Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MedusaNoir    20/05/2013    1 recensioni
A Roma Giovanni e Matteo gestiscono un negozio di fumetti, ma sono anche soci di un'associazione ludica dove spesso alcuni ragazzi dell'Eur si ritrovano per giocare di ruolo. Marta, goffa e testarda, cerca di seguire più serie tv possibili, finendo così per pensare per citazioni; Leonardo è timido, ma gli basta parlare di "Game of Thrones" per dimenticare di avere davanti un'altra persona; Stefania, ventun'anni, è la più piccola del gruppo e cerca di mascherare con un atteggiamento scostante l'insicurezza che deriva dall'avere un corpo massiccio e troppo lontano dai canoni della bellezza; Roberto è manipolatore e detesta essere battuto, che si tratti di giochi da tavola o di scommesse.
Tra feste nel negozio di fumetti, giochi e vacanze di ruolo - ma senza dimenticare la vita universitaria o domestica che scorre intorno ai protagonisti, divorzi, esami e amori inaspettati - i sei ragazzi si troveranno ad affrontare le loro paure e, chissà, forse anche a superarle.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cosa rende l’acqua col cetriolo più dissetante dell’acqua senza cetriolo?





Marta Giunti si chiedeva ancora – dopo avere fermato una ciocca ribelle con una forcina, allacciato le scarpe da ginnastica e controllato il materiale da portare per l’inaspettata uscita – cosa avesse spinto Roberto a proporle di andare a scattare delle foto al Giardino degli Aranci. Non ricordava di avergli parlato della sua passione per la fotografia, ma probabilmente il ragazzo, dopo averle chiesto l’amicizia su Facebook, aveva spiato il suo profilo, sfogliato qualche album. Perché mai, però, l’avrebbe fatto? Forse per noia, in un momento in cui non trovava niente da fare che fosse più stimolante di guardare le 1035 foto scattate e pubblicate da lei, o forse per un altro motivo: Marta aveva notato che Roberto cercava di starle vicino il maggior tempo possibile, utilizzando qualsiasi scusa – come un passaggio o un aiuto per la creazione di un personaggio. E se Roberto fosse stato cotto di lei? Non le sembrava di avergli mai dato motivo di credere in una sua risposta positiva.

Roberto era… Roberto, il fanfarone che si divertiva a rimorchiare una ragazza ogni sabato. Non poteva essere alla ricerca di una fidanzata. E di certo non avrebbe scelto lei, non avevano niente in comune!

Ma era davvero così? In fondo non lo conosceva neanche…

Scosse la testa, facendo volare via la forcina, e mentre la raccoglieva si accorse di essere potenzialmente in un ritardo imbarazzante: doveva correre fuori di casa e infilarsi in metro il prima possibile, se voleva arrivare alla fermata di Circo Massimo senza rischiare di trovare solo lo scheletro impolverato di Roberto.

Scheletro che, per fortuna, alla sua apparizione non c’era ancora; al suo posto all’uscita dalla metropolitana si trovava Roberto, con una Nikon appesa al collo.

«Ciao, sei in perfetto orario» la salutò, avvicinandosi per baciarle la guancia; si ritrasse immediatamente, così che Marta dovette mettere via il sospetto che il ragazzo nutrisse particolari attenzioni per lei. A meno che non avesse comprato una macchina fotografica apposta, però le sembrava un’idea da scartare.

«So riconoscere il sarcasmo, non hai bisogno di andare in giro con un cartello. Scusami, avevo perso la cognizione del tempo…»

“Guardando Battlestar Galactica” aggiunse mentalmente.

«Non preoccuparti, avresti potuto cercare un Angelo e farti portare indietro nel tempo.»

Per qualche istante Marta rimase interdetta, ma Roberto, che già si stava dirigendo verso la meta prefissata, non parve accorgersene.

«Non funzionano proprio così, sai?» gli fece notare, raggiungendolo. «Gli Angeli ti portano indietro di parecchi anni, non…»

«Dici che è ora di tirare fuori quel cartello che mi avevi detto di lasciare a casa?»

Roberto le sorrideva, sardonico, e Marta si rese conto di avergli permesso di vincere il primo set. Per fortuna lui non perse tempo a gongolare, ma tra una chiacchiera e l’altra la trascinò lungo via del Circo Massimo. Sorprendendola ancora una volta, attraversò la strada e scattò delle foto alle rovine, come avrebbe voluto fare lei.

