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Autore: Starlet    17/05/2013    2 recensioni
"[...] - Non nego la tua preparazione, ma... hai mai pensato che dietro ad ogni leggenda possa celarsi un fondo di verità?
- Tu pensi che sia vero, Robin?
- Non lo so. Ma i fatti inspiegabili accadono. Tu come medico dovresti saperlo bene."
Leggenda e realtà si mescolano in una nuova avventura.
Pronti a imbarcarvi sulla nave più famosa del Grande Blu per risolvere il mistero dell'enigmatico Edipo?
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chopper, Nico Robin, Roronoa Zoro, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutta colpa di Edipo


Capitolo 1


La mattina dopo, subito dopo colazione, Chopper aveva richiamato lo spadaccino in infermeria. Gli aveva controllato la ferita e l’aveva disinfettata, ma mentre stava procedendo al cambio delle bende, il loro silenzio venne interrotto dalle urla del capitano.
Rufy aveva appena avvistato una nuova isola che, come accadeva sempre, non vedeva l’ora di esplorare. Quella volta, lo spirito avventuroso del capitano sembrò coinvolgere anche il cecchino di bordo, che aspettava con ansia lo sbarco per visitare la città che si scorgeva sulla costa. Insieme a lui,anche gli altri componenti della ciurma avevano voglia di fare un giro per la città: alcuni per vera e propria necessità, come Sanji o Franky, altri solo per turismo e curiosità, come ad esempio Chopper, che non aveva perso l’abitudine di cercare nuovi libri di medicina su ogni isola civilizzata che la ciurma incontrava nel suo viaggio.
Nel momento in cui attraccarono nel porto, vennero accolti dal chiasso provocato dalle chiacchiere della gente del luogo che, nonostante non fosse visibile, o lo fosse solo in lontananza, si faceva sentire eccome. Il capitano, superata la delusione per la tranquillità dell’isolotto, ma animato dalla voglia di incontrare persone nuove e fare festa, si lanciò subito per le strade inseguito da Usop e, con un leggero ritardo, anche da Sanji che, agli ordini della sua amata Nami-san, si era preso il compito di tenerlo d’occhio.
Nel frattempo, la navigatrice diede ordini anche al resto dell’equipaggio: Zoro, anche per consiglio di Chopper che non voleva si affaticasse, sarebbe rimasto a bordo in compagnia di Brook, nella speranza così di limitare figuracce a causa dello scheletro pervertito; gli altri erano liberi di girare per la città, cercando di provocare meno danni possibili.
Fu così che Nami e Robin poterono godersi il mercato cittadino organizzato in quella che sembrava la piazza principale: le bancarelle erano moltissime e ben fornite, e la frenesia della gente che correva da una parte all’altra metteva allegria, ma le due donne notarono subito che qualcosa non andava.
- Non si capisce niente di quello che dicono. - sbottò irritata Nami mentre si guardava intorno. - Come possono anche solo pensare di riuscire a fare affari se continuano così?!
Il suo obbiettivo era quello di rifornire il suo già attrezzatissimo guardaroba, ma sembrava un’impresa impossibile se non si poteva comunicare con i commercianti. Certo, avrebbe potuto rubare tutto ciò che voleva, ma era stata lei la prima ad aver minacciato gli altri di non combinare guai, e non voleva diventare la causa di un conflitto in seguito al furto di vestiti e scarpe.
Robin invece si guardava intorno tranquilla, riempiendosi gli occhi dei colori del posto: oltre ai commercianti e alle loro merci particolari, c’erano anche molti bambini che si aggiravano per il mercato. Molti di loro portavano piccoli doni che andavano a consegnare alle donne che si trovavano nei dintorni, che li ringraziavano con sorrisi ed affettuosi abbracci. Anche gli adulti compievano lo stesso gesto, ma nei confronti di donne più anziane, che aspettavano sedute su panchine di pietra e passavano il loro tempo chiacchierando tra di loro.
- Guarda! - urlò Nami interrompendo i suoi pensieri. - Non è bellissimo?
La navigatrice stava indicando un’illustrazione fatta su tela con un soggetto floreale: i fiori, grandi e con i petali a punta, occupavano la porzione in basso a sinistra dello spazio, mentre le loro foglie si estendevano ad occupare, verticalmente verso l’alto ed orizzontalmente verso destra, tutto il resto, fino a raggiungere una strana scritta. Insieme a quell’illustrazione, appesa sul lato della bancarella, ce n’erano molte altre, e con i più strani soggetti.
