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Autore: OmgQueen    19/05/2013    6 recensioni
[Storia a OC, non c'è un massimo di richiesta, ma non voglio neanche un numero enorme] ~
Questa è la mia prima storia a OC, ma ho già idee chiare e un vario schema da far seguire a tutti, quindi non preoccupatevi, oh miei piccoli personaggi ♥
La storia tratterà dei vostri OC(quante volte ho scritto OC, aiuto), che saranno tutti errori creati durante le varie modifiche subite alla linea temporale di Inazuma Eleven Go Chrono Stone, quindi si può considerare questa fanfiction un "seguito ipotetico".
All'interno tutto il resto, buona lettura ~
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Ambientazione: Ospedale di Inazuma Town / Fiume della medesima città
Personaggi: Ochiki (mia OC ♥) / Thalia
Genere: Introspettivo / Dra... mmatico?
Avvertimenti: Voi vedete OOC? Potrebbe essere -hopauradiquestoavvertimento-
 
 


 
Vicino alla riva del fiume, con un tramonto dipinto come panorama, stava camminando Ochiki, facendo ondeggiare i suoi scuri capelli neri.
Fra pochi minuti sarebbe dovuta essere in ospedale, per delle analisi.
Nulla di più spaventoso per lei, che aveva il terrore degli aghi.
Per calmarsi l'animo, si prense un lecca-lecca.
E ancora preoccupata, continuava comunque a fare la sua strada.
 
Voltando lo sguardo a sinistra, vide seduta una ragazza dai capelli mori e dagli occhi blu, che aveva uno sguardo perso nel vuoto.
Vedendola così distratta e con aria malinconica, si preoccupò per lei.
Si avvicinò con un sorriso per regalarle uno dei suoi lecca-lecca e farla felice.
Ma quella ragazza all'improvviso estrasse un ghigno dal suo volto che fece spaventare e fuggire via Ochiki.
 
Quando Thalia si girò avendo sentito un gridolino, l'altra era già scomparsa e tornò a guardare la ragazza di fronte a lei.
Ochiki quindi, continuò la strada verso l'ospedale.
 
Sentiva intanto, per ogni passo in avanti che faceva, uno in meno per il suo cuore; pesava nella cassa toracica.
Ma non poteva farci nulla, se non provare a stringerlo nella sua piccola mano.
Infondo non sarebbe dovuta essere ancora viva, si era meritata tutto questo dolore, si era meritata di rimanere sola.
Eppure non aveva scelto lei di vivere, la aveva costretta un maledetto rimedio alla sua malattia. Un rimedio che per di più non era nemmeno di quest'epoca.
 
Ricordava ogni singola cosa della sua infanzia.
Lui le disse che sarebbe dovuta morire.
Lui le disse che doveva vivere silenziosamente, perché tutti l'avevano vista morire davanti ai loro occhi e non era normale rivedere una morta camminare.
Era doloro ripensare a tutto questo, ma era la verità e il suo passato.
 
Si ritrovò finalmente davanti all'ospedale.
Guardò in alto, alzando la punta del suo piccolo naso verso il cielo e verso quell'infinita costruzione.
Si legò i capelli e ne lasciò libere solo due ciocche davanti; odiava legarsi i capelli, ma era necessario.
Scrollandosi la faccia a sinistra e a destra, si levò quella brutta espressione triste che aveva ed entrò nell'edificio.
Non ci volle molto per il suo turno, ed entrò dentro una piccola sala, attrezzata di lettino, siringhe -che preferì evitare di guardare- e tanti altri oggetti di cui non capiva neanche la natura medica.
 
«Signorina Hole...» le disse l'infermiera.
«Mh?» rispose lei guardandola, con un sorriso
«Non è possibile mangiare dolci prima di un prelievo, i suoi zuccheri nel sangue ora saranno...» 
Lei guardò prima la donna e poi il suo lecca-lecca, facendo un piccolo versetto di dispiacere.
«Si faccia fare una nuova ricevuta dal suo medico e torni un altro giorno», propose l'infermiera.
Ovviamente a Ochiki non dispiaque affatto quella soluzione.
Scese dal lettino e felicemente uscì ringraziando la spazientita assistente e continuando a giocare con il suo lecca-lecca.
 
 
La ragazza si diresse verso l'uscita dell'ospedale e quindi nel suo cortile.
Quest'ultimo era molto carino e ben curato, d'estate all'ombra degli alberi si stava davvero bene.
Inoltre poco lontano da lì c'era un campetto da calcio, dove si potevano ascoltare le grida dei bambini che giocavano, rincorrendo la palla.
 
A quella scena aprì gli occhi per vederli meglio e sorrise, guardandoli correre.
Ochiki teneva sempre i suoi occhi smeraldini serratamente chiusi, senza farli vedere a nessuno, perché erano molto sensibili alla luce e facilmente riconoscibili.
Era meglio vivere ad occhi chiusi piuttosto che diventare cieca o creare caos.
 
 
 
«Ochiki.» la chiamò una voce quasi famigliare. 
 
Poteva distintamente capire di aver appena perso un battito dal suo cuore.
Non si sentiva chiamata da così tanto tempo; usava sempre un nome fittizio per farsi chiamare dalle persone, come le era stato consigliato.
Nessuno avrebbe dovuto sapere il suo vero nome.



╔ 
Note dell'autrice

Com'è egocentrica questa autrice. Ha scritto solo della sua OC e di quella di prima(?).
Ma c'è una spiegazione.
Scrivere di tutto quello che avevo in mente in un solo capitolo sarebbe stato impossibile °A°
Quindi ho scelto di farne un terzo, yeeeh (e di far finire da schifo questo~)
È un capitolo scritto molto bimbominchiosamente. Lo so, non picchiatemi.
Come non picchiatemi perché nel prossimo ci saranno tipo 6-7 personaggi(di cui due nuovi OC) e piuttosto preparate le vostri menti all'esplosione. *scompareinunboom,no,nonèvero,èandatasoloafarsiilbagno*
  
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