VI. Un povero pirla
(“troppo tardi”
è un concetto insopportabile)
Tuo fratello sta
dormendo.
Tuo fratello sta dormendo, lì, in quel letto
bianco e impersonale, con quei maledetti tubi che gli s’infilano nel
corpo, anche nel naso per fargli scendere l’aria fino ai polmoni.
Vorresti poter respirare tu al suo posto, e
passargli per osmosi la vita e la salute che ci sono dentro di te, vorresti
strapparti via i polmoni e darli a lui per farlo sopravvivere meglio. Vorresti
anche alzarti
ed urlare fino a quando non rimarrai senza fiato e ti brucerà la gola, e
tirare pugni ai muri tanto da spaccarti le dita e i polsi, e fare a pezzi tutto
quello che vedi, spezzare la gamba di quella dannata sedia e i vetri delle
finestre, avventarti su quei maledetti schermi che mostrano attraverso stupide
linee elettriche la lenta morte di tuo fratello, come se fosse lo schifoso
grafico del tuo gradimento nei sondaggi tra gli elettori, e ridurli a un cumulo
di merdose componenti elettroniche sbriciolate.
Ma non riesci a fare niente, nemmeno a pensare di muoverti. Come se non
potendosi muovere lui fossi immobilizzato anche tu. Non riesci a smettere di
guardarlo e sentirti morire lentamente anche tu, e di pensare che, cazzo, lo
avevi detto a quella ragazza che non doveva dirgli dove andare. Che se gli
voleva davvero bene doveva lasciar perdere o lui si sarebbe fatto ammazzare,
che per la salute di tuo fratello lei poteva anche far finta di non sapere
più nulla del quadro e la faccenda sarebbe morta lì, meglio
evitare di assecondarlo. Ma no, invece lei ha dovuto
andargli appresso e mandarlo a cercare la cheerleader
– che poi quando mai si è visto un eroe salvare il mondo salvando
una ragazza ponpon, che razza di idea assurda, proprio tipica di Peter, il re
dei castelli in aria.
Beh, che ti potevi aspettare da lui? E’
Peter, se si è trovato una donna se la sarà trovata matta come un
cavallo, come lui. Almeno così andranno d’accordo, sempre se
riescono a sopravvivere l’uno all’altro per più di due
settimane.
Sopravvivere.
Tuo fratello deve sopravvivere. Non può
morire così, a ventisei anni, perché è svenuto. Non può farti questo, non lo
perdoneresti mai: proprio lui, che ha sempre messo gli altri prima di se stesso,
te in particolare, non può volerti fare così tanto male, in modo
così assoluto e irrimediabile, non riesci a credere che stia facendo
questo a te. E’ anche se ti rendi conto che
è un pensiero mostruosamente egoista non riesci a smettere di ripeterlo
nella tua mente, come una preghiera: non
farmi questo, non farmi questo.
Sei arrabbiato con lui, per quello che riesce a
farti, che ti ha sempre fatto: con questa dannata storia che lui è
più simile a papà hai sempre avuto paura che si scoprisse malato
anche lui, un depresso. E ogni volta che sta male stai male, ma fai finta di
niente perché non vuoi che lui lo veda, non vuoi che si accorga che sei debole anche tu e che smetta di guardarti
con quell’ammirazione che gli spunta negli occhi ogni volta che ti vede,
e che ti fa sentire l’uomo più potente del mondo.
Ma adesso Peter non ti può vedere, nemmeno
volendo. E tu non ti sei mai sentito così solo.
Non t’importa più di mostrarti tutto
d’un pezzo, di essere l’uomo brillante e ambizioso che tutti sanno,
lo squalo che ami professare di
essere: perché Peter forse sta morendo e qualunque altra cosa nel mondo
è priva di significato. L’unica cosa che esiste è il volto
bianco e spento di tuo fratello, occupa tutto il tuo campo visivo e ti
schiaccia a terra facendoti troppo male. Non sei niente, non puoi fare niente.