Mentre Nami si avvicinava per ammirare da vicino quella che aveva attirato la sua attenzione, Robin non potè fare a meno di chiedersi se non si trattasse della bancarella di un pittore.
I suoi sospetti erano fondati: appena dietro all’impalcatura in legno che era stata utilizzata per esporre i lavori, si trovava un uomo sulla quarantina, intento a dipingere su una pergamena.
Nami non aveva occhi che per bellissimi fiori raffigurati sulla tela: il blu dei petali, che sfumava fino a diventare bianco nel centro del fiore dove si trovavano pochi stami di colore giallo, magnetizzava l’attenzione. La base era più rigonfia rispetto al resto dello stelo, e l’artista aveva deciso di concentrarla nell’angolo estremo della tela.
- Quanto mi piacerebbe averla...  - disse la navigatrice rivolta all’amica. - nell’osservatorio starebbe benissimo, non trovi?
- Sì, ma dovremmo sapere il prezzo di questo capolavoro.
 - Basta chiedere signorine. - le interruppe l’uomo distogliendo l’attenzione dal suo ultimo lavoro. - Non fatevi ingannare dal linguaggio diverso che sentite. Capiamo e parliamo benissimo la vostra lingua.
Fece uno strano effetto alle due sentire lo strano accento con cui quell’uomo parlava. Aveva un qualcosa di esotico che le incuriosì entrambe, ed era piacevole da ascoltare.
- Meglio così. - disse felice la navigatrice. - Posso chiederle cosa c’è scritto accanto a questo fiore?
- Il suo nome, - fece l’uomo alzandosi in piedi ed avvicinandosi. - si tratta di un Oedipus.
- Non avevo mai visto niente del genere. - cominciò l’archeologa. - Si tratta di un fiore che cresce da queste parti?
- In teoria sì, ma è legato ad una famosa leggenda. Il suo nome deriva dal protagonista di quella storia.
- Le va di raccontarcela? - continuò Robin.
- Posso fare di meglio. Sono disposto a vendervi il quadro e... - si mise a cercare qualcosa nella borsa che portava a tracolla, e dopo qualche minuto espose trionfante un vecchio tomo. - il libro che riporta la leggenda. È un vero affare, non se ne trovano più in giro.
- E allora perché vuole venderlo proprio a noi? - chiese sospettosa Nami.
- Perché non è una storia che gode di molto successo da queste parti, soprattutto in questo periodo.
- A proposito, - chiese allora l’archeologa. - può dirci cosa sta succedendo?
- Oggi sono cominciati i festeggiamenti per la festa della mamma. - disse l’uomo, appoggiando sul bancone il libro rilegato in cuoio rovinato. - È una celebrazione molto sentita su quest’isola, perché qui sono le donne che ricoprono i ruoli più importanti. Questa festa è un ringraziamento al loro duro lavoro, ma risale ad un tradizione più antica in cui si celebrava la madre per eccellenza, la terra, per tutti i frutti che assicuravano il sostentamento degli abitanti. Il significato di base è cambiato, ma è una tradizione a cui nessuno rinuncia. Per questo il mercato è così caotico questa mattina: tutti corrono a comprare un regalo da consegnare.
- E perché lei avrebbe dovuto fare un quadro simile se il fiore non gode di buona fama? - continuò Robin.
- Non sono originario di quest’isola, e questo quadro l’ho realizzato molto tempo fa, quando mi sono imbattuto in una rappresentazione antica di questo fiore. Ce l’ho da quando mi sono stabilito qui, ma la mia unica speranza è vederlo a qualche straniero.
- E qui entriamo in gioco noi. - lo interruppe Nami. - Viste le circostanze... ci impegniamo a comprare libro e quadro per un quarto del loro valore.
- Affare fatto! Sono tutti vostri!
Nami fu felice tanto quanto l’artista per la buona riuscita della vendita, ma l’archeologa rimase un po’ perplessa. Il nome di quel fiore le ricordava qualcosa anche se non riusciva a capire di cosa si trattasse di preciso, ma era decisa a scoprirlo al più presto.

