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Autore: TurboLisbeth    20/05/2013    2 recensioni
Un pericoloso quanto scaltro assassino, una delirante e malvagia Setta di Confratelli, un’ audace giovane donna, un uomo tanto ingenuo quanto onesto che si ritrovano invischiati in un’appassionante storia dall’intreccio mozzafiato.
Il ritmo della storia è serrato, nuovo, frutto della mente (perversa se volete) di due giovani autrici.
Cosa vi riserverà la storia? Aprite la pagina … il racconto vi attende!
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Gente di sangue


Nessuno restera impunito


[Micol]

Quando ho aperto gli occhi, non ho riconosciuto il posto, dove mi trovavo, mi fa male la spalla e il mio fondoschiena è certamente posato su di un posto molto freddo, un’ondata di nausea mi convince a tenere ancora gli occhi chiusi, mentre cerco di ricordare che diavolo è successo.

Un senso di costrizione ai polsi mi fa capire di essere ammanettata mentre apro di scatto gli occhi per mettermi a sedere.

Che diavolo è successo?

- Finalmente, mi stavo concretamente annoiando. – dice una voce che riconosco immediatamente.

- Tu! – ho esclamato con odio voltandomi verso di lui – che diavolo mi hai … - le parole mi sono morte in gola quando noto le manette anche ai suoi polsi.

- Cominciavo seriamente ad annoiarmi, ben svegliata principessa. – mi apostrofa lui sarcastico.

E se sia io sia lui siamo in manette, di certo non è una cosa buona, di certo non è stato arrestato.

- Hai perso la voce mia piccola libellula?

- Lasciami pensare! – gli dico zittendolo, mentre mi mettevo velocemente in piedi.

La stanza è piccola, 2 metri e ½ per 2 e ½ è dire tanto, l’ambiente è buio, illuminato da una semplice lampadina posta vicino all’unica porta presente nella stanza, una mini finestra è sopra la sua testa, ma da lì, con quelle sbarre non sarebbe passato nessuno di noi. Seppur pessima e degradante, non c’è possibilità alcuna che quella fosse una prigione italiana. Niente bagno, niente branda, solo noi due, come due leoni in gabbia.

- Se ti fa sentire migliore sentiti pure libera di pensare ad alta voce … magari posso contribuire a illuminarti laddove ti dovessi scordare qualcosa – dice ancora lui pungente, essere qui non piace nemmeno a lui, per quanto stia facendo lo spavaldo.

- Brucia, eh? – gli chiedo fissandolo intensamente.

Non mi risponde, ma in fondo non ce n’è davvero bisogno, il suo viso e il suo tono parlano sufficientemente per lui.

Mi fermo un momento, di fronte alla consapevolezza di essere di fronte allo Scheletro, uno degli assassini più efferati dell’ultimo periodo, uno degli uomini più ricercati dalla polizia di mezzo mondo, mi perdo a osservarlo imbambolata.

Non c’è agente sopravvissuto a quanto sta succedendo a me.

I capelli ricci, gli occhi profondi, il vestito seppur sporco impeccabile, quell’aria di sfida ad alzargli le labbra. Non sapevo nulla del suo aspetto eppure non avrei immaginato mai nulla di diverso.

- Soddisfatta?

- Non immaginavo i capelli bianchi …

- Faccio un lavoro molto stressante! – mi risponde lui semplicemente, e mi viene spontaneo sorridere a quell’orribile battuta, di pessimo gusto.

Ridiamo insieme di gusto, prima di tornare seri.

- Scheletro, come ci sei finito qui?

- Chiamami Charlie! – mi dice lui interrompendomi.

- Mi stai dicendo il tuo nome? – chiedo ponendogli la domanda più stupida del mondo, il suo sopracciglio alzato è la sola risposta che merito - Va bene, Charlie, io sono Micol.

- Lo so – ribatte lui sarcastico.

- Sbruffone! Come sei arrivato qua? – gli domando poi, mentre cercavo di mettere ordine anche nei miei ricordi.

- Come te – risponde semplicemente, c’è da dire, che non è molto utile, quindi ho provato chiedendogli altro.

- Perché?

- Perché vogliono sapere cosa sappiamo. – mi risponde saggiamente lui.

- Idioti. – non posso fare a meno di costatare io.

- Concordo – mi dice lui, evidentemente divertito da quello strano siparietto tra di noi.

- Come hanno fatto? - dico a voce alta più a me stessa che a lui.

- Passano davvero molto tempo a giocare con quelle ampolline … - è la sua sola risposta, di certo non è molto loquace, molto sarcastico quello sì. Ecco cosa potrei aggiungere al curriculum dello Scheletro se mai fossi sopravvissuta.

