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Autore: Virelei    15/05/2013    3 recensioni
Un giorno il Seirin si accorge dello strano comportamento di Kuroko, che si presenta agli allenamenti mostrando sempre più ferite. Sta nascondendo un segreto? Determinata a scoprirlo, la squadra del Seirin inizia a fare indagini sulla vita di Kuroko, per scoprire presto qualcosa di shockante. Ma la Generazione dei Miracoli ha già fatto la sua mossa. GdM iperprotettiva, AkaKuro, AoKise.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 7

Quella sera Akashi aveva riportato Kuroko a casa sua. Midorima l’aveva seguito subito dopo, impegnato a parlare con il suo capitano e a scusarsi per aver saltato l’allenamento. Haru era tornato a casa con riluttanza, perché l’idea di rivedere sua moglie non lo entusiasmava. La squadra del Seirin, che non era riuscita a ricevere risposte né da Akashi né da Midorima, tornò a casa arrabbiata.

Kuroko sospirò tra le braccia di Akashi avvicinandosi involontariamente di più al suo petto caldo. Il rosso gli diede un bacio sulla fronte sudaticcia.

Quando Shintaro aprì la porta, i tre furono accolti dal resto della Generazione dei Miracoli. Murasakibara, Kise ed Aomine si precipitarono verso di loro, domandando contemporaneamente:

“Kurokocchi sta bene?”

“Aka-chin! Cosa è successo a Kuro-chin?”

“Dannazione! Ovviamente doveva succedere quando ero solo con Tetsu!”

Akashi li ignorò, oltrepassandoli. Loro si spostarono in fretta, per lasciargli spazio. La testa di Kuroko era appoggiata alla sua spalla. “Shintaro, apri la porta per favore,” chiese il rosso quando fu arrivata davanti alla sua camera. Midorima obbedì, abbassò la miglia ed aprì la porta della camera da letto. Non appena entrarono si accesero delle luci automatiche.

Kuroko fu sistemato gentilmente sotto le coperte. Midorima gli aveva dato una pomata contro il dolore, in modo che la schiena non gli desse fastidio durante la notte. Akashi sistemò per bene le coperte fin sotto al mento di Kuroko, perché sapeva che quella notte avrebbe fatto freddo, quindi gli passò una mano tra i capelli scompigliati e gli diede un tenero bacio sulla fronte.

Convinto che nulla avrebbe disturbato Kuroko, (tranne forse gli incubi), Akashi si voltò verso i membri della Generazione dei Miracoli, che si erano fermati davanti alla porta della stanza. “Stasera starete tranquilli e in silenzio, – li ammonì – Tetsuya ha avuto una lunga giornata e non deve essere disturbato. Andate tutti in salotto, parleremo lì.”

Tutti si girarono e si diressero in salotto. Solo Murasakibara restò indietro con Akashi. “Aka-chin,” bisbigliò mentre lui chiudeva delicatamente la porta.

“Si, Atsushi?”

“Puoi…Potresti prepararmi qualcosa? – mormorò il più alto – Visto che il mio allenamento è stato esteso, quando ho saputo di Kuro-chin e sono uscito era già tardi e non sono riuscito a mangiare. E non ho più soldi per comprarmi qualche snack.”

Sul volto di Akashi comparve un sorriso, ma lo nascose facendo schioccare la lingua. “Comunque, Atsushi, quando hai fame non dovresti mangiare degli snack,” lo rimproverò con leggerezza mentre andavano in salotto. Murasakibara fece il broncio ma fu d’accordo. Akashi roteò gli occhi, “Ma visto che ti sei allenato di più… Si, ti preparerò qualcosa.”

Il più alto fece un ampio sorriso, “Grazie, Aka-chin!”

“A proposito, non avete tutti fame?” Annuirono tutti. “Allora è proprio il caso che prepari qualcosa,” Akashi sospirò profondamente. “Daiki – il ragazzo sollevò la testa tremando al suono del suo nome – Vieni con me.”

Tutti lo guardarono con un’espressione comprensiva. Lui, nervoso, si alzò dal divano e seguì il rosso in cucina. Il pavimento della cucina era freddo sotto i suoi piedi nudi, ma gli servì per schiarirsi le idee e pensare a qualche argomento da usare in sua difesa. Con cautela, iniziò ad osservare la semplice cucina. A voler essere precisi, cercava di capire se c’erano oggetti affilati. C’è un coltello vicino al lavandino, osservò Aomine, Farò meglio a starne lontano. Ma le più pericolose erano un paio di forbici nere in bella mostra, proprio vicino al microonde, che scintillavano malignamente.

