The Seventh:Winter
•
PART 5: Keepin'
•
Chapt 14: No One's Gonna Fix Me when I'm Broke
There is a pleasure in
the pathless woods.
"Sei
rimasta in stato catatonico per sette ore." Con la
mano stretta nella sua Clint ha spiegato tutto: come è
stata ritrovata e da chi, cosa è successo a Darcy - sta meglio ed in ospedale
per accertamenti piantonata dalla Hill e ci rimarrà per i prossimi giorni - e
come sono sparite le Gemme, di Thor che dopo quest'ultimo fatto ha deciso di
tornare ad Asgard dove la guerra sta incombendo.
Natasha
ascolta in silenzio ed interviene solo quando, alla
fine del suo racconto, sbotta qualcosa riguardo a come Loki abbia creato tutto
questo. "Non è stato lui."
"Cosa?"
"Ho
detto che non è stato lui. Era Amora, l'Incantatrice,
che mi ha attaccato e rubato le Gemme."
Clint
sbianca, appoggia il gomito sul bordo del comodino ed il palmo al viso con aria
colpevole: "Anche Addison era sicura che non fosse opera di Loki, però
noi... beh non le abbiamo creduto." Natasha
sospira. "Abbiamo iniziato a litigare. Molto forte, ammetto di esserci
andato giù pesante. Ma devi capire...! Temevo di
averti persa ero... ero fuori di me."
"Dov'è ora?"
"Ha
voluto accompagnare Thor su Asgard, ma non è ancora tornata."
"Questo
è il motivo per cui Fury si prodiga per promuovere le
quote rosa all'interno dello S.H.I.E.L.D.: Troppo testosterone nella stessa
stanza inibisce il corretto lavoro dei neuroni."
"Nat,
mi sento abbastanza una merda di mio, non c'è bisogno che tu..."
"Bene!
Dovresti sentirti peggio!" Inizia a trafficare con l'ago della flebo di glucosio, sfilandoselo dal braccio senza
badare alle proteste dell'uomo: "Non mi serve più questa roba. Sono
sveglia, attiva e anche abbastanza incazzata. Passami la mia tuta senza far
storie, che hai già combinato abbastanza casini in mia assenza."
"Oh,
per favore! Vuoi farmi credere che al mio posto tu avresti
agito diversamente?"
"Avrei
ra-gio-na-to, Barton, prima di
assalire una mia compagna senza un briciolo di prove..."
"No,
no, tu le avresti creduto senza neppure porti un
minimo di dubbio!" Clint prende la tuta di Natasha dalla sedia e gliela
getta addosso furibondo: "Perché è così: ad Addison si crede, Addison non
sbaglia mai ed Addison è degna di ogni cazzo di fiducia, nonostante si scopi
una pseudodivinità psicotica che ha cercato di farci la pelle a tutti quanti,
abbia distrutto mezza New York e, soprattutto, ammazzato Phil. A me, invece, povero
idiota che non ha fatto altro che essere il tuo zerbino per mesi, non si può usare neppure un
briciolo di comprensione quando perde le staffe
davanti alla propria donna ridotta ad una larva
senza che sappia neppure come e perché!"
"Oh,
smettila di fare il bambino!"
"Il
bambino? Essere disperato per le condizioni della persona che si ama è da bambini? Perché è questo che ero, Natasha: disperato.
Tu al mio posto non lo saresti stata?" Natasha lo studia
per un secondo: schiude le labbra per dire qualcosa, ma all'ultimo minuto si
rende conto di non riuscire ad usare bene le parole senza risultare patetica o
forzata. Lui alza le mani in segno di resa: "Sei stata abbastanza
eloquente così. Ti ringrazio per la sincerità."
"Clint,
non..."
"Ti
prego, non aggiungere altro: finiamo tutta questa follia, dopodiché farò sparire la mia roba da casa tua - anzi, da casa vostra - e torneremo semplicemente ad essere colleghi, con somma
gioia di Fury." Il groppo in gola gli rende difficile mantenere la voce
ferma, ma prima che Natasha possa cercare di spiegarsi ha già lasciato la
stanza.
Si
allaccia la zip della tuta con lo stomaco serrato in
un groviglio soffocante e gli occhi che pizzicano: apre la porta per
raggiungerlo, fermarlo, cercare di parlare e risolvere.
Il
corridoio è vuoto.
Natasha
lascia che due grosse lacrime rotolino lungo le guance. Poi le asciuga in
fretta con il dorso della mano ed inspira a fondo.
