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Autore: NiraMalfoy    02/12/2007    1 recensioni
"No. Non aveva voluto vedere più nessuno di loro dopo quel brutto incidente. Non sarebbe stata capace di affrontarli e di guardarli negli occhi. Non sarebbe stata capace di dire loro che per colpa sua adesso lui non c’era più e non ci sarebbe mai più stato."
Una delle prime Fanfic che sono riuscita a concludere, ed anche quella a cui sono più affezionata in assoluto!
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Ryota Miyagi
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti ^^
Eccomi di nuovo qui con il secondo chap, come promesso!
BUONA LETTURA.

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- Ciao Hanamichi … come stai?

La voce di Sachiko rimbombava nel silenzio di quel cimitero. Era il giorno di Natale … non c’era proprio nessuno a piangere sulla tomba dei propri morti. Quel giorno tutti festeggiavano e nessuno avrebbe pensato ai tristi avvenimenti della vita e della morte, non a Natale.
Era sola, inginocchiata sulla tomba di Sakuragi; un mazzo di rose rosse e perfette tra le mani pallide: - E’ da un po’ che non ti vengo a trovare. Devi perdonarmi, ma non ne ho proprio avuto tempo. - continuò la giovane nel suo soliloquio, rivolgendo un nostalgico sorriso alla lapide del ragazzo.
Poi un sospiro. Avrebbe forse dovuto sentirsi una sciocca a parlare con il nulla? Eppure lei non si sentiva affatto stupida, anzi era a suo agio. Hanamichi, nonostante gli anni trascorsi, era l’unico che stava in silenzio ad ascoltarla. Era rimasto lui il suo unico amico. Un sorriso sarcastico percorse il suo viso: il solo amico che aveva era un morto.

Poi silenzio. Tanto silenzio. Il cuore della ragazza era così triste … credeva che non avrebbe più sorretto tutto quel dolore che portava dentro. E invece … lei era ancora viva. E non avrebbe voluto esserlo, non senza di lui. E in effetti, senza Hanamichi, lei non era più riuscita ad essere viva sul serio. Era diventata semplicemente un pupazzo insensibile … o almeno era quello che avrebbe voluto essere, per non soffrire più. Ma non era così. Nel cuore di lei c’erano ancora tanti sentimenti, tanta tristezza …
 
La mano che reggeva il mazzo di fiori si posò in terra, adagiando quelle rose, che le ricordavano il colore della capigliatura di lui, accanto alla sua tomba: - Ti ho portato questi … spero che ti piacciano. Non sono granchè, ma il giorno di Natale è difficile trovare un fioraio aperto … - sussurrò lei, faticando nel trattenere le lacrime.
Forse non si sentiva una sciocca, ma di certo agli occhi di un estraneo avrebbe potuto sembrare una scena così patetica quella … ma a lei non importava.
Tutto ciò che le interessava era poter stare accanto a lui ed essere lasciata in pace da tutti. Ed era questo che stava facendo.
Nonostante tutto era felice, perché in quel modo lei non avrebbe mai perso Hanamichi. Sarebbero rimasti legati per sempre. Lei non avrebbe mai sofferto nel vederlo tra le braccia di un’altra. Sì … una sadica ed egoistica felicità. Ma, dopotutto, quello era il solo modo che lei conoscesse per riuscire ad andare avanti.

- Allora, che mi racconti Hana-chan? Ti stai divertendo lassù? - gli occhi di lei si puntarono verso il cielo. Ma chi voleva ingannare? Lei non aveva mai creduto ad una vita dopo la morte. Sapeva che lui non poteva sentirla, che non l’avrebbe più ascoltata, perché non era andato da nessuna parte. Il suo corpo giaceva semplicemente sotto il terreno dove lei era inginocchiata, putrefatto e divorato dagli insetti. Una scena così cruda che le si strinse il cuore al solo pensiero, ma dopotutto era quella la verità: pochi metri sotto di lei gli insetti vivevano cibandosi della morte di Hanamichi.
E l’anima di lui … forse doveva credere che fosse andata in cielo? No … lei non credeva neppure a quello. Era diventata inevitabilmente cinica e non poteva essere altrimenti, poiché ormai viveva soltanto nel dolore.

