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Autore: chiara05    18/05/2013    2 recensioni
storia Klaroline ambientata nel 1862 a Mystic Falls. Caroline una ragazza umana di 17 anni ha una missione nella vita, uccidere il vampiro Klaus. Ma presto tra i due scoppierà una passione che renderà molto difficile il suo compito.
Dal 2 capitolo:
"Dopo qualche attimo di sgomento la ragazza tentò di colpirlo ma lui, con un movimento fulmineo, si portò dietro di lei e la bloccò con le sue braccia.
«Non hai speranze contro di me, amore» le sussurrò all'orecchio stringendola più forte. Il cuore di lei batteva all'impazzata e aveva il fiato corto come se avesse corso una maratona.
«Scoprirai che sono piena di sorprese» gli disse tentando di tirarli un calcio che lui schivò. A causa di questo movimento lo spacco della gonna aveva messo in mostra la sua gamba soda e Klaus, senza riuscire a controllarsi, aveva cominciato a disegnare cerchi immaginari su quella parte di pelle morbida e nuda con le dita. Adesso anche lui aveva il fiato corto. Caroline si sentiva in paradiso e all'inferno contemporaneamente. Da una parte voleva che la accarezzasse per sempre, dall'altra desiderava che la lasciasse per poter adempiere al suo compito"
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline, Forbes, Damon, Salvatore, Klaus, Stefan, Salvatore
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CONFESSIONI

 

La terra tremò violentemente e il gazebo travolse i sette suonatori uccidendoli. Il tempo si fermò per un secondo. Silenzio. Poi il caos di una tempesta. Il giardino si animò di grida e urla incoerenti, persone che correvano e si scontravano senza meta, cercando di fuggire da un disastro già avvenuto.

Le donne furono scortate all'interno della casa da Liz Forbes mentre gli uomini, organizzati in piccole squadre, sollevavano le macerie nel tentativo di salvare i musicisti nonostante sapessero che ormai era troppo tardi.

Tutto era in movimento. I fratelli Mikaelson e Salvatore guidavano i soccorsi, Rose e Rebekah, non potendo evitare di entrare nella villa con le altre dame, rassicuravano le persone più spaventate. Solo Jane era immobile. Paralizzata davanti al trucido spettacolo che lei non aveva fermato. Fissava la scena ammutolita, lo sguardo vacuo e perso nel vuoto.

Notando il suo stato di shock Caroline corse verso di lei. Nonostante il loro discorso di qualche minuto prima, che le aveva messe l'una contro l'altra in una battaglia più grande di loro, temeva che si fosse ferita e l'unica cosa che desiderava era accertarsi che stesse bene.

«Jane? Stai bene?» le domandò scuotendo il suo corpo pietrificato «Jane»

«Mi dispiace» sussurò la giovane strega continuando a guardare il vuoto davanti a sé. Calde lacrime le rigarono il volto. La bionda non capiva. Le sue scuse non erano indirizzate a lei, allora a cosa si riferiva?

«Vai dentro casa» Giuseppe Salvatore strattonò Jane per un braccio riscuotendola da quello stato di trance. Con una fugace occhiata alla sua più vecchia amica la ragazza ubbidì raggiungendo le altre donne.

«Maestro» mormorò Caroline con voce decisa. Desiderava che il suo animo fosse fermo come la sua voce, ma la verità era che non sapeva come comportarsi. L'uomo che le stava di fronte era colui che l'aveva cresciuta e che aveva affermato senza la minima esitazione che l'avrebbe uccisa se l'avesse incontrata. Quello si poteva decisamente definire un incontro.

«Miss Forbes» rispose lui con una formalità che non aveva mai usato con lei. La sua mano guizzò verso l'interno della giacca marrone scuro.

«Non sono un vampiro. Quello non mi ucciderà» replicò la giovane indicando il paletto che Giuseppe stava per estrarre.

«Inoltre se provate solo a sfiorarla con una piuma vi uccido» una voce calma e glaciale piombò tra di loro. Klaus si posizionò al fianco di Caroline, il suo fianco destro che si sovrapponeva lievemente a quello sinistro della ragazza, respingendo l'impulso di farle scudo con il proprio corpo. Sapeva che quella era una battaglia che doveva combattere da sola anche se il suo istinto gli diceva esattamente il contrario. Inoltre doveva fare attenzione a non svelare l'intimo rapporto che lo legava alla bionda. Per i cittadini di Mystic Falls Caroline era tornata a vivere con la madre, se avessero saputo che abitava con un uomo che non era suo marito la sua reputazione sarebbe stata rovinata per sempre.

