costruiti grazie alla Black Technology che le avevano sottratto.

Quindi ora Kaname passeggiava persa nei suoi pensieri.

Poi delle risa attirarono la sua attenzione.

Provenivano da dietro una roccia modellata a forma di triangolo e circondata da una fontana.

Incuriosita, si affacciò e vide Yu Zan giocare con un gruppo di bambini.

La donna, rilassata, sorrideva e accarezzava i bambini che rumorosamente giocavano tra di loro e con lei.

Non volendo disturbarli, Kaname decise di allontanarsi.

“No, resta, non preoccuparti” la bloccò senza voltarsi Yu Zan.

“Vorrei tanto sapere come fanno questi esperti di arti marziali ad avere gli occhi sulla nuca” pensò la ragazza.

Yu Zan congedò i bambini, dicendo che era l’ora di andare a scuola.

I bambini, pur manifestando un certo fastidio, obbedirono.

Una di loro, prima di allontanarsi, chiese: “Maestra, quando tornerà la sorellona?”

“Presto, molto presto, non preoccuparti”.

“E tornerà a giocare con noi?”

“Ma certo”.

Il bambino sorridendo raggiunse gli altri.

Kaname allora andò a sedersi affianco alla donna.

“Chi sono quei bambini?”

“I figli dei membri della nostra scuola. Li teniamo qui per sottrarli allo stato. L’educazione che impartisce è piuttosto… totalitaria. Senza contare che se fosse dipeso dallo stato, almeno la metà di quei bambini non sarebbe mai nata, perché l’avrebbero ritenuta di troppo.

Per noi invece, ogni vita ha il diritto di esistere, e vogliamo che si formino una propria visione dell’esistenza, che non deve necessariamente essere quella dello stato”.

“Capisco. Ma chi era la sorellona di cui parlava quel bimbo?”

“Era Yu Fan”.

“Yu Fan? Quella lì… gioca con i bambini?! Ma sembra un pezzo di ghiaccio!”

“Eppure lo fa. Loro si mettono affiancati e l’uno dietro l’altro, alzano le braccia e la sfidano a saltarci sopra. Per lei non è un problema, e compie il salto cercando di farlo nel modo più spettacolare possibile. Si divertono molto con lei. Certo all’inizio non era cosi, ma se inizialmente sembrava farlo solo per passare il tempo, adesso sembra che inizi a piacergli” spiegò la donna sorridendo.

“Ah be, allora…”

In fondo Kaname doveva sapere che non era una cosa davvero impossibile.

Anche Sousuke all’inizio sembrava un alieno a scuola.

Invece poi si era adattato.

Anche se con Sousuke il verbo ‘adattare’ assumeva un significato particolare.

Infatti si adattava solo dopo aver combinato disastri su disastri, e a volte neanche dopo quello.

E mai come in quel momento sperava di poter tornare a rimproverarlo.

Di poter tornare alla vita di tutti i giorni.

Chinò il capo.

Lo sperava davvero.

Yu Zan le prese la mano.

“Non affliggerti. Sagara è in buone mani. Tornerà da te. Farsi prendere dalla disperazione è il primo passo verso la sconfitta. Quindi fatti forza”.

“Ci proverò” rispose Kaname.

“Oh no. Un vecchio saggio disse: Fare. O non fare. Non c’è provare”**.

Lo sguardo di Kaname dimostrò come la ragazza accettasse la sfida.

“Lo farò!”.

****

Il sole ormai stava tramontando, illuminando con un vivido arancione lo sfondo dietro le vette innevate.

Le bianche, immense, distese di neve giacevano immobili e solitarie sui fianchi delle montagne.

Ma guardando con attenzione il fianco di una di queste montagne, sarebbe stato possibile vedere dei profondi buchi che si aprivano nella neve uno dopo l’altro, come se qualcuno si arrampicasse.

Ad un esame più approfondito, sembravano le impronte di mani e piedi enormi.

“Come va, KITT?” domandò Yu Fan mentre muoveva braccia e gambe trasmettendo tali movimenti agli arti dell’AS.

“Per ora bene. Anche se spero che tutta questa neve non filtri in qualche modo tra le fessure delle mia dita provocando danni. Oppure che non danneggi il mio ECS”.

“Cosa potrà mai farti dell’acqua?”

“L’acqua è la nemica naturale di noi macchine”.

“Si. Ma tu sei o non sei il fiore all’occhiello dell’elettronica di inizio millennio, come ti definisci di solito?