Akashi cercò di mantenersi composto quando vide l’espressione del suo ‘sottoposto’. Daiki era ovviamente terrorizzato al pensiero di essere da solo con lui in cucina. Come era giusto che fosse, dal momento che aveva pianificato molte attività da fargli fare nei giorni seguenti. Dopo tutto, era anche colpa sua se Tetsuya era riuscito a scappare, facendosi male.

“Daiki,” mormorò. Tese le braccia per accendere il fuoco sotto al fornello. “Dovrebbero esserci dei complotti nell’armadietto vicino a te. Passameli, per favore.”

“C-complotti?” balbettò Aomine.

Akashi inclinò la testa di lato, “Complotti? No, ho detto ‘biscotti’.” (*)

No, ha decisamente detto complotti! Sta tramando qualcosa, probabilmente la mia morte. Del sudore freddo colava lungo la schiena di Aomine. Fece quello che gli era stato chiesto a passò i biscotti ad Akashi.

Il resto del loro tempo in cucina passò in silenzio, se non per gli ordini di Akashi di tagliare le carote o passare qualche ingrediente. Per Akashi quel silenzio era confortevole e appagante, per Aomine era soffocante ed imbarazzante. Alla fine, quando la zuppa di miso era quasi pronta ed il riso era servito in piccole scodelle, Akashi finalmente parlò, “Pensi anche tu che gli avvenimenti di oggi siano stati tutta colpa tua?” Lo chiese con naturalezza, come se stessero parlando del tempo.

“Tutta colpa mia?” L’occhi sinistro di Aomine ebbe un tic sia per l’irritazione che per la paura. “No! È anche colpa di Tetsu! Avrebbe dovuto usare il cervello ed ascoltarci!”

Akashi emise  un suono a metà strada tra disapprovazione e consenso, e spense il gas. Un profumo delizioso si sparse per la cucina. “È vero che Tetsuya mi ha disobbedito. Ma, – guardò per un momento Aomine con la coda dell’occhio – E’ tua la colpa di avergli dato la possibilità di disobbedirmi. Dimmi, chi è stato a decidere di farsi un sonnellino quando doveva fare la guardia a Kuroko?”

La faccia di Daiki avvampò, “I-io.”

“E chi è stato a lasciar scappare Tetsuya da casa mia per andare all’allenamento, aspettando poi un’ora per informarmi?” Oltrepassò Aomine per prendere le ciotole per il miso.

La faccia del ragazzo rimproverato era rossa per la rabbia ma anche per l’imbarazzo. Diavolo! Perché aveva pensato che schiacciare un pisolino sarebbe stato innocuo? Ovviamente non lo era quando dovevi fare da guardia a quell’ombra del tuo compagno di squadra che aveva praticamente la presenza di un fantasma. “Va bene, sono stato io, – ammise esasperato – E quindi?”

Akashi finì di servire la zuppa di miso e sistemò le ciotole su un vassoio. “E quindi, Daiki, ho parlato con il tuo capitano e l’ho convinto a quadruplicare-“

Quadruplicare?”urlò Aomine. Delle forbici volarono pericolosamente vicino al suo orecchio prima di piantarsi nel muro dietro di lui. Aomine strillò.

“Silenzio. Si, quadruplicare. Il tuo allenamento durerà quattro volte di più per le prossime due settimane. Inoltre, – Akashi sollevò una mano quando l’altro stava per protestare – Ti  occuperai dei bisogni della mia casa per una settimana. Ciò significa che dopo gli allenamenti verrai qui e farai le pulizie che ti dirò. Infine, – enfatizzò così che Aomine non lo interrompesse – Questo.”

Akashi tirò fuori da una tasca un foglio di carta piegato e lo passò al suo ex compagno. Aomine lo prese, lo aprì e lesse ad alta voce: “Grazie, Aomine Daiki, per esserti generosamente offerto volontario. Come da te richiesto, le tue ore di volontariato all’asilo Yoshiro saranno dall’una alle quattro dei pomeriggi del fine settimana.” Aomine abbassò il foglio a bocca aperta. “Non puoi fare sul serio, Akashi!”

