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Autore: Luce_Della_Sera    17/05/2013    2 recensioni
Questa è la storia di due ragazze che si incontrano per caso... E da quell'incontro ne nascerà una dolce storia d'amore.
[Dal primo capitolo: < Cinque minuti dopo scostò la tendina e si ritrovò davanti la stessa ragazza con cui aveva parlato prima di vestirsi, che la guardava con sguardo allibito. “Cosa c’è? Perché mi fissa in quel modo?” >]
Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Capitolo 6 – Vittoria

Nei tre giorni che seguirono, Irene ricevette molte telefonate da parte di Sara, ma per orgoglio non rispose mai anche se la ragazza le mancava da morire ed era sempre nei suoi pensieri e si era pentita amaramente della scenata che le aveva fatto.

Era chiaro ormai che non volevano le stesse cose, quindi la loro storia non poteva andare avanti!

In compenso, però, aveva raggiunto una sorta di tacito accordo con Sofia, ed era tornata a dormire nella sua camera con lei; i suoi genitori invece le parlavano solo del bambino e del parto imminente, e riguardo alla sua sessualità avevano raggiunto la classica fase del “lo sappiamo, ma non lo diciamo in giro”: non che la cosa la rendesse felice, ma si era informata e ora sapeva che il loro nuovo atteggiamento non era un ulteriore rifiuto, ma un primo passo verso l’accettazione della sua natura.

“Spero che quello che ho letto su internet sul coming out sia vero: almeno così nella mia famiglia tra qualche tempo tutto tornerà normale!” si disse prima di infilarsi nel suo letto.

 

*****

 

Qualche ora più tardi, Irene stava fissando il soffitto della sua camera: non riusciva a dormire perché come ogni notte il pensiero di Sara la tormentava, e inoltre sentiva degli strani doloretti al basso ventre: aspettò qualche minuto ancora per vedere se passavano, ma sembravano non voler finire mai, e così si alzò lentamente e si diresse in bagno, in preda ad uno strano presentimento.
Una volta entrata nella stanza, cercò di ascoltare il suo corpo con calma: le fitte non erano particolarmente forti … ma di certo erano insolite! Le aveva avute anche il giorno prima ed erano continuate per tutta la giornata senza problemi, ma stavolta erano più intense e passava molto più tempo tra una e l’altra. Poteva anche sbagliarsi di grosso, ma era meglio non rischiare: quindi, aprì la porta e chiamò a gran voce la madre.

*****

 

Sofia camminava avanti e indietro nel corridoio dell’ospedale: suo padre le aveva detto più volte di sedersi, ma lei non ci riusciva. Non faceva altro che pensare alla sorella, che in quel momento si trovava in sala parto, e alle parole che le aveva detto la sera del suo compleanno: l’omosessualità e la bisessualità non erano scelte o devianze, bensì orientamenti sessuali del tutto naturali. “L’amore è sempre amore, e non ha sesso” pensò: l’aveva capito guardando Irene agitarsi sotto le coperte e chiamare la sua amata nel sonno. Se lei aveva diritto ad avere una vita felice con il suo fidanzato, perché sua sorella non poteva esserlo con la persona che amava? Sapeva che le due giovani donne non si parlavano più, e non conosceva il motivo di questa decisione, ma sentiva che doveva intervenire anche a costo di essere presa a male parole da entrambe.

“Su, coraggio, ormai sono le sette. E’ presto, ma magari è sveglia per qualche motivo!” aveva con sé il cellulare di Irene: cercò il numero di Sara e una volta che lo ebbe trovato schiacciò il tasto verde.

 

*****

 

Sara aprì gli occhi, assonnata, e guardò l’orologio che era appeso al muro della sua camera. Erano le sette! Cosa ci faceva sveglia a quell’ora visto che era il suo giorno libero? Si rigirò nel letto con l’intenzione di dormire ancora qualche ora, quando sentì un suono strano molto vicino a lei, simile ad una vibrazione.

“Oddio, è il cellulare: ho dimenticato di spegnerlo ieri sera!” pensò tra sé e sé. Si mise a sedere e afferrò l’apparecchio appoggiato sul comodino, curiosa di scoprire chi la chiamasse a quell’ora; quando lesse sul display il nome di Irene il cuore iniziò a batterle forte e si chiese se per caso l’amore della sua vita non avesse deciso di perdonarla. Voleva quindi ricominciare a parlarle? Voleva chiarire? C’era solo un modo per scoprirlo: fece un gran respiro, e poi rispose con un allegro ed emozionato:

“Pronto?”

