GIORNO 17: I’m walking on sunshine
Ho sempre avuto
delle perplessità riguardo a tutti quelli che dicono “Sono così in ansia che mi
si chiude lo stomaco e non riesco a mangiare!”. Com’è che più io sono ansiosa,
invece, più il mio stomaco diventa una voragine capace di divorare il mondo?
Non so se avete mai visto il film di Miyazaki “La città incantata”. Se lo avete
fatto, ripensate un attimo a Senza Volto che divora tutto quello che gli viene
portato, occasionalmente anche alcuni personaggi. Ecco, quella sono io quando
sono in ansia. Di solito. Perché oggi, pur essendo nervosa tanto da farmi
venire un bel brufolo sulla fronte che mi fa sembrare un unicorno – più un
rinoceronte in realtà, ma sto cercando di incrementare la mia autostima, perché
me lo ha consigliato l’oroscopo – non sono riuscita a buttare giù nulla. Ho
sorseggiato una minestrina per pranzo e pressoché null’altro. Forse è solo
l’ansia da cotta che fa passare l’appetito. Ecco spiegato perché io, Ally e
Sky, che siamo tre zitelle gattare, non abbiamo mai mancanza d’appetito. Ansia
o stress per qualunque cosa sì, agitazione da
“sto-andando-per-la-prima-volta-a-casa-del-mio-più-o-meno-ma-più-meno-che-più-ragazzo”,
mai.
Perché ieri
Ryder ha telefonato. Di pomeriggio, verso le 6, il cellulare che avevo lasciato
in salotto mentre ero nella mia stanza a finire di sistemare oggetti che dopo
il trasloco erano rimasti nelle scatole ha suonato, e mi sono sorpresa della
mia agilità, scendendo gli scalini a tre a tre e tuffandomi dal sesto
direttamente sul pavimento con un tonfo che ho preferito ignorare. Ho risposto
cercando di ignorare il dolore alla milza. Abbiamo chiacchierato variamente e
lui mi ha chiesto di andare da lui il giorno dopo. Ecco perché oggi non ho
quasi mangiato.
Sta di fatto che
pur avendo lo stomaco in subbuglio sono uscita e mamma mi ha accompagnata a
casa di Ryder. Molto carina, tra l’altro. Molto seria, non mezza sbucata dalle
favole come la mia, a cui manca solo una serie di funghetti rossi con
macchiette bianche in giardino per sembrare uscita dal Paese delle meraviglie
(stiamo pensando di metterne alcuni di plastica, comunque, anche se mio padre
non è d’accordo: dice che gli fanno perdere professionalità con i pazienti). Mi
ha aperto la porta anche prima che suonassi, il che è stato un sollievo. Se mi
avesse aperto uno dei suoi genitori? “Piacere, sono Hana Hepburn, una.. mmh..
amica di Ryder.” La mia indecisione sulle parole da usare sarebbe stata molto
fraintendibile. Comunque dicevo. Mi ha aperto la porta e mi ha accolto con un
sorriso, per poi dirmi che saremmo stati soli per un paio d’ore perché i suoi
genitori non c’erano. Fiù. Scampata per un altro paio d’ore. Ma un momento! Una
fanciulla ingenua da sola in casa con un giovane di belle speranze? Così
inappropriato! (Okay, magari leggo troppi romanzi ottocenteschi.)
Però la mia
agitazione è scemata un po’ quando, invece di dirigerci verso luoghi
potenzialmente pericolosi come la sua stanza, siamo andati in salotto, dove una
marea di libri era sparsa sul tavolino di fronte a una TV accesa su una puntata
dei Simpson. In effetti mi aveva invitata per studiare. E così abbiamo
studiato, perlomeno per un po’, finché non abbiamo iniziato a chiacchierare
dimenticandoci dei compiti (che io avevo comunque già fatto). E alla fine ci siamo ridotti a seguire la
maratona dei Simpson, prima seduti sul divano in maniera abbastanza composta,
poi finendo nelle posizioni che per forza di assumono quando si guarda la
televisione, spaparanzati e mezzi distesi, ognuno che finisce sopra l’altro. E
non riuscivo a trovare strano il fatto che avevo le gambe sopra le sue e le sue
mani erano sulle mie ginocchia. Mi sembrava stranamente naturale. E piacevole.
I suoi genitori hanno chiamato per dirgli che avrebbero fatto tardi e che
poteva non aspettarli per cena.
- E così siamo
rimasti senza cena. Ordiniamo una pizza? Oppure usciamo? – mi ha chiesto. Ci ho
pensato su per un attimo.
- E se invece
cucinassi io? – ho proposto. – Non sono proprio una master chef ma prometto di
non avvelenarti.
L’idea si è
dimostrata essere divertente, perché Ryder ha voluto dare una mano, ed era un
po’ bizzarro vedere questo ragazzo che palesemente non ha l’aria da cuoco fare
cose come condire l’insalata o passarmi gli ingredienti per il riso al curry.
