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Autore: sterne    20/05/2013    4 recensioni
- “Perché sei qui?” Alza lo sguardo evitando accuratamente il mio. Mi guarda qualche secondo distrattamente e poi torna a raschiare il legno della barca.
- “Perché sapevo che ti avrei trovato.” Sospiro cercando di mantenere un tono freddo e distaccato.
- “Perché volevi trovarmi? L’ultima volta hai fatto finta di non vedermi. Sei scappata come una codarda”. Sbotta arrabbiato girandosi verso di me e prestandomi tutta la sua attenzione questa volta.
- “Magari è quello che sono. Siamo uguali del resto.”
- “Sei venuta per insultarmi? Per rinfacciarmi quello che ti ho fatto? Mi dispiace, ok? Quante volte ancora dovrò ripetertelo?”
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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" Invisible "

4° Capitolo
 
La verità è raramente pura e mai semplice.
 
(Non betato)

 
 
 
- “So di non essere io l'orgoglio dei miei genitori. Mia madre guarda mio fratello maggiore e le uniche parole che escono dalla sua bocca sono riguardanti la sua bellezza. Poi guarda il minore e quando lo vede abbracciato alla sua fidanzata, dice che sono piccoli, ma, dolcissimi. E poi vede me... Cosa dovrei dire? "Mamma, papà, sono incinta."
Io che non ho mai portato a casa un ragazzo. E l'unico che abbia mai presentato è "ufficialmente" il mio migliore amico, Che tra l’altro non vedo da quando ho scoperto di aspettare un figlio da lui... Sally, solo la loro delusione. La loro più grande sconfitta.”

- “Non dire così, non è vero Bri. I tuoi genitori ti amano, vedrai che capiranno.”
- “No, Sally non è vero. Lo sai anche tu.”
- “Cosa so anche io? Eh Bri, cosa? So che tua madre è preoccupata per te. E  anche tuo padre. Ti costringono ad uscire di casa,  perché se fosse per te l’unico contatto con il mondo esterno sarebbe quel dannato computer. Bri quella che vivi attraverso i tuoi personaggi non è la tua vita. Tu devi crearti una vita. Tua. Vera.”
Rimango in silenzio. Del resto è quel che mi riesce meglio. Certe volte vorrei urlare al mondo intero tutto quello che penso, tutto quello che provo. Poi per fortuna, torno in me.
Vorrei dirle che si sbaglia. Vorrei dirle tante cose. Alla fine però le tengo per me. Tanto so già che quando tornerò a casa, aprirò il mio portatile e scriverò qualcosa di deprimente.
Sono anni che la mia vita sociale è pari a quella di un candelabro antico. Inutile e polveroso.
Non sono poi così diversa da qualche anno fa. Ho solo fatto finta di cambiare e di migliorare. Ma poi alla fine si sa, le persone non cambiano mai.
Questa sono io, inutile, apatica, asociale e polemica. Eternamente indecisa e perennemente scissa in due.
Prima o poi, logora dai rimorsi, ripenserò  al tempo passato e come ora, mi odierò.

 
- “Hai visto? Ci sei riuscita!” La voce di Markus mi fa tremare per qualche istante. Quando finirà questo strano viaggio paranormale.
- “Ancora tu…”
- “In carne ed ossa” Mi giro a guardarlo con aria perplessa “Ok, in bagliori e fasci di luci. Ti piace di più?”
- “Sei un angelo, no? O almeno ti spacci per tale. Quindi sì, direi che va meglio così.”
- “Sei brava a spostare l’attenzione su altro. Ma non m’incanti, bellezza.”. Mantiene ben salda la presa nella mia mano e gli occhi puntati sulla scena di fronte a noi. Alzo gli occhi al cielo e guardo anche io nella stessa direzione. La me del passato e la mia migliore amica continuano un muto discorso che conosco già.
- “Sono riuscita a fare cosa?” domando apparentemente tranquilla. Se c’è una cosa che ho imparato in questo viaggio paranormale è che Markus adora farmi irritare ed io non intendo dargli altre soddisfazioni.
- “Non fare finta di essere tranquilla, sono un angelo non uno stupido.” Mi guarda stizzito. Questa volta è lui ad essere irritato. La rabbia nel suo sguardo però dura pochi istanti presto una nuova scintilla li fa brillare. E’ quello che mi mette più paura è il modo in cui stringe la mia mano. No, no. No. Basta con tutti questi spostamenti. Piagnucolo nella mia testa. “Visto che ti piace così tanto mantenere lucida e brillante quella bella corazza che ti porti addosso, facciamo qualcosa di nuovo. Vediamo se riesco a riaccendere qualche emozione.” Strattona la mia mano e presto ci troviamo nella camera di Sally.
C’è qualcosa di strano, mi guardo intorno, la camera è illuminata dai raggi del sole. Dovrebbe essere pomeriggio inoltrato. Il letto è ancora disfatto. Una pila di vestiti sgualciti occupano la sedia all’angolo della stanza, tra la finestra e il grande armadio bianco che ricopre quasi interamente la parete di fronte al letto. Sul comodino la bajour è accesa, nonostante sia pieno giorno. A fianco un piccolo carillon portagioie. Quello che le ho regalato il giorno del suo sedicesimo compleanno. Sally adora i carillon. Ciò che attira la mia attenzione e che mi ferma il respiro per un momento è un portafoto. Mettendo a fuoco e cercando di scacciare via le lacrime che minacciano di uscire, capisco che si tratta di una  foto di Sally, Dan e me . Risale a circa quattro estati fa. Quando tutto ancora doveva accadere, qualche mese prima che mi rendessi conto di amare Dan.
Stringo con forza la mia gonna blu. Solo allora mi accorgo di indossare ancora gli stessi abiti che avevo quando… Quando sono morta. Aggiungo. Ormai è bene che cominci ad abituarmi a questa idea. Inoltre guardando bene me stessa. Mi rendo conto di non aver notato di essere seduta su un’antica cassapanca. Bri, Bri, se lo sapesse la madre di Sally… Era di sua nonna e ci tiene particolarmente. “E’ un cimelio di famiglia” aggiungeva saccente suo padre. Più per prendere in giro sua moglie che per valorizzare quel vecchio mobile.
Un rumore mi riporta alla realtà, che questa volta risulta essere più dura del previsto. Soprattutto perché guardandomi intorno mi convinco sempre di più che questa volta dovrò affrontare da sola quel che accadrà e che Markus non è qui a stringermi la mano.
Un’esile figura fa capolino nella stanza, indossa una maglia lunga e logora. La scritta scura sul fondo bianco risulta quasi totalmente sbiadita. Si fa avanti con passo annoiato e stremato. Solo allora i miei timori diventano certezze. Questo non è un flashback. Mentre il mio cuore comincia a battere all’impazzata, tutte le mie paure diventano realtà.
Sally solleva il capo e punta lo sguardo su di me.
Dopo un breve momento di religioso silenzio. E’ probabile che si stia chiedendo se stia sognando o meno. I suoi occhi, all’inizio sbarrati per la sorpresa più che per la paura, adesso sono velati di lacrime.
- “Hai paura?” Le domando incerta e con voce tremante.
- “Un po’” ammette.
E tutto quel che faccio e scendere dalla cassa panca, correrle in contro e abbracciarla.
 