«Pronto a difendere questa piccola ingrata. Vi fidate di lei Mr. Mikaelson? Ha già tradito me e la mia causa di distruggervi tutti. Cosa vi fa pensare che non volterà le spalle anche a voi?» gli chiese Giuseppe ridendo cupamente. Klaus strinse le mani a pugno. Il muscolo della mascella teso.

«Andiamocene» lo spronò la ragazza aggrappandosi al suo braccio. La strage del terremoto era stata sufficiente per quella giornata.

«Siete così brava in questo. Andarvene» la accusò il suo vecchio mentore ignorando il freddo brivido che gli procurava l'Originale.

«Non capite che vi sta proteggendo da me? Mi conosce e sa che se sprecassi un altro minuto del mio tempo con voi non riuscirei a trattenermi dal strapparvi il cuore dal petto. È la persona più leale che conosca, a differenza di quello che sostenete» ringhiò Niklaus tentando di trattenersi dallo sbranare il cacciatore. Come osava offendere la sua donna?

«Se lo sei davvero dimostralo» Giuseppe si rivolse a Caroline abbandonando per un momento il tono freddo e formale «Tagliali la testa mentre dorme nudo e indifeso nel tuo letto»

«Siete un uomo meschino e folle. Allontanarmi da voi è stata la miglior scelta della mia vita» ribattè lei con sdegno prima di raggiungere le altre donne.

Il patriarca Salvatore non tradì nessuna emozione mentre dentro di lui si consolidava l'idea che lei fosse una traditrice e che, come tale, doveva pagare.

 

* * *

 

A metà di quel pomeriggio disastroso erano tornati alla tenuta Mikaelson. Questa volta, per evitare altri drammi, le donne avevano condiviso una carrozza mentre le due restanti furono spartite tra i fratelli Originali e i cacciatori.

Quelle poche ore avevano sfinito tutti loro, ma non potevano concedersi il lusso di perdere tempo. Si riunirono nel salone principale per aggiornarsi sui progressi fatti.

«Non sono riuscita a convincerla» ammise Caroline quando le chiesero se Jane fosse dalla loro parte «Non dirlo Damon»

«Va bene bambolina. Non ti dirò che te lo avevo detto» disse il moro con un'incurante alzata di spalle.

«Ho ascoltato la conversazione. Sono rimasto vicino alla stanza per assicurarmi che Caroline fosse al sicuro. La ragazza è titubante. Caroline ha seminato in lei il dubbio» tentò di rassicurarli Klaus.

«Non ci resta che aspettare di vedere se cambia idea» affermò Rebekah. Si fidava del fratello ed era sicura che presto la giovane strega avrebbe combattuto con loro.

«Nel frattempo cercheremo un altro modo per neutralizzare Emily Bennett» nella mente di Elijah si stavano già affacciando nuove ipotesi di contrattacco.

«Siete riusciti a scoprire quale corpo abita?» domandò Caroline. Non sapere da dove arrivasse la minaccia la irritava. Non era abituata a combattere con un nemico astratto.

«No. Nell'intervallo abbiamo conversato solo con la metà degli ospiti e dopo quello strano ed innaturale terremoto non siamo riusciti a chiacchierare molto» spiegò Rose incrociando lo sguardo del maggiore degli Originali.

«Bene, non c'è nient'altro che possiamo fare oggi. Credo proprio che andrò a rilassarmi in una taverna e poi mi concederò un bel sonno ristoratore. Questo corpo ha bisogno di riposo per rimanere così splendido» comunicò Damon indicandosi con entrambe le mani. Rebekah annuì come a concedergli la correttezza di quell'affermazione.

«Tu vieni fratellino?» aggiunse poi rivolto ad uno Stefan particolarmente taciturno.

Il cacciatore castano stava raggiungendo il maggiore dei Salvatore quando Caroline lo afferrò per la manica della giacca trattenendolo.

«Ti raggiungerò più tardi» gli disse infine capendo che la bionda non lo avrebbe lasciato andare via. Suo fratello fece un cenno con la testa e si congedò.

«Io invece mi concederò un lungo bagno» intuendo il motivo per cui l'amica desiderava la presenza di Stefan si allontanò seguita da Rose ed Elijah.

