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Autore: Caleido    18/05/2013    1 recensioni
Ed eccomi qui. Mi chiamo Hana. No, non "Hannah" o "Hanna" o simili. Hana. In giapponese vuol dire "fiore". E mia madre ha una passione per il Giappone. E' lì che lei e mio padre si sono conosciuti. Nessuno dei due è giapponese, se ve lo steste chiedendo. (...) Comunque, questo non ci interessa. Io mi chiamo Hana e ho sedici anni. Quest'anno io e la mia famiglia, che oltre a me e ai miei sopra citati genitori comprende mio fratello minore Peter (niente nome giapponese per lui), un gatto di nome Toulouse e due criceti dagli originalissimi nomi di Cricio e Criceta, ci siamo trasferiti nell'Ohio. E oggi è stato il mio primo giorno al liceo McKinley. Per essere stato un primo giorno non è stato poi così male. Io non sono una delle persone più espansive del mondo, capiamoci. Non rivolgo la parola e se mi viene rivolta rispondo a monosillabi. (...) Non trovavo la mia classe di storia, così ho chiesto indicazioni a una ragazza. E' stata molto carina. Si chiama Marley. Mi ha accompagnata alla classe, e abbiamo chiacchierato un po'. Mi ha chiesto se vorrei far parte del Glee club.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ryder Lynn, Ryder Lynn, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Well... This should kinda be me - capitolo 9

GIORNO 17: I’m walking on sunshine

Ho sempre avuto delle perplessità riguardo a tutti quelli che dicono “Sono così in ansia che mi si chiude lo stomaco e non riesco a mangiare!”. Com’è che più io sono ansiosa, invece, più il mio stomaco diventa una voragine capace di divorare il mondo? Non so se avete mai visto il film di Miyazaki “La città incantata”. Se lo avete fatto, ripensate un attimo a Senza Volto che divora tutto quello che gli viene portato, occasionalmente anche alcuni personaggi. Ecco, quella sono io quando sono in ansia. Di solito. Perché oggi, pur essendo nervosa tanto da farmi venire un bel brufolo sulla fronte che mi fa sembrare un unicorno – più un rinoceronte in realtà, ma sto cercando di incrementare la mia autostima, perché me lo ha consigliato l’oroscopo – non sono riuscita a buttare giù nulla. Ho sorseggiato una minestrina per pranzo e pressoché null’altro. Forse è solo l’ansia da cotta che fa passare l’appetito. Ecco spiegato perché io, Ally e Sky, che siamo tre zitelle gattare, non abbiamo mai mancanza d’appetito. Ansia o stress per qualunque cosa sì, agitazione da “sto-andando-per-la-prima-volta-a-casa-del-mio-più-o-meno-ma-più-meno-che-più-ragazzo”, mai.

Perché ieri Ryder ha telefonato. Di pomeriggio, verso le 6, il cellulare che avevo lasciato in salotto mentre ero nella mia stanza a finire di sistemare oggetti che dopo il trasloco erano rimasti nelle scatole ha suonato, e mi sono sorpresa della mia agilità, scendendo gli scalini a tre a tre e tuffandomi dal sesto direttamente sul pavimento con un tonfo che ho preferito ignorare. Ho risposto cercando di ignorare il dolore alla milza. Abbiamo chiacchierato variamente e lui mi ha chiesto di andare da lui il giorno dopo. Ecco perché oggi non ho quasi mangiato.

Sta di fatto che pur avendo lo stomaco in subbuglio sono uscita e mamma mi ha accompagnata a casa di Ryder. Molto carina, tra l’altro. Molto seria, non mezza sbucata dalle favole come la mia, a cui manca solo una serie di funghetti rossi con macchiette bianche in giardino per sembrare uscita dal Paese delle meraviglie (stiamo pensando di metterne alcuni di plastica, comunque, anche se mio padre non è d’accordo: dice che gli fanno perdere professionalità con i pazienti). Mi ha aperto la porta anche prima che suonassi, il che è stato un sollievo. Se mi avesse aperto uno dei suoi genitori? “Piacere, sono Hana Hepburn, una.. mmh.. amica di Ryder.” La mia indecisione sulle parole da usare sarebbe stata molto fraintendibile. Comunque dicevo. Mi ha aperto la porta e mi ha accolto con un sorriso, per poi dirmi che saremmo stati soli per un paio d’ore perché i suoi genitori non c’erano. Fiù. Scampata per un altro paio d’ore. Ma un momento! Una fanciulla ingenua da sola in casa con un giovane di belle speranze? Così inappropriato! (Okay, magari leggo troppi romanzi ottocenteschi.)

Però la mia agitazione è scemata un po’ quando, invece di dirigerci verso luoghi potenzialmente pericolosi come la sua stanza, siamo andati in salotto, dove una marea di libri era sparsa sul tavolino di fronte a una TV accesa su una puntata dei Simpson. In effetti mi aveva invitata per studiare. E così abbiamo studiato, perlomeno per un po’, finché non abbiamo iniziato a chiacchierare dimenticandoci dei compiti (che io avevo comunque già fatto).  E alla fine ci siamo ridotti a seguire la maratona dei Simpson, prima seduti sul divano in maniera abbastanza composta, poi finendo nelle posizioni che per forza di assumono quando si guarda la televisione, spaparanzati e mezzi distesi, ognuno che finisce sopra l’altro. E non riuscivo a trovare strano il fatto che avevo le gambe sopra le sue e le sue mani erano sulle mie ginocchia. Mi sembrava stranamente naturale. E piacevole. I suoi genitori hanno chiamato per dirgli che avrebbero fatto tardi e che poteva non aspettarli per cena.