- Grazie mille per le informazioni! - disse Chopper salutando due gatti che si aggiravano per la via. Colpito dall’euforia generale, anche il piccolo medico aveva deciso di chiedere a qualcuno cosa stesse succedendo, e quei due grossi gatti erano stati un aiuto prezioso.
Non aveva mai sentito parlare della festa della mamma, ma era una tradizione che gli piaceva: l’avesse saputo prima, avrebbe sfruttato l’occasione per regalare qualcosa alla dottoressa Kureha per ringraziarla per tutto quello che aveva fatto per lui. Almeno avrebbe avuto una scusa per affrontare le proprie paure: la dottoressa era davvero una brava donna, e Chopper teneva moltissimo a lei, ma il suo carattere autoritario incuteva timore, e chiunque poteva affermarlo con certezza.
La renna aveva comunque deciso di sfruttare l’occasione per fare dei regali. Nella sua ciurma aveva infatti ben due ragazze che avevano dimostrato più volte di volergli bene.
Nami non fu affatto un problema: sapeva che genere di cose piaceva alla navigatrice della Thousand Sunny, quindi ripiegò su un paio di orecchini di bigiotteria. Non aveva abbastanza soldi per permettersi altro, ma era sicuro che Nami avrebbe apprezzato comunque il suo regalo: riguardando quei pendenti in oro, piatti a forma di goccia e decorati con piccoli brillanti, si era convinto che la ragazza avrebbe trovato di certo qualcosa con cui abbinarli.
Per Robin la situazione si rivelò più difficoltosa: avendo maturato la convinzione di  poterla considerare la propria figura materna in assenza di Kureha, Chopper voleva farle un regalo speciale.
All’inizio pensò ad un libro: nonostante l’idea potesse risultare scontata, era sicuro che all’archeologa potesse far piacere. Il problema sorse quando vide i prezzi a cui erano venduti i tomi che gli interessavano: erano tutti troppo costosi per le sue tasche, che si erano svuotate dopo aver acquistato il regalo per Nami. Sembrava impossibile, ma sembrava che su quell’isola un libro costasse più di un gioiello. La seconda idea era di acquistarle dei fiori, magari di una specie particolare che l’archeologa avrebbe potuto trapiantare sulla Thousand Sunny, dato che si interessava anche di giardinaggio, ma i prezzi esorbitanti delle poche piante che gli erano piaciute, l’avevano portato a sedersi sconsolato su un muretto, a guardare bambini di tutte le età che portavano regali alle proprie madri. Poteva permettersi solo dei fiori comuni, ma gli sembrava un regalo inutile: possibile che non ci fosse nulla che potesse andare bene?
Si guardò le zampette che, spostandosi su e giù, toccavano il cemento del muretto. Avanti e indietro, avanti e indietro, finchè le sue orecchie non sentirono un lamento.
Si guardò intorno, spaventato, ma sembrava che nessuno l’avesse sentito. Fece finta di nulla.
Poco dopo, udì di nuovo lo stesso lamento, ma si girò verso il luogo da dove proveniva: un sentiero sterrato che portava all’interno di un boschetto, nei pressi della cittadina.
La faccenda lo spaventava, ma i suoi doveri di medico gli imposero di andare a controllare.

Nonostante non fosse di grandi dimensioni, il bosco era molto fitto: Chopper si guardava intorno meravigliato, sfidandosi a riconoscere tutte le piante e i fiori che conosceva, ma il lamento si fece nuovamente sentire, e il piccolo medico si ricordò del perché si fosse addentrato nel boschetto.
Strinse le zampette sui lacci dello zaino, e procedette fuori dal sentiero, seguendo la direzione indicata dal suono che sentiva. Non ci volle molto, che davanti ai suoi occhi comparve un vecchio: portava una tunica e un mantello dall’apparenza antica, e un paio di sandali. Era seduto su una roccia e, dopo essersi tolto un sandalo, cominciò a massaggiarsi la caviglia gonfia. Portava la barba grigia molto corta, e gli occhi stanchi tradivano una grande sofferenza.
Le caviglie dell’uomo pèrò, furono ciò che allarmò la renna: doveva essergli successo davvero qualcosa di brutto se le aveva così gonfie.
- Signore! Signore tutto bene? - cominciò ad urlare il medico non appena si fu avvicinato.
