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Autore: SusanTheGentle    19/05/2013    11 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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29. Aspettando l’alba…

Tu sai che ti amo
Ti ho amato tutto il tempo
E mi manchi
Sei stata troppo lontana per troppo tempo
Sogno che tu sarai con me
E non andrai via
Smetto di respirare se non ti rivedo ancora una volta




Sembrava che tutta la stanza protendesse nell’attesa. L’aria stessa era pervasa di tensione.
Susan era incapace di star ferma e girava per la cabina, tormentandosi le mani, il vestito, i capelli.
Aréf tarkaan era con lei, entrambi restavano in silenzio, senza guardarsi.
Quando lo aveva visto rientrare, l’aveva aggredito con schiaffi e parole. Il capitano delle guardie però non aveva ribattuto e si era limitato a dirle che l’avrebbe imbavagliata di nuovo se non si fosse calmata.
Una situazione assurda, quasi patetica. Uno dei suoi nemici era lì e lei non faceva nulla. Ma cosa poteva fare? Aréf era armato, lei no. Lui era un uomo, alto, robusto. Lei era una donna, e anche se era in grado di combattere ed era Primo Arciere di Narnia, era molto più debole di lui.
Susan aveva riflettuto ed era giunta alla conclusione che, legata e imbavagliata, non sarebbe stata di nessun aiuto a Caspian, per cui cercò di restar buona.
Passò in rassegna tutte le possibilità, anche le più remote o le più assurde. Immaginava di uscire di lì, di correre con Caspian attraverso i corridoi della nave, salire sul ponte e trovare il modo per tornare al Veliero dell’Alba. Sì lo immaginava, ma tanto valeva immaginare di avere le ali. Come se ne sarebbero andati? A nuoto? Oh, certo, e i soldati di Rabadash non sarebbero mai riusciti a raggiungerli, vero?
“Smettetela di andare avanti e indietro” disse Aréf d’un tratto, osservandola con la coda dell’occhio. “Mi fate venire mal di testa”
Susan si fermò e lo fissò, poi ricominciò a camminare, ignorando la protesta. Infine si decise a parlargli.
“Dove hanno portato Caspian?”
“Non lo so” fece l’uomo, la schiena rigida, le mani dietro di essa.
“Mentite”
“Non rientra negli ordini che mi sono stati impartiti informarvi dell’attuale situazione del Re di Narnia”
Susan sospirò e gli voltò le spalle. “Non avete nemmeno un briciolo di umanità?” chiese esasperata, tornando a guardarlo, e fu allora che notò in lui qualcosa.
“Gli somigliate”
Aréf si girò appena verso di lei.
“A Emeth”
Il capitano ebbe un fremito e tornò a fissare il vuoto davanti a sé.
Susan sospirò ancora e sedette pesantemente sul letto.
“Lui somiglia alla madre, non a me” rispose all’improvviso Aréf, cogliendola di sorpresa.
La ragazza lo fissò per qualche istante prima che lui parlasse di nuovo.
“Come fate a conoscere mio figlio? Credevo non foste voi la donna che portò a bordo tempo fa”
“No, non ero io” ammise la Regina, alzandosi “Ma lo conosco perché è…”
Si fermò.
Faceva bene a dirglielo? Dopotutto era un rischio rivelare la posizione di Emeth, ma era sempre suo padre…
“Sta bene?” chiese Aréf, la voce che tradiva la commozione nel sentir parlare del figlio.
“Sì. E’ al sicuro, di questo potete stare tranquillo. Dove si trova ora, nessuno gli farà del male”
Avanzò verso il capitano, le mani strette l’una nell’altra.
“Vi prego, dimostrate un po’ di pietà: aiutatemi!”
Il soldato la guardò interrogativo, incredulo, abbandonando la postura rigida.
“Siete in debito con il Re di Narnia, signore”
“Io non ho debiti con Narnia”
“Sì, l’avete!” esclamò lei aggrappandosi a lui. “Poiché Caspian ha salvato la vita di Emeth accogliendolo tra noi”
Aréf aprì e richiuse la bocca, senza sapere cosa dire. “Non…non posso venir meno a…ai miei doveri”
“Non siete come Rabadash, lo so. Se foste stato spietato come lui, non avreste risparmiato nemmeno vostro figlio. Ma l’avete fatto! L’avete fatto fuggire perché vivesse, quando invece avreste potuto denunciare il suo tradimento a Rabadash se davvero vi fosse importato più della lealtà verso di lui che della vita di Emeth!”
“E’ proprio vero, signora: la vostra reputazione vi precede. Ma siete troppo buona e questo vi rovinerà”
“Non posso fare altrimenti. Perché vedo del buono anche in voi”
Aréf tacque a lungo e fissò i suoi occhi imploranti.
“Non posso” disse infine. “Ma vi sono grato per avermi detto di mio figlio”
“Capitano, vi scongiuro…”
“Lasciatemi, signora. Per favore…”
Con fermezza ma gentilmente, l’uomo la fece allontanare da sé ed uscì dalla cabina.