“Ciao Sara, sono Sofia! Come stai?”

“Ah…ciao” -.-‘ “Io sto … bene, più o meno. E tu invece?”

“Io benissimo! Ehm …” l’adolescente esitò, ma poi si disse che doveva continuare: ormai doveva andare fino in fondo. “Ti ho chiamato per dirti che mia sorella sta partorendo!”

“COSA? Ma non è in anticipo? Da quanto ha iniziato?”

“E’ in anticipo di due settimane, ma non è grave: sta sempre al nono mese, in fondo. Da ieri aveva contrazioni lievi, ma non se ne è preoccupata tanto perché le avevano detto che era normale e che doveva andare in ospedale solo se si accorgeva che duravano circa 15-20 secondi e se si presentavano a distanza di 15-30 minuti l’una dall’altra. E così stamattina alle 5 ha svegliato tutti dicendo che pensava che suo figlio stesse per nascere … circa una decina di minuti fa le si sono rotte le acque.

Senti, so che non sono affari miei, ma secondo me voi due dovreste darvi una seconda possibilità: sono certa che Irene ti vorrebbe vicina in questo momento. E’ molto innamorata di te, e credo che ogni donna vorrebbe avere vicino il proprio partner quando sta per dare alla luce un figlio. Non potrai entrare perché non sei una sua parente, ma potrai aspettare fuori con me: c’è mia madre insieme a lei, adesso.

“Ok, il tempo di prepararmi e arrivo!” esclamò Sara, che nel frattempo si era alzata e aveva già aperto l’armadio, in cerca di qualcosa da indossare: non si curava di fare piano, perché i suoi genitori erano già usciti per andare a lavorare e quindi era sola in casa. “In che ospedale siete?” volle sapere.

Sofia glielo disse. “Va bene: quaranta, quarantacinque minuti al massimo e sarò lì. Ti faccio uno squillo sul cellulare di Irene quando sono fuori dall’edificio, così tu esci e mi porti dentro, d’accordo?”

“Sì, d’accordo. A dopo!”

“A dopo, ciao”.

*****

 

Qualche ora dopo, Irene si sentiva al settimo cielo: Sara era lì e questo la riempiva di gioia, ma oltre a questo aveva anche un altro splendido motivo per essere felice: sua figlia, che era in una culletta accanto al suo letto.

“Mamma mia quanto è bella la tua bimba! Come l’hai chiamata?”

“Veramente … ancora non ha nome!”

“Eh? Ma come? Abbiamo passato mesi interi a cercare nomi per bambini, sia maschi che femmine!” O.o

“Sì, lo so … ma nessuno di quelli che abbiamo visto mi sembra adatto a lei?”

“Ok, d’accordo … ci sono: chiamala Sara!”

“Che??? No!”

“Perché no? E’ un nome stupendo: significa ‘principessa’! E poi, lo porto io, non ti basta?”

“Voglio che abbia un nome tutto suo … e comunque, complimenti per la modestia! Sei quasi peggio di Sofia: pensa che voleva che chiamassi Sofio la piccola, se fosse stata un maschio!”

“SOFIO?” O.o “Dici sul serio? Ma esiste un nome del genere? Mamma mia! Speriamo che non abbia un figlio maschio in futuro, altrimenti gli affibbierà quel nome e lui avrà una vita molto difficile, poverino!”

Ad Irene venne da ridere. “Già, non me ne parlare!”

Rimasero a fissarsi negli occhi per un po’, totalmente incantate l’una dall’altra, con i loro cuori che battevano all’unisono; poi Sara si riscosse e, staccando il calendario dalla parete della stanza, esclamò “Ho un’idea: per scegliere il nome, guarda sul calendario! Magari ne trovi uno carino!”

“Va bene, fammi vedere … 17 maggio, san Pasquale Baylon”.

“Perfetto: chiamala Pasqualina!”

“Come???” Pasqualina? Ma sei matta?” Irene, che si era avvicinata alla culla per prendere in braccio la neonata, si bloccò e fissò la sua compagna “Ma è una bambina, non una coniglietta nana! Non posso chiamarla così: quando crescerà i suoi coetanei la prenderanno in giro, e lei mi odierà!” In quel momento, la diretta interessata scoppiò a piangere.

“Lo vedi? Nemmeno lei approva, per questo piange!”

“No, piange perché la sua mamma le ha appena strillato nelle orecchie mentre segnalava il suo disappunto per il nome da darle!”

“Su, tesoro”, fece Irene alla figlia, che ancora piangeva. “Non permetterò a mamma Sara di darti quel brutto nome …” poi di colpo si irrigidì, come se proprio in quel momento le fosse venuta in mente una cosa importante.