L’uomo sembrò in un primo momento scettico di fronte all’apparizione dello strano animale, ma in seguito gli dedicò un sorriso sereno, come se fosse allietato dalla sua presenza.
- Non molto in realtà, - cominciò allora gioviale. - queste caviglie mi fanno impazzire, ma come sei arrivato qui? E che animale sei?
- Sono una renna. - rispose il piccolo appoggiando lo zainetto vicino all’uomo e cominciando ad osservare le sue caviglie. - Mi chiamo Chopper e sono un medico.
- Piacere di conoscerti. Devi essere un animale molto intelligente se sai parlare così bene la mia lingua. Chi ti ha insegnato?
A quelle parole, il musino di Chopper divenne tutto rosso per l’imbarazzo. - I-io ho mangiato un frutto del mare. P-per questo sono in grado di parlare e di comportarmi come un uomo.
- Capisco... comunque devo farti i miei complimenti. Non mi era mai capitato di incontrare un medico così giovane.
- S-stai zitto! N-non mi piacciono i complimenti! - ma, nel frattempo, si era messo a scavare per terra con la zampetta, mentre un grosso sorriso gli illuminava il musetto.
- D’accordo, come vuoi tu. - disse il vecchio ridendo. - Ma non ti preoccupare per le mie caviglie. Sono molti anni che soffro e nessun medico ha mai trovato una cura. Tu piuttosto, cosa ci fai qui?
- Ho sentito i suoi lamenti e sono venuto a vedere se c’era qualcuno in difficoltà. È mio dovere di medico aiutare chi ne ha bisogno.
- Ti ringrazio molto, allora, per esserti preoccupato per me.
L’uomo indossò il sandalo e si rialzò in piedi. - C’è qualcosa che posso fare per ricambiare la tua gentilezza?
La renna ci pensò su. In effetti c’era qualcosa che poteva chiedergli. - Lei conosce bene questa foresta?
- Certo. Vivo qui da molti anni.
- Quindi sarebbe in grado di indicarmi un fiore particolare che cresce qui?
L’uomo sorrise. - Devi regalarlo?
- Sì. Allora, mi può aiutare?
- Credo di sapere quello che fa per te. Seguimi.
L’uomo si incamminò tra la fitta vegetazione e Chopper lo seguì a ruota, curioso di scoprire dove quel gentile signore voleva condurlo.

Sanji, Rufy e Usop erano appena tornati sulla Thousand Sunny. Tutti e tre portavano delle borse molto pesanti, ma a differenza di quelle degli altri due, che contenevano cibo, quelle di Usop erano piene di oggetti particolari che aveva acquistato in un negozio in città, e con cui voleva provare a fabbricare delle munizioni speciali, come si divertiva a fare due anni prima.
Il cuoco era riuscito a non far toccare al capitano le provviste che gli aveva fatto portare, e gliele aveva fatte lasciare in cucina, prima che l’uomo di gomma si precipitasse a salutare l’amico spadaccino.
In cucina, Brook sorseggiava tranquillo una tazza di latte.
- Oh, Sanji! Hai fatto delle buone compere?
- Sì... Rufy è stato un osso duro. Ci è toccato trascinarlo via di peso da una macelleria... ma per il resto è andato tutto bene. La città è tranquilla. Penso che ti piacerà.
- Se è piena di belle signorine senz’altro, yohohoho! - rise di gusto lo scheletro.
- Oh, su questo puoi stare tranquillo. - rispose allora Sanji con un lieve rossore sulle guance e un sorriso ebete.
- Yohohoho! Vedo che ci capiamo Sanji! Yohohoho! Hai bisogno di aiuto per preparare il pranzo?
- No, grazie Brook. Piuttosto vai a vedere cosa combinano il marimo e il capitano. Hai controllato l’alga, vero?
- Certo! Non ha nemmeno guardato un peso.

Rufy, intanto, si annoiava guardando gli esperimenti del cecchino, dato che Zoro gli aveva intimato, e nemmeno troppo gentilmente, di lasciarlo in pace.
- Uffa... Zoro è così noioso! - si lamentava il capitano, guardando verso l’osservatorio. - Possibile che dopo una mattina passata a fare niente, non voglia ancora fare niente?
- Lascialo in pace, Rufy. - rispose Usop senza distogliere gli occhi concentrati su quello che stava facendo. - Sappiamo bene come è fatto, e dopo due anni non è cambiato. Starà meditando, o qualcosa di simile.