“Certamente”.

“E allora smettila di fare il fragilino. Dimmi quanto manca”.

“Continuando di questo passo, tra un’ora arriveremo sulla dorsale della montagna. A quel punto saremo di molto al di sopra del castello. E penso che non riusciremo neppure a vederlo, perché coperto da uno sperone roccioso che lo sovrasta”.

“Va bene, Allora ripassiamo il piano: difficilmente in quel castello possono esserci degli AS, ma anche se ci fossero, non credo siano un problema per te. Tu salterai sul castello dallo sperone roccioso, userai il Lambda Driver per attutire l’impatto e li attirerai tutti su di te. Mi raccomando, quando farai fuoco, attento che i colpi non vadano troppo in profondità. Se lì ci sono dei prigionieri, sarebbe preferibile riaverli vivi”.

“Io, per via della mia programmazione, farò attenzione a non uccidere proprio nessuno, naturalmente”.

Yu Fan sospirò: “Naturalmente. Mentre tu cadi, io starò agganciata a te all’esterno. Terrai attivato l’ECS cosi non ci vedranno. Un momento prima di atterrare, mi staccherò e mi lancerai oltre i bastioni del castello, utilizzerò il lanciarampini per ancorarmi ed entrerò da una finestra. Il tuo compito è tenere tutte le guardie all’esterno”.

“E se qualcosa dovesse fallire col lanciarampini? Ti aspetta un salto di almeno settantaquattro metri prima di trovare qualcosa sotto i piedi” obbiettò KITT.

“Proprio per questo userò il dispositivo schermante sulla cintura. L’ho già sperimentato contro le brutte cadute. Se tutto dovesse andare male, sarà una possibile, anche se brusca, via di fuga per i prigionieri”.

“Come vuoi. Certo che la signorina Chidori aveva ragione”.

“Su che cosa? E poi cosa c’entra?”

“Sul fatto che tu affermi di fare tutto questo per vendetta contro Amalgam. Ma ti prodighi un po’ troppo per salvare gli altri”.

“Il mio scopo è vendicarmi. Eseguo queste missioni solo perché si adattano ad esso”.

“Ma da quando lavori per la scuola Siu-Long, non hai mai ucciso nessuno. E il maestro Yu Zan non ti ha ordinato di non uccidere nessuno, ti ha lanciato una sfida chiedendoti di provare a non uccidere nessuno. Non è la stessa cosa. Io stesso, posso sollecitarti a provare, ma se alla fine vuoi uccidere, potresti farlo”.

“Limitati a fare il tuo lavoro!” replicò infastidita Yu Fan.

E prima che arrivasse la risposta di KITT, improvvisamente la neve sotto l’AS iniziò a franare, e il robot scivolò verso il basso.

“Accidenti. Aggrappati a qualcosa!” ordinò Yu Fan.

“Purtroppo la neve non permette il migliore degli agganci” rispose KITT, che essendo un computer manteneva una calma ammirevole.

Le sue mani affondavano nella neve nel tentativo di fermarsi, ma il suo peso e la forza di gravità lo trascinavano verso il basso inesorabilmente e sempre più velocemente.

“Guarda che qui stiamo scivolando verso quel burrone che abbiamo faticosamente risalito!”

“Suggerisco allora di provare col cavo del mio braccio”.

“Trova un punto a cui agganciarlo”.

KITT sondò vari punti alla ricerca di un appiglio sicuro.

E intanto scivolavano sempre più verso il basso, e verso un precipizio con i bordi ricoperti di ghiaccio.

“Trovato!” esclamò KITT, che dal braccio sinistro sparò un cavo che si allungò sempre di più fino a penetrare la neve agganciandosi alla roccia sottostante.

Si fermarono con le gambe che già sporgevano sul vuoto.

“Per un pelo” mormorò Yu Fan.

“In effetti dubito che questa caduta avrebbe potuto danneggiarci. Ma ci avrebbe fatto perdere del tempo prezioso” commentò KITT.

“Ora ricominciamo la salita. Dobbiamo essere a destinazione entro le otto e mezzo. E quando arriverà l’aereo sarà meglio che abbiamo già compiuto la missione. Ah, KITT, un’ultima cosa”.

“Dimmi”.

“Non voglio più commenti sulle mie azioni”.

**Nota: la frase in questione è pronunciata dal maestro Jedi Yoda nel film "L'impero colpisce ancora".

  
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