Nonostante fosse ormai sull’orlo del cedimento, il Re di Narnia continuava a fissarlo con tenacia, senza battere ciglio, senza quasi muoversi, stringendo i denti per soffocare il dolore.
Le guardie avevano ammanettato i suoi polsi e legato le catene alla parete della stiva.
Caspian era rimasto in piedi finché le forze glielo avevano permesso, ma dopo l’ennesima frustata era caduto in ginocchio, le braccia tese sopra la testa, i muscoli doloranti. Lunghi squarci scarlatti gli attraversavano tutta la schiena e le spalle nude.
Rabadash era rimasto molto impressionato. Non era quasi capace di sostenere lo sguardo orgoglioso e nobile di quel ragazzo. Si era certamente aspettato tanta caparbietà dal Liberatore, ma non così, come se lo sfidasse a continuare a colpirlo, in una competizione che non avrebbe avuto fine se non con la sua morte.
Ma Rabadash non voleva ucciderlo. Non ancora. Prima voleva umiliarlo, farlo soffrire, solo quando avrebbe deciso che era abbastanza, solo allora avrebbe posto fine alla sua vita. Non lì in quella stiva buia, bensì alla luce del sole, davanti a quanta più gente possibile. Davanti a Susan.
Soltanto così lei e tutta Narnia si sarebbero arresi.
Uccidere Caspian era sufficiente. Gli altri Pevensie e i loro compagni potevano pure portare a termine quella loro stupida missione: ritrovare i Lord di Telmar e le Spade.
Con le ultime novità riferitegli da Shira, Rabadash era venuto a conoscenza di tutti i piani dell’Imperatore Tisroc, ma a lui non importava avere il potere di quei talismani. Che suo padre e la Strega se la vedessero da soli con il resto dei Sovrani.
“Non avrete mai Narnia…e non avrete mai Susan” mormorò Caspian.
Sapeva benissimo che ogni parola era una sofferenza in più, ma era più forte di lui.
Se Rabadash avesse potuto annientarlo solo con la forza dello sguardo, certamente ci sarebbe riuscito. Si portò nuovamente alle spalle del Re e calò per l’ennesima volta la verga su di lui.
Caspian piegò la testa in avanti, soffocando un grido stringendo i denti, e avvertì il bruciore ardente di una nuova ferita sulla schiena. Ma ancora non si mosse, non un gemito in più, non una protesta. Rialzò il capo e fissò di nuovo Rabadash, i capelli davanti agli occhi.
Quest’ultimo constatò le condizioni del Re, stringendo convulsamente la verga tra le mani.
Gli si avvicinò e s’inginocchiò di fronte a lui.
“Non preoccupatevi per Susan. Lei avrà da me tutto quello che non potrete offrirle voi” disse Rabadash con un sorrisetto forzato, osservando con piacere le reazioni che quelle parole scatenavano in Caspian.
“Io la coprirò di ricchezze, di abiti e gioielli che esalteranno ancor più la sua bellezza, rendendola la donna e la Regina più amata e ammirata di tutto il mondo. Vivrà in un sontuoso palazzo, avrà decine di servitori che a un suo gesto doneranno la vita per lei...Vedete dunque, Maestà? Non avete di che preoccuparvi. Inoltre, non la terrò per tropo tempo lontana dalla sua amata Narnia. Dopotutto, voglio donarle tutto ciò che una donna potrebbe desiderare: una casa, degli agi, un marito e dei figli”
Caspian si mosse facendo vibrare le catene, le braccia tese allo spasmo.
“Maledetto bastardo! Non osate toccarla!”
Rabadash lo ignorò e si alzò. “Oh, già…anche l’impavido Caspian, probabilmente, avrebbe fatto lo stesso. E lei vi avrebbe sposato perché vi ama. Quant’è romantico…” disse con sarcasmo. “Ma è tempo che voi usciate di scena, Sire. Susan giungerà presto ad apprezzare la solitudine e poi la mia compagnia. Se si comporterà bene la tratterò con guanti d’oro”
Rabadash girò intorno a Caspian, osservando il suo volto, il sangue che colava lungo il corpo. Si chiese per un momento dove trovasse ancora la forza di resistergli.
“Se non opporrete resistenza, vi ucciderò subito e avrete una morte rapida e indolore. Ma se continuate a farlo, allora sarò costretto ad usare metodi diversi”
Rabadash lasciò la verga e sfilò un lungo pugnale dalla cintura. Nella penombra della stanza, la ama brillò sinistra. Si portò ancora dietro il Re.
Caspian si sentì afferrare per i capelli, mentre il rivale gli strattonava la testa all’indietro gli puntava il pugnale alla gola.
“Troppo facile così, vero?” sussurrò il principe, in preda a una nuova furia. “Ora ti toglierò una volta per tutte quell’espressione ostinata dalla faccia e ti farò morire lentamente”.
“Perché non subito?”
“Perché sei così maledettamente perfetto agli occhi di tutti…Amato, rispettato, acclamato. In realtà sei solo un ragazzino arrogante e sciocco. E il tuo popolo si accorgerà di quanto sei egoista, quando saprà che hai perso la vita, non per Narnia, ma per salvare una donna!”
“Narnia combatterà comunque. Non è così che li fermerai. E non è così che avrai Susan”
“Forse è vero, ma saranno così consumai dal dolore e dalla rabbia che allora sarà facile avere la meglio su di loro. La disperazione fa fare azioni sconsiderate. Esattamente come hai fatto tu, Liberatore. Quello che ti sta accadendo non è colpa mia, ma la conseguenza delle tue stesse azioni”.
Caspian sentì la lama scivolare via dal collo e poi un dolore lanciante al fianco gli mozzò il fiato. Capì che Rabadash l’aveva trafitto, e il dolore fu ancora più acuto quando tolse la lama dalla ferita che cominciò a sanguinare copiosa, macchiando il pavimento di piccole gocce scure.
Quando Rabadash lo lasciò, il ragazzo cercò di riprendere fiato, accasciandosi in avanti, la testa riversa sul petto. Le braccia costrette dalle catene lo tiravano indietro, i muscoli contratti e doloranti.
“La vostra sofferenza durerà il tempo necessario prima che arrivi l’alba. A quel punto, se sarete ancora vivo, verrete giustiziato”
“Con quali accuse?”
Rabadash era sempre più turbato. Aveva ancora la forza di ribattere.
“Non sta a voi porre le condizioni. Ormai siete nulla. Guardatevi!” rise.
Rabadash si raddrizzò e chiamò la guardia. “Riportatelo dalla Regina Susan. Voglio essere buono con lei” commentò, osservando senza battere ciglio i soldati slegare Caspian, il quale ormai faticava a reggersi in piedi “Le darò il tempo di dire addio al suo amato principe azzurro”