Klaus osservò attentamente i due umani. Sapeva che avevano bisogno un momento in cui potessero parlare indisturbati ma le sue gambe sembravano ancorate al pavimento. Voleva davvero lasciarli da soli? No. Ma doveva farlo. Si fidava di lei. Prese un profondo respiro e a velocità sovrannaturale se ne andò.

 

* * *

 

Caroline portò Stefan nei giardini. Camminare l'avrebbe aiutata ad affrontare l'argomento. Passeggiarono per diversi minuti in silenzio, entrambi immersi nei loro pensieri ma desiderosi di confrontarsi con l'altro.

«Dobbiamo parlare» cominciò lei.

«Sono stanco anch'io Care» dal modo serio in cui lo guardava aveva compreso di cosa volesse discutere. Improvvisamente desiderava solo tornare a casa e rimandare il momento in cui lei gli avrebbe detto addio «Non possiamo rimandare?»

«È importante» insistette lei. Lui annuì.

«Non so bene come cominciare. Klaus ha fatto delle supposizioni sui tuoi sentimenti per me. In realtà anche Rebekah li ha fatti, quindi mi domandavo se...»

«Ti amo Caroline» proruppe Stefan senza riuscire a trattenersi. Si sentì leggero e libero. Perchè doveva celarlo? Era la verità e desiderava che lei lo sapesse. Non voleva più nascondersi.

«Non può essere vero» la ragazza aveva sperato fino all'ultimo che si stessero sbagliando tutti, che quello che aveva visto quel pomeriggio fosse stata un'illusione esistente solo nella sua mente. Lo avrebbe ferito ed era l'ultima cosa che voleva.

«Hanno ragione loro» ribadì lui senza la minima incertezza «Sono innamorato di te»

«Stef io non...siamo cresciuti come fratelli...»

«Tu e Damon l'avete fatto. Io sono cresciuto con una dolce bambina che è diventata una magnifica donna»

«Ti sbagli, questo è quello che credi di provare perchè con tutto quello che è successo, il mio rapporto con Klaus, ed Emily, hai paura di perdermi. Non sei realmente innamorato di me» non lo era vero? Non sapeva se stesse cercando di convincere lui o se stessa. Probabilmente entrambi.

«Davvero? E come fai ad esserne così sicura?» Stefan era infastidito dall'atteggiamento della giovane. Perchè non poteva accettare la realtà?

«Ti conosco da tutta la vita...»

«Quindi conosci meglio di me i miei sentimenti?» il fastidio si stava tramutando in rabbia.

«Non volevo dire questo» come poteva spiegarli in modo delicato quello che sentiva nel cuore?

«E cosa volevi dire? Perchè il fatto che io sia innamorato di te ti disturba così tanto?» chiese alzando la voce. Ora era arrabbiato.

«Sono solo sorpresa, tutto qui» tentò di giustificarsi lei per calmarlo.

«Avanti, non fare l'ingenua Caroline. L'avevano capito tutti quanti, i Mikaelson, mio fratello, tutti. Tranne te. Forse stavi solo facendo finta di non vedere». Questo commento la ferì. Aveva compreso i suoi reali sentimenti per lei solo qualche ora prima. Come poteva pensare che sapendo una cosa del genere da tanto tempo gliene parlasse solo in quel momento? Come poteva credere che non avrebbe chiarito prima quella situazione?

«Perchè avrei dovuto fingere di non saperlo?» c'era una punta di fastidio nella sua voce quando parlò.

«Perchè ricambi i miei sentimenti» quella era una vana speranza a cui nemmeno lui credeva molto.

Se Caroline provava del fastidio o del risentimento svanì tutto in un istante sentendo quelle parole «Stef, no» rispose piano e dolcemente. Non voleva farli del male ma doveva essere sincera con lui.

«Non giocare con me Care. Dimmi la verità» poi aggiunse titubante «Cosa provi per me?» se c'era una lontana possibilità che lei ricambiasse i suoi sentimenti voleva saperlo.

«Ti voglio bene Stef» rispose lei svuotata.

«Tutto qui? Non hai altro da aggiungere?» la tristezza cominciò a crescere in lui.

«Ti voglio bene come ad un fratello»

«Sono molto più di questo. Lo sappiamo entrambi» affermò con rinnovata fermezza.