- Da quanto sei sveglio? – gli chiedo ancora, poiché sembrava, molto più lucido di me.

- Un paio d’ore almeno, non sono ancora bravi a dosarlo bene, credo che eravamo arrivati qua da poco quando mi sono svegliato, mentre tu hai dormito anche dopo essere stata battuta malamente a terra.

- Magari quando li vediamo, possiamo consigliar loro di aggiustare il dosaggio?!

- Non fare così, sono un perfezionista, lo sai.

Scoppiamo di nuovo a ridere, mentre costatavamo entrambi attoniti la follia di quella situazione.

Sto ridendo con il mio nemico, sto ridendo con l’uomo che io come donna e come agente sto cercando da mesi. Questa è follia, questa è pazzia!

- Dobbiamo uscire da qui!

- Concordo.

- Quanta gente c’è fuori? – non mi sono sfuggite delle voci soffuse, sentite fin da quando ho aperto gli occhi.

- Sono almeno cinque persone, due davanti alla porta, tre per il perimetro più stretto.

- Quella porta è impossibile da aprire sempre che tu non abbia del plastico?!

- Purtroppo l’ho lasciato nell’altra giacca.

- Quindi dobbiamo far sì che loro ci aprano!

- Io avrei un’idea in merito …

Lo guardai piuttosto diffidente mentre lui esponeva il suo piano.

- … mi sembra semplice, e fattibile, non ho dubbi che loro apriranno la porta.

- Mi vuoi fregare?

- Mi servi per uscire da qui, non lo farei mai, tu mi metterai le manette, una volta usciti da qua?

- Facciamo un patto, quarantotto ore, poi torneremo esattamente come prima, tu scappi ed io ti cerco.

- Potrebbe essere anche il contrario!

- Hai capito che intendo!!

- Perfetto, sono d’accordo con te! Ora nella tasca dei miei pantaloni c’è un filo, tiralo, sulla coscia c’è una bustina tipo figurine prendila.

Lo guardo scettica.

- Destrosio, ne abbiamo bisogno, tu sei debole io non troppo in forma, dobbiamo pur sempre spezzargli il collo.

Mi avvicino, seguo le sue indicazioni fino a prendere il sacchetto, che gli porgo immediatamente, lo apre con i denti e porge uno dei due fogli di destrosio a me.

Buttiamo la carta per terra, e non faccio in tempo a voltarmi verso di lui che mi ha già sbattuto al muro le sue mani su i miei fianchi e la sua bocca troppo vicina al mio viso.

- Baciami e ti spezzo il collo.

Lui sorride sprezzante, avvicinandosi ancora di più a me, mi morde il labbro, posso sentire il sapore del sangue in bocca, e mi soffia sulle labbra – Non mi permetterei mai, ma tu grida, forza!

Le sue mani sono sul mio corpo, esperte, vogliose, scaltre, veloci, m’immobilizza al muro impedendomi qualsiasi movimento, mi morde la spalla, per incitarmi a gridare, cosa che ancora non stavo facendo in maniera troppo convincente, probabilmente sconvolta dalla costatazione della sua crescente eccitazione, premuta sulla mia coscia.

Sono ancora mani, strusciamenti e morsi fino a quando non sentiamo la porta aprirsi, guardo oltre la sua spalla e annuisco, sono due, senza armi in mano.

- Hey bello, non ci provare, fai divertire anche noi …

Charlie fa quello che deve quando sente uno dei due vicino, tira di scatto la testa indietro, colpendolo sul naso e mandandolo a sbattere contro il compare.

Prima che possano fare qualsiasi cosa, ci fiondiamo su di loro e spezziamo loro il collo.

Ci togliamo le manette, li disarmiamo e li rimettiamo seduti fuori dalla cella che richiudiamo immediatamente.

Questa era la parte facile, quella nota, quella fattibile, ora si parte per l’ignoto, non sappiamo, dove siamo e cosa ci aspetta (tipo “sono solo tre o è arrivato qualcun altro?”). Troppe domande, nessuna risposta, una sola certezza, lo Scheletro è l’unica persona sulla quale posso e devo contare al momento.

 

[Oliver]

Ho sentito il suo stupore nell’accorgersi della mia sempre più evidente eccitazione, eccitazione sessuale frammista all’eccitazione della caccia. Già la caccia, perché è questo che stiamo facendo: noi siamo i cacciatori e loro le prede.

Vedere fino a che punto arriva la loro stupidità mi stupisce sempre e non mi aiuta a mantenermi vigile.