“Irene, che c’è? A che pensi?”

“Sara, che giorno è oggi?”

“Come sarebbe, che giorno è oggi?” O.o “E’ il 17 maggio, l’hai visto poco fa!”

“Il 17 maggio … già, è vero! Oggi è la giornata mondiale contro l’omofobia, lo sapevi?”

“No, non lo sapevo. Ma che vuoi dire con questo? Vuoi chiamare la bimba come una lesbica o una bisex famosa, forse?”

“No: ti ho già detto che voglio che abbia un nome tutto suo. Voglio chiamarla Vittoria, nella speranza che un giorno i gay e le lesbiche possano vedere riconosciuti i loro diritti e che non debbano più rischiare di essere derisi o peggio malmenati se provano a darsi la mano o a scambiarsi effusioni nei luoghi pubblici; e nella speranza che noi bisessuali veniamo riconosciuti per come siamo, senza venire giudicati male sia dagli etero che dagli omosessuali stessi. Io una piccola vittoria l’ho già ottenuta” concluse la giovane mamma, guardando la donna che amava “E spero che ogni membro della comunità LGBTQI possa trovare la sua”.

“E’ un nome impegnativo, quello che vuoi darle”, cominciò Sara, un po’ imbarazzata perché non le era sfuggito lo sguardo che la sua fidanzata le aveva lanciato poco prima “Ma mi piace, e credo proprio che le stia benissimo!” Si sporse in avanti per prendere in braccio la piccola, che si era calmata e sembrava avere intenzione di scivolare nel mondo dei sogni, e dopo aver contato mentalmente fino a tre, continuò “Dovresti dirlo a Dario: in fondo, è sempre suo padre”.

“Te lo scordi!” esclamò l’altra, decisa. “Se gli interessava, poteva farsi vivo prima: ha avuto nove mesi a disposizione, e non sono pochi! So che tu vorresti che ci fosse una sorta di chiarimento tra noi, soprattutto per il bene di Vittoria, ma non sarà così: in fondo è stato lui a scegliere di restare fuori dalla sua vita.”

“Non ti sto dicendo di tornare con lui o di essergli amica, ti ho detto solo di fargli sapere della nascita di vostra figlia: tutto qui!”

“E io ti ho già detto che non voglio. Discorso chiuso, ok?”

*****

 

Nonostante quello che aveva detto all’ospedale, alla fine Irene decise di seguire il consiglio di Sara: così, il ventidue maggio scrisse una breve e-mail a Dario.

 

Ciao Dario,

spero che tu stia bene. Volevo solo informarti che cinque giorni fa è nata nostra figlia, e l’ho chiamata Vittoria. 

Gode di ottima salute; puoi vedere com’è tramite la foto che ti ho allegato qui sopra. Per fortuna, ti assomiglia ben poco!

Saluti, 

          Irene

 

Mentre cliccava sul tasto “Invio”, Irene non poté trattenersi dal sorridere per la piccola frecciatina che aveva tirato al suo ex nelle ultime righe; poi chiuse il collegamento ad internet e aprì una pagina word dove poco tempo prima aveva scritto una poesia che si intitolava “Proibito” e che diceva pressappoco così:

 

Sto morendo dalla voglia di parlarti,

vorrei tanto avvicinarmi a te, baciarti e toccarti.

Ma non lo posso fare:

è proibito, è questa la realtà, e mi ci devo adattare.

Molti si riempiono la bocca dicendo che l’amore è speciale,

ma sono proprio loro i primi a pensare che esso non è tutto uguale.

Pensano che ce ne sia uno giusto e uno sbagliato,

e io dal canto mio spero che questa mentalità appartenga presto al passato.

 

La rilesse più volte, non sapendo se gettarla nel cestino del pc o meno: infine, però, decise di tenersela, perché in fondo rappresentava una parte della sua vita, che non sarebbe mai svanita del tutto: sapeva che avrebbe dovuto sopportare le critiche ed i pregiudizi di alcune persone, ma sapeva anche che tanti altri erano dalla sua parte e altri ancora invece si mantenevano neutrali. Riguardo al primo gruppo di individui, era già consapevole del fatto che avrebbe ignorato le loro battute se mai avessero osato farle, e avrebbe continuato a chiedere il riconoscimento dei diritti che le spettavano … non solo per sé stessa, ma anche e soprattutto per le due persone che amava di più al mondo, ossia Sara e la loro piccola Vittoria.

 

 

  
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