[Micol]
Quando
ho aperto gli occhi, non ho riconosciuto il posto, dove mi trovavo,
mi fa male la spalla e il mio fondoschiena è certamente
posato su di un posto
molto freddo, un’ondata di nausea mi convince a tenere ancora
gli occhi chiusi,
mentre cerco di ricordare che diavolo è successo.
Un
senso di costrizione ai polsi mi fa capire di essere ammanettata mentre
apro di scatto gli occhi per mettermi a sedere.
Che
diavolo è successo?
-
Finalmente, mi stavo concretamente annoiando. – dice una voce
che
riconosco immediatamente.
-
Tu! – ho esclamato con odio voltandomi verso di lui
– che diavolo mi hai …
- le parole mi sono morte in gola quando noto le manette anche ai suoi
polsi.
-
Cominciavo seriamente ad annoiarmi, ben svegliata principessa.
– mi
apostrofa lui sarcastico.
E
se sia io sia lui siamo in manette, di certo non è una cosa
buona, di
certo non è stato arrestato.
-
Hai perso la voce mia piccola libellula?
-
Lasciami pensare! – gli dico zittendolo, mentre mi mettevo
velocemente in
piedi.
La
stanza è piccola, 2 metri e ½ per 2 e
½ è dire tanto, l’ambiente è
buio,
illuminato da una semplice lampadina posta vicino all’unica
porta presente
nella stanza, una mini finestra è sopra la sua testa, ma da
lì, con quelle
sbarre non sarebbe passato nessuno di noi. Seppur pessima e degradante,
non c’è
possibilità alcuna che quella fosse una prigione italiana.
Niente bagno, niente
branda, solo noi due, come due leoni in gabbia.
-
Se ti fa sentire migliore sentiti pure libera di pensare ad alta voce
…
magari posso contribuire a illuminarti laddove ti dovessi scordare
qualcosa –
dice ancora lui pungente, essere qui non piace nemmeno a lui, per
quanto stia
facendo lo spavaldo.
-
Brucia, eh? – gli chiedo fissandolo intensamente.
Non
mi risponde, ma in fondo non ce n’è davvero
bisogno, il suo viso e il
suo tono parlano sufficientemente per lui.
Mi
fermo un momento, di fronte alla consapevolezza di essere di fronte
allo
Scheletro, uno degli assassini più efferati
dell’ultimo periodo, uno degli
uomini più ricercati dalla polizia di mezzo mondo, mi perdo
a osservarlo
imbambolata.
Non
c’è agente sopravvissuto a quanto sta succedendo a
me.
I
capelli ricci, gli occhi profondi, il vestito seppur sporco
impeccabile,
quell’aria di sfida ad alzargli le labbra. Non sapevo nulla
del suo aspetto
eppure non avrei immaginato mai nulla di diverso.
-
Soddisfatta?
-
Non immaginavo i capelli bianchi …
-
Faccio un lavoro molto stressante! – mi risponde lui
semplicemente, e mi
viene spontaneo sorridere a quell’orribile battuta, di
pessimo gusto.
Ridiamo
insieme di gusto, prima di tornare seri.
-
Scheletro, come ci sei finito qui?
-
Chiamami Charlie! – mi dice lui interrompendomi.
-
Mi stai dicendo il tuo nome? – chiedo ponendogli la domanda
più stupida
del mondo, il suo sopracciglio alzato è la sola risposta che
merito - Va bene,
Charlie, io sono Micol.
-
Lo so – ribatte lui sarcastico.
-
Sbruffone! Come sei arrivato qua? – gli domando poi, mentre
cercavo di
mettere ordine anche nei miei ricordi.
-
Come te – risponde semplicemente, c’è da
dire, che non è molto utile,
quindi ho provato chiedendogli altro.
-
Perché?
-
Perché vogliono sapere cosa sappiamo. – mi
risponde saggiamente lui.
-
Idioti. – non posso fare a meno di costatare io.
-
Concordo – mi dice lui, evidentemente divertito da quello
strano
siparietto tra di noi.
-
Come hanno fatto? - dico a voce alta più a me stessa che a
lui.
-
Passano davvero molto tempo a giocare con quelle ampolline …
- è la sua
sola risposta, di certo non è molto loquace, molto
sarcastico quello sì. Ecco
cosa potrei aggiungere al curriculum dello Scheletro se mai fossi
sopravvissuta.
-
Da quanto sei sveglio? – gli chiedo ancora, poiché
sembrava, molto più
lucido di me.
-
Un paio d’ore almeno, non sono ancora bravi a dosarlo bene,
credo che
eravamo arrivati qua da poco quando mi sono svegliato, mentre tu hai
dormito
anche dopo essere stata battuta malamente a terra.
