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Autore: MariaGraziaKilljoy    16/05/2013    8 recensioni
"Come ci si sente quando senti la vita che pian piano ti scivola tra le dita?
Come ci si sente quando la linfa vitale sta abbandonando le tue spoglie membra?
Come ci si sente quando si è vuoti, ma vuoti dentro, nel cuore e nell'anima?
Come?" - Dal primo capitolo.
Frerard.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il suono metallico della suoneria del mio cellulare mi scuote dal tranquillo sonno che stavo avendo. Sobbalzo per l'improvviso cambiamento di vibrazioni nell'aria, il rumore mi penetra nella testa ma non riesco ancora ad aprire del tutto le palpebre serrate.
Una smorfia mi compare sul volto, allungo il braccio destro e a tentoni percorro la superficie del comodino più vicino a me fin quando non trovo il rumoroso apparecchio per portarlo velocemente all'orecchio.
-Pronto?- le prime parole appena svegli sono sempre le più difficoltose, almeno nel mio caso. Il suono della mia voce è più nasale del solito e ciò mi rende quasi irriconoscibile, la gola mi duole dopo le tremanti parole pronunciate.
-Frankie? Frankie, sei tu tesoro?-
Gli occhi che prima sembravano volermi nascondere ancora a lungo dalla luce del giorno si aprono improvvisamente. Non sono sicuro di quel che ho appena sentito, quindi decido di aspettare che ritorni, si ripresenti per darmi conferma.
-Amore, sei tu?- non ho ancora sbattuto le palpebre da quando mi si sono spalancate a causa della voce che si stava rivolgendo a me e gli occhi iniziano a bruciarmi ulteriormente.
Una voce fin troppo familiare, un tono preoccupato ed apprensivo. Così tanto che, solo attraverso un cellulare, si può capire quali siano le espressioni facciali dell'individuo che esprime tale preoccupazione. Immagino il viso corrucciato, le labbra stancamente distese lungo la parte finale dello stesso, le mani tremanti che afferrano il ricevitore così forte da far sbiancare polpastrelli e nocche sotto la stretta.
-Sì, sono io mamma- mi correggo: non sempre le parole pronunciate appena svegli sono le più difficoltose, talvolta sono quelle che seguono ad esserlo. Io però ho cercato di mantenere un tono fermo nel pronunciare la frase tanto difficile, non ho tremato né titubato facendolo. Sono alquanto orgoglioso di me, nonostante non ce ne sia motivo particolare.
 
Da quante settimane ero fuori? Tante, e lei non si è degnata di farmi una sola chiamata.
Le è venuto alla mente solo ora di suo figlio, e fa anche finta di essere una di quelle madri che dedicano la propria esistenza ai pargoli, che diventeranno ragazzi e poi adulti con la costante presenza dell'amorevole madre che li ha messi al mondo.
'Apprensiva' è una di quelle parole che assumono connotati negativi perché spesso si tende a cadere nell'esagerazione, nell'ossessione. Di sicuro io non ho mai avuto la possibilità di capire quale sia il tanto conosciuto fastidio portato dall'apprensione di una genitrice.
Lei non lo è mai stata, apprensiva, ed invece di ritenermi fortunato come molti farebbero, sono deluso ed amareggiato da tale mancanza.
 
Sono diverso anche in questo.
 