«Forse» concesse lei tentando di essere in più delicata possibile «Forse se le cose fossero state diverse avresti avuto ragione, ma...»

«Ma tu ami lui e non c'è posto per nessun altro» concluse Stefan per lei. Il suo sguardo sprigionava un tale dolore da lasciarla senza fiato.

«Mi dispiace» fu poco più di un sussurro.

«Non può funzionare tra voi» replicò lui specchiandosi negli occhi azzurri di lei «E quando lo realizzerai sarò lì» non si sarebbe arreso, aveva intenzione di combattere per la sua futura felicità. Senza aggiungere altro se ne andò.

 

* * *

 

Elijah aveva seguito Rose all'interno della sua stanza così da offrire un po' di intimità a Caroline e Stefan. Almeno questo era quello che continuava a ripetersi. La realtà era un po' diversa, non riusciva a stare lontano dalla vampira.

La donna andò verso la finestra e guardò fuori, dando le spalle all'Originale.

«Tutto bene?» le domandò lui incuriosito dal suo atteggiamento distaccato «Oggi è stata una giornata dura»

«Cos'era quello spettacolino?» chiese lei riversando tutta la rabbia che aveva trattenuto da quando si erano rincontrati.

«Di cosa stai parlando?» Elijah era spaesato. Come poteva essere sempre lui la causa di tutto? In uno strano modo qualunque cosa succedesse lei si infuriava con lui.

«Prima in carrozza. Cosa credevi di fare attaccando Damon?» specificò la donna girandosi verso il vampiro.

«Tentavo di proteggerti» mentì spudoratamente. Sapeva che le sue azioni erano state dettate dalla gelosia e non da un nobile istinto di protezione.

«Da Damon? Riconosco ancora quando menti Elijah. Voglio la verità, cosa stavi cercando di fare?» ripetè con le braccia conserte.

«Non lo so» era pronto a confessarle la verità? Non ne era sicuro.

«Risposta sbagliata, riprova» i suoi occhi verdi lanciavano un rimprovero silenzioso.

«Ero geloso ve bene? Sono geloso» ammise scrollando lievemente le spalle.

«Non hai alcun diritto di esserlo» puntualizzò lei. Lo sguardo acceso di prima rimpiazzato da una maschera di indifferenza.

«Lo so» ma non posso farci niente, è fuori dal mio controllo pensò amaramente.

Quella semplice risposta la fece capitolare. Era stata una giornataccia ed era davvero stanca, non aveva le forze per lottare contro di lui.

«Perchè te ne sei andato lasciandomi da sola?» chiese smettendo di combattere. Dopo quattro secoli la domanda che assillava i suoi pensieri avrebbe ricevuto una risposta.

«Credevo fosse la cosa migliore per te» spiegò facendo un passo verso di lei.

«Ero in transizione. Come poteva esserlo?»

«Mi avevi lasciato. Eri incinta e desideravi essere una persona migliore per tuo figlio. Volevi che il tuo piccolo fosse al sicuro, non che convivesse con dei mostri» l'angoscia trapelava dalle sue parole.

«Non ti ho mai considerato un mostro, anche dopo aver scoperto quello che eri. Sei stato la cosa migliore che mi fosse mai capitata» confessò lei. Se fosse stata la giovane donna umana di una volta sarebbe arrossita mettendosi a nudo in quel modo.

«La cosa migliore dopo il tuo bambino. Ed era giusto così, per questo ti lasciai andare senza trattenerti. Ma poi tuo marito scoprì della lettera con cui mi lasciasti e ti uccise. Tu e il tuo bambino siete morti a causa mia. Come potevo tornare da te dopo tutto il male che ti avevo causato?»

«Ti sei sentito in colpa. Hai pensato che mi avresti portato solamente altra sofferenza, che con te al mio fianco non sarei mai stata felice. Così te ne sei andato per offrirmi l'opportunità di un futuro migliore» concluse lei intuendo il suo ragionamento.

«Ho agito come credevo fosse giusto» lui e la sua dannata moralità la fecero infuriare di nuovo.

«No, sei fuggito. È quello che hai sempre fatto» lo accusò ferocemente.

«Non sono mai scappato in vita mia» sibilò lui. Detestava essere intaccato nel suo onore.