“Quante ore sono passate?” chiese Lucy a tutti e a nessuno.
“Non lo so” le rispose Eustace, affacciato al ponte di comando a scrutare nell’oscurità le figure di Peter, Edmund e Drinian che discutevano animatamente a basa voce.
I tre avevano iniziato una disputa non appena Caspian aveva lasciato la nave.
Drinian era più risoluto che mai a non venir meno agli ordini del Re: sarebbe andato avanti, perché questo era il suo volere.
Edmund sosteneva che fosse una pazzia, sia il continuare che il restare lì, con le mani in mano. Aveva accettato e detto sì al Liberatore perché sapeva non ci sarebbe stato verso di fargli cambiare idea: quando si trattava di Susan, era inutile discutere con lui.
In quanto a Peter, era combattuto sul se dare ragione all’uno o all’altro.
Non voleva venire meno alla parola data: aveva promesso a Caspian di proteggere tutti, di prendere la nave e continuare il viaggio verso est. Dal ritrovamento delle Sette Spade dipendeva il destino di tutti, ma le vite di Caspian e di Susan erano più importanti della missione.
Il pensiero del Re Supremo era continuamente rivolto ad Aslan. Cosa avrebbe consigliato in un momento simile? Li avrebbe spinti a continuare o a tornare indietro?
Peter non poteva e non voleva rinunciare a nessuna delle due possibilità, la sua stessa natura glielo impediva. Forse pretendeva troppo, ma non poteva farci nulla. Non era disposto ad arrendersi quando sapeva di poter trovare una soluzione per conciliare le due cose. Ma come? Come ottenere lo scopo voluto?
“Peter, avanti! Lo sai anche tu che non possiamo aspettarci di vederli ricomparire da un momento all’altro!” insisté Edmund, scambiandosi occhiatacce con Drinian. “Sarebbe come sperare in un miracolo pensare che i soldati di Rabadash non abbiano scoperto Caspian. E per quanto vorrei crederci, è impossibile!”
Peter lo fermò, alzando una mano. “Lasciami pensare, Ed, per favore”
“Li abbiamo già sconfitti, possiamo farlo ancora!” intervenne Lucy, scendendo dalla scaletta insieme al cugino. “Peter, per l’amor del cielo, viriamo e andiamo ad aiutarli!”
“Sarebbe come gettarci nella tana del lupo, Lu” disse il Magnifico. “Non possiamo tornare indietro. Se l’Occhio di Falco usa le sue catapulte su di noi un’altra volta, siamo spacciati. Non avremo la possibilità di riparare la nave con i poteri di Coriakin, non più.”
“Non possiamo abbandonarli!” esclamò Eustace indignato. “Dove sono finiti tutti i tuoi bei discorsi sull’unità del gruppo, sulla solidarietà, sull’importanza dell’amicizia…Quand’eravamo sulla Terra non parlavi d’altro che di onore eccetera, e adesso vuoi lasciarli là?”
Peter voltò le spalle a tutti, appoggiandosi al parapetto e sospirando con forza.
Infine si decise.
“Aspetteremo fino all’alba. Poi vi dirò cosa fare. Ho bisogno di ancora un po’ di tempo”.
Nessuno replicò, in quanto l’autorità maggiore, in assenza di Caspian, apparteneva proprio a Peter.
Miriel gli si avvicinò e gli mise una mano sul braccio. Lui la guardò, mentre tutto il gruppo si disperdeva e tornava di sotto.
“Tu pensi che sia la soluzione più giusta?” le chiese il ragazzo, con un’espressione angosciata.
“Non sta a me dirlo. Ma sono sicura che il Re Supremo sa sempre cosa fare, e cosa è meglio”
Gli sorrise, appoggiandosi alla sua spalla e stringendogli una mano.
“Potrebbero anche tornare. Non possiamo escluderlo” continuò lui, forse per convincere se stesso. “Se dovessimo muoverci e poi scoprire che Caspian ce l’ha fatta…metterei a repentaglio la sicurezza di tutti per nulla, e verrei meno alla promessa”
“Lo so che è difficile per te, Peter” disse Miriel guardandolo. “So che in questo momento, tutto quello che vorresti fare è correre da Susan. Ma devi fidarti di Caspian”
“Mi fido”
Lei gli accarezzò il volto e gli pose un leggero bacio sulle labbra. “Non devi scoraggiarti. Ci sono io con te”
Peter le sorrise e l’abbracciò, baciandole i capelli. “Lo so. Ma non ho idea di come fare”
“Andrà tutto bene. Troverai il modo. Io lo so”
“Hai troppa fiducia in me e io ne ho troppa poca in me stesso”
“Da quando sei diventato così insicuro, Peter Pevensie?” tentò di scherzare lei, alzando la testa e prendendogli il volto tra le mani.
Lui sospirò, perdendosi nei suoi occhi, che gli diedero un po’ di sollievo. “La mia è tutta scena, sai?”
Miriel lo baciò ancora. “Vai a riposarti un po’. Ne hai bisogno”
“No, non posso.”
“Ci penserà Edmund, qui. Vai”
“Solo se vieni anche tu”
Lei trattenne il fiato e poi annuì timidamente. “Se hai bisogno di me, io ci sono, lo sai”
Peter l’attirò di nuovo a sé e la baciò con ardore. “Avrò sempre bisogno di te”