Ho l'irrefrenabile voglia di chiudere la chiamata senza ascoltare un'altra parola, lo farei se non avessi le braccia talmente tese da non permettermi movimento alcuno.
Riesco però a muovere gli occhi, portandoli in modo meccanico alla porta davanti a me per fissare il pomello eroso dal tempo e la luce, troppo forte per me ora, che fuoriesce dalle fessure non perfettamente dritte.
Velocemente la preoccupazione si rimpossessa delle mie orecchie, più prepotentemente di prima -Oh, finalmente, non sai quanto fossi in ansia!- un tono ancora diverso da quello precedente, più impaurito e titubante, come se sapesse alla perfezione quali siano le mie intenzioni e i miei sentimenti nei suoi confronti. E fa bene ad aver paura, nonostante possa sembrare crudele detto da me.
Solo dopo qualche istante noto che nella terribile ansia dimostrata erge la stanchezza, il tentativo, e non so da cosa questa sensazione possa essere causata.
Fisso le dita della mano sinistra ancora adagiata sul lenzuolo che mi copre le gambe, mi soffermo sui calli causati dall'uso di Pansy e mi sorge spontaneo un sorriso. Per un attimo dimentico dell'interlocutrice a telefono e mi concentro sui polpastrelli all'apice della mano rilassata. In un istante riporto alla mente il perché della tanta rabbia che mi attanagliava prima e l'arto rilassato si tende per portarmi a stringere il pugno dolorosamente.
-Cosa vuoi?- rabbia, tensione, nervosismo e quante di quelle sensazioni negative che fanno parte dello spettro emotivo umano, tutte in due parole.
-Sei con quello? Quel Gerard?- e lei come fa a sapere il nome del ragazzo fuggito con me?
Il dubbio mi assale, sto per domandarle di come sia a conoscenza di Gee ma lei mi precede nella domanda, dandomi una risposta ancor più esauriente
-Ti ho chiamato così tante volte, piccolo- ha sempre saputo del mio odio nei confronti degli appellativi affettuosi, dei diminutivi e quant'altro. L'affetto non si dimostra in questo modo, non serve chiamare tuo figlio 'piccolino, amore della mamma' e, se proprio tanta sdolcinaztezza è necessaria, va almeno accompagnata da atteggiamenti che la rispecchino. Da bene reale.
A lei non è mai importato di ciò che mi facesse piacere o meno, ed il non calcolare il mio fastidio per tante smancerie ne è la prova tangibile.
Ma per ora la rabbia e il disgusto è bene metterli da parte, a sostituirli c'è la curiosità.
Aspetto in silenzio che ricominci a parlarmi ed il momento non tarda ad arrivare
-Ti ho telefonato più volte, ed ogni volta non eri tu a rispondermi. Gerard, sei fuori con quel ragazzo e ciò mi preoccupa più di ogni altra cosa. Ti prego, torna qui, non devi...non puoi rimanere lì, ovunque tu sia- 
Provo quasi pena ascoltando il modo in cui si rivolge a me. Anche in lei si accavallano numerose emozioni, tutte però differenti dalle mie, tutte più urgenti e a tratti mature e questo mi rende irrequieto.
Se è vero quel che dice, Gerard ha risposto a mia mamma più volte e non mi ha mai detto che avesse chiamato. Ha fatto finta di nulla, forse all'oscuro di quanto ardentemente stessi aspettando di udire la voce di colei che ho lasciato a casa, insieme alla vita vuota che trascorrevo in quel luogo. Non poteva sapere della perenne ansia di essere stato dimenticato da chi, per antonomasia, non potrà mai dimenticarsi di te per quanto fortemente tenti.
Ha senso, il fatto che non abbia accennato ad alcuna telefonata, se si guarda la situazione da questa angolazione.
Potrà aver pensato che non mi facesse piacere che fosse proprio lei a cercarmi.
In fondo io l'ho abbandonata (anche se non le sono mai appartenuto da nessun punto di vista) senza pensarci due volte. O meglio: la mia mente ci he pensato miliardi di volte in una sola frazione di secondo, ma il mio cuore aveva deciso di andare via con Gerard prima che egli stesso mi porgesse la domanda.
Ha senso, l'ha fatto in buona fede indubbiamente.
-Ho fatto delle ricerche su di lui, è quel ragazzo che doveva arrivare nella tua scuola. E lo sai perché si è trasferito a Belleville? Ha picchiato suo fratello minore in un momento di non lucidità. Ha problemi, Frankie, mi spiace per lui perché è un ragazzino di soli diciannove anni ma ha dei problemi seri e tu non sei al sicuro con lui: è pericoloso- troppo velocemente una raffica di parole escono dalla bocca di mia madre ed entrano in collisione con le mie orecchie. Quello che dice non è nulla di nuovo per me, Gee è stato onesto nei miei riguardi, mi ha raccontato dell'errore che ha commesso ed ha detto di essere pericoloso.
Stranamente, descritta da qualcun altro, la sua situazione sembra ben più grave. La parola 'pericoloso' assume tutt'altro significato e non accenna ad essere meno negativa. Un brivido mi percorre per tutta la lunghezza della schiena, trovo persino difficoltà a respirare regolarmente.
Non so dove sia Gerard, probabilmente è in bagno a fare una doccia. Operazione che richiede molto tempo per lui. 
Ho bisogno di guardarlo negli occhi per capire se le parole a lui affibiate siano adatte, o se gli sono totalmente sconosciute come ho pensato la prima volta in cui mi sono perso in quelle verdi e liquide iridi.
Ho bisogno di perdermici ancora, nuotare nella loro liquidità per avvertire ogni sorta di aggettivo e capire che nessuno di quelli sia minimamente riconducibile a 'pericoloso'.
 
Ma Gee non mi ha mai sfiorato con un dito, se non con estremo amore.
 
