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Autore: Rubus idaeus    17/05/2013    7 recensioni
"Salve. Mi chiamo Oscar François de Jarjayes. Pronti per lo shock? Sono una donna. Ebbene sì, sono una donna, malgrado il mio nome sembri smentirlo. No, non sono lesbica. Mio nonno, nel testamento, ha lasciato scritto di desiderare con tutto il cuore che, se fosse morto prima di veder nascere un nipotino, i miei genitori dessero alla creatura il suo nome, alias, Oscar François. Dato che a mia madre, per una serie di complicazioni dovute al parto e diverse operazioni subite in seguito, è stato detto che non avrebbe più potuto avere figli, i miei hanno deciso di chiamare me con il nome del nonno."
Ho trovato questo testo nei meandri del computer e rileggendolo mi ha fatto sorridere, così mi è venuta la stramba idea di pubblicarlo. Chi sarebbero i protagonisti dell'anime nel mondo di oggi? Quali intrighi e segreti si celano tra i lussuosi corridoi dell'albergo? Passioni, imbrogli, rivalità, odi, amori, amicizie, sorprese...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

Ecco qui il secondo capitolo, sono stata veloce? Dunque, è stata richiesta a gran voce e al più presto la presenza del beniamino di tutte, Andrè, e voilà, vi ho accontentate..


 

-Oscar! Oscar!

-Madame, tutto bene?

-Oh no, niente va bene qui!

-Cosa è successo?

Il tono di Mary Anty A è seccato e un po' mi allarma.

-Vuoi vedere?

E mi sbatte in faccia un mazzo di profumatissimi fiori gialli.

-Io odio il giallo!

Strilla con le braccia tese lungo il corpo e i pugni stetti. Faccio appello a tutto il mio sangue freddo per tenermi calma per non risbatterglieli in faccia e non picchiarla.

-Madame, non sono io che me ne occupo, ma vedrò di rimediare.

-Rose! Io avevo chiesto delle rose! Potrali via, Oscar, se vedrò ancora un solo fiorellino giallo in questa camera, giuro che chiamo a raccolta tutti gli avvocati della città e questa questione la porto in tribunale!
-Certo, madame.

Mi volto di spalle. Sento che sbuffa e farfuglia con rabbia parole incomprensibili. Me ne vado prima di cedere al nervosismo.

Cercherò il mio amico Andrè, il cameriere che serve ai tavoli in sala da pranzo, lui saprà dirmi chi ha portato i fiori gialli a Mary Anty A.

Oggi l'albergo è insolitamente pieno di gente. Entrambi gli ascensori sono occupati, così mi vedo costretta a prendere le scale. Sono circondata dall'alta società. Tutti personaggi ricchi e famosi, vestiti di firme da testa a piedi. Camminano alti tre metri da terra e mi squadrano da testa a piedi analizzando il mio portamento, i miei vestiti, il mio fisico, poi si voltano altezzosi dall'altra parte quando io passo loro vicino. Che schifo di gente. L'albergo Versailles è un vero e proprio centro di ritrovo di nobili tutto oro fuori e niente personalità dentro.

-Andrè! Scusami se ti disturbo, devo chiederti una cosa.

-Oscar! Che bello vederti! In questi giorni non ti sei fatta viva, sempre dietro a quella frignona?

-Si.

-Cosa c'è di nuovo?

Andrè appoggia sul tavolo lo straccio con cui stava lucidando i bicchieri e mi sorride benevolo.

-Fiori gialli.

-Oh.

-Sai chi ha portato i fiori nelle camere del sesto piano oggi?

-Credo Alain.

-Immaginavo, sai? Quanto è distratto!

-Si è arrabbiata molto?

-Altrochè!

Ride divertito e continua il suo lavoro di lucidatura.

-Non è mai contenta.

-Quello che più mi infastidisce è che crede che io sia la sua serva. Non ha ancora capito che il mio compito è solamente quello di proteggerla, non quello di accontentare i suoi capricci.

-Allora perchè non glielo dici?

-Credi che con lei si possa ragionare?

-Un giorno che magari è di buon umore...

Faccio una smorfia. Andrè è un gran diplomatico, l'esatto contrario di me, e spesso mi da validi consigli su come contenere i miei attacchi abituadinali d'ira. Sono una persona d'azione io, ma lui mi ha insegnato che a volte basta parlare per risolvere i problemi, senza necessariamente il bisogno di passare ai fatti. Ma con Mary Anty A non si può parlare, quella è capace di farmi licenziare di punto in bianco se osassi disobbedire ai suoi “ordini”, era meglio far buon viso a cattivo gioco, stare zitti e sopportare.