Nello stesso momento, negli alloggi dell’equipaggio si era creata un’accesa discussione.
“Tutto questo non sarebbe mai accaduto se non avessimo preso con noi uno di Calormen!” esclamò improvvisamente un marinaio, staccandosi dal gruppo: Rynelf. Il suo dito era puntato su Emeth e così gli occhi di tutti.
Immediatamente, Rhynce si portò accanto a lui e gli abbassò il braccio con un gesto deciso. “Smettila! Che ti salta in mente?”
“E’ vero! Tutti lo pensiamo, ma nessuno ha il coraggio di dirlo!” insisté ancora l’altro, avvicinandosi al soldato.
Emeth rimase immobile ascoltando le sue accuse. Se lo aspettava. Anzi, si era chiesto quando finalmente l’argomento sarebbe stato toccato.
“So cosa pensate, signore: che sono una spia”
“Esattamente!”
“Vi assicuro che non è così. Non sono stato mandato da nessuno. Ho scelto io di venire con voi”
“Certo: dopo che hai raccontato tutte quelle belle storie su di te e sull’essere diverso dai tuoi compatrioti. Fammi il piacere!”
Emeth non rispose, serrando la mascella e i pugni, imponendosi la calma. Se avesse reagito sarebbe stato come dar ragione alle accuse.
Altri marinai mormorarono tra loro.
“Quest’uomo” continuò Rynelf rivolto a Lucy e Edmund, “ha approfittato della vostra generosità, miei Sovrani. Non è uno di noi! E’ di Calormen! E da tempo immemore, i calormeniani odiano Narnia e tutto ciò che le appartiene. E’ di certo opera sua se la Regina Susan è stata rapita”
“Ora basta, Rynelf” ordinò Edmund con autorità, ma ormai il dubbio era stato insinuato negli altri membri dell’equipaggio, i quali iniziarono a parlare ad alta voce tra loro.
“Potrebbe essere vero…se fosse tutto un piano? Il ragazzo sapeva che Re Caspian non avrebbe mai lasciato sola la Regina Susan…”
“Se consegniamo lui, Sire” disse ancora Rynelf a Edmund, “Forse riavremo indietro vostra sorella e il nostro Re”
La folla assentì e non diede il tempo al Giusto di dire nulla.
Fortunatamente, non tutti la pensavano come Rynelf. Molti presero le difese di Emeth, ma chi davvero dimostrò la sua assoluta fiducia nel giovane fu Lucy, che pose fine a quella assurda discussione.
Edmund stava per dire ancora qualcosa, Gael, Eustace e Ripicì (ancora debole ma ormai guarito da ogni ferita) stavano per venire in suo aiuto, ma la ragazza li precedette tutti. Si parò di fronte al soldato, non permettendo ai marinai di avvicinarsi.
Sul viso della Regina si leggevano rabbia e delusione nei confronti di quegli uomini che aveva sempre ammirato, e che erano suoi compagni e amici.
“Non avete accuse contro di lui!” esclamò Lucy, afferrando le braccia di Emeth dietro di lei, come a volerlo proteggere. “Pertanto non avete il diritto di parlare in questo modo a un nostro ospite e valoroso combattente. Emeth ci ha aiutato in più d’un occasione. Non è una spia! Mi ha salvato la vita, e io so cos’ha rischiato per farlo! E se oserete ancora parlare male di lui, dovrete vedervela con me!”
I marinai indietreggiarono e osservarono stupiti la Valorosa. Lucy non aveva mai parlato con un tono tanto brusco a nessuno di loro, prima.
Emeth la guardò, ammirato. Lucy si voltò e incrociò i suoi occhi scuri. Poi si volse ancora e continuò.
“Lo stesso Aslan ha condotto Emeth fino a noi, non dimentichiamocelo”.
Tutti gli uomini che avevano mostrato ostilità per il soldato, abbassarono lo sguardo, ricordando i fatti avvenuto dopo aver lasciato l’Isola delle Voci, e poi l’apparizione del Leone solo il giorno prima.
“Chiunque non è dalla parte di Aslan, è dalla parte di Tash” disse d’un tratto Tavros, staccandosi dal gruppo di marinai con alcuni suoi compagni. “Noi Minotauri, ai tempi dell’Inverno Centenario, eravamo alleati della Strega Bianca. Ma Aslan ci ha dato la possibilità di redimerci. Noi stiamo con Aslan e gli saremo eternamente grati per aver salvato la nostra razza”
“Ben detto, amico mio” disse Edmund con un sorriso, “Anch’io ero un traditore”
Un mormorio sconcertato si propagò per la grande stanza.
“Anche di me potreste dire che sono ancora una spia della Strega. Tuttavia, non lo fate solo perché sono il vostro Re. Ma se Aslan si fida- di me, dei Minotauri e di Emeth- perché non dovreste fidarvi voi? Chi siamo noi uomini per mettere in dubbio il suo volere?”
“Perdonatemi se vi ho arrecato offesa, vostre Maestà” fece allora Rynelf, con un inchino. “Pesavo solo…”
“Non hai arrecato nessuna offesa alla nostra persona” disse Lucy. “Ma ne hai arrecata a un nostro caro amico. Ti pregherei di porgergli le tue scuse, così chiuderemo la questione”
Molto impacciato e imbarazzato, Rynelf balbettò qualcosa, ma Emeth scosse il capo con gran stupore di tutti.
“Vi ho già perdonato. Non parliamone più. Ora quel che conta è prendere al più presto una decisione e salvare il Re e la Regina”
Così, ognuno tornò alle proprie mansioni, ma ormai il dado era tratto e gli uomini, di tanto in tanto, scoccavano strane occhiate al giovane soldato, mettendolo a disagio.
Lucy gli si avvicinò e si sedette sulla branda accanto a lui.
“Mi spiace tanto. Non badare a quel che dicono. Forse nemmeno lo pensano davvero. Sono molto nervosi...”
Lui abbassò lo sguardo sulla sua spada, estraendola dal fodero e iniziando a lucidarla.
Al suono metallico, alcune teste si volsero agitate.
Emeth cercò di ignorarli ma essi continuavano a fissarlo, anche se cercavano di non farsi notare troppo, specialmente in presenza di Lucy.
Studiavano i suoi movimenti, e non solo quella notte, lo facevano ormai da molto tempo. Avere a bordo un soldato di Calormen non piaceva a nessuno. Tuttavia, la maggior parte dei marinai aveva rivalutato le proprie idee e accettato la sua presenza perché era il volere dei Sovrani, e su ciò nessuno discuteva. Non ad alta voce, almeno.
Ma Emeth li udiva bisbigliare qualche volta, specialmente la notte, quando credevano che dormisse. Non dicevano cose cattive, per lo più erano dubbiosi, forse sconcertati e spaventati. Dopotutto, l’astio tra i due popoli era così radicato che era davvero difficile che una delle due parti potesse accettare l’altra.
Lui non replicava mai, soprattutto per non mettere in difficoltà i Re e le Regine che erano stati fin troppo buoni con lui. Non desiderava essere la causa di dissapori tra i narniani e i loro Sovrani.
Emeth capiva le perplessità dell’equipaggio, ma era davvero esasperante avere sempre gli occhi di qualcuno puntati addosso.
“Dove vai?” gli chiese Lucy quando si alzò, uscendo svelto dallo stanzone.
Lo seguì subito, cercando di rassicurarlo. “Non tutti pensano che tua sia un nemico”
“Sei stata davvero gentile a prende le mie difese, ma non è servito a nulla” disse lui fermandosi di botto e voltandosi a guardarla. “Perché l’hai fatto?”
“Come? Che razza di domande fai? Perché…siamo amici. L’hai detto anche tu”
Si fissarono per qualche istante, incerti.
“Forse dovrei davvero andarmene”
Si voltò e rimise la spada nel fodero, ma Lucy lo fermò aggrappandosi a un suo braccio.
“No!” gridò. “Emeth, ti prego…non farlo”
“Perché?” fece lui, voltandosi di nuovo a guardarla, disarmato da quegli occhi che gli rimandavano uno sguardo spaventato. Possibile che lui fosse divenuto così importante per lei, durante quel periodo? Perché sembrava davvero che fosse così.
“Tu non mi conosci, Lucy. Non sai niente di me. Non sai quello che ho fatto”
“Non importa: so che sei buono. Aslan non ti avrebbe permesso di venire con noi, non ti avrebbe dato la sua approvazione se fosse stato il contrario”
“Tu pensi così perché ti ho salvata” fece il giovane scuotendo il capo e liberando il proprio braccio dalla stretta di lei. “Ho ucciso degli uomini, Lucy. Uomini di Narnia. Creature di Narnia. Forse amici o parenti di coloro che sono a bordo di questa nave. Per quanto ci soffra, non posso biasimare i loro pensieri nei mei confronti”
Lei si ritrasse un poco ma sostenne il suo sguardo. “Eri un soldato di Calormen…”
“Sono ancora un soldato di Calormen. Solo tu mi vedi diversamente”
“Però…”
“Non ho mai voluto fare del male a degli innocenti, ma mi era stato insegnato che Narnia era il male. E nonostante mia madre si addolorasse nel vedermi divenire quello che sono, io volevo compiacere mio padre e ho continuato su quella strada.”
“Non hai avuto scelta. E poi ora sei diverso”
“Non so se lo sono” disse lui voltandole le spalle. “Forse sì…so solo che se non ti avessi incontrato…”
“Cosa?” fece lei camminando svelta verso di lui e bloccandogli la strada, non permettendogli di muoversi. Lo prese per le spalle e lo costrinse a guardarla ancora. “Se non mi avessi mai incontrato…?”
“Niente.”
“No, devi dirmelo!” esclamò, stringendo la presa su di lui. “Perché altrimenti penserò che mi stai dicendo che ti sei pentito di venire con noi. Che se non mi avessi incontrato saresti ancora con tuo padre e…”
“No, non è così” la fermò lui, assumendo un tono di voce più tranquillo. “E’ questo che pensi? Che mi sia pentito di averti incontrata?”
La ragazza distolse lo sguardo e annuì appena. “So quanto deve mancarti e mi dispiace così tanto…”
“E’ stato lui a mandarmi via, Lucy. Per il mio bene. Sapevamo entrambi che sarebbe stato difficile rivederci. Quella che mi preoccupa di più, in vero, è mia madre. Lei non sa nulla e mi crederà morto”
“Oh, Emeth, non c’è niente che puoi fare?”
“No” fece il giovane stringendosi nelle spalle. Poi le sorrise. “Hai intenzione di spezzarmi le braccia?”
Lucy si accorse di stare ancora stringendolo forte, forse più di quel che avrebbe voluto. Con un sussulto lo lasciò. “Scusa”
“Hai davvero così paura che me ne vada?”
“Sì”
Si fissarono un istante poi lei riabbassò gli occhi a terra. “Mi prometti che non lo farai?”
“No so se posso farlo”
“Sì…ho capito” Lucy fece un sospiro e girò sui tacchi, correndo verso la propria cabina.
Ma Emeth l’afferrò per un polso, costringendola a voltarsi, e rimase turbato vedendo i suoi occhi lucidi.
“Questo non significa che non m’importi di te” esclamò il giovane, fissandola intensamente per cercare di farle capire che era vero. “Tu sei…tu mi hai fatto capire tante di quelle cose che prima io non consideravo neppure.”
“Allora non andare!”
“Non me ne voglio andare”
“Ma lo farai. Presto. Lo so. So che vorresti recarti di nuovo sull’Occhio di Falco, forse per dimostrare agli altri che non sei una spia e forse per rivedere tuo padre. L’ho capito quando hai detto a Caspian che volevi andare con lui. Ma io non voglio che tu vada”. Lucy respirò profondamente, la voce rotta. “Perché se te ne vai, so che non ti rivedrò mai più!”
“Invece mi rivedrai. Questo posso e voglio promettertelo”
Emeth si fece molto serio e lei capì che era la verità, non glielo stava dicendo solo per calmarla.
Sempre tenendole il polso nella sua mano, il ragazzo l’avvicinò a sé e le fece una carezza sul volto.
“Emeth…”
“Non voglio perderti, Lucy.”
“Non sono io quella che dice che se ne va. Io sarò sempre qui”
Emeth fece per avvicinarsi di più, ma qualcuno si mosse alle loro spalle e allora la lasciò andare. Le prese la mano e gliela baciò, dolcemente, come la prima volta che si erano incontrati.
Lucy provò un tuffo al cuore e poi lo guardò allontanarsi in direzione dell’uscita.