“Si invece. Sono sicuro che lavorando con dei bambini piccoli penserai a tutto tranne che a dormire, – sorrise al ragazzo shockato – Ho sentito dire che lo Yoshiro è famoso per i suoi bambini…piantagrane.”

Aomine sbatté le ciglia e fissò il volto serio di Akashi. Non lo avrebbe fatto davvero, no? Akashi non era così malvagio, giusto? Era solo uno scherzo,giusto? Si lamentò mentalmente. Ora che aveva saputo la sua condanna, avrebbe preferito che Akashi lo avesse pugnalato con le forbici. Lui era pessimo coni bambini, ed il rosso lo sapeva.

“Andiamo, Akashi, farò tutto il resto, ma non mi offrirò volontario in un asilo!”protestò.

“Oh?” il ragazzo dagli occhi eterocromi gli diede un’occhiata mentre sistemava le stoviglie sul vassoio, “Oseresti disobbedire ai miei ordini?”

Aomine rimase in silenzio.

“Sto morendo di fame!”disse Kise con entusiasmo. “Wooow, Akashicchi, sei un cuoco così bravo! Itadakimasu!” Il biondo prese le sue bacchette e mangiò golosamente del riso.

“Itadakimasu,” disse educatamente Midorima, mangiando a piccoli bocconi. Aveva appena finito di rifasciarsi la mano sinistra, per scaramanzia.

Murasakibara non fece nessun commento prima di mettersi in bocca gran parte del suo cibo, facendo crescere man mano le sue guance, fino ad assomigliare ad uno scoiattolo. Akashi gli dovette dire di andarci piano e mangiare bocconi più piccoli.

Aomine teneva il broncio in un angolo, mangiando appena. Quando lui ed Akashi erano tornati in salotto, il più alto aveva un’ espressione tetra, il più basso una soddisfatta. La Generazione dei Miracoli si limitava ad essere felice che Aomine fosse ancora vivo. “Hei, Mine-chin?” Murasakibara gli tirò piano la maglietta.

Lui lo guardò male, “Che vuoi?”

“La mangi quella?” mormorò, indicando la zuppa non ancora toccata.

L’asso del Teiko sospirò e scosse la testa, “Puoi prenderla.”

Gli occhi di Atsushi si illuminarono come quelli di un bambino. Si fiondò immediatamente sulla zuppa e sul riso, mettendosene subito metà nella sua grande bocca. Akashi scosse la testa ed aspettò che finissero tutti di mangiare.

“Ah, – sospirò Kise appoggiandosi al divano – Sono pieno!”

“Grazie per il pasto, Akashi,” disse Midorima.

“Grazie, Aka-chin!”

“Hm,” fu la risposta che ricevettero. “Immagino che ora vogliate parlare.”

“Si, - annuì il biondo con vigore – Cos’è successo a Kurokocchi? Si è… – si fermò a metà frase per deglutire – Si è fatto di nuovo male?”

Fu Midorima a rispondere alla domanda esitante. “No, Kuroko non si è fatto male di nuovo. Però le sue ferite si sono riaperte perché si è allenato troppo presto. Non avrebbe ancora dovuto muoversi.”

“Mi ha disobbedito,” mormorò Akashi. La Generazione dei Miracoli sussultò. “Kuroko Ibuki era lì quando sono arrivato.”

A questa informazione trattennero tutti il fiato sconvolti. Come già detto, sapevano tutti chi era a causare il dolore di Kuroko giorno dopo giorno. Quel nome era spiacevolmente marchiato nel loro cervello. La donna che somigliava così tanto a suo figlio, ma che gli era decisamente inferiore per quel che riguardava la personalità, sarebbe rimasta impressa nella loro memoria per sempre.

“Ehi…Ho appena notato, – disse Kise – Kuroko Ibuki…. Ibuki non è un nome da uomo? E poi non è un cognome, di solito? Perché la madre di Kurokocchi si chiama Ibuki?”


“È vero, – confermò Akashi, tamburellando le dita sottili sul basso tavolo da pranzo – L’ho notato anch’io, un po’ di tempo fa, quando ho studiato le donne più influenti del Giappone.” Un sorriso calcolatore distese le sue labbra, “Fa tutto parte del mio piano.”