Se continuerà così a lungo diventerai pazzo, perché questa
lenta impotenza ti sta facendo saltare i nervi e persino tua madre che continua
a rivolgersi a tutti i grandi medici che le capitano a tiro comincia a farti venire
voglia di spaccarle qualche osso.
Sei arrabbiato. Sei arrabbiato con Simone
perché non ti ha dato retta, ed ha fatto vedere a Peter la foto del
quadro, dopo che tu ti eri dato tanta pena per entrarne in possesso e
distruggerlo per evitargli guai, anche se questo ha significato il dover
tradire la fiducia che lui riponeva in te e che adesso ti brucia addosso come
veleno, perché non la meriti. Continui ad essere arrabbiato, anzi furioso con lui
e avresti voglia di dargli due belle sberle come quand’era piccolo,
perché è un’incosciente, perché per te la sua vita
è una delle cose più preziose che siano mai esistite e non riesci
ad accettare che la metta a rischio così alla leggera, e se dovessi
scegliere tra salvare il mondo e salvare Peter tu sceglieresti Peter. Ma lui
no, per lui gli altri contano di più. Non si vuole molto bene, ed
è anche colpa tua. Per questo quello con cui sei più incazzato sei proprio tu: tu che te ne freghi dei suoi problemi o fai
di tutto per farglielo credere, tu che spesso dimentichi quanto la tua famiglia
sia più importante della tua carriera, per poi trovarti qui a piangerti
addosso come un povero pirla perché te la sei presa con tuo fratello
rimproverandogli di volerti rovinare le elezioni, quando lui poteva solo più
andare in giro con un maxischermo e sopra scritto “aiutami,
Nathan”, ché in nessun altro modo è riuscito ad attirare la
tua attenzione. E sei incazzato con te stesso perché quando sei arrivato
alla polizia e lo hai visto, lì seduto su quel lettino, sconvolto e con
la tosse, la maglietta bianca tutta sporca di sangue –Dio, era suo, quel
sangue? Il tuo ha smesso di scorrere, a quella visione, e ti sei chiesto se era intero o se l’avevano ferito e nessuno te lo
voleva dire- invece di ridere di gioia come è stato il tuo primo impulso
fare, ti sei dovuto mostrare acido e scostante per restare nel fottuto
personaggio che ti sei cucito addosso. E ti sei messo a fare il superiore e
trattarlo come uno spostato o come un matto, mentre lui era lì che
tossiva e barcollava –perché, perché stava a stento in piedi? Come mai sul momento non ci hai quasi fatto
caso? Fai schifo, come fratello sei una totale nullità.
E te lo sei portato via
mostrandogli per bene che in qualche modo ti vergognavi di lui e che lo
consideravi un povero squilibrato, e soltanto svenendo è riuscito a
farti smettere di delirare con le tue manie di grandezza. Ha
dovuto andare giù a terra come un sacco perché tu ti
rendessi conto che non stava bene, e sì che non aveva davvero una bella
cera, perché tu smettessi di concentrati su te stesso e capissi che ad
avere bisogno di appoggio era lui e non tu. Ti odi, vorresti prenderti a pugni
fino a romperti la mascella o il naso, e poi ancora, perché questa
è l’immagine di te che forse gli hai lasciato, quella di uno
stronzo arrogante che di lui se ne sbatte. Complimenti, Nathan, davvero un
ottimo lavoro.
E adesso ti tormenti, e ti sta bene, e continui a
vederlo lì per terra, appoggiato alle tue braccia, smarrito e senza
fiato, terrorizzato mentre tu balbettando gli chiedi di respirare e lui
già non ti sente più. Lo rivedi così fragile,
boccheggiante, che si regge in piedi a fatica mentre
tu ironizzi sulle sue parole, e quelle confidenze che ti fa cercando di
spiegarti la storia assurda che ha in testa non le stai nemmeno ad ascoltare,
lo schernisci in un momento in cui lui è così debole
–Cristo, non riusciva nemmeno a camminare, perché dovevi essere
così stronzo? Perché non gli hai dato una mano? Cazzo, è
tuo fratello.