La porta si riaprì per l’ennesima volta quella notte. Ma Susan, benché l’avesse temuto, non era preparata a quel che vide e proruppe in un grido di terrore.
Le guardie che avevano trascinato via Caspian l’avevano riportato indietro. Il Re stava in piedi a fatica, i capelli scuri davanti al volto, gli occhi semi chiusi. Lo gettarono all’interno della cabina in malo modo, senza badare alle sue ferite.
Il giovane non riuscì a reggersi sulle proprie gambe e se Susan non fosse balzata in piedi e non l’avesse sostenuto in tempo, sarebbe certamente crollato a terra.
Susan cadde in ginocchio con Caspian tra le braccia, abbracciandolo e percependo sotto le proprie dita una sostanza vischiosa. Tolse una mano dal corpo del ragazzo e con orrore si fissò i palmi delle mani. Poi guardò le spalle e la schiena nuda di lui, pieni di lividi e tagli profondi.
“Che cosa ti hanno fatto…?” esalò senza voce, sconvolta.
Il Re non rispose, il respiro affannoso, quasi privo di sensi. Susan lo strinse a sé, facendogli appoggiare la testa al suo petto, passandogli una mano sulla fronte sudata. Poi alzò lo sguardo colmo d’odio verso la figura di Rabadash, stagliata sull’entrata della camera.
“Siete un mostro!!!” urlò la Regina, le lacrime che solcavano il suo volto.
“Godetevi gli ultimi attimi insieme, mia signora, perché domattina all’alba il vostro amante morirà. Per decapitazione!”
“Perché?! Perché?!” strillò la ragazza, gli occhi celesti furiosi, disperati, spaventati.
“Perché ha osato violare la mia sposa. E questa è la punizione che merita per aver osato ostacolarmi e ostacolare il grande Tisroc, e Tash! Questo è ciò che accade a chi crede sia possibile sconfiggere l’Impero di Calormen!”
La Regina gemette, incredula. Infine aveva trovato una ragione. Incrociò lo sguardo del padre di Emeth solo per un secondo, poiché egli si voltò altrove.
“Oh, che Aslan mi perdoni” esclamò Susan, “ma tutto quello che meritate è di bruciare all’inferno, Rabadash!”
Lui fece per andarsene. Si rivoltò solo un momento per farle un inchino beffardo.
“Mia signora…”
“Vi odio! Ve la farò pagare! Lo giuro!” gridò ancora Susan, ma la porta si era già richiusa.
Allora abbassò la testa e tronò a guardare Caspian. Lui aveva gli occhi ancora chiusi, respirava veloce. Un lungo taglio gli attraversava una guancia.
“Amore mio, apri gli occhi…guardami…”
Lui emise un lamento e lo fece, cercando di mettere a fuoco il suo viso.
“Non dovevi venire. Non dovevi! Perché l’hai fatto, incosciente?!”
“Perché non sopporto l’idea di non averti vicina” sussurrò il ragazzo a fatica. “Perché Peter ha finalmente dato il suo consenso al nostro matrimonio” sorrise debolmente, cercando di stringerla, ma era troppo debole.
Fu lei a rafforzare la sua stretta su di lui, baciandolo sulla fronte e sul viso.
“Tu devi stare con me, Susan. Sempre”
“E’ tutta colpa mia!” esclamò lei, piangendo. “Mi dispiace, mi dispiace tanto!”.
“Non importa” disse lui con un debole sorriso. “Preferisco di gran lunga essere qui con te, in questa situazione, che saperti da sola con quell’uomo”
“Amore mio…Amore mio…” sussurrò, baciandolo sulla fronte.
Susan tacque a lungo, continuando ad accarezzargli i capelli, cullandolo dolcemente.
Dopo qualche tempo, quando infine riuscì un poco a calmarsi e a pensare lucidamente, gli fece mettere un braccio attorno alle proprie spalle, sostenendolo, mentre si alzavano in piedi.
Caspian avvertì fitte dolorose partirgli dalla schiena e attraversagli tutto il corpo.
“Piano…” disse lei.
Lo aiutò a stendersi sul letto. Poi iniziò a strapparsi una lunga striscia dell’abito verde bosco.
Caspian la guadò stupito. Non piangeva più, ma il petto le si alzava e abbassava veloce per lo sforzo di non scoppiare nuovamente in lacrime. Forza e dignità trasparivano dal suo volto.
“Che cosa fai?”
“Devo curarti, per quanto mi è possibile. Quella ferita è troppo profonda, non mi piace” spiegò lei in fretta, alzandosi solo per un momento, prendendo la brocca dell’acqua dal tavolino di legno e imbevendovi la striscia di stoffa. Tornò da lui e lo guardò, gli occhi pieni d’angoscia. La ragazza vacillò di fronte alla reale gravità delle sue ferite.
La schiena era in pessime condizioni. Rabadash non c’era andato leggero. I tagli inflitti dalle frustate erano lunghi e profondi. Il fianco sanguinava copiosamente e macchiava le coperte. La pelle bruciava.
“Oh mio Dio…” mormorò, soffocando un singhiozzo, premendosi una mano sulla bocca.
Allungò una mano verso di lui, ma Caspian gliela fermò voltandosi appena.
Incontrò lo sguardo spaventato di Susan e abbassò il suo.
“Lascia perdere”
“No” insisté invece lei, liberando la mano da quella di lui e tirando un forte sospiro. “Sdraiati”
Caspian annuì e cercò di sistemarsi lentamente su un fianco, dandole le spalle. Fu scosso da un nuovo spasimo di dolore e la sua fronte cominciò a imperlarsi di altro sudore. Susan allora lo aiutò ancora, con cautela.
Il giovane soffocò un nuovo grido quando lei, per prima cosa, premette forte sulla lesione al fianco.
“Tienilo premuto” gli disse, con un tremito nella voce.
Poi iniziò a pulirgli le ferite, e lui gemette di nuovo, ma subito dopo provando un leggero sollievo a contatto con l’acqua fresca.
La mano di Susan tremava leggermente. Non per l’impressione del sangue, ma perché era il sangue di Caspian. Del suo Caspian. Ed era colpa sua se era in quello stato.
Improvvisamente, la mente corse a quella spaventosa notte in cui avevano affrontato la tempesta e lui era rimasto ferito per salvare Peter. Solo che allora era intervenuta Lucy a mettere a posto le cose con il suo cordiale, anche se Susan aveva temuto il peggio.
Ma adesso…adesso non c’era Lucy, e nemmeno nessuna pozione miracolosa. Non c’era nessuno. A sua disposizione aveva solo acqua, e serviva a poco.
“Senti un po’ di sollievo?” gli chiese, sempre più preoccupata.
“Sì. Un poco” fece lui, respirando forte.
Lei lo guardò, anche se non poteva vederlo in viso. Poi riabbassò lo sguardo. Probabilmente non era vero, ma apprezzò ugualmente il fatto che lui non le facesse pesare l’inutilità di ciò che stava facendo.
“Non serve a niente, lo so. Ma è tutto quello che posso fare”
“Va benissimo. Non continuare a sminuirti” la rimproverò debolmente.
Susan si strappò un altro lembo dalla gonna e lo legò stretto attorno alla sua vita, per cercare di bloccare l’emorragia al fianco.
“Non faccio altro che procurarti guai. Tutto questo non sarebbe successo se io…se non fossi qui…”
“Susan!” esclamò lui, appoggiandosi su un gomito, voltandosi verso di lei con aria estremamente seria. “Non dire mai più una cosa simile. Sono stato chiaro?”
Lei sussultò al tono della sua voce e lo guardò negli occhi. Non doveva dirgli queste cose, non ora che stava male.
“Non devi muoverti…”
Lui la ignorò e le prese una mano. “Tu sei l’unica ragione della mia vita. Se tu non ci fossi, io sarei solo.”
Susan deglutì per non cedere alle lacrime, che in ogni istante erano lì, pronte ad avere il sopravvento su di lei.
“Caspian, ti prego, stai giù”
Lui stavolta ubbidì, ma non smise di parlare, anche se fu costretto a voltarle di nuovo le spalle e non poteva guadarla negli occhi.
Avevano già fatto un discorso simile ma lui sentiva il bisogno di dirlo di nuovo. Non seppe perché proprio in quel momento, forse il meno adatto di tutti, ma era importante che lei lo sapesse ora.
“Prima del tuo arrivo, il mondo per me era fatto solo di paura, rabbia, tristezza e bugie. Dopo la morte dei miei genitori, non c’era nulla per cui valesse la pena vivere. Poi ho trovato una ragione: ho trovato te. E non mi sono più sentito solo”
“Non lo sei mai stato”
Susan si fermò all’improvviso e sentì crescere dentro il suo cuore una tenerezza così immensa da esserne quasi soffocata.
“Avevi Narnia”
“Sì, certamente, ma…” Caspian chiuse gli occhi e sorrise. “Nel periodo che ha separato la mia fuga dal castello di mio zio al vostro arrivo, mi sembrava di stare aspettando qualcosa. Poi sei arrivata tu e allora ho capito che era te che aspettavo…mia madre aveva ragione”
“Cosa?” chiese lei. Non avrebbe voluto che si sforzasse a parlare, ma sembrava in qualche modo che lo distraesse.
Lui riaprì gli occhi, debolmente, alzando una mano e voltandosi un poco per poterle accarezzare il viso.
“Se non conosci l‘amore, la tua sarà sempre una vita vissuta a metà. Ora capisco cosa voleva dire.”
Lei cercò di sorridere.
“Che fai? Diventi romantico proprio adesso?”
Anche lui sorrise. “Miraz diceva che ero uno sciocco sentimentale, come mio padre, e che un simile atteggiamento non è adatto a un Re”
Susan posò il panno macchiato sul letto, sfiorandogli appena la spalla. “Allora non aveva capito proprio niente. Né di te, né di Narnia” sorrise la fanciulla. “Un Re che ama il suo popolo, è un Re che viene amato a sua volta. Narnia stessa è stata creata per amore. Aslan ha messo tutto il suo cuore in questo mondo. Lui stesso è amore. E noi dovremmo essere stati creati a sua immagine. Questo Miraz, così come molti altri, non l’hanno mai capito. La forza su cui si basa tutto quanto non è la magia, ma proprio l’amore. La Grande Magia, è l’amore. Perché fu un atto di estremo amore che Aslan fece quando salvò Edmund, morendo per lui e per tutti noi, sulla Tavola di Pietra”
Caspian aveva richiuso gli occhi, e ora trasse un lungo sospiro. L'attirò a sé, debolmente, e Susan capì che desiderava che lei gli si sdraiasse accanto.
La ragazza si appoggiò ai cuscini, abbracciandolo da dietro, mettendogli un braccio attorno alle spalle con molta delicatezza, per non sfiorare neppure le ferite. Caspian le strinse la mano. La fanciulla gli accarezzò i capelli, e lo baciò più volte sul capo. Lui sembrava calmarsi al suono della sua voce, e Susan allora continuò a parlargli, a lungo, senza smettere di passare la stoffa bagnata sulla sua schiena. Non smise finché i tagli non cessarono di sanguinare. Se il Re rimaneva immobile, c’era la possibilità che si rimarginassero abbastanza in fretta. Ciò che la preoccupava davvero era la ferita al fianco. Susan aveva abbastanza esperienza da capire che era stata inferta da un pugnale e che aveva colpito un punto vitale.
E la situazione non migliorò, nonostante inizialmente così era parso. Lei cominciò davvero a temere per lui.
Caspian rimase in uno stato febbricitante per la maggior parte della notte. Tornò il sudore sulla sua pelle, che lei asciugava e rinfrescava continuamente. Le ferite ancora aperte gli dolevano da impazzire. Si destò appena per il tempo sufficiente da permettere a Susan di fargli bere un po’ d’acqua, poi sprofondò nuovamente in quella specie di sonno agitato. Combatteva una lotta silenziosa nella quale lei non gli era di alcun aiuto. Quando il suo respiro affannoso si regolarizzò, la ragazza capì che aveva perso i sensi, e forse da un lato fu meglio così, si disse. In quel modo almeno non soffriva.
Lo avvolse nelle coperte, per tenerlo al caldo. Non aveva nulla per curarlo, solo acqua, e presto anche quella sarebbe terminata. Stava all’organismo di Caspian combattere le infezioni, adesso. Lui era forte, ce l’avrebbe fatta.
Susan strinse i pungi. Immaginare solo lontanamente che potesse andare diversamente la faceva impazzire.
Rimase sdraiata accanto a lui per tutta la notte, senza dormire, senza nemmeno chiudere gli occhi per riposare un momento. Era stanca, stressata, ma non poteva permetterselo. Continuò a fissarlo attenta, per notare anche il minimo cambiamento in meglio…o anche in peggio.
Caspian rimase sempre nella stessa posizione. Lei di tanto in tanto, gli cambiava la pezza bagnata che aveva posato sulla sua fronte. Faceva ogni movimento con gran delicatezza, per non svegliarlo proprio ora che era riuscito a trovare un pò di tranquillità.
Piangeva in silenzio. S’impose di non farlo ma era più forte di lei.
Perché non ci sono io al suo posto? pensò a un tratto, disperatamente. Lui saprebbe cosa fare, io invece sono un’incapace…
“Sue…smettila di piangere” disse d’un tratto la sua voce, debolmente.
Lei sussultò lievemente. Si era svegliato. Non se n’era accorta non potendo vederlo in viso, essendo lui girato di schiena.
“Non sopporto di vederti piangere”
“Scusami…”
“Vieni qui” le disse Caspian, tentando di voltarsi, ma lei gli mise subito una mano sulla spalla, facendogli capire di non muoversi.
Lui gemette un poco e la sentì scendere dal letto, farne il giro e inginocchiarsi davanti a lui, prendendogli una mano nelle sue.
“Come stai?” gli chiese ansiosa, baciandogliela.
“Non lo so…” ammise Caspian con una smorfia.
Parlare gli costava fatica, come respirare. Finché era stato privo di sensi non lo aveva notato. Ma lo notò lei.
“Non parlare. Riposati”
“No, ascoltami…”
La guardò negli occhi, deglutì e serrò le palpebre.
Lei gli strinse di più la mano.
“Sì, amore mio”
“Devi essere forte. Hai capito?” fece lui riaprendo gli occhi. “Devi trovare il modo di andar via di qui, anche senza di me.”
“No, senza di te io non vado da nessuna parte” disse Susan decisa, scuotendo il capo e guardandolo severa e spaventata al tempo stesso. “Te l’ho già detto: io non ti lascerò mai più, Caspian. Mai più…” singhiozzò ancora, cercando di ricacciare nel petto il dolore che sentiva.
“Susan…ti devi salvare, almeno tu”
“Ora dormi. Non penarci”
“No…”
“Caspian, ti scongiuro, devi riposare” gli passò una mano sul viso, sulla fronte madida di sudore, tra i capelli spettinati. “Ti prego”
Lo guardò, sempre, mentre sospirava, chiudeva gli occhi e annuiva. Continuò ad accarezzarlo, toccando appena il taglio sul suo viso.
“Io resterò con te, perché questo è il mio posto. Per cui non dire più che devo andarmene, perché non lo farò”
Lui sospirò. “Sei una testona…”
Entrambi sorrisero appena.
“Vieni qui” le disse ancora lui, la voce stanca, quasi inudibile. “Qui vicino a me”
Lei allora si alzò, senza mai lasciargli la mano. Si sdraiò accanto a lui e gli baciò il capo, teneramente, poi la fronte, facendogli appoggiare piano la testa sul suo petto.
“Resta con me, amore mio, finché non mi addormenterò” disse Caspian, piano.
“E sarò qui quando ti sveglierai” cercò di sorridere lei, ma non ci riuscì. “E appena starai meglio ce ne andremo. Vedrai che gli altri presto saranno qui”
“Sì…” mormorò lui, quasi senza voce.
Doveva pensare, in fretta. Le ore passavano con una lentezza esasperante, ma anche così, Susan sapeva che il momento che temeva di più si avvicinava inesorabile.
Rabadash avrebbe ucciso Caspian all’alba. La ferita inferta al Re dal principe era un assaggio dell’esito finale.
Le sembrava di stare vivendo uno strano sogno, come quello di cui era stata preda per opera della Strega Bianca. Un songo nel quale tutto era confuso, sfocato, irreale e tuttavia concreto.
Sarebbe successo.
E io non posso fare niente…niente!
Gli accarezzò il volto e lo strinse di più a sé, per proteggerlo.
Ma come? Come?!
Se anche avesse trovato la maniera di sfuggire ai calormeniani, Caspian in quelle condizioni non sarebbe andato lontano. Perché ormai le era chiaro, inutile mentire a sé stessi: la ferita al fianco gli era stata inflitta non solo per indebolirlo e far sì che non riuscisse a ribellarsi in alcun modo, ma soprattutto per fare in modo che non potesse sopravvivere a lungo senza cure immediate se mai fossero riusciti a fuggire.
E se Peter e gli altri non li avessero trovati in tempo, o se non fossero riusciti a portare Caspian sul Veliero dell’Alba prima che si verificasse il peggio, sarebbe toccato a lei portarlo via di lì, in un modo o nell’altro
Pensò e ripenso a svariati piani e possibilità di fuga, tutti uno meno plausibile dell’altro. La verità, anche se faceva di lei un’incapace, era che aveva bisogno di aiuto. Da sola non poteva farcela.
Se solo Aréf tarkaan avesse avuto la coscienza di suo figlio, l’avrebbe aiutata. Invece si era limitato a dirle che non poteva venire meno agli ordini di Rabadash, perché era suo dovere.
No, doveva fare tutto da sola. Sapeva di doverlo fare da sola, prima di perdersi completamente d’animo, sprofondando nella disperazione più completa.
Devi essere forte. Anche Caspian te l’ha detto e tu lo devi fare! Se non lo vuoi fare per te stessa, fallo per lui!
Sì, per lui. Per Caspian avrebbe fatto qualsiasi cosa. Non lo aveva forse già fatto, ignorando le leggi della Grande Magia e tornando a Narnia? Non per il regno, non per Aslan, ma per lui. Solo e soltanto per lui. Caspian era l’unica ragione della sua vita, come lei della sua. L’unica cosa che contasse davvero. La più importante, la più bella. Non poteva perderlo così.
E non le importava nulla se con questi pensieri avesse rischiato di deludere tutti quanti. Era quella la verità: perché una vita a Narnia senza Caspian sarebbe stato come non vivere affatto; ma una vita con Caspian, ovunque, anche nell’angolo più recondito, buio e freddo dell’universo, avrebbe significato tutto. E che il mondo intero cadesse in pezzi, purché lui fosse al suo fianco. Perché finché Caspian viveva, viveva anche lei. Ma se glielo avessero tolto, allora avrebbe desiderato la morte anche per sé stessa.
“Ti amo, dolce Susan” sussurrò lui all’improvviso, spezzando il silenzio. “Ti ho amata sempre”
“Lo so” riuscì solo a dire lei, la voce incrinata.
“Ti amerò sempre”
Caspian ebbe la forza di alzare la testa e posarle un bacio sulla fronte, per poi appoggiarvi una guancia, risprofondando subito dopo in un nuovo stato febbrile.
“Io non ti lascerò morire. Non lo permetterò” sussurrò la Regina, anche su lui non poté sentirla.
E allora, con il viso nascosto tra il suo volto e la sua spalla, Susan scoppiò a piangere senza più controllarsi. I nervi alla fine erano ceduti, l’angoscia aveva preso il sopravvento.
Oh, Aslan, ti prego, prendi la mia vita piuttosto, ma non la sua…ti scongiuro…
Doveva pensare ancora, ma era così stanca…così stanca…