«Sei proprio un appassionato, eh?»

«Sto imparando adesso: me l’hanno regalata per il compleanno, ma è poco tempo che scatto foto. Tu da quanto lo fai?»

«Dalle scuole medie. C’era un corso di fotografia base e mi è piaciuto seguirlo, così anni dopo mi sono iscritta a un corso professionista.»

«Wow, invitami alla prima mostra che farai, allora!»

«Potrebbero non piacerti le mie foto…»

“Non sono nudi artistici.” Marta non disse neanche quello.

«Mi piacerebbero le foto di chiunque fosse in grado di aiutarmi a mettere a fuoco l’immagine. Non riesco proprio a regolare…»

«Da' qua.» Afferrò la Nikon di Roberto, saldamente legata al collo, e dovette di nuovo sopportare di avvertire il suo respiro sui capelli. Era strano, però, non aveva mai fatto caso al respiro di qualcuno – a meno che… No, doveva toglierselo dalla testa. E poi lei venerava Matteo!

Roberto però non venne in suo aiuto. «Così va bene?» le chiese, costringendola a stringersi a lui per osservare dal mirino della macchina fotografica.

«No, regola meglio questo… Sì, ecco, ci siamo.»

«Sei un’ottima insegnante!»

E si allontanò di nuovo attraverso il roseto dall’altro lato della strada.

Marta non capiva. E detestava non capire. Roberto si comportava diversamente da come lo aveva conosciuto, ma non cercava di avere contatti fisici troppo lunghi con lei. Se fosse stato un altro ragazzo, probabilmente Marta avrebbe escluso a priori il pensiero di un corteggiamento preso molto alla larga, però conosceva bene il fascino del “ragazzo che sarebbe cambiato solo per lei”; lo vedeva nelle serie tv, lo leggeva nei libri e non aveva ancora capito se lo trovasse insopportabile o incredibilmente romantico. Però non lo aveva mai provato su di lei. E ora Roberto – che non era il suo tipo ideale, che a sentire le voci trattava le ragazze come macchine fotografiche usa e getta, che mostrava in continuazione un sorriso ben poco affascinante per i suoi gusti – la stava facendo sognare di trovarsi in una storia del genere.

“Oddio, no.”

No, dovette convenire dopo un’ora, aveva ragione: Roberto non stava cambiando. Nei film il protagonista maturava al sedicesimo appuntamento, una volta che aveva conosciuto a fondo il suo interesse amoroso, ma Roberto era già diverso. E se in realtà lui fosse sempre stato così, in presenza di una sola persona? Se quello che recitava nel Sotterraneo del Drow o al Vecchio Mangaka fosse solo, appunto, un personaggio costruito?

Si erano fermati al Giardino degli Aranci, in piedi di fronte all’imponente panorama di Roma; Roberto aveva incrociato le braccia sul parapetto, mentre Marta metteva a fuoco la vista magnifica e scattava una serie di foto.

«Mi è sempre piaciuto questo posto» rivelò Roberto.

«Anche a me, è uno dei luoghi di Roma che preferisco.»

Sgranò gli occhi. «Davvero? Allora ho fatto bene a portarti qui! A meno di non averti fatto perdere qualche lezione…»

 «Oh, no, tranquillo, oggi non avevo niente. Non si può dire la stessa cosa per domani, ho il pomeriggio pieno…»

«Studi lingue, non è vero?»

«Sì, a Roma Tre.»

«Mi sarebbe piaciuto studiarle. Sono più propenso per le lingue orientali, però.»

«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»

Roberto sospirò. «A mio padre serviva un aiuto in officina. “Non posso assumere sconosciuti per portare avanti l’importante azienda Trani!”» borbottò, facendogli il verso. Marta rise, ma lui aveva assunto un’espressione malinconica. «Così ho dovuto rinunciare all’università. Adesso ho un po’ di soldi da parte, potrei cominciarla quando voglio, ma temo che i miei impegni all’officina mi terrebbero troppo tempo lontano dalle lezioni, e di certo non ho un TARDIS sempre a portata di mano e pronto a tradurmi il giapponese! Secondo te vale anche con le lingue terrestri?»

«Sì» rispose Marta, sorridendo. Ormai aveva rinunciato a capire il motivo che aveva spinto Roberto a chiederle di fare una passeggiata per scattare delle fotografie – forse fare una passeggiata per scattare delle fotografie – ed era felice di scoprire dei lati del ragazzo che non conosceva.