Ti fai schifo. Stava delirando? Forse, anzi di
certo. E allora? Sei comunque suo fratello e contava su di te, ha cominciato a
parlare a macchinetta appena ti ha visto nonostante non avesse fiato, e anche
se i suoi deliri su gente con strani poteri e poliziotti che leggono il
pensiero erano folli, gli stavano a cuore. Dovevi
starlo a sentire, Nathan, o almeno parlare con lui in modo normale. Ora te lo
ripeti, ma è troppo tardi. Risenti le tue frasi feroci e cattive,
sbeffeggianti. “Salvare il mondo?
Per il momento mi accontenterei che tu camminassi dritto.”
Ti senti arrossire di rabbia e di vergogna. Era così debole, così
fragile, e tu hai saputo soltanto dargli addosso.
Ti asciughi le lacrime, rendendoti conto che ti
stavano sgorgando dagli occhi solo nel momento in cui senti le dita umide.
Quando ti sveglierai, Peter, tuo fratello ci
sarà. Smetterà di pensare alle sue elezioni, davvero, si
sforzerà di concentrarsi su qualcosa che non sia se stesso e ti
darà una mano per venire a capo di questa storia. Ti stai sbagliando,
Peter, tu non c’entri niente con questa bomba di cui parli. Tu non
faresti male ad una mosca, sei talmente buono da sfiorare
l’irrealtà e tuo fratello lo sa.
Gli ripeti questo, e tanto altro, stringendo la sua
mano inerte nella tua. Gli ripeti che lo ami e che hai bisogno di lui, e non
viceversa, gli riveli tutte le cose che da sveglio non potresti mai dirgli, che
lo stimi e che sei orgoglioso di lui, che vorresti somigliargli di più.
Che la sua generosità non è debolezza ma forza e che il fratello
manchevole non è lui, ma tu. Quando si sveglierà e ritroverai la
tua razionalità, negherai anche con te stesso di aver pensato cose del
genere, ma adesso non hai tempo né energie da sprecare per banali
questioni d’orgoglio e amor proprio.
Perché si sveglierà. Tu lo sai, si
deve svegliare.
Si sveglierà
E invece no.
I giorni passano e Peter non si sveglia. E dopo
qualche altro giorno non hai più nemmeno la forza di essere arrabbiato,
nemmeno con te stesso. Hai solo più la disperazione e la paura a
sorreggerti. Cominci a guardare in faccia, davvero, l’ipotesi che tuo
fratello non si sveglierà più, e ti senti annegare. Hai la barba
da fare e l’aspetto di un cocainomane più che quello di un futuro
membro del Congresso, ma quasi ti sei dimenticato del Congresso. Hai solo
voglia di piangere, ma tua madre si tormenta già abbastanza senza che
ceda anche tu. Stringi i denti, rimani composto e le intimi
di non dire fesserie quando parla della morte di Peter, in modo aggressivo,
rabbioso, perchè sono passate due settimane e le cose rimangono stazionarie. Cominci a non sperare più nemmeno
tu. Hai sonno, gli occhi cerchiati e gonfi di stanchezza, ma tanto sai che non
puoi dormire.
E poi torna Simone. Con dei fiori che lascia a tua
madre. Le ascolti parlare di febbre idiomatica
cronica, di medici che non sanno che cosa lui abbia. Meccanicamente contraddici
tua madre per l’ennesima volta quando accenna all’imminente morte
di Peter e seccamente le suggerisci di lasciar lavorare i medici
mentre lei ansiosa se ne va, probabilmente a richiedere un altro inutile
consulto.
E’ la prima volta che rimani da solo con Simone.