- E non si annoia? - fece il capitano allungando un dito verso ciò che Usop teneva in mano.
- No, a quanto pare. - rispose il cecchino evitando che il capitano toccasse il suo ultimo esperimento. - Ma anche se così fosse non dobbiamo disturbarlo. Non ci tengo a fare una brutta fine. Guarda! Stanno arrivando le ragazze! - disse infine, con la speranza di liberarsi di Rufy.
La fortuna era dalla sua parte: in quel momento Nami e Robin comparvero sul ponte.
Come era previsto, Nami stava trasportando una quantità esorbitante di borse di colore diverso, mentre Robin ne reggeva solo un paio, e camminava sfogliando le pagine di un libro.
- Ciao ragazzi! Guardate, non è stupendo? - disse la navigatrice mostrando l’illustrazione acquistata.
Sanji, sentendo la voce della ragazza nonostante si trovasse in cucina, si precipitò sul ponte e inondò la navigatrice di tutti i complimenti di cui era capace.
- Oh, Nami-san! È splendido, ma niente potrà mai essere paragonato alla tua sfolgorante bellezza!
- Ti ringrazio Sanji, ma, seriamente, cosa ne pensate? Secondo me starebbe benissimo nell’osservatorio!
- Non è affatto male, - cominciò il cecchino osservando attentamente il dipinto. - ma se volevi qualcosa per decorare l’osservatorio avrei potuto farlo io.
- In realtà è già da un po’ che ci penso, ma credo che sia meglio qualcosa di più originale, non trovi?
- Come vuoi tu, Nami... - si arrese Usop, e ricominciò ad armeggiare con le sue invenzioni.
Robin alzò finalmente gli occhi dal libro che reggeva in mano, e si unì alla conversazione. - Vuoi che lo porti nell’osservatorio, Nami? Avevo già intenzione di cercare un libro.
- Preferisco mostrarlo a tutti prima, ma grazie lo stesso.
- Non ti conviene andare nell’osservatorio Robin. - la avvertì il capitano. - C’è già Zoro e non mi sembrava affatto di buon umore.
- Dovrà sopportarmi allora.
- Non sia mai, Robin-chwan! Se la palla di muschio ti fa qualcosa, non ti fare problemi a dirmelo, ok? Io sono sempre qui per voi, ragazze!
- Sì, sì certo, Sanji-kun. - lo interruppe Nami, prendendolo per un orecchio. - Ma adesso non ti sembra ora di andare a preparare il pranzo?
- Certo! Volo subito, ma chérie!
Mentre il cuoco saliva di corsa le scale, per arrivare il più presto possibile in cucina, Robin si dirigeva tranquillamente verso l’osservatorio.
Zoro era seduto sul divanetto e osservava attento un libro: ancora gli ronzavano in testa le parole della sera prima. Sentiva la necessità di pensarci seriamente, e quello di cui aveva meno bisogno era certamente l’euforia del capitano.
Era strano pensare di essere considerato padre: anche la sera prima, quando era andato a dormire, gli era rimasto lo stesso pensiero. Possibile che non si fosse mai accorto di quanto Chopper contava su di lui?
La faccenda si stava facendo complicata. Troppo complicata per i suoi gusti.
Ricominciò a leggere distrattamente il fiume di parole impresso nella carta leggera del libro che reggeva fra le mani, ma l’illustrazione riportata sulla pagina successiva lo attirava molto di più: Issunboshi, era l’unica parola impressa sul fondo della pagina in corsivo.
- Non credevo di essere mai così fortunata da trovarti con un libro tra le mani. - esordì l’archeologa chiudendo la porta dell’osservatorio dietro di sé.
Zoro non fece caso alla sua osservazione, e riprese a leggere, o meglio, a guardare il libro.
- Mi hanno detto che sei un po’ nervoso, oggi.
- Come ti sentiresti se non potessi fare nulla? Non posso allenarmi, bere non se ne parla nemmeno... e per una volta in vita mia, posso dire che mi sono stufato di dormire. - affermò lapidario lo spadaccino senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
- Vita intensa la tua... - terminò il discorso Robin, avvicinandosi ad uno scaffale dopo aver deposto sul divano il libro comprato poco prima. Zoro lo guardò incuriosito. - Nuovo acquisto?