Edmund osservava il cielo schiarirsi a poco a poco. Attraverso le nuvole, le stelle finivano il loro giro e lasciavano il posto al nuovo giorno. Di solito adorava vedere l’alba, in qualsiasi luogo di Narnia si trovasse, era un’abitudine che aveva fin dall’Età d’Oro: svegliarsi prima di tutti gli altri e ammirare le costellazioni sbiadire, le nuvole rincorrersi, i raggi del sole cancellare le sfumature cupe della notte e tingere di nuovo il mondo dei suoi colori.
Ma quel mattino, non la stava vedendo veramente, non la stava assaporando con lo stesso gusto di sempre. I suoi pensieri erano rivolti a qualcosa di molto più serio.
Peter aveva deciso che all’alba si sarebbe deciso sul da farsi: rimanere ad aspettare, andare avanti, o andare in aiuto di Caspian e Susan.
Anche Edmund attendeva lo spuntare del giorno, ma lui la sua decisone l’aveva già presa: a costo d’infrangere la promessa fatta all’amico e andare contro gli ordini del fratello, sarebbe partito per cercarli. E adesso era ora.
Non aveva un’idea precisa di come procedere, solo lo doveva fare.
Si staccò dal parapetto del ponte di comando e scese la scaletta, incontrando Emeth a metà strada.
“Hai deciso?” gli chiese il soldato, molto seriamente.
“Sì. Vado”
I due ragazzi si erano ritrovati a parlare qualche ora prima, appena dopo che il soldato si era separato da Lucy. Avevano scoperto di essere d'accordo sul fatto che, dopo così tante ore, era improbabile che Caspian e Susan ricomparissero. Ormai era evidente che fosse successo qualcosa.
“Portami con te, Edmund.”
Ed fissò un attimo il soldato e poi gli pose una mano su una spalla. Sapeva perché Emeth voleva andare con lui. C’erano due ragioni: la prima era per rivedere suo padre, la seconda era per dimostrare che non fosse una spia.
“D’accordo” acconsentì il Giusto. “In realtà ci avevo già pensato”
“Sul serio?”
Ed annuì. “Conosci la nave, sai come muoverti e passeresti inosservato tra i soldati. Ovviamente, non potrai farti vedere in volto, lo so”
“Non ho paura di questo” replicò Emeth con fierezza. “Ormai sono uno dei vostri. Che vedano pure da che parte sto”
Edmund lo guardò ancora, deciso. “Tu sei pronto?”
Emeth annuì e posò una mano sull’elsa della scimitarra.
“Va bene. Andiamo.”