«Perdonami, non sono molto ferrato in materia.»

«Io ho tutti i DVD della nuova serie.»

«Dici davvero? Puoi prestarmeli?»

No, non poteva: Marta non prestava alcunché, figurarsi sei cofanetti di Doctor Who! L’aveva detto solo per vantarsi, ma non poteva certo rivelarglielo.

«Possiamo vederli insieme» si sentì rispondere.

Di nuovo il sorriso di Roberto, diverso però da quello sardonico di un’ora prima. «Non vedo l’ora.»

 

 

Non avere la possibilità di connettersi a Internet era stato un dono del cielo per Leonardo: aveva potuto studiare tutto il giorno per l’esame di letteratura tedesca – godendosi Goethe senza distrazioni – e anche mettersi in paro con gli appunti delle altre materie che seguiva quel semestre; aveva indossato i fedeli occhiali da vista, pavoneggiandosi dell’aspetto saggio che gli conferivano, pur non avendo bisogno di lenti: quelle che aveva fatto mettere sulla montatura che era appartenuta al padre erano finte, ma Leonardo nutriva la profonda convinzione che lo aiutassero a leggere meglio. Per sua fortuna, i due ragazzi che condividevano l’appartamento con lui – Patrick e Fabio – sembravano non essersi accorti dell’inganno, altrimenti lui era certo che l’avrebbero spifferato ai quattro venti. Non che loro si interessassero della sua vita, ma Leonardo temeva ogni tipo di giudizio; per questo teneva gli occhiali ben riposti in un cassetto che chiudeva a chiave prima di uscire, premurandosi poi di nascondere anche quella.

A un’attenta analisi, Leonardo era piuttosto certo che i suoi coinquilini non si struggessero dal desiderio di scovare un suo imbarazzante segreto per ricattarlo – in modo da ottenere cosa, poi? – però la sua connaturata timidezza e l’ansia di essere ignorato da tutti lo spingevano a farsi una cattiva idea del mondo che lo circondava. Lui lo chiamava “sistema di autodifesa”.

In fondo, cosa sapevano di lui Patrick e Fabio?

Che, avendo cominciato la scuola un anno prima rispetto ai suoi coetanei, si trovava a seguire il primo anno della laurea magistrale in Lettere e filosofia dell’Università di Roma Tre – avrebbe potuto essere già al secondo anno, se solo eventi inaspettati non lo avessero tenuto lontano dalla laurea per diversi mesi – e che aveva preso una camera singola in affitto vicino alla facoltà, perché la casa dei suoi genitori era nelle Marche.

Che passava gran parte del tempo davanti al computer, lottando con la connessione che dava problemi all’intero condominio, e che non andava a letto finché non aveva finito di vedere le consuete cinque puntate della serie tv del momento – o almeno lo potevano dedurre dalla luce accesa fino a tardi nella sua stanza.

Che mangiava spesso fuori casa e che la mattina, prima di andare a lezione, si svegliava sempre alle otto e stendeva con un coltello da Nutella la marmellata di fragole su tre fette biscottate.

Mentre lui cosa sapeva dei suoi coinquilini? Che condividevano una doppia, che Patrick era uno studente inglese in Erasmus giunto a Roma a settembre e che Fabio era il pugliese che aveva preso il posto della storica coinquilina di Leonardo.

Rabbrividì, ripensando a Elena.

“Dovrebbero scrivere sul regolamento del condominio: ‘Niente storie d’amore tra coinquilini, soprattutto se una dei due è una pazza scatenata della peggior specie.’”

In conclusione, Patrick e Fabio non sapevano molto di lui e Leonardo era lieto di poter dire la stessa cosa su loro: non gli interessava farsi gli affari altrui, ma solo vivere in pace e in armonia. Cosa che finalmente, dopo tre anni, aveva cominciato a fare.

Alle sei decise di alzarsi dalla scrivania e fare un salto al Vecchio Mangaka; c’era ancora un’ora prima della chiusura e Leonardo sentiva di doversi premiare per la costanza nello studio di quel giorno. Ripose gli occhiali, nascose la chiave del cassetto in una scatole per le scarpe e indossò la felpa degli Stark sopra alla maglietta degli Stark. Molti avrebbero detto che il suo guardaroba fosse monotono, ma solo perché non avevano visto il suo tatuaggio.