Ho trovato anche gli ingredienti per una semplice cheesecake e mi sono data da
fare. Quando ho finito la cucina era un disastro, ma il cibo è venuto
abbastanza bene. Ma ripulire il disastro è stata la parte più divertente.
Mentre lui mi passava i piatti da lavare l’ho schizzato per sbaglio, e così è
iniziata una guerra di schizzi e colpi di strofinaccio con tanto di
inseguimenti per la cucina, finita quando, purtroppo, il mio telefono ha
iniziato a squillare. Mia madre voleva sapere quando poteva passare a
prendermi, e notando che erano le dieci e un quarto le ho detto di venire. Così
ho ripulito in fretta nonostante le insistenze di Ryder di lasciar perdere
perché ci avrebbe pensato lui, ho raccolto la mia roba e sono andata verso la
porta.
- La prossima
volta cucino qualcosa di giapponese. Non preoccuparti – ho detto, vedendo la
sua faccia preoccupata – niente pesce crudo o robe strane. Mi terrò sul
semplice. Magari il ramen. Alla fine è un po’ come la pasta. Dovrai abituarti a
mangiare con le bacchette! Non sarà così difficile, finché non le proverai con
il riso. E – ho continuato a blaterare mentre mettevo la mano sulla maniglia.
Non sapevo più nemmeno di che cosa stavo parlando. Ma improvvisamente mi ero
sentita molto agitata e avevo bisogno di impegnare quegli imbarazzanti minuti
di separazione. Solo che lui li ha riempiti molto meglio di me. Perché ad un
certo punto, interrompendo il mio fiume di parole, prima che avessi il tempo di
preoccuparmi, di pensare a cosa e come avrei fatto, lui mi ha baciata. Ha messo
le mani sul mio viso come se tenesse una coppa e io non ho dovuto chiedermi che
cosa avrei dovuto farci con le mie, di mani, perché la sorpresa mi ha fatta
traballare un tantino e mi sono appoggiata a lui posandole sul suo petto. Visto
che stavo già parlando e quindi avevo la bocca aperta, non ho ancora risolto il
mistero delle labbra schiuse! Però so che le labbra si sono unite come due
pezzi di puzzle che combaciano. E io ho istantaneamente pensato alla teoria di
Mia in Pretty Princess, sull’alzare la gamba durante il bacio perfetto.
Suppongo che ognuno se lo immagini diversamente. Io non avrei voluto alzare la
gamba. Il mio equilibrio era già abbastanza precario in quel momento. Piuttosto
il mio corpo, che si sentiva molle come uno spaghetto cotto, voleva allungarsi
e intrecciare le braccia al suo collo, cosicché le mani finissero tra i suoi
capelli, che avrei tanto voluto toccare con una buona motivazione, onde evitare
di finire come Lane quando aveva toccato di sana pianta i capelli del ragazzo
che le piaceva nella prima stagione di Una mamma per amica. Ma visto che era la
mia prima volta, avrei appuntato questa idea per l’eventuale seconda, perché
ero ancora troppo sorpresa. E felice. Non pensavo che baciarsi fosse così
piacevole. Mi sentivo la testa svuotata e improvvisamente così interamente
leggera che avevo l’impressione di poter levitare, se lui non mi avesse
trattenuta a terra.
La mia
narrazione sta facendo sembrare questa cosa infinita. E invece è stato breve,
tanto che quando si è allontanato e mi ha guardata ero indecisa se reagire alla
Rory Gilmore dicendo “Grazie”, oppure stringere le mani a pugnetto e saltellare
esclamando “Ancora! Ancora, ancora!”. E invece ho reagito sbattendo le palpebre
convulsamente, come a dire “Sogno o son desta?”. Col senno di poi, devo essere
sembrata davvero tonta. E il peggio doveva ancora venire. Perché quando il
clacson della macchina di mamma ci ha annunciato che era arrivata, ho
sussurrato un saluto e sono uscita. Solo che la macchina non era quella
parcheggiata davanti alla casa, che io ho cercato di aprire per un minuto
buono, prima che mia madre mi chiamasse dal finestrino della macchina giusta,
che era subito dietro. Mi sono voltata verso Ryder che era ancora sulla porta,
ho fatto ciao con la mano e sono corsa nella nostra macchina, sprofondando sul
sedile:
- Vai, veloce! Ho bisogno di un sacchetto di carta da mettere in testa! – ho esclamato a una davvero perplessa madre.
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Eccoci qui! Anche questa settimana mi tocca pubblicare di sabato invece che di venerdì, vabeh -.-'
Come al solito spero che il capitolo vi possa piacere e prego
perché non mi venga di nuovo stravolta l'impostazione della
pagina. Alla prossima! ;D