Cari lettori e lettrici, siamo quasi al capitolo 30!!! Chi l’avrebbe immaginato che questa storia sarebbe durata tanto a lungo?
Ad ogni modo, ditemi cosa pensate di questo capitolo per il quale mi sono impegnata veramente tanto!
Nel frattempo, sappiate che la sottoscritta ha chiesto asilo in un luogo sconosciuto del mondo per non essere trovata dai lettori infuriati e pronti a un linciaggio di massa…XD
Lo so, sono stata davvero tremenda stavolta con Caspian, ma mi perdonate perché le scene con Susan vi sono piaciute, vero??? D’altronde, più si va vanti con la storia, più le situazioni si complicano. E poi lo sapete quanto mi piace creare suspance!!!!
Anche stavolta, si accettano minacce…
A parte gli scherzi: secondo voi, vista la piega che ogni tanto prende la trama, dovrei alzare il rating da verde a giallo? Io lo terrei anche verde, voi che dite? Mi piacerebbe avere un parere.
Purtroppo, come spesso accade ormai, non sono riuscita a mettere tutto quelle che volevo in un solo capitolo. Non c’è stata la scena Shandmund……T____T Però, vedete, siccome sarebbe il primo incontro, vorrei dedicargli più spazio, e non ce n’era…magari nel prossimo.