Lei si limitò ad annuire. Cercava insistentemente qualcosa tra i libri di Chopper: i suoi occhi vagavano da un tomo all’altro, percorrendo dorsi di copertine e titoli accuratamente stampati.
- Da quando sei interessata alla medicina?
- Da quando tu hai cominciato a interessarti per il libro che hai in mano.
- Smettila di scherzare. Oggi non sono in vena.
- Lo vedo. - rispose lei, finalmente girandosi verso lo spadaccino.
Gli si sedette accanto, mentre lui chiudeva il libro. Robin non si stupì nel riconoscere il tomo che aveva consultato la sera prima per leggere la fiaba a Chopper.
- So benissimo quanto sia frustrante per te non fare nulla, ma è per il tuo bene, e lo sai meglio di chiunque altro. Quella spalla non guarirà magicamente: hai bisogno di farla riposare per riprenderti del tutto.
- Ma se non sento più niente! - disse lo spadaccino irritato, levandosi la banda dal braccio. Pochi secondi dopo, però, una dolorosa fitta alla spalla lo convinse ad appoggiare nuovamente il braccio alla banda di tessuto, mentre sul volto dell’archeologa si formava il sorriso di chi la sapeva lunga.
- Non cominciare a fare quella faccia. Piuttosto, chi sarebbe Oedipus? - Zoro indicò con un cenno del capo il libro rovinato appoggiato poco distante da loro. Sulla copertina di cuoio, si riuscivano a malapena a distinguere le lettere che formavano il titolo.
- È il nome di un fiore leggendario originario di quest’isola, oltre che del protagonista della storia narrata in questo libro. Non ne so ancora molto: ti dirò di più quando avrò finito di leggerlo, e quando avrò trovato quello che sto cercando.
- Cioè?
L’archeologa riprese in mano il libro, e ne accarezzò la copertina con le dita lunghe e affusolate, fino a raggiungere il titolo, su cui si soffermò.
- Sono sicura di aver già sentito una cosa simile qualche tempo fa. Forse me ne ha parlato Chopper, per questo stavo guardando tra i suoi libri di medicina. - volgendo lo sguardo altrove dal libro che reggeva tra le mani, l’archeologa incontrò nuovamente il volume della sera prima, e un sorriso genuino le comparve sulle labbra. - Oggi, su quest’isola, sono cominciati i festeggiamenti per la festa della mamma.
Anche Zoro, che non si aspettava il repentino cambio di discorso, volse istintivamente lo sguardo verso lo stesso oggetto che l’archeologa ammirava con interesse, e si limitò a prenderlo con il braccio sano.
- Hai scelto proprio una storia per bambini ieri. - disse poi, ghignando verso il volume. - Non ti aspetterai un regalo da Chopper, spero.
Lei scosse la testa. - Non mi aspetto assolutamente nulla. La trovo soltanto una tradizione interessante.
- Dì la verità, archeologa. - ribattè lui, avvicinandola. Lei rise sommessamente, ma si liberò dal compagno e si alzò in piedi. - Ho detto la verità, Kenshi-san. E ora, scusami, ma non credo di avere tempo per te. Devo finire questo libro.
Chinandosi per recuperare il testo che la incuriosiva, Zoro la fermò. - E quando avresti tempo?
- Stanotte credo di essere libera. - rispose lei, guardandolo negli occhi. - Mi è parso di capire che non hai molta voglia di dormire, giusto Kenshi-san?
Un ultimo sorriso, e lo abbandonò in quella stanza per la seconda volta in due giorni, mentre ancora la sua mente cercava disperatamente di ricordare perché il nome Oedipus le fosse così famigliare.
Quando raggiunse la cucina, vi trovò anche Franky che, mentre Nami e Usop allestivano la tavola, sorseggiava soddisfatto una bottiglia di cola, chiacchierando animatamente con il capitano.
- Hey Robin! Pensavo che il nostro superfratellino fosse con te!
- A quanto pare, Chopper è ancora in città. A te come è sembrata, Franky?
- Hanno tutto quello che serve ad un supercarpentiere, ahaha! E domani sera avremo anche una fantastica festa, se ce lo permetterà la nostra navigatrice.