«Forse non da una battaglia o dalle tue responsabilità, ma lo hai sempre fatto dai sentimenti» quante volte l'aveva respinta prima che il reciproco amore e desiderio li sopraffacesse? Aveva sempre creduto che la sua reticenza fosse dettata dai suoi valori in quanto lei era formalmente una donna sposata, ma ora si rendeva conto che la sua era stata semplice paura. Elijah non credeva nell'amore, glielo aveva confessato in un pomeriggio ozioso, ma non poteva fare a meno di amarla, così, spaventato dall'intensità di quello che sentiva, aveva provato a resisterle in tutti i modi. Aveva fallito allora e decisamente stava fallendo adesso.

«Rose devi capire che...» tentò di giustificarsi lui, di spiegarle ma lei non lo lasciò terminare.

«Non aggiungere altro. Sono sfinita, lasciami riposare» si girò nuovamente verso la finestra immergendosi nei suoi pensieri.

Avrebbe voluto che lui si opponesse per una volta, che andasse da lei e la costringesse ad ascoltarlo, che combattesse per lei, per loro ma lui senza aggiungere una parola se ne andò.

 

* * *

 

Jane arrivò a casa Salvatore, si gettò sul suo lettino, affondò la il viso nel cuscino e si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Colpa. Era tutto quello che provava, un crescente e divorante senso di colpa. Sette suonatori innocenti erano stati assassinati e lei non aveva fatto niente per salvarli. E quello era solo l'inizio. Quel sacrificio sarebbe stato il primo di una lunga serie di uccisioni a cui lei avrebbe preso parte. No, non poteva farlo. Non ci riusciva. Ferire le persone non era nella sua indole, lei proteggeva non feriva. Non lo faceva prima di quel pomeriggio. Si rigirò prendendosi la testa tra le mani, le sembrava che stesse per esplodere.

Un altro pensiero fece capolino nella sua mente. Caroline. Nonostante si fossero lasciate da nemiche in quella camera di casa Forbes la bionda era accorsa da lei dopo il terremoto per assicurarsi che stesse bene. La sua amica era un'anima pura e lei le aveva voltato le spalle. E se avesse avuto ragione su sua nonna? Se la famigerata Emily Bennett fosse tornata dal mondo dei morti solo per la vendetta? Se non le importasse niente della sua devota nipotina che desiderava solo passare il resto dei suoi giorni con l'ultimo membro della sua famiglia, amata e al sicuro? Riaffondò la faccia nel cuscino lasciandosi trascinare dai suoi pensieri.

Un leggero tocco sulla spalla destra le fece capire che non era più sola ma non si mosse. Parlò con la voce soffocata dal cuscino conscia che lei l'avrebbe capita.

«Erano innocenti nonna» non aveva bisogno di vederla per sapere che era lei «Non avremmo dovuto farlo» si girò su un fianco e si tirò su a sedere.

«Sono morti per una causa superiore. È stata la cosa giusta da fare» replicò lei infastidita dai rimorsi della nipote. Non aveva bisogno di ostacoli che intralciassero il suo cammino.

«Non ne sono così sicura» insistette Jane. Davvero non capiva il male che stavano scatenando? E lei come aveva fatto a non notare prima che genere di persona fosse sua nonna? Come aveva fatto ad essere così cieca? Dei ricordi costruiti da una bambina desiderosa di affetto le avevano impedito di vedere chiaramente la realtà, ma avrebbe rimediato. L'avrebbe convinta a desistere nella sua vendetta.

«Non ti devi preoccupare di queste cose. Tutto quello che devi fare è eseguire il nectunt per eliminare gli Originali. Io penserò al resto» detestava necessitare di una strega adolescente senza il pieno controllo delle sue doti magiche. Era tutta colpa dei Mikaelson e del Consiglio dei Fondatori se era morta e se adesso non poteva utilizzare al meglio la sua magia. E avrebbero pagato per questo.

«Come uccidere i membri delle famiglie fondatrici? È questo il genere di cose di cui ti occuperai?» continuò la ragazza.

«Devono pagare per il male che mi hanno fatto»

«Vuoi uccidere anche Caroline?» domandò con una nota di apprensione. Non le avrebbe permesso di eliminare la sua migliore amica, l'unica persona che le era stata vicina in tutti quegli anni.

«È una Forbes. Si» rispose senza la minima esitazione.

«È la mia migliore amica. Le voglio bene. Non puoi ucciderla» tentò di farla ragionare anche se sospettava che non ci sarebbe mai riuscita.