Tua madre non sa nulla e non potevi parlare liberamente in sua presenza. Di
colpo ti torna la rabbia verso questa ragazza che ha mandato tuo fratello a
morire. Pensi a qualcosa di maligno e sottile da dirle per rinfacciarle la sua
colpa, come se questo potesse in qualche modo darti sollievo, ma lei ti
previene e parla per prima.
“Se avessi saputo cosa sarebbe
successo…” inizia, accarezzandogli il petto.
Ti senti svuotato, d’un tratto. Tu lo sapevi, ma nessuno ti ha dato
retta. Invece l’unica cosa che sai adesso, è che tuo fratello sta
morendo per una storia senza senso di poteri psichici e cheerleader che salvano
il mondo.
“Appena prima di cadere in quello stato
parlava del fatto che gli sembrava di stare assorbendo troppi poteri,” annunci, con calma ma senza celare una vena
accusatoria. Hai la voce arrochita, strascicata.
Lei capisce a cosa ti riferisci,
s’irrigidisce.
“Peter voleva vedere quel quadro,” ribatte tornando a voltarsi verso di lui.
“Avevo cercato di dirti di non farglielo vedere,” rispondi grave, spazientito. Tu lo conosci bene,
Peter vuol fare spesso cose che la ragione imporrebbe di evitare. “Sapevi
che avrebbe seguito quel quadro e che si sarebbe precipitato in Texas
all’istante,” aggiungi freddamente. Lei ti
guarda addolorata, e tu ti senti ribollire ulteriormente. “E’ mio
fratello e gli voglio bene, ma sappiamo entrambi che non avrebbe dovuto essere
lì,” specifichi con collera repressa.
“Era importante per lui,”
ribatte Simone accarezzando il ragazzo con lo sguardo.
Daresti un pugno sul tavolo se ne avessi uno a
portata di mano. Ma non ce l’hai. E allora ti
sfoghi verbalmente, perché sì, cazzo, era importante per lui ma era una pazzia e bisognava impedirglielo, ma
soprattutto, anche se non lo ammetteresti mai, perché ti fa rabbia che
lei si sia accorta di quanto tutta la faccenda fosse davvero importante per Peter, mentre tu come al solito non
l’hai preso sul serio. Lo tratti sempre come un ragazzino e questo
è il risultato.
“Tu credi davvero a tutte queste
cazzate?” la schernisci irato. “Pittori? Quadri?...
La fine del mondo?” enumeri, calcando bene il tuo sarcastico scetticismo
sull’ultimo punto dell’elenco. Lei si volta indignata vero di te. E
la sua risposta ti fa sentire la più misera, schifosa tra tutte le
creature che mai abbiano popolato il mondo.
“Io so che lui ci crede. E io credo in lui.”
Un pugno nello stomaco. Ti accasceresti sulla sedia
accartocciandoti su te stesso, se un ultimo barlume di dignità non te lo
impedisse. Sbatti via il giornale che avevi in mano –nemmeno te n’eri reso conto- e ti alzi. Reagisci duramente per
non mostrare quanto quella semplice frase ti ha fatto male. Perché chi
se non tu, suo fratello, avrebbe dovuto credere in Peter? Non è questo
essere fratelli, fornirsi appoggio incondizionato?
“Va bene. Dimostramelo,”
la sfidi con sicurezza. “Siamo in ospedale da due settimane aspettando
che succeda qualcosa. Impazzirei se dovessi ancora restare qui a guardare mio
fratello morire,” le spieghi altero, con
l’aria di non essere poi così distrutto. “Portami
dall’artista. Voglio proprio vedere se ne è valsa la pena,” concludi infilandoti la giacca. Lei nemmeno
risponde, si limita ad alzarsi a sua volta, annuendo appena.
Ti disinteressi per qualche secondo della presenza di
lei accanto alla porta, pronta a fare quanto le hai chiesto. Ti avvicini a tuo
fratello e ti chini su di lui, gli baci una guancia, fredda e immobile,
vorresti abbracciarlo.