Sento un fruscio di passi dietro di me e non sono quelli di Micol, mi fermo e di scatto faccio partire un calcio rotante, stile Chuck Norris in Walker Texas Ranger (che volete farci, mi piace anche il trash). Il mio assalitore si accascia a terra con gli occhi colmi di stupore, mentre la piccola libellula sopraggiunge spezzandogli il collo a una velocità impressionante. Le faccio cenno di prendersi l’arma di questo povero stolto, mentre gli frugo nelle tasche, trovando un coltello, qualche spicciolo, un cellulare e del filo che usano i pescatori.

Scoppio di risa in lontananza.

Sono a 10 m al massimo da noi.

Quanto saranno armati?

- Non sono tanti, possiamo sopraffarli tranquillamente. Vedi quella porta là?- ha scambiato la mia esitazione sul loro armamento per esitazione sul loro numero. Tsè.

- Mia cara, so esattamente che cinque non sono tanti, perché sono cinque, grazie per il tentativo di rincuorarmi!

Forse sono stato un po’ più sarcastico di quanto avrei voluto, ma non sono certo una verginella alle prime armi!

Entriamo velocemente nella stanza la cui porta è stata brillantemente individuata dalla mia giovane collaboratrice, la ispezioniamo brevemente, ma, ahimè, è un vicolo cieco, probabilmente è un archivio, dato l’alto numero di schedari. Vedo la curiosità da gatta di Micol e mi avvicino alla porta per controllare le nostre prede, lasciandole un po’ di tempo per curiosare qua e là.

- Quando hai finito con quei piani, vedi nello schedario in fondo, ci dovrebbero essere delle planimetrie di questo posto.

La vedo sussultare, mentre mi apostrofa dicendomi: - Come fai a sapere che ci sono planimetrie? E soprattutto proprio nello schedario in fondo?

 

[Micol]

Un sorriso sarcastico gli piega le labbra fino ad arrivare ai suoi occhi azzurri, che celano dietro la tenebra più buia e profonda.

Si prende qualche secondo per ottenere una notevole pausa a effetto, prima di rispondermi:                   - punto uno, sono stupidi; punto due, io sono bravo; punto tre, costoro sono in primis burocrati da strapazzo che vogliono catechizzare le persone fin da piccole e quindi hanno conservato il loro ammasso di cialtronerie per creare una propaganda di massa da inculcare a chicchessia, appena assunto il potere, da cui l’archivio; punto quattro vogliono fare di questo edificio un posto da addestramento e quindi hanno bisogno di conservare le planimetrie.

- Ma come fai a dire una cosa del genere? E poi addestramento per cosa? –

Comincio a dubitare di lui e seriamente anche. Non è poi così bravo come credevo.

- Riconosco lo schema, sia dell’edificio sia della procedura, e ora infilati tu-sai-dove quei documenti che hai preso pensando che io non ti guardassi e muoviamoci: i cadaveri attendono!

Okay, mi rimangio tutto ciò che ho detto, è bravo e davvero tanto! Tra i files che ho preso c’è anche un documento su di lui e mi sa che paranoico com’è se n’è anche accorto, ma allora perché è così tranquillo a tal proposito? Quest’uomo più lo conosco, meno lo capisco. E non è un bene.

Lo vedo uscire velocemente uccidendo il primo, lasciando a me il secondo e il terzo. Con quattro colpi di coltello uccide il quarto e si slancia contro il quinto, cui avvolge intorno al collo il filo da pesca cominciando poi a tirare fino a farlo svenire.

Mentre occultiamo i cadaveri, porta con sé il quinto uomo, ma ora mi sorgono delle domande del tipo “come faceva a sapere che erano proprio cinque da un semplice scoppio di risa??” oppure “perché ne ha lasciato vivo uno?”. Non credo che sappia cosa sia la pietà, eppure …

So che devo fidarmi di lui, ma come faccio a impedirmi di farmi domande sul suo conto?

- Per essere un agente del Mossad hai una faccia particolarmente espressiva. Fai bene a interrogarti su di me. Se mi prendessi per scontato, mi faresti incazzare sul serio e già sono incazzato come una iena contro questi piccoli miseri omuncoli- mi dice lui, accompagnando le ultime tre parole con altrettanti poderosi calci contro l’addome del poveretto che ha risparmiato.

Ecco, ora lo riconosco.

Guarda la cartina, cercando un punto preciso e il suo sguardo si rischiara quando trova quello che cerca.

 

[Oliver]

- Seguimi – le dico, già sapendo che è il tipo che segue la convenzione di Ginevra.

La porto dentro una saletta asettica e la vedo corrucciata quando non accenno a uscire dalla porticina laterale, che comunica con l’esterno, secondo quanto si vede dalla cartina.

- Stiamo perdendo tempo, Charlie, dobbiamo scappare!