Ci sono alte priorità, ora, che cercare di far ragionare un
mulo, per quanto importante sia.
Passiamo
attraverso due ali di soldati rigidamente schierati nella piazza d'armi, venendo accolti da Hogun che spiega brevemente la
suddivisione delle unità ed i luoghi in cui si sono piazzati. "Odino ha
riunito un consiglio militare, stavamo aspettando te per iniziare a dibattere." aggiunge. "Heimdall vede le truppe di Malekith
schierarsi. Gli altri membri del consiglio sono dell'idea di batterli sul tempo
e attaccarli: abbiamo abbastanza Gemme per..."
"Non
abbiamo abbastanza Gemme." rivela con voce grave
Thor. "Sono state sottratte."
"...cosa?"
Li lascio proseguire verso l'entrata del palazzo: ho sentito
un richiamo dal mio bracciale rilevatore: Attivando l'ologramma, mi mostra il
punto rosso della Gemma del Potere ed una sfilza di coordinate ed i dati di
rilevazione ed una mappatura basilare.
Oh, cavolo.
Richiamo
Thor, lo rincorro e mi piazzo davanti a a bloccarlo:
poi ingrandisco l'ologramma e glielo mostro: "È un'altra dimensione, un
altro mondo, giusto? So che le coordinate non possono aiutarti, ma riesci a
stabilire dove si trova?"
Lo
vedo strizzare gli occhi e scuotere piano la testa. "Andiamo, ha una
temperatura relativamente bassa, alta umidità e sembra piuttosto impervio come
terreno. Non può essere Jotunheim ma..."
La
voce profonda di Heimdal mi fa trasalire: "Niflheim." Mi volto verso il guardiano comparso alle mie
spalle. "Ottimo. Insegnami la strada, devo..."
"Non
da sola!"
"Non
sai di cosa si tratta, Lady GreyRaven. Niflheim è il
regno del timore, popolato da creature spaventose e avvolto in una perenne cortina
di nebbia e gelo." Spiega il Guardiano
"Valicarne i cancelli significa andar contro ad una terribile sorte."
Con
cipiglio seccato, Morrigan si posiziona già sulla mia
mano: "Con tutto il rispetto, Heimdall, dopo aver combattuto qualche volta Chitauri e Jotun, essere
passata attraverso la distruzione della mia città un paio di volte, ritornata dall'Oltretomba, fatto una gita su
Jotunheim ed essere coinquilina della VedovaNera da ormai sette anni, direi che
posso fregiarmi del titolo di Veterana
del Terrore. Non abbiamo alternative: Il tempo stringe e dobbiamo
recuperare la Gemma prima che lo faccia Malekith. Indicami la strada."
"Ti
accompegnerò..."
"No,
Thor, il tuo posto è qui ora."
"Allora
sarò io ad accompagnarti."
"Heimdall,
non è necessario..."
"Se
sarai così veloce come dici, allora la mia assenza su questo regno si ridurrà a
poche ore."
"Che potrebbero essere cruciali. Andrò da
sola, farò presto.”
“Te
lo vieto, e questo è un ordine." conclude Thor, e
davanti al suo sguardo fermo e deciso mi arrendo. Quando porgo la mano ad Heimdall il principe di Asgard china la testa di lato,
incuriosito: "Ma non..." Allunga le labbra ad imitare impacciato un
bacio.
"Ah,
quello! No, l'altra volta ti ho preso in giro."
Il Guardiano stringe la mia mano e quando gli chiedo di concentrarsi sul luogo
di destinazione sento passare la direzione
attraverso il palmo.
Ritiro
la mano un secondo dopo che il becco di Morrigan mi colpisce.
Hogun
alza le spalle e sospira: "Beh. Dall'amante di Loki dovevamo aspettarcelo
un colpo basso."
Le
dita di Thor stringono il manico del Mjolnir con più forza, la fronte corrugata
a sottolineare il suo sdegno. “Heimdall, vieni con
me.” Ringhia dirigendosi a passo svelto verso il Palazzo. “Hogun, chiama Sif e
gli altri e digli di armarsi: vi voglio alla presenza di Odino,
ora. Energia Oscura o meno, mio padre ci dovrà portare su Niflheim ora. Non possiamo gettare al vento la
possibilità di recuperare una Gemma per colpa della testardaggine di una donna
infuriata.”
Le
leggende su Niflheim avevano sempre esercitato su di lui il fascino perverso
che solo le storie dell’orrore potevano donare ai bambini: racconti di mostri e
misteri, foreste sinistre e spoglie avvolte dalla fitta nebbia.