- E così siamo rimasti senza cena. Ordiniamo una pizza? Oppure usciamo? – mi ha chiesto. Ci ho pensato su per un attimo.

- E se invece cucinassi io? – ho proposto. – Non sono proprio una master chef ma prometto di non avvelenarti.

L’idea si è dimostrata essere divertente, perché Ryder ha voluto dare una mano, ed era un po’ bizzarro vedere questo ragazzo che palesemente non ha l’aria da cuoco fare cose come condire l’insalata o passarmi gli ingredienti per il riso al curry. Ho trovato anche gli ingredienti per una semplice cheesecake e mi sono data da fare. Quando ho finito la cucina era un disastro, ma il cibo è venuto abbastanza bene. Ma ripulire il disastro è stata la parte più divertente. Mentre lui mi passava i piatti da lavare l’ho schizzato per sbaglio, e così è iniziata una guerra di schizzi e colpi di strofinaccio con tanto di inseguimenti per la cucina, finita quando, purtroppo, il mio telefono ha iniziato a squillare. Mia madre voleva sapere quando poteva passare a prendermi, e notando che erano le dieci e un quarto le ho detto di venire. Così ho ripulito in fretta nonostante le insistenze di Ryder di lasciar perdere perché ci avrebbe pensato lui, ho raccolto la mia roba e sono andata verso la porta.

- La prossima volta cucino qualcosa di giapponese. Non preoccuparti – ho detto, vedendo la sua faccia preoccupata – niente pesce crudo o robe strane. Mi terrò sul semplice. Magari il ramen. Alla fine è un po’ come la pasta. Dovrai abituarti a mangiare con le bacchette! Non sarà così difficile, finché non le proverai con il riso. E – ho continuato a blaterare mentre mettevo la mano sulla maniglia. Non sapevo più nemmeno di che cosa stavo parlando. Ma improvvisamente mi ero sentita molto agitata e avevo bisogno di impegnare quegli imbarazzanti minuti di separazione. Solo che lui li ha riempiti molto meglio di me. Perché ad un certo punto, interrompendo il mio fiume di parole, prima che avessi il tempo di preoccuparmi, di pensare a cosa e come avrei fatto, lui mi ha baciata. Ha messo le mani sul mio viso come se tenesse una coppa e io non ho dovuto chiedermi che cosa avrei dovuto farci con le mie, di mani, perché la sorpresa mi ha fatta traballare un tantino e mi sono appoggiata a lui posandole sul suo petto. Visto che stavo già parlando e quindi avevo la bocca aperta, non ho ancora risolto il mistero delle labbra schiuse! Però so che le labbra si sono unite come due pezzi di puzzle che combaciano. E io ho istantaneamente pensato alla teoria di Mia in Pretty Princess, sull’alzare la gamba durante il bacio perfetto. Suppongo che ognuno se lo immagini diversamente. Io non avrei voluto alzare la gamba. Il mio equilibrio era già abbastanza precario in quel momento. Piuttosto il mio corpo, che si sentiva molle come uno spaghetto cotto, voleva allungarsi e intrecciare le braccia al suo collo, cosicché le mani finissero tra i suoi capelli, che avrei tanto voluto toccare con una buona motivazione, onde evitare di finire come Lane quando aveva toccato di sana pianta i capelli del ragazzo che le piaceva nella prima stagione di Una mamma per amica. Ma visto che era la mia prima volta, avrei appuntato questa idea per l’eventuale seconda, perché ero ancora troppo sorpresa. E felice. Non pensavo che baciarsi fosse così piacevole. Mi sentivo la testa svuotata e improvvisamente così interamente leggera che avevo l’impressione di poter levitare, se lui non mi avesse trattenuta a terra.

La mia narrazione sta facendo sembrare questa cosa infinita. E invece è stato breve, tanto che quando si è allontanato e mi ha guardata ero indecisa se reagire alla Rory Gilmore dicendo “Grazie”, oppure stringere le mani a pugnetto e saltellare esclamando “Ancora! Ancora, ancora!”. E invece ho reagito sbattendo le palpebre convulsamente, come a dire “Sogno o son desta?”. Col senno di poi, devo essere sembrata davvero tonta. E il peggio doveva ancora venire. Perché quando il clacson della macchina di mamma ci ha annunciato che era arrivata, ho sussurrato un saluto e sono uscita. Solo che la macchina non era quella parcheggiata davanti alla casa, che io ho cercato di aprire per un minuto buono, prima che mia madre mi chiamasse dal finestrino della macchina giusta, che era subito dietro. Mi sono voltata verso Ryder che era ancora sulla porta, ho fatto ciao con la mano e sono corsa nella nostra macchina, sprofondando sul sedile:

- Vai, veloce! Ho bisogno di un sacchetto di carta da mettere in testa! – ho esclamato a una davvero perplessa madre.

---

Eccoci qui! Anche questa settimana mi tocca pubblicare di sabato invece che di venerdì, vabeh -.-'

Come al solito spero che il capitolo vi possa piacere e prego perché non mi venga di nuovo stravolta l'impostazione della pagina. Alla prossima! ;D

   
 
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