Degli Stark.

Uscì di casa e percorse le poche centinaia di metri che lo dividevano dal negozio di fumetti, ripassando mentalmente ciò che aveva letto negli appunti.

«Ciao, Matteo.»

Non ottenne risposta, se non un rapido cenno del capo: Matteo doveva essere indaffarato con qualche pacco che sembrava non essere giunto a destinazione, perché faceva avanti e indietro tra le due sale del Vecchio Mangaka senza che ci fosse alcun cliente.

«Posso usare il computer?» gli chiese.

“Spero di aver usato il giusto tono di voce. Non vorrei approfittare della connessione, però… Se ci fosse stato Giovanni sarebbe stato più semplice…”

Matteo si fermò e lo fissò con astio.

«Per favore» aggiunse Leonardo, avvertendo uno strano calore percorrergli il collo.

Per tutta risposta, Matteo scrollò la testa e lo fissò di nuovo, ma con un’espressione confusa. «Che mi hai chiesto?»

«Posso usare il computer, per favore?»

«Ah, sì, certo! Fa’ pure.»

Leonardo non sapeva che il rosso di cui si era colorato il suo volto sarebbe diventato un rosa pallido quando avrebbe aperto Facebook. E visto le notifiche. E guardato le novità nel suo gruppo di cosplayer.

«Ehi, ora lavori qui, elfo di merda?»

Quelle parole di scherno lo riportarono alla realtà – doveva aver fissato con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta lo schermo del computer per diversi minuti – ma Leonardo non si offese, troppo abbattuto per rispondere in qualsiasi modo a Stefania, che lo osservava dall’altra parte del bancone.

Si lasciò cadere addosso allo schienale della sedia.

«Sono rovinato.»

«E quindi ti sei cercato un lavoro?»

«No, intendevo… Merda, sono rovinato.»

Stefania, dietro gli occhiali dalla montatura rossa, sollevò un sopracciglio. «Wow, non credevo sapessi certe parole. Che stai dicendo?»

Leonardo si portò una mano alla fronte, senza preoccuparsi di darle una risposta adeguata: non voleva parlare, voleva solo passare il resto della giornata sotto le coperte mangiando cereali al cioccolato e giocando alla Xbox.

«Elfo

«Che c’è?!» sbottò Leonardo, facendola sussultare.

«Almeno fammi pagare questo manga.»

«Non lavoro qui!»

«E per fortuna, altrimenti Giovanni e Matteo avrebbero perso tutta la clientela. Muoviti, devo tornare a casa a finire la seconda stagione del Trono

“Ecco, infierisci! Possibile che sia così malvagia da attaccarmi anche senza rendersene conto?”

«Mi devo sbrigare,» continuò Stefania, battendo nervosamente i piedi a terra, «se voglio essere pronta per la terza stagione.»

Leonardo non riuscì a reprimere un singhiozzo disperato. Stefania sgranò gli occhi e corse dietro al bancone, scansando il ragazzo e facendolo cadere a terra per guardare il monitor.

«L’hanno sospeso?!» esclamò, fuori di sé. «Non può… non deve essere! E cos’è questa pagina? Metti le news, muoviti!»

«Da terra?» Leonardo cercò di darsi un contegno, sebbene fosse difficile dopo avere avvertito sulla guancia il freddo del pavimento. «Non c’entra niente la serie, si tratta del Romics.»

«Del Romics?» Stefania aggrottò la fronte. «Non sapevo ci fosse uno stand come a Lucca.»

«Non è quello il punto… cioè, quasi. Proprio perché i cosplayer ufficiali non saranno al Romics, noi avevamo pensato di portare i costumi di Game of Thrones

«“Noi”?»

«Il gruppo di cosplayer con cui vado alle fiere ogni anno. Il mio vestito era pronto da mesi, ma… maledizione, alcuni hanno dato buca e ora è un disastro, non possiamo fare il contest!»

«Quanti siete?»

«Trentasette, senza contare gli assenti.»

«E allora qual è il problema?»

«Mancano Ditocorto, le sorelle Tully… e Ned.»

«Cavolo.»

Leonardo si stupì che Stefania avesse compreso la sua situazione, ma poi pensò che poteva essere anche lei una cosplayer. Ed ebbe un’idea.

«Fallo tu.»

«Chi, Eddard Stark?!»

«No, un altro personaggio… Lysa.»