-Almeno mi pagano bene.

Dico sospirando dopo un attimo di riflessione. Andrè mi guarda con quei suoi grandi occhioni verdi e sospira con me. Lui ha molti problemi finanziari, perchè il suo stipendio miserrimo gli basta a mala pena per (soprav)vivere e per pagare le visite e le medicine della nonna con la quale abita. Lavora come un matto per racimolare qualche soldo in più, ma con i tempi che corrono è sempre più difficile guadagnare bene. Vorrei poterlo aiutare, ma non vuole. Ha una grande forza d'animo questo ragazzo, non si arrende davanti a niente e malgrado la sua situazione difficile e la sua vita infelice, non rinuncia mai a sorridere. “Un giorno tutti i miei problemi si risolveranno e allora anche io potrò farmi una vita decente.” spesso dice speranzoso.

-Andrè, domani la mia protetta è ad una premiazione cinematografica e la mia presenza non è richiesta. Che ne dici se andiamo a pranzo insieme da qualche parte?

-Mi piacerebbe moltissimo, Oscar, ma non posso permettermi di spendere soldi in pranzi fuori casa.

-Offro io.

-No, davvero, non vorrei mai che tu...

-Non aggiungere una sola parola. Le mie tasche non ne risentiranno di certo. Infondo che me ne faccio di tutti questi soldi? Vivo qui gratis, mangio qui gratis, non ho il tempo di sperperare in shopping o altre sciocchezze del genere, perciò...

-Sei molto gentile.

-È un sì?

-Sì.

Sorrido. Ho proprio voglia di passare un po' di tempo con il mio fratellone.

Lo conosco dalle superiori. Ha un anno in più di me, ma me lo ero ritrovata in classe perchè era stato bocciato. È nato un feeling meraviglioso tra noi, fin dal primo momento. Ci capiamo perfettamente, condividiamo moltissimi interessi e ci aiutiamo a vicenda nei nostri problemi. È una bella amicizia la nostra e gli voglio molto bene. So che di lui mi posso sempre fidare.

-Va bene allora ti trovo qui domani mattina alle undici, come al solito?

-Naturalmente.

-Perfetto, ciao Andrè.

Faccio per andarmene quando sento che mi afferra per un braccio.

-Aspetta. È venuto prima un uomo alto, magretto, con i capelli color nocciola e gli occhiali che chiedeva di te.

-Victor Girodelle?

-Non mi ha detto come si chiamava, mi ha solo detto di essere un tuo collega.

-Sì, deve essere lui. Ha detto perchè mi voleva?

-No, appena gli ho detto che non sapevo dov'eri se n'è andato.

-Ah ok, grazie.

Quel rompiscatole di Victor! Non mi lascia un attimo in pace, mi pedina come fossi una delinquente. È innamorato pazzo di me, ma non ha ancora afferrato che non me ne importa proprio niente di lui. Agli inizi della carriera mi ha aiutato a far confidenza con il mio lavoro e da allora si illude di piacermi.

Mi dirigo spavalda nella hall dell'albergo per chiedere a Lassalle, il ragazzo che lavora alla reception, dov'è Alain.

-È andato a portare la pillola dimangrante a madame Du Barry.

-Pillola dimagrante? Ma se quella donna è un fuscellino?!

Si stringe nelle spalle e sorride.

-Lo raggiungo, grazie Lassalle.

-Prego, Oscar.

 

-Alain!

-Oh, ma guarda chi si vede! La nostra Oscar! Tutto bene, cara?

Domanda appoggiandosi al muro del corridoio con un gomito e sorridendomi malizioso.

-Sei tu che hai portato i fiori nelle stanze del sesto piano oggi?
-Certo, tesoro, perchè?

-Perchè Mary Anty A si è ritrovata fiori gialli in camera.

-E allora?

-E allora?! Odia i fiori gialli e mi ha fatto una testa così con i suoi strilli.

-Che marmocchia viziata! Il caffèlatte le fa venire l'emicrania, le coperte di lana le fanno allergia, la saponetta al tè verde ha un odore troppo aspro, la vasca da bagno è troppo stretta e l'idro massaggio non è sufficientemente potente, l'ascensore è troppo lento, lo specchio è deformante e adesso anche i fiori non le vanno bene?