“Ti voglio bene,”
lo saluti in un mormorio.
Dovresti dirglielo più spesso
quando ti può sentire. Ti riprometti che lo farai.
E poi ti volti, sforzandoti di reagire al
contraccolpo del dolore di staccarti da lui e non sapere con certezza che
quando tornerai sarà ancora vivo. Ma già ti senti un pochino
più leggero.
Nascondilo pure
a te stesso, se ti fa sentire meglio, ma il tuo proclama di voler verificare di
persona è solo una montatura: quello che vuoi in realtà è
entrare nel mondo di Peter, per poter credere in lui a tua volta. Quello che
vuoi è riavvicinarti a tuo fratello e riguadagnarti la sua fiducia, e
vederlo sorriderti quando sarà sveglio. Pensi che sarà semplice,
Nathan. In qualche modo, pensi anche che comunque è tutto una fantasia,
che lo farai ragionare.
Ti stai sbagliando, Nathan. E continuerai a sbagliare
ancora.
Continuerai finché non vorrai davvero capire quel che Peter possiede, un
altruismo spontaneo ed esente da ogni tipo di calcolo.
Avrai tempo per capire.
Forse.
O forse New York esploderà.
Note di chiusura:
Questa volta mi sono di nuovo concentrata
esclusivamente su Nathan e sul suo punto di vista. E’ una specie di
arringa rivolta a se stesso, mentre le ultime righe sono una specie di commento
di un presunto narratore onnisciente.
Non c’è molto da dire. Come al solito il dialogo vi sembrerà forse leggermente
diverso da quello che conoscete, se l’avete visto in italiano.
Sinceramente non ne ho idea. C’è una frase che nella versione
originale ha una resa bellissima, ed è il saluto che Nathan rivolge a
Peter uscendo: “I love you, man”. Non sapevo come rendere il tono
affettuoso e confidenziale che assume nella lingua
originaria, per cui mi sono limitata a tradurla con “ti voglio
bene”, che mi sembrava l’espressione più semplice ma anche
la più affine.
Inoltre, vorrei precisare che il titolo del
capitolo non costituisce in alcun modo un’espressione del mio giudizio
sul personaggio, ma riprende un’espressione che lui stesso si rivolge nel
delirio. Volevo che fosse chiaro, perché se no se ne travisa
completamente il significato.
E’ tutto, mi pare.
Suni
X
Crazy Dark Queen: Grazie. In effetti quel che volevo
trasmettere era proprio quella sensazione esagerata di mondo che ti crolla
addosso… Nathan e Peter mi piacciono molto come fratelli. Rendono bene l’idea
dell’affetto e dell’incomunicabilità che regolano spesso i
rapporti fraterni, quelle voragini di cose non dette e non capite
volontariamente nonostante l’importanza reciproca. A presto.
X Shari_Aruna:… Spero che Nathan non risulti melenso nemmeno qui. Non
era mia intenzione renderlo tale, ma immagino non siano state
due settimane piacevoli quelle del coma di Peter. E Nathan non è poi
quel blocco di marmo, in fin dei conti. Grazie per tutti quei complimenti,
spero non sarai delusa. Ciao
X
Elly:… Ma guaaaarda… Anche tu qui! E’ un piacere ritrovare i
commentatori nei fandom diversi! Che bello che ti piaccia
sempre come scrivo… Comunque, riguardo a Nathan ci tengo a specificare
che capisco e condivido certi suoi atteggiamenti, soprattutto per quanto
riguarda il lato più personale, quello del family man… Non sto
scrivendo con l’intenzione di mettere Peter né nessuno dalla parte
“della ragione” e se invece sembra così devo aver sbagliato
qualcosa… Quello che non mi piace di Nathan è più che altro
caratteriale. Anche se, garantito, non è assolutamente uno dei
personaggi che mi piacciono di meno… Almeno ha un suo perché. A
presto!