-
Magari quando li vediamo, possiamo consigliar loro di aggiustare il
dosaggio?!
-
Non fare così, sono un perfezionista, lo sai.
Scoppiamo
di nuovo a ridere, mentre costatavamo entrambi attoniti la follia
di quella situazione.
Sto
ridendo con il mio nemico, sto ridendo con l’uomo che io come
donna e
come agente sto cercando da mesi. Questa è follia, questa
è pazzia!
-
Dobbiamo uscire da qui!
-
Concordo.
-
Quanta gente c’è fuori? – non mi sono
sfuggite delle voci soffuse,
sentite fin da quando ho aperto gli occhi.
-
Sono almeno cinque persone, due davanti alla porta, tre per il
perimetro
più stretto.
-
Quella porta è impossibile da aprire sempre che tu non abbia
del
plastico?!
-
Purtroppo l’ho lasciato nell’altra giacca.
-
Quindi dobbiamo far sì che loro ci aprano!
-
Io avrei un’idea in merito …
Lo
guardai piuttosto diffidente mentre lui esponeva il suo piano.
-
… mi sembra semplice, e fattibile, non ho dubbi che loro
apriranno la
porta.
-
Mi vuoi fregare?
-
Mi servi per uscire da qui, non lo farei mai, tu mi metterai le
manette,
una volta usciti da qua?
-
Facciamo un patto, quarantotto ore, poi torneremo esattamente come
prima,
tu scappi ed io ti cerco.
-
Potrebbe essere anche il contrario!
-
Hai capito che intendo!!
-
Perfetto, sono d’accordo con te! Ora nella tasca dei miei
pantaloni c’è
un filo, tiralo, sulla coscia c’è una bustina tipo
figurine prendila.
Lo
guardo scettica.
-
Destrosio, ne abbiamo bisogno, tu sei debole io non troppo in forma,
dobbiamo pur sempre spezzargli il collo.
Mi
avvicino, seguo le sue indicazioni fino a prendere il sacchetto, che
gli
porgo immediatamente, lo apre con i denti e porge uno dei due fogli di
destrosio a me.
Buttiamo
la carta per terra, e non faccio in tempo a voltarmi verso di lui
che mi ha già sbattuto al muro le sue mani su i miei fianchi
e la sua bocca
troppo vicina al mio viso.
-
Baciami e ti spezzo il collo.
Lui
sorride sprezzante, avvicinandosi ancora di più a me, mi
morde il
labbro, posso sentire il sapore del sangue in bocca, e mi soffia sulle
labbra –
Non mi permetterei mai, ma tu grida, forza!
Le
sue mani sono sul mio corpo, esperte, vogliose, scaltre, veloci,
m’immobilizza
al muro impedendomi qualsiasi movimento, mi morde la spalla, per
incitarmi a
gridare, cosa che ancora non stavo facendo in maniera troppo
convincente,
probabilmente sconvolta dalla costatazione della sua crescente
eccitazione,
premuta sulla mia coscia.
Sono
ancora mani, strusciamenti e morsi fino a quando non sentiamo la porta
aprirsi, guardo oltre la sua spalla e annuisco, sono due, senza armi in
mano.
-
Hey bello, non ci provare, fai divertire anche noi …
Charlie
fa quello che deve quando sente uno dei due vicino, tira di scatto
la testa indietro, colpendolo sul naso e mandandolo a sbattere contro
il
compare.
Prima
che possano fare qualsiasi cosa, ci fiondiamo su di loro e spezziamo
loro il collo.
Ci
togliamo le manette, li disarmiamo e li rimettiamo seduti fuori dalla
cella che richiudiamo immediatamente.
Questa
era la parte facile, quella nota, quella fattibile, ora si parte per
l’ignoto, non sappiamo, dove siamo e cosa ci aspetta (tipo
“sono solo tre o è
arrivato qualcun altro?”). Troppe domande, nessuna risposta,
una sola certezza,
lo Scheletro è l’unica persona sulla quale posso e
devo contare al momento.
[Oliver]
Ho sentito il
suo stupore nell’accorgersi della
mia sempre più evidente eccitazione, eccitazione sessuale
frammista
all’eccitazione della caccia. Già la caccia,
perché è questo che stiamo
facendo: noi siamo i cacciatori e loro le prede.
Vedere fino a
che punto arriva la loro stupidità
mi stupisce sempre e non mi aiuta a mantenermi vigile.
Sento un fruscio
di passi dietro di me e non sono
quelli di Micol, mi fermo e di scatto faccio partire un calcio rotante,
stile
Chuck Norris in Walker Texas Ranger (che volete farci, mi piace anche
il
trash). Il mio assalitore si accascia a terra con gli occhi colmi di
stupore,
mentre la piccola libellula sopraggiunge spezzandogli il collo a una
velocità
impressionante. Le faccio cenno di prendersi l’arma di questo
povero stolto,
mentre gli frugo nelle tasche, trovando un coltello, qualche spicciolo,
un
cellulare e del filo che usano i pescatori.