«Io non ricevo ordini da nessuno» esclamò minacciosa la donna.

« Non era un ordine, ma una richiesta. Se davvero ti importa di me come sostieni non farle del male. Per favore, per me» se davvero le voleva bene avrebbe acconsentito. Pregò con tutta sé stessa che fosse così.

«È una Forbes e deve pagare. Ora dormi bambina e smettila di piangere» disse duramente prima di andarsene con la velocità con cui era arrivata.

Per la prima volta Jane comprese che sua nonna sarebbe andata fino in fondo. Aveva sempre pensato che la faccenda della vendetta fosse il suo modo di metabolizzare la rabbia per la sua morte ma che non l'avrebbe mai portata a termine. Adesso capiva che aveva frainteso tutto.

 

* * *

 

Caroline passeggiava da qualche minuto, da quando Stefan se ne era andato lasciandola sola nel giardino dopo la sua spiazzante rivelazione. Il ricordo della sua espressione piena di dolore le fece venire le lacrime agli occhi. Non voleva che soffrisse ma non poteva nemmeno dargli quello che voleva.

Camminò ancora un po' fino a quando vide Klaus seduto sulla coperta che quel primo pomeriggio aveva usato con Rebekah e Rose. Era comodamente appoggiato al tronco di un grande albero con la gamba destra piegata e il gomito poggiato sul ginocchio. La giacca giaceva per terra e il colletto della camicia bianca era sbottonato mostrando la base del lungo collo e l'inizio dei muscoli del petto.

Senza accorgersene Caroline si avvicinò a lui, come se fossero due poli di una calamita che si attirano inevitabilmente, non importa quanto lontano vadano l'uno dall'altro, prima o poi si ricongiungeranno. Si sedette davanti a lui e si abbracciò le gambe piegate con le braccia.

«Hai ascoltato tutto vero?» gli chiese quando il suo cervello riuscì a formulare un pensiero coerente nonostante la sua vicinanza. Erano stati separati per troppo tempo e adesso la sua mente faceva un po' fatica a distogliere la sua attenzione da quella magnifica incarnazione della tentazione.

Klaus annuì «Non sembra intenzionato ad arrendersi» non era infastidito. Bè si lo era, ma non solo. In un modo contorto e irrazionale lo ammirava. Sapeva cosa voleva e non aveva paura di prenderselo. Anche se lo avrebbe ucciso se avesse tentato di prendere quello che era suo.

«Dovrà farlo prima o poi» rispose lei sovrappensiero. Sapeva che non avrebbe mai provato altro che profonda amicizia per Stefan. L'ibrido gradì enormemente questa risposta.

«Dobbiamo parlare di noi. Di quello che ho fatto» le disse diventando completamente serio. Erano stati lontani due settimane in cui avevano avuto tutto il tempo per pensare alla loro situazione. A causa del piano per eliminare Emily Bennett non avevano avuto tempo per discuterne prima, ma era arrivato il momento di farlo.

«Ascolta, avevi ragione. Io so chi sei. L'ho sempre saputo. Ed è stato sciocco da parte mia non considerare quel lato di te» ammise lei subito. Era stata addestrata tutta la vita contro il malefico Niklaus Mikaelson, aveva sempre saputo con chi aveva a che fare.

«Ma ora l'hai fatto» rispose lui fissandola con i suoi occhi blu. All'apparenza era calmo ma dentro il suo petto il cuore rischiava di scoppiargli. Non aveva mai avuto così tanta paura in tutta la sua esistenza. Nemmeno Mikael era in grado di scatenargli quel puro terrore. E se lo avesse rifiutato?

«Si, è così» replicò lei. Le mani le tremavano leggermente.

«E adesso puoi convivere con questa consapevolezza? Possiamo superare tutto questo?» ti prego di di si, la supplicò lui nella sua mente. Lei non rispose. Sapeva che erano ad una svolta decisiva del loro rapporto, del suo futuro. Ci aveva riflettuto bene? Era sicura di quello che stava facendo? Non ne era certa. Da quando lui era entrato nella sua vita era stata scaraventata nel caos, vorticava freneticamente senza meta.

Klaus incapace di attendere oltre la prese e se la posò sul grembo.