- No, dobbiamo elaborare un piano. Non so la morfologia esterna né dove siamo, so solo che un lato di questo edificio dà sul mare e sinceramente non voglio uscire da qui per farmi catturare subito dopo. Ora va alla porta del corridoio e controlla. Questa saletta è un obitorio di riserva, dalla porticina laterale non verrà nessuno. È periodo di magra per la Confraternita.

- Come lo sai? – sbuffa la piccola libellula

- Ho ammazzato metà dei portantini, una buona parte degli autisti, molti adepti e larga parte degli altri killers che questi idioti assumono.

Mi guarda incredula.

- Che vuoi? Il monopolio è conveniente, la concorrenza no!

- Sì, capisco perché hai ammazzato i killers, ma gli autisti, i portantini e gli adepti?

- La Confraternita mi stava andando sulle palle. E comunque sono morti velocemente, come richiesto dal loro basso rango.

 

[Micol]

A posto. Ha fatto una strage solo perché gli stavano andando sulle palle. Ora che farà, avendo lui stesso ammesso che l’hanno fatto incazzare come una bestia?

- Come fai a sapere del basso rango? – mi sfugge questa domanda e lui come un maestro, calmo e sereno, mi risponde che la posizione del tatuaggio nel corpo indica la posizione degli adepti nella Confraternita e, indicando l’uomo che ha legato al tavolo, conclude:- e costui è abbastanza importante da poter rispondere alle mie domande. Ora sbrigati, va a sorvegliare la porta, io devo fare il mio lavoro. –

E il suo lavoro non è per niente piacevole né a guardarsi né a sentirsi, quel poveretto sta subendo le più atroci torture per opera di quest’uomo assolutamente spietato quanto affascinante. Non posso fare a meno di guardarmi intorno e mi rendo conto che questa saletta non è semplicemente una sala autopsia, sembra un obitorio incrociato con una sala torture del KGB e deve essere insonorizzata, date le urla non sentite di questo poveretto.

Lo vedo barcollare sfinito e corro da lui a sostenerlo e ad avvertirlo che ho sentito dei passi, lui annuisce dicendomi: - Ok, ora ho un piano, ma devi stare al gioco e non sarà piacevole, almeno per te .-

Come se finora fosse stata una gita turistica!

 

[Oliver]

I due sentiti da Micol sono un uomo e una donna, che si stanno svestendo mentre corrono verso una saletta alla nostra destra. Dati i gemiti che si sentono, deve essere una stanza del piacere, il che è molto utile per la nostra fuga.

Silenziosamente, dopo aver aperto la porta della saletta delle torture, li seguiamo e mentre Micol uccide l’uomo, io mi occupo della donna, china sul letto. Mi dà le spalle e non si rende conto che la sta penetrando un uomo diverso, persa com’è nel proprio delirio sessuale.

Faccio cenno a Micol di fingere un rapporto sessuale con il morto e lei, schifata, fa appena in tempo a mettere in pratica il piano che un Confratello apre la porta e mi dice: - Camerata, appena hai finito di scoparti queste puttane, vieni a darci una mano. È scattato l’allarme silenzioso della saletta qua accanto e dobbiamo catturare la fuggitiva.-

Continuo a muovermi, alla ricerca del mio piacere, mentre, camuffata la mia voce, gli dico:- Chi è riuscito a scappare, camerata? E per colpa di chi?-

- Una guardia voleva scoparsi la Volpe, che l’ha colpito e poi torturato. Ora sta scappando, sbrigati camerata- mi risponde e se ne va velocemente.

- Pazzo che non sei altro! Hai fatto scattare tu l’allarme – mi dice Micol, che è passata a controllare la porta.

Raggiunto il mio piacere, uccido quest’adepta idiota e mi accascio sul letto dicendole: - Ora dobbiamo aspettare una mezz’ora.-

Vedo Micol ancora incerta, non del tutto sicura del mio piano, ma com’è vero Iddio, io riuscirò a portare me stesso e lei fuori da questo posto.

E così ho fatto.

Trascorsa questa mezz’ora, abbiamo indossato gli abiti di questi due idioti e siamo usciti dalla porta principale. Presa la macchina della donna, ce ne siamo andati in tutta tranquillità.

 

 

 

 

 

 

  


 



 

 


Perdonate il ritardo nella pubblicazione, complice una brutta influenza e tanti impegni che ci siamo rallentate, ma fermate mai, non esiste...

Che ve ne pare di questi due che collaborano insieme? Che ne dite?


Sempre grazie a chi ci legge e continua a seguirci.


Vi ricordo il link al nostro gruppo... per spoiler, foto, e noi due autrici... Otherwise-good's Corner

  
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