Scoppio
di risa in
lontananza.
Sono a 10 m al
massimo da noi.
Quanto
saranno
armati?
- Non sono
tanti, possiamo sopraffarli tranquillamente.
Vedi quella porta là?- ha scambiato la mia esitazione sul
loro armamento per
esitazione sul loro numero. Tsè.
- Mia cara, so
esattamente che cinque non sono
tanti, perché sono cinque,
grazie
per il tentativo di rincuorarmi!
Forse sono stato
un po’ più sarcastico di quanto
avrei voluto, ma non sono certo una verginella alle prime armi!
Entriamo
velocemente nella stanza la cui porta è
stata brillantemente individuata dalla mia giovane collaboratrice, la
ispezioniamo brevemente, ma, ahimè, è un vicolo
cieco, probabilmente è un
archivio, dato l’alto numero di schedari. Vedo la
curiosità da gatta di Micol e
mi avvicino alla porta per controllare le nostre prede, lasciandole un
po’ di
tempo per curiosare qua e là.
- Quando hai
finito con quei piani, vedi nello
schedario in fondo, ci dovrebbero essere delle planimetrie di questo
posto.
La vedo sussultare, mentre
mi apostrofa
dicendomi: - Come fai a sapere che ci sono planimetrie? E soprattutto
proprio nello
schedario in fondo?
[Micol]
Un
sorriso sarcastico gli piega le labbra fino ad arrivare
ai suoi occhi azzurri, che celano dietro la tenebra più buia
e profonda.
Si
prende qualche secondo per ottenere una notevole
pausa a effetto, prima di rispondermi:
- punto
uno, sono stupidi; punto due, io sono
bravo; punto tre, costoro sono in primis burocrati da strapazzo che
vogliono
catechizzare le persone fin da piccole e quindi hanno conservato il
loro
ammasso di cialtronerie per creare una propaganda di massa da inculcare
a
chicchessia, appena assunto il potere, da cui l’archivio;
punto quattro
vogliono fare di questo edificio un posto da addestramento e quindi
hanno
bisogno di conservare le planimetrie.
-
Ma come fai a dire una cosa del genere? E poi addestramento
per cosa? –
Comincio
a dubitare di lui e seriamente anche. Non
è poi così bravo come credevo.
-
Riconosco lo schema, sia dell’edificio sia della
procedura, e ora infilati tu-sai-dove quei documenti che hai preso
pensando che
io non ti guardassi e muoviamoci: i cadaveri attendono!
Okay,
mi rimangio tutto ciò che ho detto, è bravo e
davvero tanto! Tra i files che ho preso c’è anche
un documento su di lui e mi
sa che paranoico com’è se n’è
anche accorto, ma allora perché è così
tranquillo
a tal proposito? Quest’uomo più lo conosco, meno
lo capisco. E non è un bene.
Lo
vedo uscire velocemente uccidendo il primo,
lasciando a me il secondo e il terzo. Con quattro colpi di coltello
uccide il
quarto e si slancia contro il quinto, cui avvolge intorno al collo il
filo da
pesca cominciando poi a tirare fino a farlo svenire.
Mentre
occultiamo i cadaveri, porta con sé il
quinto uomo, ma ora mi sorgono delle domande del tipo “come
faceva a sapere che
erano proprio cinque da un semplice scoppio di risa??” oppure
“perché ne ha
lasciato vivo uno?”. Non credo che sappia cosa sia la
pietà, eppure …
So
che devo fidarmi di lui, ma come faccio a
impedirmi di farmi domande sul suo conto?
-
Per essere un agente del Mossad hai una faccia
particolarmente espressiva. Fai bene a interrogarti su di me. Se mi
prendessi
per scontato, mi faresti incazzare sul serio e già sono
incazzato come una iena
contro questi piccoli miseri omuncoli-
mi dice lui, accompagnando le ultime tre parole con
altrettanti poderosi calci contro l’addome del poveretto che
ha risparmiato.
Ecco,
ora lo riconosco.
Guarda
la cartina, cercando un punto preciso e il
suo sguardo si rischiara quando trova quello che cerca.
[Oliver]
-
Seguimi – le dico, già sapendo che è il
tipo che segue la convenzione di
Ginevra.
La
porto dentro una saletta asettica e la vedo corrucciata quando non
accenno a uscire dalla porticina laterale, che comunica con
l’esterno, secondo
quanto si vede dalla cartina.
-
Stiamo perdendo tempo, Charlie, dobbiamo scappare!