Sbuffa stizzito incrociando le braccia sull'ampio petto.

-Cosa vuoi che ti dica, Alain?! Aveva chiesto espressamente delle rose e tu le hai portato narcisi e mimose! E poi se la prende con me come se fosse colpa mia, invece sei tu!

-Quanti problemi, dolcezza!

-Non sono io che mi faccio problemi, è lei che me li crea!

Ride sprezzante. Lo odio quando fa così.

-Smettila, Alain! Sai con chi hai a che fare, comportati conseguentemente e la prossima volta fa più attenzione!

Gli volto le spalle e alzo i tacchi prima di tirargli una sberla su quella sua faccia da schiaffi. È un bravo ragazzo infondo, ma prende le cose troppo alla leggera e scherza sempre. Non lo si può mai prendere sul serio.

Salgo rapidamente le scale e ritorno al sesto piano. Ho il fiato corto per la corsa, gonfio i polmoni per ristebilizzare il respiro. Poi mi dirigo verso la camera dell'attrice.

-Madame, tutto bene?

Chiedo dopo aver bussato un paio di volte.

-Si, non preoccuparti.

Risponde lei da dentro.

Bene, bene, benissimo. Posso concedermi un momento per me stessa finalmente e mi ritiro nella mia stanza, la camera adiacente a quella della “regina” delle scene holliwoodiane, con l'intenzione di buttarmi sotto la doccia.

L'acqua rigorosamente bollente scivola carezzevole sulla mia pelle. Il freddo di questa giornata di tardo autunno mi ha irrigidito le membra e congelato le ossa, ma questa rilassante doccia mi avvolge in un dolce torpore, sciogliendo e donando lentamente ristoro ai miei muscoli stanchi. Mi cingo il petto con le braccia e stringo me stessa in un forte abbraccio. Se c'è una cosa che nella mia vita mi è mancata tanto quella sono gli abbracci. Non ho mai ricevuto un abbraccio amorevole e affettuoso da nessuno, nemmeno quando ero bambina dai miei genitori. Mio padre, ricco e rinomato generale del reparto aviazione dell'esercito attualmente in pensione, è sempre stato una statua di ghiaccio. Quante volte ho tentato la vana impresa di farmi abbracciare o di strappargli un bacio. Quanto ho desiderato negli anni teneri dell'infanzia il tanto decantato bacio della buonanotte, non l'ho mai ricevuto, né da lui né da mia madre. Lei è stata un'ottima madre, attenta e premurosa, ma tremendamente devota al marito, tanto che lo imitava in tutto, persino nel comportamento da tenere con me. E così sono cresciuta in assenza quasi totale di affetto. Non so se sia stato un bene. Da una parte mi sono formata un carattere di ferro e sono venuta in possesso di un'autoritarietà considerevole, dall'altra non riesco ad essere dolce e amichevole con le persone e di conseguenza la gente non fa la fila per essere mia amica. A volte desidero essere estroversa e popolare, ma non è nel mio stile. L'unico mio vero grande amico è Andrè. Gli altri non so se poterli considerare prorpriamente amici.

Chiudo gli occhi e immagino per un momento che le braccia che mi stanno stringendo siano quelle muscolose di un uomo. Mi stringo più forte. Se fossero quelle del mondello svedese? … Ma cosa vado a pensare? Che stupida che sei, Oscar. Non ti degnerà mai di una parola, figuriamoci altro! Non puoi innamorarti di lui, farai la stessa fine di una dodicenne che si innamora di un idolo televisivo: saresti consapevole che non può essere tuo e ne soffriresti soltanto. Sei una stupida! Penso lasciando che le mie braccia mollino la presa e ricadano pesantemente lungo i fianchi. Spengo l'acqua ed esco dalla doccia rinchiudendo il mio corpo bagnato nell'accappatoio. Esco a piedi nudi dal bagno e mi butto sul morbido lettone lasciando sfuggire dalle labbra un sonoro sospiro. Rimango immobile qualche minuto, a pensare, riflettendo su tutto e su niente, svuotando la testa e riempendola al tempo stesso di immagini, ricordi, quesiti, perplessità. E così spossata e sovrappensiero abbasso le palpebre e mi addormento.

  
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