- Penso che si possa fare, Franky. - rispose allora la diretta interessata. - due giorni sono più che sufficienti per caricare il log pose con il magnetismo dell’isola. Possiamo partire senza fretta dopodomani appena finita la colazione.
- SUUUUUUUPER! - urlarono in coro il cyborg e il capitano.

La renna continuava a seguire il vecchietto che, nonostante il gonfiore alle caviglie, camminava di gran lena tra la vegetazione del bosco. Era già riuscito a trovare molte piante che potevano fare al caso suo, ma ogni volta che Chopper interrompeva il cammino per mostrare il fiore che aveva attirato la sua attenzione all’uomo, quello rispondeva che conosceva un’altra bellissima pianta, che vinceva tutte le altre per colori e profumo.
- È già da tanto che camminiamo. - disse infine Chopper stanco di aspettare ancora. - I miei compagni saranno già tornati tutti sulla nave per il pranzo.
- Tranquillo, ormai dovremmo esserci. - gli rispose rassicurante il vecchio, ma senza mai fermarsi.
Il piccolo medico abbassò lo guardo, e continuò a camminare a testa bassa, finchè non andò a sbattere contro la schiena della sua guida e cadde a terra.
- Siamo arrivati. - disse infine l’uomo, quasi con le lacrime agli occhi.
Massaggiandosi la testa per riprendersi dalla caduta, la renna si guardò avanti, e un enorme sorriso prese posto sul suo musetto: davanti a lui, c’era un bellissimo gruppo di fiori blu e bianchi, con i petali a punta, e le foglie di un vivissimo verde. I colori erano straordinari, mentre il profumo che gli raggiungeva le narici era delicato ed inebriante. Quei fiori erano una vera e propria meraviglia.
- Sono... sono... - provò ad articolare il medico della Thousand Sunny.
- Splendidi, non è vero? - finì per lui l’uomo. - Spero che l’attesa ti abbia soddisfatto. Era questo quello che cercavi?
- Sì, cioè... volevo dire, no... insomma... sono troppo belli! - terminò la frase urlando e correndo a perdifiato verso quella magnifica manifestazione della natura, che lo accolse teneramente fra le proprie foglie, essendo quei fiori alti qualche centimetro meno di lui.
- Sono perfetti per Robin! - mormorò tra sé il medico, mentre ne stringeva alcuni.
- Robin? - chiese il vecchio curioso, intenerito dalla scena che si trovava ad assistere.
- Sì, Robin. - rispose frettolosa la renna. - È una mia compagna di viaggio e volevo farle un regalo per ringraziarla per tutto quello che fa per me.
- Capisco.
Dopo qualche secondo di silenzio dell’uomo, in cui nella foresta non si sentirono altro che le urla festanti di Chopper, il vecchio si allontanò di qualche passo. - Ora credo che il mio compito sia finito. Ti saluto, Chopper.
Ma la renna non lasciò che si allontanasse e lo richiamò. - Aspetti!
L’uomo gli rivolse nuovamente la propria attenzione. - Può dirmi almeno come si chia-
La renna si interruppe bruscamente. Aveva strappato un fiore e il suo polline, nell’attimo immediatamente successivo, l’aveva avvolto, facendo perdere lucidità allo sguardo del medico, e provocando un lieve bagliore rossastro nei suoi occhi scuri.
- Come mi chiamo? - disse l’uomo osservando la scena. - Il mio nome è Edipo.
Detto questo, svanì nel nulla.

Angolino dell’autrice
Ciao a tutti! ^^
So che il capitolo in sé è già abbastanza lungo, ma avrei bisogno di dirvi un paio di cose.
Prima di tutto riguardo alla storia: come avete visto siamo finalmente entrati nella vicenda vera e propria, e penso che sia chiaro il motivo per cui ho deciso di pubblicare il primo capitolo proprio il 12 di Maggio. ^^
Ditemi se trovate errori o pensate che i personaggi siano OOC: io sto facendo del mio meglio, ma dopo aver riletto decine e decine di volte lo stesso capitolo è facile farsi scappare qualcosa. ;D

Grazie a tutti quelli che hanno letto, a chi ha recensito lo scorso capitolo, a chi recensirà e a chi deciderà ( o ha già deciso ;D) di seguire la mia storia. ^^ Mi fa felice sapere che vi piace. :D

Detto questo, vi saluto! ^^
  
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