-Mamma, ascoltami- mi faccio forza spingendo dall'interno la voce che non ha intenzione di uscire -Gee...Gerard non è pericoloso, nella maniera più assoluta. Non lo conosci, non giudicarlo. Sapevo di quello che è successo a suo fratello, me l'ha già detto lui stesso e non mi spaventa perché non ce n'è motivo- si sta impegnando così tanto per sapere qualcosa su di me ora, cosa che non ha mai fatto quando ero ancora con lei.
Curava il giardino, le piante ed i fiori che vi crescevano all'interno. A me non ci ha mai pensato nessuno, se non io stesso.
Come potrei ascoltarla sapendo questo?
Sento dal microfono dell'apparecchio un sospiro, lo interpreto come segno che sta per ricominciare a parlare, la blocco -Sto bene qui, non preoccuparti, non farlo perché hai paura di lui. Sto bene-  E' la prima volta che le dico di stare bene. La prima, almeno, in cui sono sincero.
Ancora una volta cerca di continuare a parlare, stavolta non aggiungo altro.
-No, Frank, non dire questo quando non sai cosa è uscito dalla sua bocca- un altro brivido, più marcato, mi attraversa seguendo il percorso del precedente -Le prime volte in cui telefonavo mi mandava semplicemente a quel paese, l'ultima volta mi ha minacciato- la voce rotta che rischia di spezzare anche me e di ridurmi in brandelli.
-Frank, mi ha detto che mi avrebbe uccisa se avessi anche solo provato a contattarti, o che avrebbe ucciso te...-
Non sono un atleta ma a quanto pare il mio cuore lo è, infatti fa un balzo degno di un acrobata circense.
Minacciare? Gerard?
No, è impossibile, mamma vuole che mi spaventi e torni subito a casa. Sta inventando tutto, tutto di sana pianta.
Ho il cuore in gola e giurerei di poterlo sentire fare pressione, quasi a voler uscire dal corpo.
Quasi a voler scappare da qualcosa di terrificante.
E' tutto falso, non c'è una sola parola vera tra quelle che ho appena appreso.
Ha detto di amarmi e gli credo, ora più che mai...era sincero e lo sono anch'io quando dico a me stesso di ricambiare il sentimento.
Io l'ho guardato. Sì, l'ho fatto dall'esterno ma sono entrato dentro di lui, lui me l'ha lasciato fare.
Allontano il cellulare dall'orecchio, ho paura che altre menzogne possano anche soltanto sfiorarmi. Ho paura che le menzogne di prima possano farmi sanguinare più dolorosamente di quanto una lama possa provare a fare.
Osservo lo schermo luminoso retto dalla mano tremante, al centro la scritta 'mamma' che prima non avevo neanche controllato.
Come poco prima, riesco a vedere il volto di mia madre in quanto la sua voce è talmente espressiva da consentirmi di farlo.
Vedo lacrime.
Stringo con forza l'oggetto, ora sono i miei polpastrelli a sbiancare per la forza impressa sulla plastica bollente.
Perché brucia tanto?
Chiudo immediatamente la chiamata e lascio andare il telefono sul materasso. Ho quasi l'impressione che stia davvero bruciando e che da un momento all'altro possa vedere le fiamme alte impossessarsi della superficie candida sulla quale fino a poco prima era disteso l'uomo che amo.
Dolore.
Nulla, nulla è vero di quel che ho sentito.
Assolutamente niente, mi fido di lui, non ha mai detto cose del genere.
Tutto falso, tutte bugie.
Guardo ancora una volta l'oggetto che ho lasciato cadere, giusto per assicurarmi che non abbia davvero dato fuoco alla camera. Mi bruciano gli occhi, l'ansia prende possesso del mio stomaco, poi delle costole che lo proteggono.
 
 
E se invece fosse tutto vero?



NOTE DELL'AUTRICE:
Uh, eccomi ancora.
So che siete stanchi di me ma voglio rompervi le scatole per molto tempo!
Allora, come al solito ringrazio TUTTI coloro che recensiscono, seguono, preferiscono, ricordano la storia.
Ve ne sono seriamente grata e vi voglio bene *sparge cuori*
Come sempre, mi rendereste felicissima se voleste dirmi cosa ne pensate, se vi piace o meno e in cosa posso migliorarmi.
Yup, i vostri pareri sono SEMPRE bene accetti. Anzi, sono la cosa che mi rende più felice, quindi boh, fatemi sapere tante cose, gn.
La smetto di ammorbarvi, ciaociaociao :3
-Maggie.
  
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