«Guardami» sussurò sollevandole il mento per perdersi nei suoi occhi azzurri «Non posso vivere senza di te»

Caroline non riuscì a trattenere le lacrime. Il caos era sparito, era lui la sua meta. Tutto quello di cui aveva bisogno per trovare la pace era essere stretta tra le sue braccia.

«Perchè piangi?» le chiese dolcemente asciugandole le lacrime con una carezza che bruciò sulla sua pelle.

«Ti amo. Esattamente per quello che sei. Non sai quanto vorrei riuscire a smettere, sarebbe tutto molto più facile» confessò senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di lui. La sua mano indugiava ancora sul suo volto ma lei voleva di più, desiderava sentirlo su tutto il corpo.

«Posso farti dimenticare se vuoi, posso soggiogarti» era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, ma odiava essere la causa del suo dolore e avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare che altre lacrime rigassero il suo bel volto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, anche dannarsi per l'eternità.

«No» si precipitò a dire lei piano «Sarebbe inutile. Non mi ricorderei di te ma non smetterei di amarti, continuerei a desiderare il tuo arrivo con ogni fibra del mio essere, sarebbe inevitabile. Non sono niente senza di te. Quando non ci sei mi sento vuota e fredda» appoggiò la fronte su quella di lui e chiuse gli occhi sorretta dalle braccia di lui che si strinsero sui sui fianchi. Gli mise la mani sul petto e non disse altro.

Restarono così, in silenzio, per un tempo che gli parve infinito. Come sempre lei gli aveva tolto il fiato e le parole. Klaus non sapeva come esprimere a voce la profondità di quello che provava per lei.

«Staremo di nuovo bene» gli assicurò lei accarezzandogli la guancia liscia tornando a guardarlo negli occhi «Mi serve solo del tempo per digerire tutta questa faccenda»

«Ti amo anch'io» rispose lui stringendola di più a sé e, non sapendo in quale altro modo dirglielo, glielo dimostrò nell'unica maniera che conosceva.

Avvicinò la bocca alla sua e la baciò. Aveva quasi dimenticato quanto fossero inebrianti le labbra soffici di lei. Il suo odore dolce gli andò alla testa facendogli desiderare di stringerla per sempre. Con le mani affondò nei suoi capelli liberandoli dalle forcine ed insinuò la lingua nella sua cavità calda ed invitante. Caroline reagì con ardore, gettandogli le braccia al collo e rispondendo colpo su colpo alla languida danza delle loro lingue. In quel bacio si donarono sé stessi, senza menzogne o finzioni. Si mostrarono le loro vere anime accettandole e amandole ancora di più. Adesso era chiaro ad entrambi. L'avrebbero superata. Erano forti, più forti di tutto.

Quando riuscirono a staccarsi l'uno dall'altro si resero conto che era diventato buio.

Caroline era raggiante, non c'era più nessun segno di quelle lacrime che frantumavano il cuore dell'ibrido. Klaus non riusciva a smettere di sorridere. Sapeva che avevano ancora tanta strada da fare ma l'avrebbe riconquistata completamente.

«È tardi e sarai stanca. Andiamo a dormire?» le chiese posandole un piccolo bacio all'angolo della bocca.

«Insieme?» domandò lei tra il titubante e il divertito. Non era ancora pronta a fare l'amore con lui, ma l'Originale lo sapeva e non avrebbe fatto niente che lei non volesse. O più precisamente che non fosse ancora pronta a fare.

«Certo. Nessuno mi costringerà a dormire un'altra notte sul divano» notando che la preoccupazione aveva superato l'allegria della giovane aggiunse subito «Dormiremo solo, amore. Desidero cullarti tra le mie braccia e sognare insieme a te».

Lei rispose baciandolo teneramente prima di alzarsi e tendergli la mano. Una volta in piedi intrecciò le dita a quelle di lei, le baciò i capelli e si incamminò verso casa.

Raggiunto l'interno dell'abitazione videro Elijah ed una ragazza parlare fittamente.

«Jane!» esclamò Caroline riconoscendola «Cosa ci fai qui?»

«La cosa giusta» rispose l'altra guardandola con fermezza «Vi aiuterò a contrastare mia nonna».

 

 

 

 

Finalmente sono riuscita ad aggiornare! Mi scuso per il ritardo ma spero che mi perdonerete :D. Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Vi è piaciuto? Siete soddisfatti della piega che sta prendendo la storia? Fatemelo sapere commentando. 

Un bacione a presto ;D

  
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