E come quando ti trovi nell’occhio del ciclone, la stanza comincia a girare. Non sento più il calore del sole che pochi istanti fa scaldava la mia pelle. Non ho più le braccia rassicuranti di Sally a stringermi forte. Non sento più il profumo di lampone che aleggiava intorno a noi. Sento solo freddo e una mano, la sua, che mi stringe.
Un calore differente adesso si propaga intorno a me. Il buio mi circonda, soltanto una fioca luce filtra attraverso le fessure della porta alle mie spalle.
Cerco di mettere a fuoco, ma non è semplice orientarmi con così poca luce.
- “Ehi sei sveglia?” una voce assonnata mi scuote anima e corpo. No, no, no, no. Non te lo permetterò questa volta.
- “Ehi…” l’unica risposta da parte mia. Ricordo perfettamente quella notte. E non intendo riviverla.
 
-“Markus, Come puoi farmi questo?” sibilo. Come se i miei compagni di stanza potessero sentirmi. Tzè! Non mi abituerò mai all’idea di essere Invisibile. “Markus!” niente, nessuna risposta. Mi muovo irrequieta da una parte all’altra della stanza. “Che tu sia dannato!” sbotto irritata.
Solo a quel punto una mano gelida, strattona nuovamente la mia. E’ la sua, finalmente.
- “Sono stato dannato nell’esatto momento in cui hai ingerito quel maledetto veleno. Sei stata tu a dannarmi.” Ci muoviamo velocemente, è come se fluttuassimo. Non riesco nemmeno ad orientarmi, non so dove siamo, né dove stiamo andando.
Una luce fortissima mi costringe a chiudere gli occhi.
Quando li riapro sono di nuovo in quella camera d’ospedale. Questa volta però non sono una semplice spettatrice.
Sono distesa su quel letto, provo a parlare ma qualcosa nella gola me lo impedisce. Intravedo due tubicini uscire delle narici. Ricordo il flashback di qualche ora fa, o magari era qualche giorno fa. Chi lo sa.
Sposto lo sguardo sulla parte sinistra del mio corpo, il braccio è occupato da una flebo e all’indice è attaccata la piccola pinza del cardio-frequenzimetro. Il battito è regolare, guardo il monitor di fianco al letto, cinquantotto battiti al minuto.
Un lenzuolo bianco mi copre fin a sotto il petto. Sotto indosso un camice azzurro, è aperto leggermente sul petto. Noto i segni rossi, sembrano bruciature. E lo sono infatti. Devono avermi praticato una rianimazione. Rabbrividisco.
Alzo lo sguardo e vedo Dan, seduto di fianco al letto tiene ancora in mano quel diario, come nel flashback, il capo chino, sta leggendo.
 
-“Quella sera maledetta avevo giurato a me stessa che nulla avrebbe rovinato quello che avevamo costruito. Ti avevo detto che ti amavo, ti avevo svelato quei sentimenti che erano rimasti nel mio cuore per così tanto tempo. Nonostante questo, nonostante il mio cuore scoppiasse di gioia perché non eravamo più soltanto amici. C’era ancora un segreto tra di noi. Un’enorme segreto. Così mentre prendevo fiato, quella sera maledetta cambiavo il mio futuro.”
 
Il battito del mio cuore al suono di quelle parole comincia ad aumentare, la voce incrinata di Dan fa tremare il mio stomaco. Conosco il seguito di quel racconto e lo conosce anche lui. Entrambi conosciamo la fine. Dan solleva lo sguardo i suoi occhi incontrano i miei e per la prima volta dopo tanto tempo non sono Invisibile. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sento di nuovo Viva.




Spazio per me.

Chiedo umilmente perdono per il ritardo. Ma l'ispirazione è arrivata solo oggi. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Credo parli da sè, non ho molto da aggiungere. Sperò di ricevere qualche recensione con il vostro parere. Grazie per la pazienza.

Clara.

 




 

   
 
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