Kagami e Riko oltrepassarono silenziosi la porta dell’ufficio, tenendo tra le mani una spessa cartellina blu con il nome Kuroko Tetsuya stampato a grandi lettere nell’angolo in alto a destra. Entrambi corsero veloci lungo il corridoio; oltre le doppie porte una macchina argentata li stava aspettando. Junpei Hyuuga era seduto al posto dell’autista.

“Ragazzi, ce l’avete?” chiese, mentre Kagami scivolava nel sedile posteriore e Riko in quello davanti.

“Si, – la coach glielo sventolò in faccia – Forzare la serratura è stato un gioco da ragazzi.”

“Se finisco nei guai per questo, – mormorò Kagami – Vi trascinerò giù con me.”

Hyuuga inserì la marcia ed uscì tranquillamente dal parcheggio della scuola. “Rilassati, Kagami. Non ci beccheranno, non con Riko dalla nostra parte.”

Kagami non ne fu rassicurato.

Arrivarono presto all’appartamento di Kagami. Il resto della squadra era lì davanti alla sua porta, aspettando che loro tre arrivassero e la aprissero. Prima avevano tutti ricevuto un messaggio e cancellato i loro progetti per incontrarsi, anche se era il loro giorno libero. Dopo tutto, la situazione era importante.

“Cercate di non rompere niente,” li ammonì Kagami aprendo la porta. Corsero tutti dentro.

Dopo che si furono sistemati e che Kagami ebbe preparato il the per tutti, Riko mise la cartellina al centro del cerchio che avevano formato e si sedette. “Siete sicuri di quello che stiamo per fare?” chiese nervoso Furihata.

“Certo, – disse Teppei – Se la Generazione dei Miracoli non ci vuol dire niente, dobbiamo scoprire le cose da soli. Abbiamo il diritto di sapere cosa succede a Kuroko.”

Furono tutti d’accordo.

Poco dopo iniziarono a scoprire pezzi della vita di Kuroko. I suoi voti delle medie, le attività che aveva svolto ed i club a cui si era unito, i suoi registri e le sue pagelle. Una pagella in particolare attirò l’attenzione di Riko. “Guardate qui,” disse. Era la pagella dell’ultimo anno delle medie. Nella sezione per I commenti l’insegnante di Kuroko aveva scritto parecchie cose. “Mancanza di presenza, – lesse Riko ad alta voce – A volte risulta difficile individuarlo. Buoni voti, ma si presenta ogni giorno con delle ferite.”

“È una cosa che va avanti fin dalle medie?” gridò Koganei.

“Guardate, anche tutte le altre pagelle accennano a qualche tipo di ferita,” fece notare Kagami.

Riko continuò a leggere i commenti: “Ha iniziato ad interagire con Shogo Haizaki, membro della squadra di basket. Che abbia su di lui una cattiva influenza?”

“Shogo Haizaki, – ripeté Teppei – Perché mi suona così familiare?”

“Non lo so,” disse la coach del Seirin. Posò la pagella e prese il cellulare, con espressione accigliata, “Ma faremo delle ricerche e lo troveremo.”






NdT: Ciao! Questo capitolo mi piace particolarmente, muahahahaha!!! No, scherzo, povero Aomine....
Ma passiamo alle cose serie. Probabilmente avrete notato un asterisco (*). Nel testo originale c’era un gioco di parole tra ‘pot’ pentola e ‘plot’ complottare, tramare. Quindi Akashi chiede a Daiki di passargli la pentola. Ho pensato a lungo su come rendere questo scambio, ma purtroppo non sono riuscita a trovare niente di meglio :( Mi da un po’ fastidio sia perché i biscotti non c’entrano niente con la zuppa di miso che stanno preparando, sia perché Akashi aveva appena detto ad Atsushi di non mangiare snack quando ha fame, quindi sembrerebbe che si contraddica. Scusate, ma non riesco a trovare una soluzione migliore >.<
Quindi passo a ringraziare le persone che seguono, preferiscono e ricordano, senza dimenticare chi recensisce! Grazie davvero! *_*
Lunedì ho scritto all’autrice per aggiornarla sul progredire della traduzione e lei mi ha detto che è molto contenta delle attenzioni che la sua storia sta ricevendo e che apprezza davvero i vostri commenti :)
Quindi continuiamo a darle il nostro supporto, magari lasciando una recensioncina-ina! xD
Ok, la smetto altrimenti le note diventano più lunghe del capitolo!
Alla prossima,
Nienor_11
   
 
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