Una calda lacrima s’infranse sul terreno, a pochi centimetri dalla lapide, e venne subito risucchiata dalla terra. Lei sperò che quella piccola goccia, piena d’affetto per il rossino, potesse raggiungere la sua bara … proprio là sotto. Sì, il suo corpo era così vicino, eppure così lontano.
E lei non si era ancora rassegnata all’idea che non l’avrebbe più rivisto. Ogni tanto sognava che entrambi si erano semplicemente persi di vista con il passare degli anni e che lui adesso avesse una vita propria: un appartamento, un lavoro, una moglie  forse, magari anche una figlia … ma poi il sogno finiva e lei ricominciava a piangere.

Dei passi poco distanti da lei ruppero il silenzio e spezzarono l’atmosfera di sofferenza che si era creata attorno alla tomba di Hanamichi. Passi di cui Sachiko non si preoccupò di scoprire il proprietario. Ma fu leggermente sollevata. La presenza di qualcuno lì, in quel momento, significava che forse non era l’unica ad essere triste a Natale. Dopotutto c’era tanta sofferenza al mondo. Di certo non era la sola a sentirsi in quello stato, ma saperlo non l’aiutava granchè e, se possibile, la faceva stare peggio.

E poi una voce rimbombò nelle orecchie di lei, facendola sobbalzare. Il panico prevalse sopra tutti gli altri sentimenti e non desiderò altro che poter scappare da lì. Lontano. Sempre più lontano. Fino a scomparire … E nessuno avrebbe notato la sua assenza. Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza. E lei avrebbe finalmente raggiunto il suo amore perduto …
Ma non avrebbe potuto scappare e, anche se proprio non se lo aspettava, era giunto il momento di affrontare le sue paure. Proprio lì, sotto gli occhi spenti di Sakuragi. Sarebbe stato difficile, ma avrebbe dovuto farlo.

Sachiko voltò la testa, un gesto lento e quasi snervante, finchè ai suoi occhi si palesò il viso di un ragazzo dai buffi capelli a forma di cespuglio sulla testa, riccioluti e ribelli. Lei sgranò gli occhi, incredula. Avrebbe riconosciuto quel taglio di capelli tra milioni di altri, a distanza di anni …
- Sachiko Washio, sei proprio tu? - chiese Ryota Miyagi, il ragazzo che un tempo era stato un grande amico di lei, rivolgendole un mezzo sorriso.
La giovane annuì, senza sapere che cosa dire, e si alzò in piedi. Con sua sorpresa notò che lui era cresciuto davvero molto in quegli anni. Al liceo era più alto di lei solo di qualche centimetro ed ora … c’erano almeno due spanne di differenza tra loro.

Il sorriso di lui si spense inevitabilmente, portato via dall’imbarazzo che si era creato trai due, e il suo sguardo si posò sulla lapide in cui risaltava a grandi lettere il nome di Hanamichi Sakuragi: - Vieni qui tutti gli anni, non è vero? - chiese lui.
E lei annuì per la seconda volta, incapace di tramutare i pensieri in parole, tenendo lo sguardo abbassato a fissarsi le scarpe. No, tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare non avrebbe voluto trovare proprio lui. Perché per lei, di fronte a Ryota, sarebbe stato doppiamente difficile confessare il suo senso di colpa e raccontare l’accaduto.

Poi il giovane fece qualcosa che la spiazzò: avanzando di qualche passo poggiò una mano sulla spalla di lei, mentre le posava l’altra sotto il mento e le alzava il volto, cosicché lei fosse costretta a guardarlo negli occhi. Si osservarono in silenzio per pochi istanti, che volarono via in un soffio: - Sachiko … non ti sei fatta più vedere dopo quello che è successo. Non mi hai neanche dato l’opportunità di dirti quanto mi dispiacesse per te … e per lui. - una pausa: - Non mi hai neanche detto addio … - Ryota non aveva distolto lo sguardo neanche per un singolo attimo, ma lei si ostinava a proteggersi nel silenzio.
Rossa in volto, continuava a fissarlo con evidente imbarazzo. Da quando era diventata così timida? Forse era colpa delle sue poche relazioni con gli altri esseri umani. Questo l’aveva portata a chiudersi nei suoi pensieri e l’aveva abituata ad essere perennemente sola, senza bisogno di nessuno.