Stefania lo soppesò con lo sguardo. «Perché proprio lei?»

«Perché hai il fisico adatto, mentre Cat…»

Poi si accorse di essere sul punto di fare un’enorme gaffe. “Mentre Cat è magra” concluse mentalmente.

Stefania però rifletteva. Non sembrava essersela presa per la sua osservazione; al contrario, quando tornò a guardarlo si complimentò con lui.

«Credevo fossi uno di quelli eretici che seguono solo la serie tv. Lì Lysa Tully è piuttosto secca.»

«Allora… pensi di poter venire?»

«Oh, sì, elfaccio del Nord. Ho un solo problema: non so cucire. Dovrò chiedere a mia madre se…»

«Posso aiutarti io.»

Stefania lo osservò, scettica. «A cucirlo?»

«Non dire che è una cosa da femmina, è che ho dovuto imparare per farmi da solo i costumi…»

«Non è da femmina, è da elfo. Dovevo capirlo subito.» Sospirò, poi lasciò qualche moneta sul bancone. «Questo è per il manga, dillo tu a Matteo, lo vedo più sconvolto di te. Quando mi porti il vestito?»

«Dovremmo farlo insieme. Sai, devo prendere le misure…»

Rivolse gli occhi al soffitto. «Ok, quando ci vediamo

«Giovedì pomeriggio a casa mia?»

Rimasero qualche secondo in silenzio.

«Va bene. Mandami l’indirizzo su Facebook.»

«Ehi, aspetta!» la fermò Leonardo prima che uscisse dal negozio. «Dobbiamo trovare anche gli altri cosplayer!»

Stefania gli rivolse un ghigno. «Li abbiamo già trovati.»

 

 

«E questo è quanto.»

Quando Matteo finì di parlare, Giovanni dovette convenire che qualcuno fosse più incasinato di lui; forse non nell’immediato – anche se le paure del suo amico si sarebbero concretizzate quel venerdì – e forse i problemi di Matteo riguardavano il passato, ma Giovanni come lui aveva pensato che si trattasse di un capitolo chiuso.

“I problemi tornano sempre a galla” si disse, prima di alzare una mano per ordinare un’altra birra.

Uscire, andare in un pub, mangiare e dimenticare gli ultimi giorni: Giovanni aveva sperato che potesse servire, anche se poco, ad alleviare il vuoto che avvertiva nello stomaco; tuttavia Matteo si era presentato in preda al panico, ancora sconvolto dalla notizia del giorno precedente.

«Non so come risolvere la situazione» riprese Matteo, torturandosi le dita. Di fronte aveva un’enorme fetta di torta al cioccolato, ma lui sembrava non vederla. «Dovrò rimandare la sessione, è il minimo…»

«Devi per forza?»

Sgranò gli occhi. «Non posso mica rischiare che si sappia in giro! No, devo rimanere chiuso in casa questo fine settimana, o uscire lontano da sguardi indiscreti.»

Giovanni annuì. «Hai ragione. Ti coprirò io in fumetteria sabato; potrei anche assumere Leonardo solo per qualche pomeriggio, ho saputo che ha bisogno di un lavoro.»

«L’hai saputo o hai visto la valanga di manga che ha fatto mettere da parte?»

Il suo sorriso durò solo mezzo secondo e Matteo si diede un colpo sulla fronte.

«Sono un idiota, scusami. Avevo dimenticato la… L’avevo dimenticata.»

Giovanni sbuffò. «Puoi dirlo, sai? Fa più male esserci in mezzo, che nominare la separazione.» Rimase in silenzio per qualche istante prima di raccontare al suo amico cosa fosse successo il giorno prima. «Ci sono state brutte sorprese per entrambi: Cate si è presentata al negozio, ieri.»

«Che voleva?»

«Un “acconto” su quello che otterrà dalla separazione, un servizio da tavola per presentare al nuovo fidanzato lo straordinario timballo della madre.»

Matteo sgranò gli occhi. «Che cosa?»

«Lo vuole presentare ai suoi, a quanto pare.»

La voce di Giovanni era calma e lui si ritrovò a desiderare con tutto se stesso che fosse solo un sistema di difesa per non far percepire a Matteo la rabbia che stava provando; però dovette ammettere di non sentire niente. Era davvero calmo, doveva sforzarsi per riuscire a immaginare il collo dell’amante di sua moglie nella stretta delle sue mani.