Ringraziamenti:

Per le preferite:
ActuallyNPH, Anne_Potter, ArianneT, Babylady, catherineheatcliff, Charlotte Atherton, elena22, english_dancer, ErzaScarlet_ , EstherS, Fly_My world, FrancyNike93, HikariMoon, Jordan Jordan, KaMiChAmA_EllY_ , KingPetertheMagnificent, LittleWitch_ , loveaurora, Lules, Martinny, piumetta, SrenaVdW, susan the queen e TheWomanInRed.

Per le ricordate:
ActuallyNPH, Angie_V, Colette_Writer, dalmata91, LilyEverdeen25, Lucinda Grey, Miss Hutcherson e postnubilaphoebus.

Per le seguite:
Allegory86, ArianneT, Arya512, Bellerinasullepunte, Betely, catherineheatcliff, Chanel483, cleme_b, FedeMalik97, Fellik92, FioreDiMeruna, Fly_My world, FrancyNike93, GossipGirl88, irongirl, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Jordan Jordan, Judee, LenShiro, Mari_BubblyGirls, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, Revan93, SerenaVdW, Smurff_LT, susan the queen, SweetSmile, Yukiiiiii e _Autumn

Per le recensioni dello scorso capitolo: C
harlotte Atherton, english_dancer, EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My World, FrancyNike93, GossipGirl88, , Martinny, piumetta, SerenaVdW, e susan the queen


Angolino delle anticipazioni:
E’ guerra! Il secondo round tra Rabadash e Caspian ha visto come vincitore il primo, ma nel prossimo capitolo vedremo una bella battaglia e i narniani gliele suoneranno di santa ragione a quelli di Calormen!!
Come detto sopra, forse ci sarà una Shandmund. Di certo, Shanna apparirà assieme alla Strega.
Prevedo di ritagliare dello spazio per tutte le coppie, soprattutto però per Caspian e Susan, perché vorrete sapere come finirà questa brutta avventura, vero? Penso che non parteciperanno molto allo scontro, specialmente lui.
Infine, ci sarà un colpo di scena che forse molti di voi si aspettano da tempo…

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La nostra Queen è stata selezionata tra le Storie Scelte del sito grazie a Angie_V e Babylady che l’hanno segnalata!!!!!!! Grazieeeee!!!!! Sono così feliceeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!! E' tutto merito vostro, ragazzi, vi adoro!!!!!!!
Inoltre, la storia ha raggiunto le 299 recensioni, per cui nel prossimo capitolo arriviamo a 300!!!!!! Ma è vero? WAAAAAWWWWWWW!!!!!!!!!!!! @.@ oh mamma miaaaaaa!!!!!!!!!!


BENe! (notare le lettere maiuscole, please….XD) anche questa settimana abbiamo concluso.
Ringrazio ancora chi visita il mio blog. Avevo parlato anche di gif…ci sto lavorando, a volte il pc non le carica perché escono tropo pesanti. Ma in settimana arrivano altre nuove foto!!!!
Io vi saluto con un sempre doverosissimo grazie infinte!!!!
Vi bacio e vi abbraccio tutti forte forte forte!!!
Con affetto, Susan<3
   
 
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