Lui ci mise relativamente poco a capire che lei non avrebbe parlato, ma non le fece domande. Non voleva fare nessuna domanda alla sua vecchia amica. Soltanto una cosa gli premeva di fare, in quel momento … e così fu. In uno scatto afferrò la vita di lei, portandola verso di sé, e la cinse con il calore delle sue forti braccia da sportivo; l’abbracciò nascondendo il suo volto sulla spalla della ragazza, respirando sul collo di lei ed inebriandosi del suo profumo: - Avresti dovuto lasciare che io ti consolassi Sachiko … a quest’ora sarebbe stato tutto diverso.
Lei rimase spiazzata da quell’abbraccio inaspettato, ma non oppose nessuna resistenza. Quel calore umano, quella sicurezza che Ryota le aveva sempre trasmesso in passato, si palesarono in quel momento, circondando i corpi dei due giovani. Ma lei non ricambiò l’abbraccio; le sue braccia erano inermi lungo i fianchi, quasi come se fossero morte.

E poi lui si allontanò da lei quasi subito, osservandola con un sorriso sarcastico per quel gesto non ricambiato. Dopodichè rivolse tutta la sua attenzione al rossino e, inginocchiandosi di fronte alla lapide, poggiò uno scarno mazzo di fiori accanto alle rose infuocate che aveva portato Sachiko.
E il silenzio calò su di loro, mentre la giovane, ancora immobile, osservava quella scena con gli occhi pieni di lacrime, e poi finalmente si decise: - Vieni tutti gli anni anche tu? - fu soltanto un sussurro quello di lei, un balbettio spezzato da insistenti pause di silenzio, ma lui lo sentì ugualmente.
Non si voltò ad osservarla quando le rispose: - No Sachiko, questa è la prima volta che vengo … è la prima volta che trovo il coraggio di affrontare la realtà …

Lei si avvicinò di qualche passo a quel giaciglio triste, su cui il vecchio amico era inginocchiato, e si lasciò scivolare accanto a lui, osservandolo con apprensione: - Perché? - fu una domanda posta quasi a caso, di cui Ryota non riuscì a capire il significato … e non rispose, ma semplicemente la guardò.
E lei trovò il coraggio di proseguire quella frase; non capiva perché le risultasse così difficile parlare: - Il coraggio … come mai lo hai trovato soltanto adesso? - lo sapeva quello che stava facendo. Si stava rivolgendo a lui con un tono ed un’espressione che avrebbe adottato per parlare con un perfetto estraneo. Ma infondo, dopo tutto quel tempo trascorso inesorabilmente, era davvero diventato uno sconosciuto Ryota Miyagi?
- Non lo so … forse avevo paura d’incontrarti e affrontarti … - disse lui riportando lo sguardo sulla tomba, senza trovare il coraggio di guardare la ragazza.

Paura? Lui aveva paura di incontrare lei? E lei allora cos’avrebbe dovuto avere? Terrore forse? Sì … forse non era semplice paura, ma terrore quello che provava Sachiko.
La giovane non disse niente, chiudendosi ancora nel silenzio, ma lui sembrava non avere intenzione di permetterglielo: - Sai … quando sei scomparsa in quel modo ho pensato che tu ce l’avessi con noi … che ce l’avessi con me. - fece una piccola pausa, forse cercando di mascherare i sentimenti rivelati dal proprio tono di voce: - Io … non mi sono mai perdonato di non averti consolato quando avrei dovuto, però tu …
- Non è colpa tua! - lo interruppe lei, sconvolta. Aveva quasi urlato, ma si ricompose immediatamente: - Tu non c’entri niente. La colpa è mia … - abbassò lo sguardo, mentre la voce ora era spezzata dai singhiozzi e dalle lacrime: - … se Hanamichi è morto è solo colpa mia. - da quanto tempo era che non pronunciava quel nome ad alta voce?, forse da quando lui era ancora vivo: - Me ne sono andata perché non volevo affrontarvi … non ne avevo il coraggio. - si asciugò le lacrime con la stoffa del suo pesante cappotto nero: - Sono solo una vigliacca …

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Grazie a tutti coloro che hanno letto fin qui e grazie anche a chi ha recensito:

Bella07: ciao^^ ... Hana non è neanche il mio preferito (è Ryota!!!) ... comunque non temere perchè la fic non sarà sempre così drammatica!!! Grazie per i complimenti e ... per il Natale ... beh avrai capito che neanche a me piace poi molto ...
temarisan: ciao ^^. Prima di tutto ti ringrazio per i complimenti ... e alla fine ho scoperto che ho fatto bene a postarla, meno male!!! Per Hana anche a me è dispiaciuto un sacco fargli fare quella parte ... anche se non è il mio preferito lo adoro ugualmente!!!

Ciao a tutti e alla prossima!



  
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