Dovette ammettere che non gli interessava poi molto. Aveva smesso da tempo di amare Cate e allora perché ingelosirsi per un fatto del tutto naturale? La verità era che si stava confidando con Matteo perché di norma, in situazioni analoghe, il marito ferito si comportava così.

«Quindi hanno deciso di portare avanti la relazione?» riprese Matteo. Giovanni non sapeva quante volte avesse ripetuto quella domanda, ma si accorse dal suo sguardo che non era la prima.

«A quanto pare sì.»

«Forse è meglio così.»

Parole di circostanza, eppure Matteo aveva ragione: se proprio Cate aveva dovuto tradirlo, era più consolatorio sapere che lo avesse fatto per amore.

“Lo faccio per amore.”

Doveva ricordarsi di maledire Leonardo per averlo contaminato. Giovanni si trovava a proprio agio nel suo mondo popolato da mecha, Munchkin e musica classica, che bisogno c’era di influenzarlo ulteriormente con la saga fantasy più in voga nel Sotterraneo del Drow?

“E non solo lì” dovette correggersi.

Probabilmente, però, una parte della colpa era anche di Marta e della sua mania di fare della propria vita un’enorme citazione. I clienti del Vecchio Mangaka lo stavano trasformando in uno di loro.

«Gianni?»

Sussultò, ritrovandosi faccia a faccia con la torta di Matteo. Ecco, ora aveva perfino le visioni!

«Tutto a posto? Nei limiti, intendo» gli chiese una voce poco simile a quella di un dolce al cioccolato.

Giovanni si strofinò il volto con la mano, cercando di tornare alla realtà. «Non lo so» ammise.

Il vuoto nello stomaco continuava a tormentarlo, ma la causa era l’assenza di qualsiasi risentimento.




QUINTO CAPITOLO

 

Il titolo è una citazione di Una mamma per amica.

 

MARTA:

- “So riconoscere il sarcasmo, non hai bisogno di andare in giro con un cartello”: riferimento a The Big Bang Theory.

- “Avresti potuto cercare un Angelo e farti portare indietro nel tempo”: riferimento a Doctor Who e ai Weeping Angels.

- TARDIS: riferimento a Doctor Who.

 

LEONARDO:

- Stark: casata di Game of Thrones.

- Ned: “protagonista” della prima stagione di Game of Thrones.

- “Elfaccio del Nord”: gli Stark controllano il Nord.

 

GIOVANNI:

- “Lo faccio per amore”: citazione di Jaime Lannister, Game of Thrones.




SPAZIO AUTRICE

 

Dovevo aggiornare presto. DOVEVO AGGIORNARE PRESTO. Ma, vi assicuro, questa volta non è “completamente” colpa mia: il computer mi aveva piantato in asso e, dopo giorni nell’ansia di dover riscrivere il capitolo da capo (ero arrivata a metà), mi è arrivata la buona notizia che non c’era bisogno di formattarlo.

Cercherò di aggiornare ogni lunedì, se possibile; se è troppo presto per voi, posso aggiornare ogni dieci giorni.

E ora al capitolo!

Prima di tutto, volevo scusarmi per i “merda” volati ogni tanto, ma volevo rendere più realistica la storia (Stefania è un po’ volgare, se la persona che ha di fronte non le ispira simpatia, mentre Leonardo in situazioni tranquille è un ragazzo educato).

Seconda cosa, mi sono resa conto di citare in continuazione DW e GOT. Dovrei trovare una soluzione… ma non posso certo, dopo l’ultima puntata di DW! *piange per sempre*

Cosa pensate dell’andazzo della storia? Personalmente mi sto affezionando a Roberto, mentre credo di non essere ancora riuscita a delineare bene Matteo; Giovanni, però, è quello che mi dà più problemi, ma sto pensando di “legarlo” a scene con altri per non lasciarlo in un angolo per interi capitoli!
Ho appena creato un gruppo su Facebook dedicato alla long, Gli eroi di Sandpoint, dove dare tutte le informazioni relative alla storia (nuovi capitoli, ritardo negli aggiornamenti, anticipazioni…). Se volete iscrivervi, ne sarò contenta ^^ Mi fa piacere sapere chi la sta leggendo!

Grazie ai lettori, ai recensori, a chi l’ha messa tra le preferite e a chi tra le seguite, a Dark Aeris che mi beta e ad Andre che mi legge :3

 

Medusa


   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MedusaNoir