Un
regno lontano e pressoché sconosciuto: Gli Asgardiani che l’avevano visitato e
che erano tornati indietro in grado di poter raccontare ciò che avevano visto si
contavano sulle dita di una mano.
La
nebbia perenne, poi, metteva in seria difficoltà lo sguardo del Guardiano che
raramente riusciva a controllare quelle lande desolate. Non che gli
interessasse granché: era pur sempre un posto remoto, dove a fitte foreste si
alternavano brulle vallate abitate da esseri a malapena senzienti e per lo più
deformi, niente che suscitasse interesse o fosse realmente utile o pericoloso
alla gloriosa roccaforte di Odino.
Camminando
nella nebbia, con l’umidità ad arricciargli i capelli ed il muschio sotto agli stivali ad attutire i suoi passi come un cuscino, Loki
scopre che quel posto desolato gli dona invece un'insperata pace, trovandolo a
sé affine: solitario ed ombroso, silenzioso e malinconico, di una bellezza non
comune e sottovalutata.
Cattura
lo sguardo cremisi di una lupa grigia tra i cespugli irti e si lascia
avvicinare ed annusare: “Non c’è carne buona per te, in questo corpo” Commenta
laconico. La lupa lo studia, girandogli intorno, e poi si siede e lo fissa con
curiosità: Loki allunga lentamente la mano a sfiorarne il pelo folto del dorso.
“Saggia creatura, cerchi di comprendere ciò che a te è sconosciuto senza
temerlo o attaccarlo per prima. Bestie che si definiscono uomini dovrebbero
imparare dal tuo comportamento.” Si allontana appena
dall’animale e si guarda attorno: Quella radura è troppo piccola per il suo
scopo. “Cerco un posto più ampio di questo, sapresti
aiutarmi?”
La
lupa si alza, abbia un richiamo e si incammina
lentamente lungo il pendio della montagna.
Loki
la segue.
Amora
è un serpente che ama ornare le spalle di un padrone, prima di stringerlo nella
morsa delle sue spire e soffocarlo. Muove i fili di marionette coronate
insinuandosi nelle loro vite e nella loro mente con simulato servilismo sino a
diventarne l’occulta padrona. Malekith è solo un fantoccio aizzato dalla rabbia
per un torto ancestrale, lo strumento attraverso cui
l'Incantatrice può arrivare al potere.
Lui
era stato un ragazzino inquieto e meditabondo che soffriva nell'ombra dello
splendore eccelso del fratello.
Era stata la sua Maestra e lui era stato un Allievo
eccezionale.
Aveva
appreso magie ed incantesimi tanto quanto i comportamenti senza che lei
realmente lo desiderasse – doveva essere il suo
fantoccio, non il suo pari - e aveva fatto proprie le arti che tanto lo
ammaliavano.
L’arte
di plagiare le menti facendo leva sulle debolezze. L’arte di ingannare. L’arte
di mentire e recitare. L’arte di agire nell’ombra. L’arte di tendere trappole.
Trappole, appunto.
La
radura a cui la lupa l’ha condotto si apre tra picchi di rocce che spuntano
nere tra la rada erba grigia. Avvolta dalla nebbia, il posto è l’arena perfetta
su cui si consumerà il loro scontro.
Conoscendola,
Amora avrà insistito per essere lei stessa responsabile della raccolta delle
Gemme: vuole averle sotto mano, sotto suo diretto controllo per poterle
maneggiare a suo piacimento, anche solo per celarle allo sguardo, ai sensi o
alle tecnologie degli avversari.
Cosa che le riesce piuttosto
bene, dato che neppure Loki è riuscito a captarne il potere ed a localizzarla.
Ma, a
quanto pare, neppure lui è stato da meno: due Gemme in mano e nessuno che gli sia piombato addosso; la mossa di offuscare la mente
di Selvig – di nuovo – per fargli sabotare le sue stesse tecnologie aveva dato
i suoi frutti, i Vendicatori non erano neppure riusciti a localizzare la Gemma
che si trovava nel loro stesso pianeta.
Trovata
tra le dune di un deserto sabbioso di Midgard, la Gemma del Potere sembra
trepidare d’attesa, gettando uno screzio rubino tra le
dita pallide.
Gemma
dello Spazio e Gemma del Potere: possono bastare per una bella vendetta.
Loki
chiude gli occhi e scioglie la barriera attorno alle Gemme: ora non sono più
celate allo sguardo e all’individuazione di nessuno.