-
No, dobbiamo elaborare un piano. Non so la morfologia esterna
né dove
siamo, so solo che un lato di questo edificio dà sul mare e
sinceramente non
voglio uscire da qui per farmi catturare subito dopo. Ora va alla porta
del
corridoio e controlla. Questa saletta è un obitorio di
riserva, dalla porticina
laterale non verrà nessuno. È periodo di magra
per la Confraternita.
-
Come lo sai? – sbuffa la piccola libellula
-
Ho ammazzato metà dei portantini, una buona parte degli
autisti, molti
adepti e larga parte degli altri killers che questi idioti assumono.
Mi
guarda incredula.
-
Che vuoi? Il monopolio è conveniente, la concorrenza no!
-
Sì, capisco perché hai ammazzato i killers, ma
gli autisti, i portantini
e gli adepti?
-
La Confraternita mi stava andando sulle palle. E comunque sono morti
velocemente, come richiesto dal loro basso rango.
[Micol]
A
posto. Ha fatto una strage solo perché gli
stavano andando sulle palle. Ora che farà, avendo lui stesso
ammesso che l’hanno
fatto incazzare come una bestia?
-
Come fai a sapere del basso rango? – mi sfugge
questa domanda e lui come un maestro, calmo e sereno, mi risponde che
la
posizione del tatuaggio nel corpo indica la posizione degli adepti
nella
Confraternita e, indicando l’uomo che ha legato al tavolo,
conclude:- e costui
è abbastanza importante da poter rispondere alle mie
domande. Ora sbrigati, va
a sorvegliare la porta, io devo fare il mio lavoro. –
E
il suo lavoro non è per niente piacevole né a
guardarsi né a sentirsi, quel poveretto sta subendo le
più atroci torture per
opera di quest’uomo assolutamente spietato quanto
affascinante. Non posso fare
a meno di guardarmi intorno e mi rendo conto che questa saletta non
è
semplicemente una sala autopsia, sembra un obitorio incrociato con una
sala
torture del KGB e deve essere insonorizzata, date le urla non sentite
di questo
poveretto.
Lo
vedo barcollare sfinito e corro da lui a
sostenerlo e ad avvertirlo che ho sentito dei passi, lui annuisce
dicendomi: -
Ok, ora ho un piano, ma devi stare al gioco e non sarà
piacevole, almeno per te
.-
Come
se finora fosse stata una gita turistica!
[Oliver]
I
due sentiti da Micol sono un uomo e una donna, che si stanno svestendo
mentre corrono verso una saletta alla nostra destra. Dati i gemiti che
si
sentono, deve essere una stanza del piacere, il che è molto
utile per la nostra
fuga.
Silenziosamente,
dopo aver aperto la porta della saletta delle torture, li
seguiamo e mentre Micol uccide l’uomo, io mi occupo della
donna, china sul letto.
Mi dà le spalle e non si rende conto che la sta penetrando
un uomo diverso,
persa com’è nel proprio delirio sessuale.
Faccio
cenno a Micol di fingere un rapporto sessuale con il morto e lei,
schifata, fa appena in tempo a mettere in pratica il piano che un
Confratello
apre la porta e mi dice: - Camerata, appena hai finito di scoparti
queste
puttane, vieni a darci una mano. È scattato
l’allarme silenzioso della saletta
qua accanto e dobbiamo catturare la fuggitiva.-
Continuo
a muovermi, alla ricerca del mio piacere, mentre, camuffata la mia
voce, gli dico:- Chi è riuscito a scappare, camerata? E per
colpa di chi?-
-
Una guardia voleva scoparsi la Volpe, che l’ha colpito e poi
torturato.
Ora sta scappando, sbrigati camerata- mi risponde e se ne va
velocemente.
-
Pazzo che non sei altro! Hai fatto scattare tu l’allarme
– mi dice Micol,
che è passata a controllare la porta.
Raggiunto
il mio piacere, uccido quest’adepta idiota e mi accascio sul
letto dicendole: - Ora dobbiamo aspettare una mezz’ora.-
Vedo
Micol ancora incerta, non del tutto sicura del mio piano, ma
com’è
vero Iddio, io riuscirò a portare me stesso e lei fuori da
questo posto.
E
così ho fatto.
Trascorsa
questa mezz’ora, abbiamo indossato gli abiti di questi due
idioti
e siamo usciti dalla porta principale. Presa la macchina della donna,
ce ne
siamo andati in tutta tranquillità.
Perdonate il ritardo nella pubblicazione, complice una brutta influenza e tanti impegni che ci siamo rallentate, ma fermate mai, non esiste...
Che ve ne pare di questi due che collaborano insieme? Che ne dite?
Sempre grazie a chi ci legge e continua a seguirci.
Vi ricordo il link al nostro
gruppo... per spoiler, foto, e noi due autrici... Otherwise-good's Corner