Si
siede su una delle rocce umide, la lupa al suo fianco.
La
trappola è pronta: ora non resta solo che attendere.
Alberi
altissimi e spogli, vegetazione del sottobosco
rinsecchita e spinosa. Nebbia bassa, umida e gelida nel buio della foresta. Rumori sinistri, ululati e latrati in lontananza.
Per
quanto ho potuto vedere negli ultimi dieci minuti, Niflheim non è molto diversa
dalla Selva che circonda il Limbo.
Un po’ più cupa e fredda, forse.
E popolata da esseri più
disgustosi, a giudicare dal millepiedi grosso come un castoro che passa a pochi
centimetri da me alzando minaccioso gli aculei neri.
Non
c’è tempo da perdere: riattivo il rilevatore e recupero il segnale della Gemma.
L’ologramma segnala il puntino rosso…
… a
trenta miglia da me.
La mia solita fortuna.
“Morrigan,
e se tu…” Il mio Corvo inclina la testina di lato e mi regala il suo classico
sguardo da ‘Stai scherzando, vero?’ In effetti ho notato che le Gemme sarebbero troppo grosse
per essere trasportate dalle sue zampette, senza contare che in un posto come
questo – gli ululati sono sempre più vicini, forse è meglio incamminarsi – non
è conveniente separarmi dal mio catalizzatore di poteri. Che poi mi fa anche
compagnia e in certi luoghi così tetri è meglio non essere proprio
proprio soli.
La
nebbia è aumentata e la luce diminuita, Loki domanda alla lupa se si stia avvicinando la notte e questa muove la capo quasi fosse
un cenno affermativo: “Dovresti tornare nella tua tana, non hai dei cuccioli da
sfamare, o un compagno da riscaldare? O sei troppo curiosa di sapere come
scatterà la mia trappola per andartene proprio sul più bello?” L'animale
appoggia il muso sulla sua coscia e Loki continua a passare le dita tra la
pelliccia folta e morbida del collo: "Allora forse abbiamo più cose in
comune di quanto sembri."
Improvvisamente
la lupa scatta sulle zampe rizzando le orecchie e fissando un punto nel bosco a monte scopre le zanne aguzze.
Anche
Loki si alza, non prima di averle accarezzato
nuovamente il dorso: “Ti ringrazio: sia per avermi indicato questo posto, sia
per avvertirmi dell’arrivo della mia preda. Ora, amica mia, accetta il mio
consiglio e trova un rifugio: non posso garantire la tua incolumità.”
Ora il rumore lo sente distintamente: passi pesanti di un
grosso animale attraverso il bosco: gli alberi si muovono e si spezzano in schiocchi
secchi.
La
lupa indietreggia e ringhia forte, Loki ha una mano sui pugnali da lancio e
l’altra sulla Gemma del Potere: quando vede un gigantesco pachiderma zannuto
galoppare fuori dal bosco barrendo ha un attimo di
smarrimento, poi recupera la sua posizione d’attacco, intravedendo un cavaliere
incappucciato spuntare dalla sommità dell’animale.
Ha
già una lama in mano quando il gracchiare di un corvo
attira la sua attenzione: Loki alza lo sguardo verso l’uccello, in planata su
un picchio coperto di muschio e ne resta completamente sbalordito:
“Morrigan?”
“Oh-ooh. Feeermo! Buono. Cooosì.” Il
pachiderma diminuisce la velocità sino a piantare le cinque zampe villose a
pochi metri da lui. Sopra la schiena, il suo cavaliere si volta abbassandosi il
cappuccio.
Si
fissano per un istante che sembra infinito, poi Loki incrocia le braccia e
scuote la testa: “Terrore puro per un semplice palafreno e ti ritrovo a cavalcare un pentapalmo. Sai sempre come
sorpendermi, Addison."
================================================================
Ed eccomi di nuovo!
Per due piccioncini che si lasciano (Ma si lasceranno davvero?) Due si ritrovano! (Ma si ritroveranno davvero?)
Stiamo per entrare nell'ultima parte, fate
uno sforzo e resistete!
Se per Nornheim ho 'preso
spunto' dal Colle di Tara in Irlanda, per Niffleheim invece mi sono ispirata
alle Highlands scozzesi. Per la precisione, l'Isola di Skye,
detta anche Isola della Nebbia. Googlatela, fateci
un salto, amatela profondamente.
Resta sempre a vostra disposizione il mio Ask: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos
.